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Background sociale e culturale

Dietro le MGF si cela un universo complesso fatto di vecchie credenze, miti, convenzioni sociali, relazioni e scambi sociali che regolano l’assetto istituzionale delle comunità. È una consuetudine, una norma sociale che si rispetta da tempi remoti, tramandata di generazione in generazione, di madre in figlia secondo una ripetizione sistematica.

Ed è proprio la forza della tradizione a garantire la continuità della pratica. Sono considerate un vero e proprio rito di passaggio obbligato della vita di ogni donna: serviranno a farla entrare a pieno titolo nella comunità di appartenenza e a definire la sua identità di genere.

Costituiscono la porta d’ingresso nella propria comunità, non sottoporsi significherebbe condannarsi all’emarginazione e alla ripulsa, di conseguenza perdere quell’insostituibile risorsa che è l’appartenenza comunitaria.

Ecco perché le donne che l’hanno subita continuano a sottoporvi le proprie figlie, per garantire loro un futuro di rispetto e inclusione. L’essere “tagliata” diventa un simbolo di appartenenza al gruppo, una “ferita simbolica”.

Le mutilazioni genitali femminili nelle società tradizionali sono, però, anche uno strumento fondamentale per la costruzione dell’identità di genere. L’essere nata “femmina” con connotati biologici femminili, non è sufficiente; per questo intervengono i riti, sono loro a dover attribuire alla persona la sua identità, indicandogli ciò che è e deve essere . 11

A.Primi e N.Varani, La condizione della donna in Africa Sub-sahariana.

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Strumenti di costruzione identitaria, “atti di magia sociale” che trasformano la sessualità biologica in una costruzione culturale necessaria per definire l’appartenenza di genere, per distinguere il femminile dal maschile, l’uomo dalla donna.

Nelle società africane la definizione dell’identità di genere prima di essere un percorso metaforico di ricerca e scoperta di sé, è una vera e propria manipolazione fisica del corpo. Vi è la convinzione che le MGF servano ad eliminare la parte “maschile” dell’apparato genitale femminile, il clitoride, e con la sua escissione si cancella la presunta bisessualità originaria di ogni essere. Così, solo con l’escissione delle sue parti maschili una ragazza può diventare una donna a pieno titolo, eliminando ogni tipo di mascolinità teoricamente preesistente in lei.

Le MGF oltre a modificare fisicamente il corpo della donna, ne modificano anche l’aspetto: diverso, infatti, sarà il portamento, l’andamento, la postura, l’armonia delle parti, che le conferirà quell’ideale di femminilità così diverso da cultura a cultura. Le donne infibulate, a causa del restringimento dello spazio tra le gambe, assumono un andamento più lento e sinuoso frutto di una maggiore precauzione e un’accurata scelta dei movimenti.

Nella maggior parte dei casi le mutilazioni dei genitali femminili costituiscono uno strumento di controllo sessuale delle donne: l’eliminazione del clitoride o la sutura delle labbra elimina, infatti, ogni forma di desiderio e piacere sessuale delle stesse. Servono a frenare gli impulsi sessuali della donna, considerati da molti uomini una cosa incontrollabile, addirittura pericolosa e animalesca, “la bambina non circoncisa resterà preda dei suoi impulsi sessuali come accade negli animali”.

Attraverso le mutilazioni, gli uomini si garantiscono dapprima la verginità e dopo la fedeltà delle loro donne, se la donna non prova piacere durante il rapporto sessuale non ne avrà desiderio e gli resterà fedele: il rapporto sessuale sarà solo e soltanto un dovere coniugale. Si assiste, quindi, ad una vera e propria sottomissione della donna all’uomo: non avendo più suoi desideri, vivrà appagando quelli del marito adempiendo così a quello che costituisce il suo primario compito: gratificare l’uomo.

Le società che praticano le mutilazioni sono fortemente patriarcali, pertanto, eliminare ogni possibilità che la donna intrattenga relazioni illegittime o promiscue, è di vitale importanza per l’uomo e per l’intera famiglia, ne va del loro onore.

Inoltre le MGF hanno una stretta relazione anche con il matrimonio. Il matrimonio in Africa ha mera natura contrattuale e, tranne rarissime eccezioni, è combinato dai parenti ai quali spetta stabilire quello che viene definito il “prezzo della sposa” (bride price) una sorta di pagamento che lo sposo dovrà versare alla famiglia della sposa per la perdita di una componente della famiglia e dei servizi che avrebbe potuto rendere alla stessa. Una donna mutilata ha un “prezzo” maggiore rispetto a quello di una donna con i genitali intatti che nessun uomo si sognerebbe di sposare; ecco perché per un padre è fondamentale sottoporre le proprie figlie alla circoncisione, costituisce una garanzia perché il prezzo che il futuro marito sarà disposto a pagare alla famiglia della futura moglie per una donna illibata, vergine, “cucita” è decisamente notevole.

La donna non mutilata va incontro ad un futuro incerto e privo di aspettative, considerata da tutti impura non avrà alcuna speranza di

trovare marito e per questo sarà relegata ai margini della società considerata una nullità.

Ulteriori motivazioni addotte a giustificazione della pratica delle MGF sono ragioni igieniche ed estetiche. Alcune comunità, associano ai genitali femminili un’idea di bruttezza, considerati sporchi e osceni, portatori di infezioni e pertanto nocivi; alcune etnie africane credono addirittura che il clitoride sia capace di “avvelenare” i bambini al momento della nascita o di rendere gli uomini, che ne vengano a contatto, impotenti. La rimozione totale o parziale dei genitali esterni, conferirà alla donna una maggiore bellezza estetica e pulizia . 12

Qualche fautore delle MGF ritiene che queste possano aumentare il piacere sessuale maschile; motivazione che non fa altro che amplificare quell’idea per cui le mutilazioni sono forme di controllo delle donne.

Elemento caratterizzante delle mutilazioni è poi la ritualità con cui si svolgono. In maniera sistematica, la bambina alle prime luci dell’alba viene allontanata dalla madre dal gruppo, portata via di casa e accompagnata in un luogo appartato, lontano da occhi indiscreti, dove avverrà l’operazione. Una volta eseguita, la bambina trascorrerà un periodo più o meno lungo, a seconda dei tempi necessari per consentire la cicatrizzazione della ferita, da sola e lontana da casa, con le gambe fasciate per facilitare la guarigione. Una volta guarita, la bambina ormai divenuta “donna” verrà

Maria Luisa Ciminelli, Le “ragioni cutlurali” delle mutilazioni genitali

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femminili: note critiche sulla definizione di Mgf dell’Oms da “La Ricerca

Folklorica”, No. 46, Genere, sessualità, gestione del corpo (Oct., 2002), pp. 39-50.

reinserita nella propria comunità accolta in festa e colmata di doni per celebrare il suo nuovo status.

A contribuire maggiore sacralità alla pratica è il silenzio che la circonda. Nessuno ne parla nemmeno all’interno della famiglia di appartenenza, soprattutto da parte degli uomini di casa. Tutto ciò che sanno le bambine è che come è toccato alla loro nonna, alla mamma, alle sorelle e alle cugine, prima o poi toccherà anche a loro. I dettagli della pratica non vengono mai rivelati a chi deve ancora sottoporvisi; le bambine aspettano addirittura con ansia quel giorno, immaginandolo come un giorno di festa, non vedono l’ora tocchi a loro, vogliono diventare grandi, vogliono diventare donne. Nemmeno le mamme preparano le bambine a cosa le aspetta, saperlo le spaventerebbe e le farebbe scappare, e non possono correre questo rischio. Ed è proprio questo silenzio e questa complicità da parte delle madri che contribuisce a creare un antagonismo con le figlie, le quali si sentono tradite dalle mamme considerate complici di quella tortura disumana.

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