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Il diritto alla vita, alla salute e all’integrità psico-fisica

Capitolo 3 Il regime giuridico internazionale delle mutilazion

3. Il diritto alla vita, alla salute e all’integrità psico-fisica

La prima tipologia di diritti umani che viene in ballo quando si parla di mutilazioni genitali femminili è, sicuramente, il diritto alla vita, solennemente proclamato in Carte internazionali e sovranazionali. L’articolo 6 del Patto sui Diritti Civili e Politici sancisce il diritto alla vita affermando: “Il diritto alla vita è inerente alla persona umana. Questo diritto deve essere protetto dalla legge. Nessuno può essere arbitrariamente privato della vita”.

Il Comitato per i Diritti Umani in riferimento al suddetto articolo ha descritto il diritto alla vita come un “diritto supremo” che non ammette deroghe, sottolineando che ad una sua interpretazione restrittiva si debba preferire sempre una interpretazione più lata, tale da ricomprendere una serie di situazioni, come ad esempio la

Mendelsohn Naomi,2004. “At the Crossroads: The Case For and Against a

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mortalità infantile o l’aumento delle aspettative di vita, che richiedono un intervento positivo degli Stati. 95

La protezione del diritto alla vita include una componente “negativa”, cioè il diritto a non essere privati della vita, e una “positiva” consistente nell’obbligo da parte dello Stato e di altri agenti di adottare tutte le misure necessarie che assicurino ad ogni persona la possibilità e il diritto di vivere . 96

Ne consegue che, nei casi in cui dalla pratica di MGF dovesse derivare la morte di una donna o una bambina, sarebbe violato il diritto alla vita stessa.

Tuttavia l’alta segretezza che avvolge la pratica rende impossibile, tutt’oggi, sapere con certezza il tasso di mortalità causato.

Anche la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo sancisce nell’articolo 3 il diritto alla vita, affiancandolo al diritto alla libertà e alla sicurezza della propria persona.

La circoncisione femminile solitamente viene eseguita contro la volontà di chi la subisce, violando il diritto delle donne di controllare il proprio corpo e privandole del libero arbitrio. Anzi, costituendo uno strumento di controllo sulla donna, uno degli obiettivi principali delle MGF è proprio quello di negarle la libertà.

Se le donne che subiscono una delle forme di mutilazione genitale riescono a sfuggire alla morte, incorrono comunque in conseguenze che, a breve e lungo termine, si ripercuotono sulla loro integrità fisica, psichica, sessuale e riproduttiva.

Le MGF consistono in un intervento chirurgico estremamente invasivo che va a colpire il diritto all’integrità di donne e bambine e

CCPR General Comment No.6: Article 6 (Right to Life), adopted on 30 April

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1982 by the UN Human Rights Committee

Giovanni Carlo Bruno, Introduction to the Article 10[Right to Life] in the

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viola il principio del consenso informato prima di essere sottoposti ad un intervento medico-sanitario.

Il fatto stesso di sottoporre le stesse ad un intervento chirurgico assolutamente non necessario e che va a rimuovere una parte perfettamente sana del corpo femminile, può essere considerato un fattore di per sé sufficiente a configurare le MGF come violazione del diritto alla salute e all’integrità fisica.

La circostanza poi che, nella maggior parte dei casi, vengono effettuate su bambine e ragazze minorenni, fa assumere a tali pratiche, già di per sé gravi, un connotato ancora peggiore: la drammaticità dell’intervento si ripercuoterà sulla loro crescita psichica e fisica.

Per tale motivo possiamo fare riferimento alla Convenzione sui diritti del fanciullo che all’articolo 19 prevede l’impegno da parte degli 97

Stati di adottare tutte le misure necessarie “per tutelare il fanciullo contro ogni forma di violenza o di brutalità fisiche o mentali” e all’articolo 24 “il diritto del minore di godere del miglior stato di salute possibile”.

I danni provocati dalle MGF mostrano come queste vadano in modo incontrovertibile a violare il diritto alla salute fisica e mentale; diritto che è parte integrante dei diritti umani fondamentali riconosciuti a livello internazionale menzionato per la prima volta nella Costituzione dell’OMS che, nel suo Preambolo, identifica il concetto di salute come: lo “stato di completo benessere fisico, mentale e sociale, e non consiste solo in un’assenza di malattia o d’infermità”. Prosegue affermando che “il possesso del migliore stato di salute possibile costituisce un diritto fondamentale di ogni essere umano,

La Convenzione sui diritti del fanciullo è stata adottata dall’Assemblea Generale

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delle Nazioni Unite con risoluzione 44/25 il 20 novembre 1989, entrata in vigore il 2 Settembre 1990.

senza distinzione di razza, religione, opinione politica, condizione economica o sociale” . 98

Da questa definizione capiamo come la comunità internazionale voglia ricomprendere nel concetto di più alto livello di salute non solo la salute del corpo ma anche un perdurante stato di quiete psicologica e mentale.

Il benessere mentale è un elemento che manca quasi completamente nelle donne mutilate: l’asportazione della parte più intima e sensibile del corpo femminile, aggiunta al delicato contesto sociale in cui avviene, con le forti pressioni sociali, con la paura di non omologarsi alla tradizione e di essere emarginate, causa nelle vittime seri problemi psicologici nel breve e nel lungo periodo.

La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo all’articolo 25 riconosce il diritto alla salute come il diritto di ogni individuo “ad un tenore di vita sufficiente a garantire la salute ed il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; ed ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà”. Proseguendo, l’articolo afferma che la maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure ed assistenza; ancora una volta, leggendo questo articolo in relazione al fenomeno in esame, capiamo come la pratica delle mutilazioni genitali femminili costituisca una violazione di tale diritto mettendo in pericolo la vita della donna e del nascituro. Anche il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali definisce il diritto alla salute nell’articolo 12 che enuncia nel primo

Costituzione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità adottata dalla

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comma: “gli Stati parti del presente Patto riconoscono il diritto di ogni individuo a godere delle migliori condizioni di salute fisica e mentale che sia in grado di conseguire […]”.

L’articolo prosegue poi affermando che gli Stati per dare piena attuazione a questo diritto, dovranno adottare le misure necessarie ad eliminare la mortalità infantile, il miglioramento della salute ambientale ed industriale, la cura e il controllo delle malattie nonché l’accesso all’assistenza sanitaria per tutti.

Altra Carta di matrice internazionale che sancisce il diritto alla salute è la Convenzione Internazionale sull’Eliminazione di ogni forma di Discriminazione Razziale del 1965, che parla di diritto alla sanità, alle cure mediche, alla previdenza sociale ed ai servizi sociali, che gli Stati parti devono garantire ai propri cittadini al fine di evitare episodi di discriminazione razziale.

La CEDAW, Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna, individua il diritto alla tutela della salute della donna tra gli obblighi degli Stati di garantire l’assenza di discriminazioni di genere nell’ambito dell’impiego, statuendo nell’articolo 11 “il diritto alla tutela della salute e della sicurezza delle condizioni di lavoro, inclusa la tutela della funzione riproduttiva”.

L’articolo seguente, invece, delinea l’impegno che ogni Paese parte deve assumere per evitare la discriminazione delle donne nel campo delle cure sanitarie, facendo sì che le donne, al pari degli uomini,

dispongano dei mezzi necessari per accedere ai servizi sanitari, in particolar modo durante la gravidanza e il parto . 99

Si tratta, inoltre, del primo strumento internazionale che riconosce il fondamentale diritto delle donne di avere una completa libertà di scelta sul tema della pianificazione familiare. La possibilità per le donne di avere un pieno controllo sulla propria riproduttività, decidendo quando e quanti figli avere, è un diritto che viene completamente trasgredito dalla pratica delle mutilazioni.

L’articolo 12 della CEDAW, rubricato “Donne e salute”, è stato oggetto di una importante raccomandazione adottata dal Comitato 100

per l’eliminazione della discriminazione contro le donne durante la sua ventesima sessione nel 1999.

Tale raccomandazione, in primis, sottolinea che l’osservanza dell’articolo 12 da parte di tutti gli Stati sia di importanza capitale per la salute ed il benessere delle donne.

Il suo obiettivo è quello di elaborare un’interpretazione valida del suddetto articolo e di garantire alle donne il soddisfacimento del loro diritto al più alto livello possibile di salute mediante l’individuazione di misure idonee all’eliminazione delle discriminazioni nell’accesso ai servizi sanitari durante tutto il ciclo di vita, con particolare riguardo all’ambito della pianificazione familiare, della maternità, del parto e del periodo post natale.

Articolo 12, CEDAW: “1 Gli Stati prendono ogni misura appropriata per

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eliminare la discriminazione nei confronti delle donne nel campo delle cure sanitarie al fine di assicurare loro, in condizione di parità con gli uomini, i mezzi per accedere ai servizi sanitari, compresi quelli che si riferiscono alla pianificazione familiare.

2 Nonostante quanto disposto nel paragrafo 1 del presente articolo, gli Stati parti forniranno alle donne, durante la gravidanza, al momento del parto e dopo il parto, i servizi appropriati e,se necessario, gratuiti, ed una alimentazione adeguata sia durante la gravidanza che durante l’allattamento.”

CEDAW, Raccomandazione Generale n.24: Articolo 12: Donne e Salute (Doc.

100

Il Comitato evidenzia la necessità di prestare particolare attenzione ai bisogni delle donne che appartengono a minoranze vulnerabili e svantaggiate come donne migranti, rifugiate e bambine.

Sollecita, inoltre, gli Stati ad elaborare dei piani d’azione e delle politiche di intervento appositamente pensati per i bisogni e gli interessi propri delle donne, tenendo in considerazione quindi dei fattori biologici che distinguono le donne dagli uomini, dei fattori socio-economici e psicologici.

Con la raccomandazione il Comitato poi fa riferimento al fatto che le donne sono maggiormente esposte a rischi quali abusi sessuali e violenze e a pratiche culturali o tradizionali come le mutilazioni genitali femminili.

Oltre agli strumenti internazionali, la tutela del diritto alla salute è previsto anche in strumenti regionali. A tal proposito possiamo in primo luogo far riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea che all’articolo 35 afferma che: “Ogni 101

individuo ha il diritto di accedere alla prevenzione sanitaria e di ottenere cure mediche alle condizioni stabilite dalle legislazioni e prassi nazionali. Nella definizione e nell’attuazione di tutte le politiche ed attività dell’Unione è garantito un livello elevato di protezione della salute umana” e alla Carta Sociale Europea che sancisce il diritto alla protezione della salute nell’articolo 11.

Con la Risoluzione 1247 del 2001, l’Assemblea Generale del Consiglio d’Europa, ha condannato ogni tipo di MGF come violazione dei più fondamentali diritti delle donne e grave attentato all’integrità personale e fisica di donne e bambine nonché alla loro salute mentale, arrivando a definire tale pratiche come reato per la società.

Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 2000/C 364/01

La Carta Africana dei Diritti dell’Uomo e dei Popoli statuisce “il diritto di ogni persona di godere del migliore stato di salute fisico e mentale”, aggiungendovi l’impegno che gli Stati parti si assumono per proteggere la salute delle loro popolazioni.

Infine la Convenzione Americana sui Diritti Umani nell’articolo 4 102

enuncia il diritto alla vita, quale diritto di cui nessuno può essere privato, mentre il Protocollo addizionale alla Convenzione , 103

all’articolo 10 afferma il diritto alla salute inteso come “il diritto a godere del più alto livello di benessere fisico, mentale e sociale”. Si riscontra il dato di fatto che sebbene il diritto alla salute sia ampiamente riconosciuto a livello globale non c’è nessuno strumento legislativo, ad oggi, che individui espressamente in tale pratica una forma di violazione del diritto in esame, fermo restando l’alto tasso di pericolosità che lo contraddistingue come è stato dimostrato da ricerche e rapporti forniti dall’OMS e da altre organizzazioni.

4. La violazione del diritto alla non

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