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Il baratto amministrativo e il principio di sussidiarietà orizzontale

PRINCIPIO

DI

SUSSIDIARIETA’

ORIZZONTALE

Anche se rivolte maggiormente alla fiscalità comunale e

regionale, ambedue le norme previste agli artt. 189 e 190 c. contr. si fondano sul principio di sussidiarietà orizzontale che ha avuto un primo riconoscimento con l’art. 2 della legge 3 agosto 1999, confluito poi nel testo unico degli enti locali, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267 che ha poi trovato copertura costituzionale nel comma 4 dell’art. 118 della Costituzione: “…Stato, Regioni,

Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”.

Quest’ultimo ha due sfaccettature, entrambe positivizzate nel nostro ordinamento costituzionale dall’art. 118 Cost., così come modificato dalla riforma del 2001: verticale ed orizzontale.

Partendo dalla definizione dei due principi possiamo dire che il principio di sussidiarietà verticale riguarda le relazioni tra pubblici poteri, il principio di sussidiarietà orizzontale riguarda invece il rapporto tra pubblici poteri e privati. Quest ’ultimo comporta che i pubblici poteri, in presenza di un’iniziativa autonoma dei privati, non possono sostituirsi ad essi nello

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svolgimento di quella determinata attività di interesse generale, ma devono favorire l’estrinsecarsi di quella privata62.

La sussidiarietà orizzontale esprime dunque, il criterio di ripartizione delle competenze tra enti locali e soggetti privati, individuali e collettivi, operando come limite all’esercizio delle competenze locali da parte dei poteri pubblici. L’esercizio delle attività d’interesse generale spetta ai privati o alle formazioni sociali e l’ente locale ha un ruolo sussidiario di coordinamento, controllo e promozione. Quindi essa è funzionale a incoraggiare nuove forme di collaborazione tra cittadini e istituzio ni pubbliche, finalizzate alla tutela del bene comune.

In altri termini, il principio costituzionale di sussidiarietà ribadisce in modo assoluto e definitivo l'importanza dell'azione volontaria. In questo contesto i cittadini diventano soggetti attivi nella cura dei beni comuni con la conseguenza che il Comune beneficia di risorse, competenze ed esperienze di cui si fanno portatori i soggetti privati.63

62 Dall’art. 118 Cost. si desume che le attività di interesse generale non

sono monopolio esclusivo dei pubblici poteri, ma possono essere svolte anche dai privati. L. Franzese, Percorsi della sussidiarietà, Cedam, 2010, pp57ss

63Le misure agevolative, difatti, si indirizzano verso la partecipazione delle

‘comunità locali’. In questo senso la previsione evoca e asseconda l’idea del community empowerment, utilizzando la leva fiscale quale incentiv o al

civic engagement.

Negli ultimi decenni, difatti, si è assistito ad un crescente interesse da parte degli studiosi di differenti discipline e da parte del legislatore verso modelli organizzativi e soluzioni istituzionali che hanno come protagonista la comunità e il suo empowerment. A proposito dei processi di rigenerazione urbana, si è sottolineato che le risorse affidate alle community enterprises siano, prevalentemente, spazi residuali o immobili dismessi – concessi da enti pubblici – contraddistinti da elevati costi per la manutenzione e la gestione. A differenza di istituti, propri di altri ordinamenti, la disciplina del baratto amministrativo non riesce a mettere a frutto le potenzialità del principio di sussidiarietà orizzontale. Nonostante il più recente intervento di modifica, l’istituto si presenta, per così dire, ‘manovrato dall’alto’ nel senso che è l’amministratore locale a individuare le attività che sono ammesse all’esenzione dai tributi. Ciò inevitabilmente ‘frena’ le

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Nonostante tale differenza, sussidiarietà verticale e orizzontale si incrociano l’una con l’altra.64 Quando il problema è quello

della allocazione delle funzioni fra i diversi livelli istituzionali, la sussidiarietà verticale consente di individuare il livello più adeguato allo svolgimento di una determinata funzione non tanto basandosi sulla ‘vicinanza’ tra cittadini e istituzioni, quanto della capacità di ciascuno di tali livelli di soddisfare l’interesse generale. La sussidiarietà verticale consente in tal modo l'allocazione delle funzioni pubbliche non sulla base di un astratto schema istituzionale, quanto piuttosto di un obiettivo concreto di crescita della persona e di difesa della sua dignità65.

Una volta individuati i livelli istituzionali più adatti al perseguimento dell'interesse generale attraverso lo svolgimento delle varie funzioni pubbliche, la sussidiarietà orizzontale consente alle istituzioni titolari di tali funzioni di perseguire l’interesse generale non più da sole, ma insieme ai cittadini, singoli e associati. È come se la sussidiarietà orizzontale aprisse ai soggetti pubblici spazi finora inesplorati per la realizzazione della loro missione costituzionale, consentendo di affiancare alle istituzioni pubbliche i privati, non più soltanto come strumenti della loro azione attraverso istituti come l’appalto o la concessione, bensì quali alleati autonomi consapevoli e

potenzialità della sussidiarietà orizzontale che, in tal modo, privata di ogni spontaneità, non può esprimersi adeguatamente. Vd P. Leyland The

localism Act 2011: Local Governement Encounters the ‘Big Society?, in

Istituzioni del federalismo, 4, 2012, pp.770 ss.

64 G. Arena, il principio di sussidiarietà orizzontale nell'art.118, u.c. della

costituzione, in Rivista elettronica di diritto pubblico, di diritto dell'economia e di scienza dell'amministrazione a cura del Centro di ricerca sulle amministrazioni pubbliche "Vittorio Bachelet" - Luiss Guido Carli. pp. 11ss.

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responsabili nella lotta contro un avversario comune: la complessità dei problemi posti dal mondo moderno e per un obiettivo comune, la piena realizzazione di ciascuno.66

Sussidiarietà verticale ed orizzontale, dunque, si sostengono e si integrano a vicenda. Entrambe sono finalizzate alla realizzazione di un interesse generale che grazie al rapporto fra l'art.118 e l'art.3, comma 2 Cost. si concret izza in azioni di soggetti pubblici e privati dirette a creare le condizioni per la piena realizzazione di ciascun essere umano. Nel punto di intersezione tra tra sussidiarietà verticale ed orizzontale, in altri termini “c'è quella persona umana che la nostra Costituzione

ha voluto al centro dell'intero sistema istituzionale con i suoi diritti e con i suoi doveri.”67

I contratti di partenariato sociale e l'ampio concetto di “utilità” per la comunità di riferimento in un'ottica di recupero del valore sociale della partecipazione dei cittadini alla stessa ad esso sotteso, rappresentano una declinazione moderna del principio di sussidiarietà: esso consiste in un fattivo dialogo tra le parti volto a sfruttare al meglio contributi e risorse dei singoli per lo sviluppo ed il benessere dell'intera comunità68. Questa tipologia di contratti, divenuta oggetto della nuova norma sul baratto amministrativo di cui all'art. 190, dà una nuova linfa a principi e strumenti - sussidiarietà, cittadinanza attiva, partecipazione e partenariato sociale – che essendo strettamente correlati tra loro

66 G Arena Ibidem.

67 G Arena Ibidem.

68 S. Boffano - R. Cabazzi, il c.d “baratto amministrativo” una nuova

modalità di attuazione della sussidiarietà orizzontale che realizza, da un lato, un risparmio di imposta e, dall’altro, una minore spesa pubblica, in

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sono in grado di dar vita a nuove forme di collaborazione assolutamente innovative.

CAPITOLO II

GLI ELEMENTI DELLA FATTISPECIE

Sommario: 1. La competenza degli enti territoriali 2. Soggetti beneficiari dell’agevolazione 3. Oggetto del baratto amministrativo 4. Segue: crediti di natura extra tributaria e profili contabili.

1. LA

COMPETENZA

DEGLI

ENTI

TERRITORIALI

Sul cammino di attuazione della sussidiarietà orizzontale, percorso in modo alquanto timido e incerto da parte del legislatore nazionale e comunale, si colloca la previsione di cui all’art. 190 c. contr. che introduce i “contratti di partenariato sociale” conclusi dagli enti territoriali sulla base dei progetti presentati da cittadini, purché individuati in relazione a un preciso ambito territoriale69.

69 L’antecedente legislativo dell’istituto è costituito dalla previsione di una

“detassazione dei microprogetti di arredo urbano o di interesse locale ”, testualmente riferita a microprogetti operati dalla società civile nello spirito della sussidiarietà, inserita nel contesto del piano anti -crisi varato con il D. Lgs. n. 185/2008. Con tale disciplina si valorizzava la progettualità di gruppi di cittadini organizzati esprimentesi in proposte operative assistite dall’indicazione di costi e mezzi di finanziamento, senza oneri per l’ente locale territoriale competente per la realizzazione di non meglio specificate opere di interesse locale. Tale decreto conv. In legge n. 2/2009 reca infatti “Misure urgenti per il sostegno a famiglie, lavoro, occupazione e impre sa e

per ridisegnare in funzione anti-crisi il quadro strategico nazionale ”. Vd.

in argomento, C. Iaione Microprogetti, storia di silenzi tra assensi e rigetti , pubblicato il 5 febbraio 2009, in www. Labsus.org.

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Come già illustrato nel capitolo precedente, tale disciplina dà vita all’istituto del baratto amministrativo e offre lo spunto per mettere a disposizione degli amministratori locali un ‘formidabile sistema’ volto a concedere ai cittadini la possibilità di mettersi in regola con il versamento di tasse e tributi attraverso la propria prestazione che peraltro, contribuisce alla tutela e alla valorizzazione del proprio territorio. In attuazione del contratto di partenariato sociale, il contribuente che si trova in particolari situazioni di disagio sociale può, infatti, svolgere servizi di pubblica utilità in cambio di un abbuono d el debito o di una sua parte. In altri termini, si tratta della possibilità di compensare le tasse comunali offrendo in cambio il proprio lavoro.

Di conseguenza, può ritenersi che, da un punto di vista strettamente ‘pubblico’, l’istituto in esame realizzi, al contempo, due obiettivi strettamente interconnessi70: porre rimedio al degrado urbano attraverso interventi di recupero, riuso e riqualificazione e contenere la spesa pubblica. Con la nuova formulazione di cui all’art. 190 c. contr. sembra volersi dare nuove opportunità ai Comuni e sgravare, in parte, i bilanci comunali di taluni oneri, trasferendoli in parte sui cittadini ovvero sulla collettività in generale, prevedendo eventua li sgravi fiscali.

Certamente si tratta di uno strumento ‘innovativo’ che accorcia le distanze tra amministrazione comunale e cittadino.

In riferimento all’ambito soggettivo, l’applicabilità della disposizione è limitata, per la parte pubblica, agli ent i

70 F. Giglioni La rigenerazione dei beni urbani di fonte comunale in

particolare confronto con la funzione di gestione del territorio , in La rigenerazione di beni e spazi urbani, Il mulino, 2017, 254ss

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territoriali, mentre per la parte privata può coinvolgere cittadini singoli o associati che si occupino di quel preciso ambito territoriale. Più precisamente, secondo l’attuale disciplina (art 190 codice contr), gli enti territoriali sono tenuti alla definizione, con delibera, dei criteri e delle condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale sulla base dei progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché localizzati in un territorio circoscritto71.

Rispetto alla disciplina precedente, di cui all’art. 24 del Dl n. 133 /2014, il nuovo art. 190 del Codice dei contratti introduce due rilevanti novità: da una parte estende la gamma dei soggetti attivi72 - che possono regolamentare l’istituto - a tutti gli “enti

territoriali” (Province, Città metropolitane, Comunità montane, etc.) e dall’altra amplia l’armamentario degli strumenti con cui può dettarsi la disciplina generale dell’istituto attraverso la previsione di un’apposita ‘delibera’.

In tale prospettiva, la disposizione prevede come già ribadito, che: “Gli enti territoriali definiscono con apposita delibera i

criteri e le condizioni per la realizzazione di contratti di partenariato sociale, sulla base di progetti presentati da cittadini singoli o associati, purché individuati in relazione ad un preciso ambito territoriale”.

A questa delibera se ne aggiunge un’ulteriore, che può naturalmente essere contestuale, in virtù della quale in relazione alla tipologia dei predetti interventi “i comuni possono

deliberare riduzioni o esenzioni di tributi corrispondenti al tipo

71 P. Cosmai – R. Iovino, Il nuovo codice degli appalti pubblici , Wolters

Kluwer, 2017, pp364ss

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di attività posta in essere”: delibera funzionalmente distinta,

ancorché logicamente ma non necessariamente connessa alla prima nella strategia complessivamente disegnata.

Nonostante la chiara lettera di legge che fa riferimento all’adozione di una ‘delibera’ per disciplinare tali attività sussidiarie, però, va precisato che l'ente può emanare anche uno specifico regolamento 73.

Sulla questione dello strumento legislativo - delibera o regolamento - con il quale disciplinare l’istituto del baratto amministrativo all’interno di ciascun ente locale che voglia darne attuazione si è sollevato un vivace dibattito dottrinale, poi risolto in sede giurisprudenziale da un intervento d alla Corte dei Conti74.

Come già anticipato, la norma di cui all’art. 190 c. contr. indica quale strumento per l’adozione delle agevolazioni in questione la “delibera”, senza rimandare ai poteri regolamentari esercitati dal Comune ex D. Lgs. n. 446/1997. Tuttavia, sebbene secondo un’interpretazione letterale non possa escludersi la validità di una semplice delibera - comunque di competenza del Consiglio comunale -, la dottrina75 ha opinato che trattandosi di integrazioni alla disciplina tributaria sarebbe p referibile utilizzare lo strumento del regolamento comunale per adottare le deliberazioni che sanciscono riduzioni o esenzioni di tributi.76

73 P. Morigi Il baratto amministrativo e la sua applicazione negli enti

locali, in La Finanza locale 3 2016 65ss

74 N. Bertolini, Baratto amministrativo: le ultime tappe di un percorso

difficile, in Azienditalia – Fin. E trib., 2016, 11, 963ss

75 F. Giglioni, op.cit., 257

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A dirimere la questione è intervenuta la Corte dei Conti Sez. controllo – Emilia Romagna, che, con la delibera n. 27 del 23 marzo 2016, ha precisato che in forza del principio di indisponibilità dell’obbligazione tributaria – derogabile solo in forza di una disposizione di legge - il baratto amministrativo deve essere disciplinato da un apposito regolamento comunale ai sensi dell’art. 52 del D. Lgs. 446/1997.

In effetti, il circuito virtuoso partecipazione-sconti fiscali può produrre ottimi risultati ma non si può improvvisare77. Il regolamento, proprio perché richiede molta attenzione e confronto nella fase della sua redazione, acquisisce più autorevolezza nella sua applicazione pratica78. Pertanto, non è

possibile introdurre il baratto amministrativo con una semplice delibera di Giunta ma occorre seguire la via regolamentare, con l’ulteriore conseguenza che la delibera deve essere approvata entro il termine fissato per l’adozione del bilancio, altrimenti ha efficacia a partire dall’anno successivo.

Così, come precisato dalla Corte dei Conti, “è necessario

dunque, che ciascun ente territoriale si doti, allo scopo, di una previa regolazione a carattere generale, che ne riaffermi il riferimento a specifici progetti finalizzati) e l'incidenza su ambiti limitati. (…) La natura regolamentare di tale delibera implica, di riflesso, la competenza del Consiglio, ad adottarla (…) non oltre il termine di approvazione del bilancio di previsione, per avere effetto dal primo gennaio dell'anno successivo”. Di conseguenza, ogni ente, al fine di mantenere gli

77 G. Astegiano, Giurisprudenza in materia contabile – I limiti al baratto

amministrativo, in Azienditalia, 2016, 5, 581

78 V. M. Sessa, Il partenariato pubblico-privato, in Il nuovo diritto dei

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equilibri economici indispensabili per il suo funzionamento, sarà tenuto a ‘stimare’ con adeguato anticipo la minore entrata che dalla riduzione/esenzione della tassa locale ne deriverà al bilancio. Di anno in anno, i regolamenti e i bilanci di previsione dovranno stabilire l’entità della rinuncia al credito tributario che l’ente è disposto ad accettare in cambio della prestazione ‘lavorativa’. Ciò in quanto è evidente che dall’autorizzazione allo svolgimento di quella prestazione non conseguirà alcun lucro per l’ente che, al contrario, subirà una minore entrata di bilancio precedentemente già approvata79.

Più recentemente tale esegesi è stata confermata anche a livello politico: invero, il Ministero dell'Ambiente con la delibera n. 27/2018 ha chiarito che il baratto amministrativo deve essere

previsto da un regolamento comunale e che inoltre, il bilancio

di previsione deve stabilire annualmente l'importo che l'ente è disposto ad accettare in sostituzione dell'imposta.80

Chiarita la natura giuridica dell’atto normativo con il quale si detta la disciplina generale del baratto amministr ativo un breve cenno merita la questione del contenuto del regolamento locale.

Da tale prospettiva, è necessario che il regolamento comunale individui criteri e condizioni in base ai quali i cittadini, singoli o associati, possano presentare progetti relat ivi a interventi di riqualificazione del territorio. L’apposito regolamento dovrà dunque fissare in maniera analitica e puntuale sia i criteri di computo del valore dell’attività e delle iniziative intraprese, sia i termini e le modalità per accedere alla riduzione o

79 P. Cosmai – R. Iovino, op.cit., p 369

80A. Tomassetti, I nuovi appalti pubblici dopo il correttivo , Dike, 2017,

491; R. Garofoli – G. Ferrari, Codice dei contratti pubblici, Dike, 2017, 2670ss.

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all’esenzione fiscale, oltre alla tipologia di tributi che possono essere oggetto di ‘compensazione’.

La rispondenza del progetto ai criteri e alle condizioni predeterminati dalla delibera ne determinerà poi l’eventuale accoglimento da parte dell’amministrazione. Secondo qualche autore81, la presentazione del progetto ai sensi dell’art. 190 c. contr. avrebbe carattere meramente sollecitatorio, finalizzato a definire le condizioni per un contratto sulla base del progetto presentato82. Se così fosse, però, l’introduzione di una norma dedicata al baratto amministrativo sarebbe pressoché superflua83, dal momento che la possibilità di promuovere

progetti esprime quella libera iniziativa dei privati che è sempre consentita purché non contrasti con la legge.

La presentazione del progetto non può comportare alcun diritto del proponente al compenso per le prestazioni compiute né tanto meno alla realizzazione degli interventi proposti che devono sottostare alle regole di evidenza pubblica: tuttavia, la presentazione di un progetto da parte dei cittadini obbliga l’amministrazione ad avviare un procedimento per valutarlo e configura il privato quale titolare di una posizione di interesse legittimo pretensivo qualificato e giuridicamente rilevante alla conclusione del procedimento84.

81 M. Baldi, Locazione finanziaria, contratto di disponibilità e baratto

amministrativo nel d. lgs. n. 50/2016 , 980; F. Giglioni, op.cit 265

82 M. Baldi op.cit. 980

83 A. Tomassetti, op.cit., 491

84 P. Duret, Baratto amministrativo o simbiosi mutualistica? Divagazioni su

recenti prospettive dell’amministrazione locale, in AAVV., Scritti in ricordo di Paolo Cavaleri, Napoli, 2016, pp305ss

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In ogni caso, in analogia da quanto previsto dall’art 189 c contr. decorsi due mesi dalla presentazione della proposta senza che l'Amministrazione si sia espressa, scatta il silenzio -rifiuto, intendendosi respinta ai sensi di legge. Nel caso invece di approvazione espressa, l'ente può disciplinare le fasi essenziali del procedimento di realizzazione e i tempi di esecuzione dell'intervento.

Ciò posto, per un esame analitico della disciplina del baratto amministrativo, dunque, occorrerà necessariamente riferirsi ai singoli regolamenti adottati dalle varie amministrazioni locali, in quanto è attraverso tali provvedimenti che gli enti territoriali rendono operativi, attuandoli in concreto, i principi generali fissati dall’art. 190 c. contr.

In linea di massima, come si evince dall’esame di alcune deliberazioni comunali disponibili presso i siti istituzionali, è possibile riscontrare un tratto comune nella declinazione delle regole per ricorrere a tale forma di collaborazione. I regolamenti sono soliti prima di tutto fornire una definizione di ‘baratto amministrativo’ per circoscrivere la possibilità di ricorrere all’istituto solo per interventi da parte di cittadini funzionali alla cura e il recupero dei beni comuni urbani mediante la gesti one condivisa con carattere di continuità e di inclusività85. Vengono inoltre fissati i requisiti soggettivi per partecipare al baratto – in genere la residenza nel comune, l’assenza di condanne penali, la maggior età e l’idoneità psico-fisica in relazione alla attività da svolgere e declinate le fasi del procedimento, dalla presentazione della domanda, passando per la fase istruttoria

85 Cui segue, generalmente, un’elencazione meramente indicativa e non

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sino al momento della formalizzazione della proposta, solitamente definita “patto di collaborazione”86.

2. SOGGETTI BENEFICIARI