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DI OPEN BARRIER MEMBRANE TECHNIQUE

Mirko Andreasi Bassi

Odontoiatra, libero professionista, Roma

Introduzione

La rigenerazione ossea guidata (Guided Bone Regeneration, GBR) è una procedura chirurgica dentale che utilizza dispositivi medici, denominati membrane barriera, per orientare la crescita di nuovo tessuto osseo in siti, dei mascellari, in cui questo è deficitario e altrimenti insufficiente, per una corretta riabilitazione implanto-protesica (1).

L’uso di Membrane di Barriera (MB), per la rigenerazione ossea, è stato descritto per la prima volta nel 1959 in ortopedia (2). I principi teorici fondamentali, per la rigenerazione guidata dei tessuti, sono stati sviluppati da Melcher nel 1976, che ha sottolineato la necessità di escludere le linee cellulari indesiderate dai siti di guarigione per consentire la crescita dei tessuti desiderati (3). Sulla base dei risultati clinici positivi, relativi alla rigenerazione dei tessuti parodontali (osso alveolare, legamento parodontale, cemento radicolare), negli anni ‘80, la ricerca ha cominciato a concentrarsi sul potenziale per ricostruire i difetti dell’osso alveolare mediante la rigenerazione ossea guidata (4-8).

Gli obiettivi delle MB sono: mantenimento dello spazio; protezione del coagulo; effetto barriera; inibizione del riassorbimento dell’innesto; stabilizzazione dell’innesto (7, 8).

Studi riguardanti la GBR, in comparazione alle altre metodiche di aumento osseo disponibili, sembrano fornire risultati prevedibili e favorevoli, supportati da follow-up a lungo termine, in particolare se eseguite con membrane non-riassorbibili in PoliteTraFluoroEtilene espanso (e-PTFE) rinforzato con un framework di titanio, in modo che l’effetto barriera possa durare fino al secondo intervento chirurgico di rientro, che avviene, di norma, dopo almeno 6 mesi dal primo intervento (9, 10).

Attualmente il materiale da innesto maggiormente utilizzato, in associazione con i dispositivi per la GBR, è rappresentato dall’osso autologo miscelato con uno xenoinnesto (osso bovino deproteinizzato) (1).

Recentemente è stato proposto il PTFE denso (d-PTFE) come membrana non riassorbibile.

Questo materiale, nello stesso modo del e-PTFE, può essere vantaggiosamente utilizzato in combinazione con un framework di titanio per dare malleabilità e stabilità al dispositivo (11-13).

La favorevole affidabilità clinica del d-PTFE ha mostrato che una delle principali caratteristiche insospettate di questa membrana è quella della ridotta permeabilità, tale da inibire la contaminazione batterica dell’innesto, in caso dell’indesiderata esposizione del dispositivo, nel cavo orale, nel periodo postoperatorio (14, 15).

Al fine di realizzare una MB quanto più impermeabile e rigida possibile, sulla scorta di precedenti esperienze con le griglie in titanio, nel 2016 Andreasi Bassi et al. hanno proposto l’utilizzo di un Dispositivo Barriera Customizzato In Titanio (DBCT) (16-18).

Le prime esperienze con i DBCT sono iniziate nel 1998 ma nonostante gli incoraggianti risultati la necessità di sagomarli intra-operatoriamente, per adattarli al sito ricevente, ne ha decretato il progressivo disuso.

Recentemente l’avvento delle stampanti 3D ha aperto nuovi orizzonti all’impiego di questi dispositivi (16-18). Infatti grazie a una delle tante applicazioni della tecnologia CAD/CAM (Computer-Aided Design/Computer-Aided Manufacturing) è stato possibile trasformare i file DICOM, delle indagini tomografiche, in modelli solidi dei mascellari dei pazienti, questo ha reso possibile la premodellazione extraorale dei DBCT con notevole semplificazione e accelerazione delle procedure operatorie intraorali. Studi in vivo, utilizzando il device in combinazione con un innesto allogenico sia mineralizzato che demineralizzato miscelato con un carrier termoplastico, ne validano l’utilizzo, sia da un punto di vista del risultato clinico sia dal punto di vista istologico e istomorfometrico (16-19). Anche con i DBCT, come con le MB in genere, è stata riscontrata la possibile scopertura del device, che poteva essere precoce (entro il primo mese postoperatorio) o tardiva (dopo il primo mese postoperatorio). La frequenza di questi eventi, generalmente non associati a una sintomatologia soggettiva da parte del paziente, era rispettivamente tra il 20-23,1%

e tra il 10-15,4%, a seconda degli studi (17, 18). Sorprendentemente anche nel caso delle scoperture precoci è stata osservata una rigenerazione ossea, apparentemente non influenzata da questa complicanza, è anzi stato osservato un incremento nell’ampiezza della banda di gengiva aderente, che sovrastava la zona dell’innesto soggetta all’esposizione (Figure 1-5). Nel caso dell’esposizione precoce i dispositivi sono stati mantenuti in situ per 4 mesi. Dopo la loro rimozione sono stati attesi 2 mesi, per la completa guarigione, per seconda intenzione dei tessuti molli e per la maturazione dell’innesto, prima del posizionamento implantare. Il comportamento descritto sembrerebbe riconducibile a quello descritto da Funakoshy et al., nel 2005, con la Open Barrier Membrane Technique (OBMP), dove viene volutamente ricercata la mancata copertura della membrana, in questo caso in d-PTFE, nelle procedure di preservazione dell’alveolo post-estrattivo (socket preservation) (19).

Già nel 1994, mediante uno studio su animale, Schmid et al. avevano dimostrato l’inutilità della permeabilità della e-PTFE nella GBR, che anzi, in condizioni cliniche, si è dimostrata dannosa per la rigenerazione ossea, nel caso della indesiderata esposizione del device (20, 21).

Le attuali esperienze orienteranno pertanto le caratteristiche delle MB non riassorbibili nel prossimo futuro e tra queste la rigidità, la biocompatibilità e l’impermeabilità sembrano essere le più importanti per il successo clinico della GBR.

Figura 1. Caso di rigenerazione su mandibola posteriore con dispositivo barriera customizzato in titanio (DBCT) (Foto: Andreasi Bassi M., 2015)

Figura 2. Esposizione precoce del DBCT e suo controllo nel tempo (Foto: Andreasi Bassi M., 2015)

Figura 3. Rimozione del DBCT dopo 4 mesi, dalla sua applicazione, lasciando guarire la ferita per seconda intenzione e proteggendola con un impacco chirurgico per 7-10 giorni

(Foto: Andreasi Bassi M., 2015)

Figura 4. Dopo 2 mesi, dalla rimozione del DBCT, il sito rigenerato viene nuovamente scheletrizzato, per consentire il posizionamento degli impianti

(Foto: Andreasi Bassi M., 2015)

21 gg. 35 gg. 49 gg. 63 gg. 77 gg. 93 gg. 114 gg.

Figura 5. Finalizzazione protesica del caso: a) impianti con viti di guarigione, b) impianti con monconi in situ, c) ponte in metallo-ceramica cementato e suo controllo radiografico (d) a 3 anni

(Foto: Andreasi Bassi M., 2015)

Conclusioni

I risultati suggeriscono buone potenzialità del device per l’aumento del volume osseo nelle atrofie disto-mandibolari, incoraggiando ulteriori studi volti alla validazione del loro utilizzo in altri distretti dei mascellari, nonché allo sviluppo di metodiche rigenerative cui la MB viene volutamente montata esposta all’ambiente orale, al fine di facilitare la gestione intraoperatoria dei tessuti molli da parte del chirurgo e al tempo stesso incrementando la quantità di gengiva aderente.

Bibliografia

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a b c

d

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