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NUOVE PROSPETTIVE NELLA RIGENERAZIONE GUIDATA DELL’OSSO CON DISPOSITIVI BARRIERA

IN TITANIO CUSTOMIZZATI

Mirko Andreasi Bassi

Odontoiatra, libero professionista, Roma

L’atrofia ossea conseguente alla perdita degli elementi dentari nei settori latero-posteriori della mandibola costituisce una limitante a corretto posizionamento implantare in particolare nel caso di atrofie prevalentemente verticali o di tipo combinato verticale/orizzontale (1).

Spesso il segmento osseo atrofico necessita dell’adozione di una procedura di aumento osseo.

Ci sono molte tecniche descritte in letteratura, finalizzate alla ricostruzione di creste alveolari atrofiche, che sono sia operatore- che tecnica- sensibili. Per questi casi è spesso necessario l’utilizzo di un innesto autogeno a onlay oppure a inlay di tipo interposizionale (2). L’osso autologo ha il vantaggio di essere osteoconduttivo oltre che osteogenico e osteoinduttivo, ma di contro aumenta il tempo chirurgico, crea un secondo sito chirurgico e può causare complicazioni e morbilità. In caso di grave atrofia, inoltre può essere necessario prelevare osso autologo da siti extraorali (es. cresta iliaca) rendendo l’operazione non fattibile in ambiente ambulatoriale. Studi riguardanti la rigenerazione ossea guidata (Guided Bone Regeneration, GBR), in comparazione alle altre metodiche di aumento osseo disponibili, sembrano fornire risultati prevedibili e favorevoli, supportati da follow-up a lungo termine, in particolare se eseguite con membrane non-riassorbibili in Politetrafluoroetilene espanso (e-PTFE) rinforzato con un framework di titanio (3).

Attualmente il materiale da innesto maggiormente utilizzato, in associazione con i dispositivi per la GBR, è rappresentato dall’osso autologo miscelato con uno xenoinnesto (osso bovino deproteinizzato) (1). Le membrane vengono utilizzate nella GBR per impedire la crescita competitiva di tipologie cellulari indesiderate (es. epitelio e tessuto connettivo molle) consentendo ripopolamento della ferita da parte delle cellule ossee. Gli obiettivi di questo tipo di dispositivi sono:

− mantenimento dello spazio;

− protezione del coagulo;

− effetto barriera;

− inibizione del riassorbimento dell’innesto;

− stabilizzazione dell’innesto (4, 5).

Per questi motivi l’aumento osseo verticale viene solitamente eseguito con membrane non riassorbibili in e-PTFE in titanio rinforzato, in modo che l’effetto barriera possa durare fino al secondo intervento chirurgico di rientro, che avviene, di norma, dopo almeno 6 mesi dal primo intervento (6).

Attualmente è stato proposto il PTFE denso (d-PTFE) come membrana non riassorbibile.

Questo materiale, nello stesso modo del e-PTFE, può essere vantaggiosamente utilizzato in combinazione con un framework di titanio per dare malleabilità e stabilità al dispositivo (7- 9).

La favorevole affidabilità clinica del d-PTFE ha mostrato che una delle principali caratteristiche insospettate di questa membrana è quella della completa impermeabilità, tale da impedire la contaminazione batterica dell’innesto, in caso dell’indesiderata esposizione del dispositivo, nel cavo orale, nel periodo postoperatorio (10, 11).

Gli attuali orientamenti prevedono l’inserimento implantare simultaneo, al fine di ridurre sia il numero di interventi chirurgici sia di aumentare la rigidità del dispositivo, in quanto l’impianto funziona come pilastro stabilizzando il dispositivo e riducendo la sollecitazione meccanica, per l’innesto, durante la masticazione (12).

Le griglie in titanio (GT) sono state inizialmente sviluppate negli anni ‘60 come dispositivo di contenimento di organi vitali in pazienti traumatizzati nonché, grazie anche alla loro rigidità, con finalità ricostruttiva in pazienti oncologici come dispositivo di ritenzione e immobilizzazione di innesti ossei autogeni particolati, prelevati da siti extraorali.

Negli anni ‘80 il loro uso è stato esteso a metodiche di aumento dei volumi ossei finalizzati al successivo posizionamento implantare (13).

Nonostante il fatto che la complicazione principale associata all’uso di questo dispositivo sia la sua esposizione in ambiente orale, questo evento non necessariamente compromette il risultato finale (14, 15). Teoricamente l’uso di GT senza fori può dare sia i ben noti vantaggi di contenimento e stabilizzazione dell’innesto sia la capacità di inibizione della crescita competitiva delle tipologie cellulari indesiderate tipico delle membrane. Anche l’impermeabilità e la biocompatibilità devono essere considerati come punti di forza di questo Dispositivo Barriera in Titanio Castomizzato (DBTC). Le prime esperienze con i DBTC sono iniziate nel 1998 ma nonostante gli incoraggianti risultati la necessità di sagomarli intra-operatoriamente, per adattarli al sito ricevente, ne ha decretato il progressivo disuso. Recentemente l’avvento delle stampanti 3D ha aperto nuovi orizzonti all’impiego di questi dispositivi (16). Infatti grazie a una delle tante applicazioni della tecnologia CAD/CAM (Computer-Aided Design/Computer-Aided Manufacturing) è stato possibile trasformare i file Digital Imaging and COmmunications in Medicine (DICOM), delle indagini tomografiche, in modelli solidi dei mascellari dei pazienti, questo ha reso possibile la premodellazione extraorale dei DBTC con notevole semplificazione e accelerazione delle procedure operatorie intraorali. Studi in vivo, utilizzando il device in combinazione con un innesto allogenico sia mineralizzato che demineralizzato miscelato con un carrier termoplastico, ne validano l’utilizzo, sia da un punto di vista del risultato clinico sia dal punto di vista istologico e istomorfometrico (17-20). Anche con i DBTC è stata riscontrata la scopertura del device che poteva essere precoce (entro il primo mese postoperatorio) o tardiva (dopo il primo mese postoperatorio). La frequenza di questi eventi era rispettivamente tra il 20-23,1% e tra il 10-15,4% a seconda degli studi. Sorprendentemente anche nel caso delle scoperture precoci è stata osservata una rigenerazione ossea apparentemente non influenzata da questa complicanza e anzi è stato osservato un incremento nell’ampiezza della banda di gengiva aderente che sovrastava la zona dell’innesto soggetta all’esposizione. Nel caso dell’esposizione precoce i dispositivi sono stati mantenuti in situ per 4 mesi. Dopo la loro rimozione sono stati attesi 2 mesi, per la completa guarigione, per seconda intenzione dei tessuti molli e per la maturazione dell’innesto, prima del posizionamento implantare. Il comportamento descritto sembrerebbe riconducibile a quello descritto da Funakoshy et al. nel 2005 con la Open Barrier Membrane Technique dove viene volutamente ricercata la mancata copertura della membrana in questo caso in d-PTFE (21).

L’esperienza clinica mostra come l’assenza di fori (caratteristica delle GT) impedisca la crescita del tessuto connettivo e l’infiltrazione del device, favorendo sia la rigenerazione ossea che la sua rimozione, nella seconda fase chirurgica. Anche la fase chirurgica risulta notevolmente semplificata e abbreviata. La scopertura del device, grazie alla sua impermeabilità e rigidità, non deve essere vista necessariamente come una complicanza sebbene vada precocemente individuata al fine di adottare le appropriate misure volte a preservare il risultato finale.

Questo metodo richiede, al tempo stesso, una costruzione attenta e precisa del dispositivo sul modello stereo litografico e anche le immagini tomografiche devono essere prive di artefatti per

perfettamente su il sito ricevente. Infatti nel caso di mismatching tra il dispositivo e il sito ricevente può essere compromesso il risultato finale.

Le attuali conoscenze indicano l’utilizzo di questa procedura nella rigenerazione delle atrofie disto-mandibolari. La tecnica richiede la presenza di piani di appoggio o pilastri ossei per la stabilizzazione del dispositivo.

Inoltre l’uso dei DBTC facilita la sutura dei tessuti molli e la loro guarigione su di essi in virtù anche della loro biocompatibilità.

I risultati suggeriscono buone potenzialità del metodo per l’aumento del volume osseo nelle atrofie disto-mandibolari, incoraggiando ulteriori studi volti alla sua validazione in altri distretti dei mascellari.

Bibliografia

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6. Simion M, Scarano A, Gionso L, Piattelli A. Guided bone regeneration using resorbable and nonresorbable membranes: a comparative histologic study in humans. Int J Oral Maxillofac Implants 1996 (novembre, dicembre);11(6):735-42.

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10. Carbonell JM, Martín IS, Santos A, Pujol A, Sanz-Moliner JD, Nart J. High-density polytetrafluoroethylene membranes in guided bone and tissue regeneration procedures: a literature review. Int J Oral Maxillofac Surg 2014;43:75-84.

11. Al-Hezaimi K, Rudek I, Al-Hamdan KS, Javed F, Nooh N, Wang H-L. Efficacy of using a dual layer of membrane (d-PTFE placed over collagen) for ridge preservation in fresh extraction sites: a mi- cro-computed tomographic study in dogs. Clin Oral Implants Res 2013;24:1152-7.

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16. Jacotti M, Wang HL, Fu JH, Zamboni G, Bernardello F. Ridge augmentation with mineralized block allografts: clinical and histological evaluation of 8 cases treated with the 3-dimensional block technique. Implant Dent 2012;21(6):444-48.

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18. Andreasi Bassi M, Andrisani C, Lopez MA, Gaudio RM, Lombardo L, Carinci F. Guided bone regeneration by means of a preformed titanium foil: A case of severe atrophy of edentulous posterior mandible. J Biol Regul Homeost Agents 2016;30(2):35-41. Suppl. 1.

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21. Funakoshi E, Kimura H, Nishihara M, Maky K, Yoshida S. Emdogain: the clinical evaluation and future potential roles. The Quintessence 2005;24(6):40-60.

RIGENERAZIONE OSSEA GUIDATA CON DISPOSITIVI