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2. Disturbo di Panico e Spettro di Panico Agorafobico

2.5 Basi neurofisiologiche della paura e del panico

Come descritto all’inizio di questo capitolo, c’è uno stretto legame tra l’ansia e la paura. Questo legame è rafforzato dall’evidenza scientifica che intercetta circuiti in comune tra la modulazione dell’ansia e il condizionamento di risposte di paura negli individui.

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risposta a stimoli specifici (Charney, 2003; Charney & Drevets 2002). Questa struttura, una volta ricevuti gli input dalle cortecce associative (primarie e secondarie) e dal talamo sensoriale, proietta i segnali a molteplici strutture implicate nella risposta autonomica e comportamentale: il nucleo parabranchiale modera il ritmo respiratorio, il talamo laterale attiva il sistema nervoso simpatico, il locus coeruleus è responsabile dell‘incremento nel rilascio di norepinefrina, il nucleo paraventricolare dell’ipotalamo stimola l‘incremento di adrenocorticoidi e il PAG media le risposte motorie, il comportamento difensivo e il congelamento posturale (Gorman et al., 2000). La molteplicità delle aree coinvolte rispecchia l‘estrema variabilità dei sintomi degli attacchi di panico.

Lo sviluppo e la modulazione della paura contestuale (risposte emozionali al contesto ambientale), oltre alle aree sopracitate, coinvolgono l‘ippocampo, la corteccia rostrale peririnale, la corteccia prefrontale ventricololaterale e insula anteriore (Charney, 2003; Charney & Drevets 2002). Si pensa che l’attivazione dell’ippocampo sia legato all’immagazzinamento e rievocazione delle memorie contestuali (in particolare dei loro aspetti spaziali). Questa struttura comunica direttamente con l‘amigdala, che a sua volta è fortemente coinvolta nel comportamento di evitamento nel DP. La corteccia prefrontale, sembra possedere la capacità di attivare o annullare la paura condizionata, facendo pensare che questa struttura possa avere un ruolo determinante nell’instaurare il meccanismo di estinzione del comportamento di evitamento (Charney, 2003; Charney & Drevets 2002). Il coinvolgimento diffuso a strutture corticali e sottocorticali suggerisce:

1. l’ampio range delle strutture cerebrali coinvolte nella paura e del DP che rispecchia la molteplicità dei sintomi del disturbo stesso;

2. che la paura e il DP possono essere mediati sia da processi impliciti che espliciti e che nonostante la specializzazione di strutture specifiche, esse sono essenziali ma non sufficienti per la manifestazione dei meccanismi legati alla paura e al DP: infatti, per esempio, una lesione circoscritta all’amigdala o all’ippocampo non previene, rispettivamente, né il richiamo delle memorie esplicite né il condizionamento implicito della paura (Bechara A. et al., 1995; Salloway S & White J. 1997).

2.5.1 Sistemi neurotrasmettitoriali coinvolti nel Disturbo di Panico

Data la complessità del disturbo, è improbabile che ci siano dei sistemi neurotrasmettitoriali univoci coinvolti nell’insorgenza e mantenimento del DP. Tuttavia evidenze scientifiche

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individuano alcuni sistemi che sicuramente sono coinvolti nella patofisiologia e trattamento del DP.

Alcuni sintomi degli attacchi di panico sembrano riflettere l’attività autonomica ed essa è strettamente legata alla norepinefrina (NE). In una ricerca condotta da Reiman E. M. e colleghi (1989) è emerso che le risposte di paura possono essere evocate dalla stimolazione del locus coeruleus, una struttura con un’alta concentrazione di NE prodotta (Redmond & Huang 1979), suggerendo che il DP possa essere associato a una disfunzione di questa struttura e del sistema noradrenergico (Coplan & Lydiard, 1998; Johnson et al., 1995). Questa ipotesi è confermata da studi che hanno individuato nei pazienti DP un anormale funzionamento dei recettori α-adrenergici (Nesse et al., 1984; Pohl et al., 1988) o alterata sensibilità post e pre-sinaptica dei recettori α2-adrenergici (Brambilla et al., 1995; Yeragani et al., 2003). Oltretutto, le benzodiazepine (classe di farmaci che esercitano un’azione inibitoria sul LC) e antidepressivi che agiscono sulla norepinefrina, come l’imipramina, farmaco antagonista della ricaptazione della norepinefrina (Glowinski & Axelrod, 1964), hanno dimostrato la loro efficacia farmacologica nel trattamento del DP, riducendo la frequenza e la gravità degli attacchi di panico (Versiani et al. 2002; Dannon et al., 2002; Seedat et al., 2003).

Tuttavia altri studi riportano risultanti contrastanti (Abelson et al., 1992; Uhde et al., 1989): è possibile che il DP non sia associato con la disregolazione della NE in tutti i pazienti oppure che l’alterata attività della NE possa essere un effetto secondario della disregolazione di qualcos’altro.

Alcune meta-analisi riportano che le due classi di antidepressivi (antidepressivi triciclici selettivi per la noradranalina e inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina) hanno un‘efficacia simile (Bakker et al., 2002; Otto et al., 2001), suggerendo possibili interazioni multiple tra il sistema noradrenergico ed altri sistemi come la serotonina. Il ruolo della serotonina nel DP è rinforzato da ricerche che dimostrano che questo neurotrasmettitore è coinvolto nel condizionamento della paura, con effetti eccitatori o inibitori, a seconda di quale livello del circuito della serotonina viene stimolato (Coplan et al., 1992; Harvey et al., 2004). Nonostante la sua precisa azione e interazione con il circuito noradrenergico rimanga ancora da determinare, la serotonina sembra giocare un ruolo significativo nella modulazione del DP, e gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina (SSRI) dimostrano la loro efficacia sia a breve che a lungo termine nel trattamento di questo disturbo, tale da rappresentare una terapia farmacologica standard di prima linea.

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2.5.2 Asse HPA e Disturbo di Panico

È stato dimostrato che il disturbo di panico può essere differenziato dal disturbo d’ansia generalizzato per una maggiore iperattività dell‘asse HPA (Jacobson, 2014; Charney et al., 2003) probabilmente dovuta al forte impatto dei sintomi fisici (Bandelow et al., 2000). In uno studio è stato dimostrato che alti livelli di cortisolo plasmatici correlavano e predicevano la gravità degli attacchi di panico, indotti da infusioni di lattato (Abelson et al., 1992). Nonostante l’alta comorbidità con la depressione (Klein et al., 1995; Martin et al., 2009.), è stato dimostrato che gli abnormi livelli basali di cortisolo sono indipendenti da questo disturbo (Bakker et al., 2005; Seedat et al., 2003). L’iperattività dell’asse HPA costituisce quindi un tratto intrinseco del disturbo di panico, molto ben definito quando questi pazienti non sono trattati per un periodo di tempo di 6 mesi (Leyton et al., 1996).

L’esposizione a uno stress acuto attiva l’asse hypothalamic-pituitary-adrenal (HPA) che si

realizza nell’abnorme rilascio di corticotropin-releasing hormone (CRH),

adrenocorticotropic hormone (ACTH), e cortisolo. Uno stress cronico può portare invece a

cambiamenti adattivi che conducono a una bassa concentrazione di ACTH. L’effetto dell’attivazione di questo asse sul DP potrebbe essere indiretto: l’asse HPA interagisce normalmente col sistema della norepinefrina (LC) e durante un periodo stressante questo legame può scollegarsi in pazienti DP, guidando alla disregolazione dell’asse HPA (Coplan et al., 1995)

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