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2. Disturbo di Panico e Spettro di Panico Agorafobico

2.1 I disturbi d’ansia

Il progetto di ricerca The European Study of the Epidemiology of Mental Disorders (ESEMeD) condotto nel 2004 e promosso dall’Organizzazione Mondiale di Sanità (OMS), rappresenta il primo studio epidemiologico di questo tipo che ha coinvolto un così ampio campione della popolazione Europea generale adulta (oltre 21.000). L’obiettivo principale della ricerca (che ha coinvolto Belgio, Francia, Germania, Olanda, Spagna e Italia) è stato quello di stimare l‘incidenza e comorbidità dei disturbi mentali non psicotici, nell’arco dell’ultimo anno e della vita della popolazione e la qualità dei servizi sanitari disponibili per questi pazienti. Dalle statistiche italiane di questo progetto è emerso che:

❖ in Italia il disturbo psichiatrico più diffuso nell’ultimo anno è rappresentato

dai disturbi d’ansia (5.1%), con un’incidenza significativamente maggiore nelle donne, seguita dai disturbi depressivi al 3.5%. La prevalenza nella vita dei disturbi d’ansia e dei disturbi depressivi sono risultate essere entrambe dell’11%.

❖ l’ansia generalizzata presenta una comorbidità altissima, soprattutto con la

depressione, con valori che si aggirano intorno all’80%;

❖ la mediana del ritardo nel trattamento è di 28 anni in presenza di un qualsiasi

disturbo d’ansia;

❖ solo il 17% delle persone affette da ansia nell’ultimo anno si è rivolto a un

servizio sanitario;

❖ il 41% delle persone affette da un qualsiasi disturbo mentale che hanno contattato un servizio sanitario, ha ricevuto un trattamento esclusivamente farmacologico, il 15% ha ricevuto un trattamento esclusivamente psicoterapico, il 29% un trattamento combinato (farmacoterapia e psicoterapia) e ben il 14% non ha ricevuto alcun trattamento (ESEMeD project, 2004).

Da questi dati emerge che il disturbo d’ansia rappresenta il disturbo mentale più diffuso in Italia e che esso costituisca una base patogenenetica all’insorgenza di altri disturbi. Nonostante la notevole diffusione, chi ne è affetto esita ad usufruire dei servizi sanitari, che comunque risultano offrire un servizio poco adeguato: è ampiamente dimostrato come i disturbi mentali comuni necessitino di un approccio integrato, dove la psicoterapia è

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considerata il trattamento di prima scelta, e ove necessario, in associazione al trattamento farmacologico (Middleton, 2005); tuttavia di fatto, il trattamento farmacologico rappresenta attualmente la principale opzione terapeutica e, in una buona percentuale, i pazienti non ricevono addirittura alcun trattamento (ESEMeD project, 2004).

Considerando oltretutto il notevole impatto economico della morbilità psichiatrica, con stime che si aggirano al 3-4% del PIL dell’Unione Europea, emerge la rilevanza collettiva oltre che individuale di individuare condizioni favorenti questo fenomeno. In riferimento ai dati riportati, il primo passo importante per permettere un riconoscimento, valutazione e trattamento adeguati è definire in cosa consiste il disturbo d’ansia.

Storicamente diversi studiosi hanno cercato di definire di questa condizione. Nella fine dell‘Ottocento il medico militare Jacob Mendes Da Costa, nella sua esperienza sul campo durante la guerra, aveva circoscritto alcuni sintomi comuni ai soldati, contraddistinti da sintomatologia somatica, prevalentemente cardio-respiratoria associata a intensa paura, definendo questa condizione „sindrome del cuore irritabile“ (Da Costa, 1871). In quegli stessi anni George Miller Beard introduceva il termine „nevrastenia“, descritta come un esaurimento nervoso che si traduceva in fatica cronica, dolori somatici e nervosismo (Beard, 1881). Successivamente, l’intensa attività di Sigmud Freud, lo portò a recuperare l’originaria nevrastenia teorizzata da Beard e a distinguerla da quella che egli chiamò „nevrosi d’ansia“ o “nevrosi d’angoscia” costituita da irritabilità generale, aspettative ansiose, sensi di colpa, attacchi d’ansia e fobie (Freud, 1898). Entrambe le condizioni confluirono nella macrocategoria delle nevrosi attuali, la cui causa, secondo Freud, non andava ricercata nei conflitti non risolti nell’età infantile, ma nei conflitti dell’esistenza presente, generati dall’assente o insoddisfacente attività sessuale. Successivamente, Freud, modificò la sua teoria delle nevrosi attuali, giungendo alla conclusione che non solo, non è l’attività sessuale inadeguata a produrre i sintomi nevrotici, ma al contrario, sono proprio le condizioni nevrotiche ad interferire con l’attività sessuale, evidenziando l’importanza degli affetti, distinti dalla sessualità (Freud, 1925). Con l’avvento del Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (DSM), redatto dall’APA per la prima volta nel 1952, che si propone come una classificazione nosografica ateoretica, ai disturbi d’ansia (inizialmente definiti „disturbi psiconevrotici“) viene riservata un’unica categoria a sé stante. Nelle successive edizioni, la categoria è stata oggetto di modificazioni, fino a giungere all’attuale DSM-5 che definisce i disturbi d’ansia come un insieme di condizioni costituite da un unico nucleo centrale: la „presenza di paura o apprensione eccessiva rispetto alla situazione“ (APA, 2013). Le sottocategorie incluse all‘interno dei disturbi d’ansia del DSM-5 sono:

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• Disturbo d’ansia da separazione

• Mutismo selettivo

• Fobia Specifica

• Disturbo d’ansia sociale

• Disturbo di panico

• Agorafobia

• Disturbo d’ansia generalizzato

• Disturbo d’ansia da condizione medica

• Altro Disturbo d'ansia specifico

• Disturbo d'ansia non altrimenti specificato

L’ansia è uno stato emozionale negativo, così strettamente legato alla paura che questi due termini vengono spesso utilizzati in modo intercambiabile. Tuttavia è possibile rintracciare delle differenze rispetto a tre caratteristiche: causa, durata e mantenimento (Rachman, 2010). La paura rappresenta un sistema di allarme primario per l‘essere umano, che si manifesta come una reazione emozionale intensa, causata dall’identificazione di un pericolo specifico, percepito come potenziale minaccia alla propria integrità biologica, determinando un improvviso innalzamento del livello individuale di aurosal (Rachman, 2010). Mentre la paura è episodica, vi è un oggetto ben identificabile e cessa con l’allontanamento dallo stesso, nell’ansia è difficile rintracciare la causa che scatena lo stato emozionale e cognitivo spiacevole, manifestandosi generalmente come una tensione anticipatoria, pervasiva e persistente, con periodi di inizio e di fine non ben definiti nel tempo. L’ansia è una paura che perde il suo carattere evolutivo legato all’istinto di sopravvivenza, divenendo un costante stato di aumentata vigilanza caratterizzata dal tipico orientamento al futuro, dove la minaccia non è imminente.

Per motivi affini alla presente tesi sperimentale, di seguito verrà trattato nel dettaglio solo il disturbo di panico.

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