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1. Organizzazione generale del sistema somatosensoriale e del dolore

1.5 Valutazione del dolore

Prima di passare ad analizzare i diversi metodi di valutazione del dolore, è bene fare una distinzione tra i principali tipi di dolore (Orlandini, 2011):

• parliamo di dolore acuto quando esso è relativamente di breve durata, che si

esaurisce con la risoluzione del danno o la cessazione dello stimolo dolorifico che lo ha prodotto. Vi è quindi un preciso rapporto di causa-effetto che genera un‘aspettativa positiva di guarigione (Price & Bushnell, 2004), nonostante il dolore acuto generi un certo grado di spiacevolezza e influenza sulle principali attività della vita del soggetto (lavoro, relazioni ecc). La dimensione sensoriale assume una rilevanza maggiore rispetto a quella affettiva. Il Ministero della Salute definisce il dolore acuto come „utile“ (Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, 2002), in quanto rappresenta un sistema di allarme dell’organismo, inducendolo ad allontanarsi da stimoli potenzialmente nocivi o per avvisarlo di una lesione tissutale in corso e limitarne così l’entità del danno. Un dolore acuto protratto nel tempo prende il nome di „dolore persistente“, che conserva le caratteristiche del dolore acuto e va quindi distinto dal dolore cronico; è un tipo di dolore che si instaura quando la causa del dolore continua ad essere operante o la disnocicezione perdura anche dopo la cessazione della stimolazione. Una caratteristica fondamentale del dolore acuto è quello di rispondere ad adeguate misure antinocicettive come FANS, oppiacei e neurolesioni: questa caratteristica è condivisa dal dolore persistente ma non dal dolore cronico;

• il dolore cronico è del tutto diverso dal dolore acuto e persistente. Sebbene

per molto tempo è stato classificato come un dolore protratto per una durata maggiore ai 6 mesi, il dolore cronico non rappresenta solo una mera estensione temporale del dolore acuto, ma assume caratteristiche qualitative completamente diverse: infatti quel che definisce la cronicità del dolore è il suo rapporto con le modificazioni plastiche del SNC indotte dalla nocicezione prolungata (Rome & Rome, 2000) e l’associazione con profonde modificazioni della personalità e dello stile di vita del paziente che costituiscono fattori di mantenimento indipendenti dalla nocicezione

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(Calvo-Lobo et al., 2017). Il dolore a questo livello si configura come patologia a sé stante che, per la sua risoluzione, necessita di un approccio professionale integrato Il

Ministero della Salute definisce questo tipo di dolore come „inutile“ per la frequente

assenza di una concreta causa in corso (Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, 2002). La caratteristica qualificante del dolore cronico risulta quindi essere l’alto grado di compromissione della componente emozionale, psico- relazionale e limitazione della performance fisica e sociale del paziente, con una conseguente e significativa diminuzione della qualità di vita. In aggiunta si riscontrano altissimi indici di comorbidità con altre patologie come disturbi del sonno, depressione, ansia, fatigue e ridotte facoltà intellettive.

La rilevazione del grado di compromissione e invalidità del paziente causata dal dolore rappresenta la base di partenza per individuare strategie d’intervento o per valutare l’efficacia dell’intervento stesso. A tal fine, sono state messe a punto diverse scale di misurazione del dolore che possiamo distinguere in due grandi gruppi: scale unidimensionali e scale multidimensionali.

• Le scale unidimensionali misurano esclusivamente l’intensità del dolore.

1. Numerical Rating Scale (NRS) (Breivik et al., 2008): consiste in una

serie di numeri generalmente da 0 a 10 il cui punto di inizio e di fine rappresentano gli estremi del dolore provato.

2. Visual Analogue Scale (VAS) (Gould, 2001): una linea orizzontale di

10 cm (100 mm) con due punti di inizio e fine, contrassegnati come “assenza di dolore” e “il dolore peggiore mai sentito”. Il paziente deve indicare un punto sulla linea che rappresenta il livello di intensità provato. Basandosi sulla distribuzione dei punteggi VAS, Hawker, Mian, Kendzerska, & French (2011) hanno individuato i seguenti cut-off: da 0 a 4 mm “nessun dolore”, da 5 a 44 mm “dolore lieve”, da 45 a 74 mm “dolore moderato” e da 75 a 100 mm “dolore severo”. La VAS presenta delle limitazioni nei pazienti con difficoltà motorie, percettive e cognitive che impediscono ai pazienti di comprendere le istruzioni.

3. Verbal Rating Scale (VRS) (Jensen, Karoly, & Braver, 1986): è una

scala costituita da una lista di descrittori che identificano il grado di intensità del dolore (nessuno, lieve, moderato e grave).

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Goodenough, 2001): scala standardizzata appositamente per i bambini di età compresa tra 2 e 12 anni. Consiste in una serie di 7 volti che esprimono l’intensità di dolore percepita, dall’espressione che indica “nessun dolore” fino a a quella che indica il “peggior dolore”. Il punteggio va da 0 a 6 punti. • Le scale multidimendionali valutano i correlati delle principali dimensioni legate al dolore (sensoriale-discriminativa, motivazionale-affettiva, cognitivo- valutativa): i comportamenti, le emozioni, l’intensità percepita, le credenze e la qualità di vita. Sono scale molto complesse, motivo per cui poco usate nella pratica clinica.

1. Mc Gill Pain Questionnaire (MPQ) (Melzack, 1975): è una classificazione di 102 termini che descrivono differenti aspetti del dolore. I termini sono suddivisi in tre classi maggiori, sensoriale, emotivo- affettiva, valutativa, e 16 sottoclassi che contengono un gruppo di parole considerate qualitativamente simili. Vi è aggiunta una VRS, per misurare l’intensità del dolore presente, e un disegno di un corpo umano, visto davanti e dietro, per indicare la localizzazione. Possiede una potenziale possibilità di aiutare nella diagnosi differenziale, in quanto ogni tipo di dolore è caratterizzato da una distinta costellazione di descrittori verbali. Esiste anche una versione semplificata (SF-MPQ) costituita da 15 parole rappresentative della dimensione sensoriale e affettiva.

2. Brief Pain Inventory (BPI) (Cleeland & Ryan, 1994): Consiste in una

serie di domande, che indagatno le precedenti 24h, inerenti l’intensità e la conseguente limitazione funzionale (disabilità).

3. Pain Assessment in Advanced Dementia Scale (PAINAD) (Warden,

Hurley, & Volicer, 2003): viene utilizzato per pazienti non collaboranti ed è basata sull’osservazione di 5 indicatori (respirazione, vocalizzazione, espressione del volto, linguaggio del corpo, consolazione), ai quali viene dato un punteggio che consente una sovrapponibilità con le scale numeriche in uso.

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