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Behaviour Analysis Interview (BAI)

3. Tecniche di analisi scientifica della menzogna

3.1 Analisi del comportamento verbale

3.1.4 Behaviour Analysis Interview (BAI)

L’intervista BAI è l’unico strumento professionale che esamina gli indici comportamentali della menzogna ed è stata realizzata da John E. Reid e colleghi. L’intervista è composta da sedici domande disegnate per evocare specifiche risposte

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comportamentali. Di seguito possiamo vedere la lista di domande in caso di un presunto furto di denaro (Inbau et. al., 2001).

▪ Q1 Scopo. Sai qual è lo scopo di questa intervista? ▪ Q2 Storia. Hai preso i soldi?

▪ Q3 Conoscenza. Sai chi ha preso i soldi?

▪ Q4 Sospetto. Chi sospetti possa aver preso i soldi?

▪ Q5 Conferma. C'è qualcuno, oltre a te, che sicuramente non ha preso i soldi? ▪ Q6 Credibilità. Pensi che qualcuno abbia effettivamente preso i soldi? ▪ Q7 Opportunità. Chi avrebbe avuto maggior possibilità di prendere i soldi? ▪ Q8 Atteggiamento. Come ti senti a venir intervistato per questo furto? ▪ Q9 Pensiero. Hai mai pensato di prendere i soldi da un portafoglio che hai

trovato in giro?

▪ Q10 Motivazione. Perché pensi che qualcuno abbia preso i soldi?

▪ Q11 Punizione. Cosa pensi dovrebbe accadere alla persona che ha preso i soldi?

▪ Q12 Seconda possibilità. Pensi che ci siano delle circostanze per cui la persona che ha preso i soldi non dovrebbe essere punita?

▪ Q13 Obiezione. Dimmi cosa vorresti per smettere di rubare?

▪ Q14 Risultati. Una volta completata la nostra indagine, quale pensi sarà il tuo coinvolgimento?

▪ Q15 Dillo ai tuoi cari. A chi hai detto dell’intervista di oggi?

▪ Q16 Esca. C'è un sistema di telecamere in quella stanza e possiamo avere accesso ai nastri. Se guardassimo quei nastri, c'è qualche possibilità di vederti prendere quei soldi? Non sto dicendo che ti vedremo prendere i soldi, voglio solo sapere la tua opinione su quale potrebbe essere la probabilità di ciò?

Inbau e colleghi (2001) riportano che i bugiardi si sentono meno a loro agio in un’intervista investigativa e questo fa vedere una serie di risposte non verbali

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atipiche. Vediamo di seguito quali sono i comportamenti non verbali che dovremmo notare, secondo gli autori, successivamente a specifiche domande:

Q2: i colpevoli incrociano di più le gambe, si spostano sulla sedia e effettuano movimenti per sistemare capelli, vestiti o altro mentre gli innocenti guardano di più, si sporgono verso l’interlocutore e utilizzano gli illustratori;

Q3: i colpevoli rispondono più velocemente

Q10: i colpevoli effettuano più movimenti manipolatori, ossia movimenti per ridurre l’ansia.

Nei precedenti capitoli abbiamo discusso molto dei comportamenti non verbali che caratterizzano la menzogna e possiamo dire con certezza che tutte queste differenze individuate non sono attendibili e non sono scientificamente accettate, infatti come sostiene Vrij (2008) in situazioni in cui le conseguenze del non essere creduto sono severe sia i bugiardi che i veritieri hanno paura.

In accordo con Inbau e colleghi (2001) i bugiardi e i veritieri hanno anche risposte verbali differenti perché hanno diversi atteggiamenti nei confronti dell’indagine.

Vediamo di seguito le differenze che gli autori si aspettano per ogni domanda. Rispetto agli innocenti i colpevoli:

▪ Q1: sono più evasivi rispetto allo scopo del colloquio (ad esempio, "Non ho idea di quale sia lo scopo dell'intervista ");

▪ Q2: meno immediati nel negare di aver commesso il crimine (ad esempio, "Io lavoro: perché dovrei fare qualcosa del genere? ");

▪ Q3: più probabile che neghino la conoscenza di chi potrebbe essere il colpevole;

▪ Q4: meno probabile che nominino un altro sospetto (perché nominare qualcuno che sa che è innocente, sarebbe una bugia inutile);

▪ Q5: meno probabile che nominino qualcuno che ritengono innocente (preferiscono circondarsi di altri possibili sospetti);

▪ Q6: più propensi a suggerire che nessun crimine si è verificato (ad esempio "forse il denaro è stato perso?”);

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▪ Q7: meno probabile che dicano chi aveva più possibilità di commettere il crimine;

▪ Q8: più propensi a parlare in modo negativo riguardo ai loro sentimenti nel venir intervistati;

▪ Q9: più probabile che ammettano di aver pensato di commettere un crimine simile a quello dell’indagine (perché i sospetti colpevoli hanno un bisogno interno di parlare dei loro crimini per alleviare l’ansia e allo stesso tempo di sfuggire alle conseguenze);

▪ Q10: meno probabilità di dare motivi ragionevoli al crimine (non vogliono rivelare i loro motivi);

▪ Q11: meno probabile che suggeriscano una punizione seria per la persona che ha commesso il reato;

▪ Q12: più probabile che diano alla persona una seconda possibilità;

▪ Q13: più propensi a rispondere in terza persona quando devono riferire la motivazione per la quale non si è commesso il crimine (ad esempio "È contro la legge ", o" È sbagliato "), gli innocenti sono più propensi a rispondere in prima persona (ad esempio "Perché non sono un ladro") ▪ Q14 e Q16: esprimono meno fiducia nell'essere scagionati

▪ Q15: meno probabile abbiano informato il loro cari dell’intervista.

Anche per quanto riguarda le differenze verbali ci sono dei dubbi sulla veridicità di queste differenze. Sono stati effettuati degli studi da Horvath e colleghi (1994) nei quali è stata verificata l’accuratezza del protocollo BAI che si aggira tra il 78% di identificazioni corrette per la verità e il 66% per la menzogna. Questi studi però hanno due importanti limiti. Il primo è che i valutatori sono solo quattro ed inoltre, molto esperti, e non è un numero sufficiente e rappresentativo per verificare se il protocollo BAI è attendibile. Il secondo limite è la difficoltà a definire la realtà come nella maggior parte degli studi di campo. In uno studio di laboratorio (Kassin & Fong, 1999), un gruppo di osservatori è stato addestrato ad osservare i segnali di disagio evidenziati come segnali di menzogna nel protocollo BAI. Gli osservatori addestrati

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erano meno precisi nel test di rilevamento della bugia (46% di accuratezza totale) rispetto a quelli che non hanno ricevuto alcuna formazione (tasso di precisione del 56%). Questo risultato è stato supportato anche da un’altra ricerca (Mann, Vrij e Bull, 2004) in cui è stata verificata una relazione negativa tra gli ufficiali addestrati con le informazioni di Inbau e colleghi e la loro precisione nel rilevare la menzogna.

Per concludere, l’intervista BAI non sembra essere uno strumento attendibile per rilevare la menzogna e l’applicazione di tecniche non verificate può portare a conseguenze molto gravi come alle false confessioni ad esempio.