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Le biblioteche Il difficile incontro tra tutela ed esigenze di consultazione

I luoghi del libro

2.1. Le biblioteche Il difficile incontro tra tutela ed esigenze di consultazione

Un buon numero di biblioteche in Italia può vantare collezioni e fondi costituiti da materiale raro, manoscritti, documenti206. La piccola biblioteca che abbia la fortuna di possedere nella sua raccolta uno o più manoscritti limiterà l’attività di conservazione e gestione a un atteggiamento protettivo verso gli esemplari, che costituiranno al più motivo d’orgoglio (e “gelosia”) da parte degli amministratori dell’ente. Altra situazione quella della biblioteca con un fondo di libri antichi significativo, tale da costituire un settore autonomo regolato da norme interne più rigide rispetto a quelle applicate per i libri moderni. L’ente in questo caso vincolerà necessariamente le proprie attività in funzione della peculiarità del materiale che possiede. Oltre al rispetto di tutti i parametri di sicurezza e conservazione validi per ogni biblioteca che detenga materiale cartaceo a stampa, quella dotata di una collezione di codici miniati incrementerà i controlli alle entrate e alle uscite, garantirà il rispetto di ogni norma mirata alla tutela e alla fruizione dei documenti, ponendo particolare attenzione ai luoghi di conservazione e alle fasi di passaggio da un ambiente all’altro207. La sorveglianza sarà inoltre decisamente potenziata rispetto a quanto accade nelle normali sale di studio.

206 Nell’Anagrafe biblioteche italiane, il database curato dall’ICCU (aggiornato al dicembre

2007), risultano censite 16303 istituzioni, delle quali 860 con un fondo manoscritti.

207 Cfr. a tale proposito il capitolo successivo.

In via teorica l’analisi dell’attività di consultazione dei manoscritti miniati svolta dagli specialisti delle diverse discipline ad esso interessate non mostra alcuna particolare difficoltà affinché l’azione di tutela del materiale si coordini con le esigenze di studio, fatto salvo il rispetto delle norme cui si è già accennato. Nella realtà sono molti gli ostacoli che si presentano quando si intenda avere dei manoscritti una visione diretta, il più possibile priva di mezzi alternativi alla consultazione tout court.

È radicata la convinzione che la consultazione di un codice manoscritto, soprattutto se miniato, porti al suo inesorabile deperimento fisico. Questo è vero nell’eventualità in cui non vengano scrupolosamente seguite quelle regole, semplicemente suggerite dal buon senso, che richiamano al valore intrinseco, alla fragilità materiale e all’assoluta insostituibilità di tale documento. Quando la sensibilità dello studioso riconosca e condivida ognuno di questi elementi e la professionalità dei responsabili della conservazione dei manoscritti sia un dato concreto, si può contare sul fatto che i documenti saranno valorizzati nel pieno delle loro potenzialità e, con una definizione forse un po’azzardata, condurranno così un’esistenza degna di essere vissuta.

Qualora non sussistano gravi problemi di conservazione che pregiudichino la sopravvivenza stessa dei codici, risulta errato e addirittura dannoso impedirne un’adeguata consultazione. Questo anche in forza della riflessione, ormai abbastanza datata, ma significativa, realizzata analizzando la frequenza di consultazione di manoscritti da parte degli studiosi208. L’idea che dalla consultazione diretta dei codici derivi il loro inevitabile e accelerato degrado è infatti superata dalla consapevolezza che sia piuttosto l’indifferenza verso ciò che può nuocere al materiale in oggetto (problemi di tipo organico e biologico interni agli stessi

208 A questo proposito: A. VITALE–BROVARONE, Lector cavat codicem?, in Gazette du livre

médiéval 6 (printemps 1985), pp. 13–16. Lo studioso analizzando la frequenza di consultazione dei manoscritti conservati presso la Biblioteca Universitaria di Torino nell’arco di cinque anni ha potuto sottolineare, dati alla mano, come la richiesta da parte degli studiosi degli originali non costituisca per questi ultimi un grave attentato alla sopravvivenza, e ne assicuri piuttosto la trasmissione a coloro che verranno. Certo il caso citato non può risultare calzante alla totalità delle esperienze vissute in altre biblioteche, soprattutto quelle con un fondo manoscritti più significativo, ma può far riflettere sul fatto che probabilmente non è la fruizione del materiale il più grave problema dei codici.

documenti o provocati da fattori esterni, non solo antropici) a pregiudicarne la sopravvivenza209.

Spesso la consultazione del materiale più prezioso viene ostacolata dal difficile rapporto che si crea tra lo studioso e il personale della biblioteca. Non sempre quanti sono chiamati a gestire quest’istituzione appaiono poi in grado di svolgere il compito complesso della conservazione di materiale antico, della ricerca, dell’offerta qualificata e corretta dovuta agli specialisti. Il legislatore è intervenuto negli ultimi anni a definire con maggior chiarezza i ruoli tecnici previsti, grazie anche alla creazione dei corsi di laurea specialistica ai quali si affiancano scuole di specializzazione e corsi d’aggiornamento per il personale tecnico. Oggi i funzionari di biblioteca vengono scelti e collocati alla guida di un settore seguendo le necessità dell’Istituto, tenuto conto della formazione che possiedono. La figura del conservatore, a capo del fondo manoscritti e rari, non è tuttavia istituzionalizzata e questi viene di norma nominato dal direttore della Biblioteca sulla base delle competenze e del curriculum personale. La nomina segue in genere itinera non codificati senza basarsi su indicazioni contenute nella vigente normativa. Mediante pubblico concorso si accede più genericamente a cariche dirigenziali e si trova poi collocazione, come si è detto, a seconda delle esigenze dell’Istituto di cui si entra a far parte210.

Il conservatore, così come lo vorrebbero gli studiosi dei fondi manoscritti, ha una formazione basata su studi umanistici (laurea in lettere antiche e moderne e in storia), o in tempi più recenti umanistico-scientifici (laurea in conservazione dei beni culturali) e su corsi specialistici post lauream. Grazie ai suoi studi personali conosce bene i contenuti, il materiale del fondo che dirige ed è sensibile alle questioni connesse alle esigenze di consultazione per fini scientifici. Per queste ragioni appare in grado di gestire gli aspetti istituzionali del settore di cui è responsabile e sa

209 Un esempio legato a una recente esperienza può contribuire a condividere questa affermazione.

In occasione dello spoglio intrapreso sul fondo Rossiano conservato presso la Biblioteca Apostolica Vaticana si è giunti a individuare e bloccare l’attacco di tarli a danno di un gruppo codici (Ross. 1075 – Ross. 1079) che, rimasti fuori dal campo di interesse diretto degli studiosi da alcuni anni, sarebbero altrimenti scomparsi nell’arco di breve tempo. Il danno a legature e fogli iniziali degli esemplari era infatti in fase avanzata.

210 Oltre confine gli esempi che si possono citare sono quelli relativi ad alcune grandi (e storiche

istituzioni) dove è presente un conservatore del settore manoscritti di nomina ufficiale e con compiti definiti. È il caso della British Library di Londra, della Bibliothèque Nationale di Parigi ma anche del Musée Condé di Chantilly e del Deutsches Literaturarchiv a Mardach.

mantenere contatti con enti similari, con gli istituti centrali referenti per gli aspetti conservativi e di restauro, ha interesse a promuovere e collaborare ad iniziative di valore che valorizzino il materiale conservato, redige schede tecniche, offre consulenza scientifica in occasione di mostre, convegni e attività di studio. Il suo, benché non si tratti ancora una volta di un compito istituzionalizzato, dovrebbe essere il primo parere ascoltato in occasione di richieste di prestito di manoscritti per esposizioni interne o esterne all’istituto. A garanzia di una scelta equilibrata interverrebbero allora non il parere imprescindibile del direttore (quasi sempre un amministrativo), né l’atteggiamento sospettoso sfoderato in ogni occasione dal bibliotecario generico quando si tratti di variare l’abituale routine; entrambi d’ostacolo sul percorso di conoscenza del materiale conservato.

In caso di richieste di prestiti di esemplari miniati in occasione di eventi temporanei le biblioteche attuano un protocollo standard che rivolge particolare attenzione alla tutela delle opere in ogni fase, dal momento della rimozione fino al loro rientro nei magazzini. Ottenute garanzie sufficienti e verificata la solidità conservativa degli esemplari si verificano le condizioni sufficienti all’invio per ragioni espositive. Uno scoglio ulteriore debbono tuttavia superare quei codici che facciano parte di una raccolta civica o ecclesiastica per le quali vigono norme differenti e più restrittive, soprattutto vincolate al parere (inappellabile) dei responsabili della raccolta stessa211. L’impressione generalizzata, che si basa tuttavia su esperienze connesse ad eventi espositivi temporanei e relative richieste di prestito, è quella della difficoltà di stabilire con le istituzioni delle realtà locali un legame proficuo e significativo. In caso di diniego ai prestiti i timori denunciati dalle direzioni delle biblioteche, vincolate alle amministrazioni comunali o ai Capitoli, rientrano in un quadro consuetudinario composito. Nella maggioranza dei casi il dirigente dell’istituzione non si sente tutelato, percepisce la distanza dall’organo centrale, non riesce a scorgere alcun vantaggio nella partecipazione a un evento, anche di portata internazionale, poiché gli affari quotidiani assorbono gran parte delle sue mansioni.

Le responsabilità dirette ed esclusive di gestione e tutela dei beni coinvolgono a tal punto il funzionario di biblioteca, da fargli perdere il contatto con altri aspetti,

211 Cfr. a questo proposito quanto si dirà in merito alla mostra Images of Salvation. Masterpieces

from Vatican and other Italian Collections, p. 97 e ss.

ugualmente importanti, legati al suo ruolo, quali la divulgazione scientifica del patrimonio e il coinvolgimento dell’istituzione che dirige in eventi culturali significativi. Un aspetto non secondario riguarda inoltre il rapporto che le biblioteche stabiliscono di mantenere con l’attività didattica e di studio legata all’insegnamento universitario. Sono poche le istituzioni che prevedono ambienti riservati e tempi dedicati per incontri e attività di schedatura sul materiale conservato. Più di frequente fa seguito alla richiesta del singolo docente la concessione del direttore a tenere lezioni seminariali sugli esemplari, eccezionalmente concessi, in una sala della biblioteca. Sussiste tuttavia la possibilità che, addotte le ben note motivazioni connesse a ragioni di sicurezza e di conservazione del materiale, giunga dalla biblioteca il diniego assoluto a mostrare agli studenti materiale manoscritto nel corso dell’attività didattica, pur con ogni garanzia del caso avanzata dal docente responsabile. Gioverebbe piuttosto un rapporto consapevole e sano con proposte, occasioni e progetti che, oltre a testimoniare dell’attività scientifica patrocinata dalla biblioteca, genererebbero ricadute positive in ordine all’ampliamento degli studi sulle collezioni.