Vincoli conservativi e fruizione
3.2 Danni ai component
3.2.1 La pergamena: caratteristiche costitutive e reazioni alle sollecitazioni esterne
A partire dal III-IV secolo e per tutto il medioevo la pergamena ha accompagnato la produzione di codici, costituendone la struttura materiale, favorita dal fatto di essere adatta ad accogliere testo e immagini e di risultare durevole e riutilizzabile. Le pelli animali più frequentemente usate allo scopo erano soprattutto di origine bovina ed ovina312 ma, per codici meno raffinati o di grande formato, è stato riscontrato l’utilizzo di esemplari di derma suino.
Per l’analisi dei fogli in pergamena e la definizione della specie animale d’origine negli ultimi anni hanno affiancato alla semplice osservazione313 e all’indagine microscopica in diascopia già effettuate dal codicologo314 gli esperimenti di estrazione del DNA delle pelli315. Gli effetti di questo tipo di analisi consentirebbero di riconoscere le specie in primis, e di formare gruppi di codici di comune origine, perché derivati da vere e proprie famiglie animali, con evidenti ripercussioni sulle conoscenze connesse agli ambiti sociali di produzione, ai risvolti economici e culturali legati al fenomeno316.
312 A. FACCHINI – C. MALARA – G. BAZZANI – P.L. CAVALLOTTI, Ancient Parchment
Examination by Surface Investigation, in Methods Journal of Colloid and Interface Science 231 (2000), pp. 213–220; M.T. TANASI – G. IMPAGLIAZZO – D. RUGGIERO, Une approche préliminaire à la caractérisation du parchemin, in Pergament. Geschichte, Struktur, Restaurierung, Herstellung, a cura di P. RÜCK, Sigmaringen 1991 (Historische Hilfswissenschaften, 2), pp. 203–216.
313 F.M. BISCHOFF, Observations sur l’emploi de différents qualités de parchemin dans les
manuscrits médiévaux, in Ancient and Medieval Book Materials and Techniques (Erice, 18–25 september 1992), ed. by M. MANIACI – P.F. MUNAFÒ, I, Città del Vaticano 1993 (Studi e Testi, 357), pp. 57–94.
314 L’osservazione al microscopio dei fogli posti su una fonte di luce fredda consente di rilevare
tracce della presenza e la disposizione dei bulbi piliferi come strumenti di riconoscimento della razza animale d’origine.
315 S.R. WOODWARD – G.B. KAHILA – P. SMITH – C. GREENBLATT – J. ZIAS – M. BROSHI,
Analysis of Parchment Fragments from the Judean Desert using DNA Techniques, in Current Research and Technological Developments on the Dead Sea Scrolls, Conference on the Texts from the Judean Desert (Jerusalem, 30 April 1995), ed. by D.W. PARRY – S.D. RICKS, Leiden 1996, pp.
215–238. Aggiornamenti in S.R. WOODWARD – C.B. BLAKE – L.C. WOOD – G.B. KAHILA – M.
BROSHI, Putting the Pieces Together: DNA and the Dead Sea Scrolls, in The Provo Conference on
the Dead Sea Scrolls: Technological Innovations, New Texts and Reformed Issues, ed. by D.W. PARRY – E. ULRICH, Leiden 1999, pp. 30–31.
316 Lo studio in corso vuole limitarsi all’analisi dei fattori di degrado connessi all’interazione della
pergamena con l’ambiente di conservazione. Verranno pertanto trascurati tutti quegli argomenti che
La pergamena era costituita dalla parte centrale della pelle animale, il derma, evidenziata successivamente alle operazioni di rasura e immersione in idrossido di calcio della pelle stessa, poi stirata e mantenuta in tensione per tutta la fase di essiccazione. Il prodotto ottenuto dopo ripetuti bagni di calce sviluppava una durevolezza meccanica maggiore di quella posseduta dalla pelle tout-court, che in seguito ai processi di lavorazione al tannino a cui, oggi come in passato, viene sottoposta, sviluppa una resistenza agli attacchi di origine biologica ma, a causa dell’azione della sostanza conciante sulle fibre di collagene, si mostra strutturalmente più fragile317.
Il processo successivo al bagno di calce prevedeva che il foglio di pergamena fosse sottoposto a tiraggio: si otteneva così il posizionamento ortogonale delle fibre costituenti. Una volta essiccate esse avrebbero mantenuto questa disposizione fintanto che eventuali fattori esterni, come un eccessivo grado di umidità, non fossero subentrati a favorire un rilassamento delle fibre provocando un nuovo processo di “disordino”318. Un forte innalzamento delle temperature (già intorno a 40°) avrebbe potuto di contro causare un raggrinzimento del materiale a tal punto dannoso per la struttura da provocare modificazioni visibili anche ad occhio nudo319.
Il processo di decoesione, che può successivamente essere causa di sgretolamento del supporto, può avvenire in tempi anche molto rapidi se il manufatto non è mantenuto in condizioni conservative “ideali”320. Diversamente, qualora il codice membranaceo venga inserito in un soddisfacente contesto
spingano oltre una considerazione mirata dei processi di lavorazione della pelle (come le incidenze percentuali dell’uso di pelli diverse in funzione degli usi, dei formati e dei codici o che analizzino tali scelte tenendo conto dell’area geografica di produzione o delle connessioni socio–culturali o ancora del fattore economico legato alla commercializzazione di tale materiale). Si rimanda per ogni altra considerazione a studi come Pergament. Geschichte, Struktur, Restaurierung, Herstellung, a cura di P. RÜCK, Sigmaringen 1991 (Historische Hilfswissenschaften, 2) in cui l’osservazione delle
caratteristiche visibili di codici in pergamena viene indirizzata alla comprensione di fenomeni più ampiamente connessi all’uso in epoche e ambienti diversi.
317 Sulle caratteristiche delle molecole collageniche si veda T. J. W
ESS, Collagen Fibril Form and
Function, in Advances in Protein Chemistry 70 (2005), pp. 341–374.
318 Alte temperature e alto tasso di umidità relativa sono inoltre alla base, come si è visto, di ogni
processo di degrado biologico.
319 T.J. WESS – J. P. ORGEL, Changes in Collagen Structure: Drying, Dehydrothermal Treatment
and Relation to Long Term Deterioration, in Thermochimica Acta 356, 1–2 (29 December 2000), pp. 119–128.
320 Si tratta in questo caso di un termine difficile da usare, perché può apparire inadeguato, se non
addirittura improprio. Sulla base di quanto già detto si sarà infatti giunti alla conclusione che non può sussistere una situazione conservativa ideale, e che si possano piuttosto applicare in modo continuo e costante i parametri di volta in volta più corretti per garantire alle collezioni l’ambiente più consono.
ambientale sarà possibile ridurre al minimo i rischi di un suo deperimento e verranno limitati gli interventi diretti sul supporto che, benché rivolti al benessere prolungato del manufatto, costituiscono in modo ineludibile un episodio di indebolimento strutturale321. Nel caso di esemplari danneggiati dall’applicazione di parametri ambientali inappropriati si interviene oggi agendo sulla quantità d’acqua presente all’interno del materiale, mediante getti di vapore o diluizioni alcoliche322, giungendo a ristabilire l’equilibrio compromesso.
La resistenza alle sollecitazioni conquistata dalla pergamena in seguito al bagno di calce, e tutte le caratteristiche strutturali possedute da questo materiale, si mostreranno dunque inalterate nel tempo a condizione che i parametri ambientali di temperatura e umidità relativa vengano mantenuti entro gli standard consigliati. Le raccomandazioni fornite da organismi scientificamente accreditati come l’IFLA, o il CNR sono considerate linee guida per l’attuazione delle norme conservative ideali.
Materiale fortemente igroscopico, la pergamena rappresenta tra quelli che costituiscono il codice miniato il più sensibile alle variazioni di livelli di UR che incidono sull’elasticità del supporto al variare della quantità di “nutrimento” fornito alle fibre di collagene. Tuttavia proprio la membrana costituente si mostra in grado di assecondare, più velocemente e senza conseguenze, i movimenti imposti al codice quando si sollevi un foglio, anche senza particolari accorgimenti. Ne consegue che sottoporre un manoscritto a sollecitazioni meccaniche, come repentini cambi di pagina che richiedano ai fogli movimenti con gradi d’inclinazione diversi, sarà ben tollerato dalla membrana costituente, ma potrà avere pericolose ricadute sugli strati superficiali. A causa della curvatura imposta al foglio potranno infatti verificarsi delle craquelures o microdistacchi della pellicola pittorica, dei media grafici e delle preparazioni metalliche eventualmente presenti.
Nel capitolo riguardante le alternative a una visione tradizionale dei fogli di un manoscritto si tenterà di dare una risposta alla questione.
321 Ogni intervento di restauro diretto interviene evidentemente a recuperare una situazione
conservativa compromessa per varie ragioni. Dopo tale operazione il manufatto potrà riacquistare parte delle sue risorse originarie, ma non potranno mai cancellarsi le tracce legate all’intervento. L’oggetto risulterà vulnerabile sotto qualche aspetto e necessiterà di adeguati parametri conservativi rivolti a una più ampia gamma di scambi con l’ambiente d’appartenenza.
322 Cfr. Paper Conservation Catalog, Washington 1994; A.B. QUANDT, Recent Developments in
the Conservation of Parchment Manuscripts, in The Book and Paper Group Annual 15 (1996) (on- line all’indirizzo http://aic.stanford.edu/sg/bpg/annual/v15/); Microanalysis of Parchment, ed. by R. LARSEN, London 2002.
Si è già riferito di quei parametri stabiliti, ribaditi, pubblicati e recepiti da enti e organismi responsabili a vario titolo della tutela di manoscritti per garantire alle collezioni un’ottimale conservazione. Sarà forse opportuno provvedere a una puntualizzazione estrapolando dalle norme di conservazione quanto attiene specificamente i rischi corsi dal supporto in pergamena esposto a fonti di illuminazione inadeguate e a polveri e gas nocivi.
La luce solare possiede dei parametri che la rendono una delle più significative cause di degrado chimico ai danni del supporto in pergamena; processi che spaziano dall’ossidazione all’indebolimento delle fibre collageniche (da cui deriva un pericoloso collasso strutturale). Nelle raccomandazioni sopra esposte viene sottolineata l’importanza di contenere entro valori stabiliti i livelli luminosi tenendo in considerazione gli effetti tutt’altro che trascurabili legati all’innalzamento di temperatura ambientale che l’utilizzo di fonti illuminanti non adeguate porta con sé. Così per le sale di studio si eviteranno postazioni con singoli punti luce e si prediligerà un’illuminazione generalizzata che mantenga a distanza la fonte dall’oggetto in consultazione323. Per le esposizioni si farà in modo di prevedere per le luci una collocazione tale che le mantenga all’esterno rispetto alla teca in cui il manoscritto viene esposto. Si faranno dei distinguo in merito alla tipologia di illuminante, in considerazione del fatto che una lampada a incandescenza sprigiona luce gialla e un grado di temperatura noto che giunge persino a raddoppiare in caso di illuminazione alogena, di aspetto più bianco. Ogni considerazione legata all’uso della luce, che analizzi eventuali variazioni di temperatura, va indagata soprattutto perché scongiuri pericolosi fenomeni di oscillazione dei valori di UR ai quali la pergamena, come si è visto, risulta particolarmente sensibile. In questo caso sarà ulteriormente importante mantenere sotto controllo l’emissione di calore causata dalla fonte illuminante al fine di prevenire modificazioni significative a carico dell’elasticità del supporto.
Infine la conservazione di manufatti in pergamena in ambienti non controllati, dove non sia immediatamente rilevata l’eventuale presenza di sostanze inquinanti,
323 Anche se un’alternativa all’allontanamento della fonte illuminante dall’oggetto sensibile è
rappresentata dall’installazione di punti luce in fibra ottica. In tale direzione si è mosso il nuovo allestimento della sala studio della Biblioteca Marciana di Venezia realizzato nel 2000 (cfr. T. PLEBANI, Nuova luce in biblioteca, in Marciana Newsletter 3 [autunno 2000], 10; on-line
all’indirizzo http://marciana.venezia.sbn.it/news/).
può essere causa di modifiche strutturali interne ai supporti. Gli agenti più nocivi, diossido di zolfo (SO2), ossidi d’azoto (NOx), ozono (O3), acidi organici, formaldeide (HCHO) andrebbero sempre tenuti sotto controllo (su valori di 1,5 μg/m3 per gli ossidi di zolfo e d’azoto, 25 μg/m3 per l’ozono, mentre formaldeide e acidi, qualora rilevati, andrebbero rimossi). Si tratta di sostanze emesse dai sistemi di filtraggio elettrostatico di alcuni condizionatori; oppure provenienti dai vapori di scarico delle automobili (che possono incidere nel caso il luogo di conservazione non sia isolato dall’ambiente esterno); o anche contenute in soluzioni detergenti e disinfettanti di uso domestico; rilasciate infine a lungo termine dal legno, dalle colle e dalle vernici degli arredamenti324. Per tali ragioni è necessario che gli ambienti in cui i codici sono conservati e vengono consultati siano stati attentamente analizzati sotto ogni aspetto e tenuti costantemente sotto controllo. Ognuna di queste sostanze combinate con l’umidità dell’aria produce effetti disastrosi sui materiali organici costituenti i manoscritti325. Accertarne l’assenza, o la presenza entro i livelli tollerati, significa pertanto contribuire alla buona sopravvivenza dei manufatti conservati.