• Non ci sono risultati.

Bifosfonati somministrati per via orale

Evento scatenante Numero di casi Percentuale

5.5 Bifosfonati somministrati per via orale

I bifosfonati per via orale vengono generalmente prescritti per il trattamento di varie forme di osteopenia e, in particolare, per il trattamento dell’osteoporosi, malattia evolutiva cronica associata a morbilità significativa e talvolta mortalità. (Bone et al., 2004; Reginster et al., 2000)

Fino al 2008 tutti i casi di osteonecrosi documentati sono stati causati da due tipi di bifosfonati: alendronato e, in misura minore, residronato.

L’ibandronato non è ancora stato associato a casi documentati di osteonecrosi dei mascellari, sebbene esistano recenti comunicazioni su 5 casi di osteonecrosi associati a ibandronato.

L’etidronato e il tiludronato sono comunemente utilizzati nel trattamento della malattia di Paget e attualmente non sono noti casi di osteonecrosi ad essi associati.

I casi di osteonecrosi associati a bifosfonati per via orale, in confronto a quelli per somministrazione endovenosa, differiscono per tre modalità principali: innanzitutto è necessario un periodo di tempo maggiore perché si sviluppi l’esposizione ossea; in secondo luogo è inferiore la quantità di casi di esposizione ossea e i sintomi associati a essa risultano meno gravi; infine la sospensione della somministrazione orale può condurre a graduale miglioramento e persino a guarigione spontanea delle esposizioni ossee associate al farmaco. (Ruggiero et al., 2004)

Da un punto di vista epidemiologico le donne in epoca postmenopausale che assumono bifosfonati per via orale rappresentano un ampio gruppo di pazienti a rischio di sviluppare osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati. Sebbene sia impossibile stimare con precisione l’incidenza, essa è verosimilmente molto bassa. La difficoltà nel calcolo dell’incidenza è dovuta al fatto che non è noto il numero effettivo di individui che assumono il farmaco: la stima ufficiale di 14 milioni di soggetti di sesso femminile

è basata solo su dati di origine commerciale. Inoltre non tutte queste pazienti hanno effettuato un esame clinico orale e potrebbero avere un’esposizione ossea ai mascellari non riscontrata o sintomatica attribuibile ad altre cause.

Marx ha osservato e trattato 30 pazienti che avevano un’esposizione ossea dovuta all’assunzione di bifosfonati per via orale (28 da alendronato, 2 da residronato) e ha ricevuto da colleghi la segnalazione di almeno altri 200 casi negli Stati Uniti. Se si verificassero 1000 casi tra i 14 milioni di pazienti che si ritiene abbiano assunto bifosfonati per via orale, l’incidenza calcolabile sarebbe dello 0,007% o di 7 casi su 100000. Questo è un valore di incidenza estremamente basso e dovrebbe essere valutato come tale. (Marx, 2009)

La preoccupazione consiste nel possibile continuo aumento della prescrizione di bifosfonati per l’osteopenia e l’osteoporosi precoce, con un maggior numero di donne che assumeranno bifosfonati per parecchi decenni. Dato che l’effetto di accumulo nelle ossa mascellari diviene significativo dopo 3 anni di assunzione, è probabile che un ampio numero di pazienti possano sviluppare in futuro l’osteonecrosi dei mascellari.

5.5.1 Fattori di rischio medici

I due fattori che aumentano significativamente il rischio di sviluppo di osteonecrosi dei

mascellari indotta da bifosfonati somministrati per via orale sono la durata della terapia e l’associazione concomitante con corticosteroidi e, in particolare, con prednisone. Dal 2000 a oggi, l’uso dei bifosfonati per somministrazione orale ha subito un forte incremento, in special modo tra soggetti femminili in età postmenopausale. Molti pazienti hanno già superato i tre anni di trattamento e potrebbero continuare ancora per diverso tempo. Pazienti sottoposti a somministrazione del farmaco per più di 7 anni

presentano un aumento del numero di esposizioni ossee e maggiore gravità dei sintomi ad esse associate.

L’uso concomitante di corticosteroidi, e di prednisone in particolare, aumenta il rischio di tossicità associato al bifosfonato e aumentano il rischio di sviluppo di fenomeni di osteonecrosi dei mascellari. (American Dental Association Council on Scientific Affairs, 2006)

5.5.2 Fattori di rischio odontoiatrici

I fattori di rischio odontoiatrici associati allo sviluppo di osteonecrosi dei mascellari da bifosfonati per via orale sono i medesimi della necrosi secondaria al trattamento per via endovenosa, ovvero tutte quelle condizioni o procedure che stimolano il ricambio/rinnovamento del tessuto osseo presente nei mascellari. Malattia parodontale e ascessi odontogeni sono gli stati patologici più spesso associati a esordio di osteonecrosi per la produzione di citochine proinfiammatorie alla base del rimaneggiamento osseo. Altre procedure odontoiatriche invasive consistono nell’avulsione dentaria, posizionamento di impianti osteointegrati, chirurgia parodontale, apicectomie, rialzi di seno mascellare o incrementi di cresta ossea residua. La presenza di tori mandibolari, in particolar modo plurilobulati, rappresenta un fattore di rischio anatomico dovuto a un elevato grado di turnover tissutale associato all’esostosi e al ridotto spessore della mucosa sovrastante. (American Dental Association Council on Scientific Affairs, 2006)

5.5.3 Valutazione dei rischi odontoiatrici associati allo sviluppo di osteonecrosi

La valutazione del rischio comincia dalla raccolta anamnestica. E’ bene informarsi sul tipo di farmaco assunto dal paziente, sulla durata del trattamento e sulla patologia, e se vi è stata una precedente o contemporanea assunzione di prednisone o altri corticosteroidi.

In linea generale l’uso di alendronato comporta un rischio maggiore rispetto al residronato. Il dosaggio raccomandato per l’alendronato corrisponde a 10 mg/die o 70 mg/settimana; per il residronato corrisponde a 5 mg/die o a un’unica somministrazione di 35 mg/settimana, mentre per l’ibandronato la posologia stabilita corrisponde a 150 mg/mese.

Nel caso che il farmaco venga assunto in misura maggiore al dosaggio raccomandato, il rischio di sviluppo di osteonecrosi può aumentare. Qualora il farmaco venga assunto regolarmente per un periodo fino a tre anni, il rischio è minimo o trascurabile. Nel caso in cui l’assunzione venga protratta per un periodo superiore a tre anni, ci può essere un rischio che aumenta in rapporto diretto al protrarsi della terapia. Non sembra importante che l’assunzione sia quotidiana, settimanale o mensile, dal momento che tutte le molecole di bifosfonato presentano un’emivita superiore a 10 anni e tutti i bifosfonati presentano fenomeni di accumulo nel tessuto osseo. Il pregresso o contemporaneo uso di prednisone aumenta il rischio di insorgenza di osteonecrosi per la sua proprietà di favorire la lisi del collagene.

Il livello successivo per la valutazione del rischio coincide con l’esecuzione di un esame clinico attento e con la valutazione di esami radiografici. E’ indicata un’ortopantomografia e radiogrammi endorali periapicali. Particolare attenzione va dedicata all’osservazione degli elementi molari che potrebbero presentare segni precoci di tossicità a carico del tessuto osseo, tra cui la sclerosi diffusa dell’osso alveolare, della lamina dura e/o l’allargamento del legamento periodontale. Una evidente mobilità

dentaria non secondaria a riassorbimento di osso alveolare e/o sintomi algici profondi senza una chiara correlazione odontogena potrebbero essere riconducibili a una significativa azione tossica da parte del bifosfonato.

Una terza modalità per la valutazione del rischio consiste nel dosaggio dei marcatori del turnover osseo in campioni di sangue e urine. (Johnston et al., 2000) Gli indici di formazione ossea noti alla maggior parte dei medici comprendono la fosfatasi alcalina specifica dell’osso e l’osteocalcina.

Alcuni marcatori di riassorbimento osseo comprendono la piridinolina (Pyr) e deossipiridinolina (D-Pyr) presenti nelle urine e i livelli ematici e urinari dei telopeptidi del collagene di tipo I (NTX e CTX). L’indice sierico di CTX è utile nel rilevare cambiamenti relativi al rimaneggiamento osseo in un intervallo di tempo compreso tra qualche giorno fino a due settimane, più precocemente delle BMD. La valutazione della BMD rimane un esame grossolano ma molto utile per la valutazione quantitativa della massa ossea scheletrica. Il valore di CTX sierico riveste utilità per la valutazione quantitativa del riassorbimento osseo attraverso il grado di rinnovamento osseo e l’informazione ricavata riveste grande importanza ai fini della valutazione del rischio di sviluppo di osteonecrosi indotta da bifosfonati. Il CTX misura il livello serico di un frammento peptidico derivato dal cross-linking di catena del collagene di tipo I. Si tratta del frammento carbossi-terminale derivato dalla frammentazione del collagene I da parte degli osteoclasti nel processo di riassorbimento osseo. Questo esame risulta quindi particolarmente utile nella valutazione del grado di inibizione del turnover cellulare osseo e dell’aumento del rischio di evoluzione verso l’osteonecrosi indotta dall’azione del bifosfonato. (Rosen et al., 2000)

5.6 Prevenzione dell’osteonecrosi indotta da

Documenti correlati