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Bifosfonati somministrati per via endovenosa

Osteonecrosi delle ossa mascellari indotta da bifosfonat

5.4 Bifosfonati somministrati per via endovenosa

L’osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati somministrati per via endovenosa è un effetto avverso importante di pamidronato e zoledronato, utilizzati per il controllo delle lesioni ossee metastatiche associate a cancro della mammella o mieloma multiplo o, meno frequentemente, cancro della prostata, cancro del rene e cancro dei polmoni. Osservata nel 2002, (Marx et al., 2002 a) questa condizione patologica è stata descritta per la prima volta in dettaglio nel 2003 (Marx, 2003) e da allora è stata riportata da molti Autori. (Migliorati et al., 2005; Markiewicz et al., 2005; Melo et al., 2005; Ruggiero et al., 2005; Ruggiero et al., 2004; Marx et al., 2005 a) L’insorgenza dell’osteonecrosi dipende dalla potenza e dall’emivita del farmaco utilizzato. Il più potente, zoledronato, quando somministrato alla dose raccomandata di 4 mg al mese, può provocare esposizione ossea entro 6-12 mesi. Una dose equipotente di pamidronato (90 mg al mese), se somministrata regolarmente, può provocare esposizione ossea in 10-16 mesi. (Marx et al., 2005 a) Per avere un termine di paragone, il farmaco orale alendronato, quando somministrato alla dose raccomandata di 70 mg alla settimana, impiega almeno 3 anni per indurre esposizione ossea, a causa del fatto che l’assorbimento per via orale è significativamente inferiore e la sua emivita più breve. Tutti i pazienti trattati con bifosfonati presentano un rischio di tossicità ossea. Come spiegato in precedenza, il tessuto osseo dei mascellari va incontro a ricambio e rinnovamento circa 10 volte più velocemente di ogni altro tipo di osso ed è quindi esposto a un effetto circa 10 volte superiore di questi farmaci (Dixon et al., 1997). Se da un lato l’osteonecrosi indotta da bifosfonati è stata osservata solo a livello dei mascellari, dall’altro è utile notare che l’incidenza di osteonecrosi associata all’uso di questi farmaci per via endovenosa, che è noto essere sottostimata, varia tra 0,8% e 12%. (Hoff et al., 2005). Di conseguenza, è probabile che l’osteonecrosi in forma subclinica

si manifesti anche in altri siti dello scheletro, così come in zone dei mascellari nelle quali non si osserva esposizione ossea. Il position paper dell’American Association of Oral and Maxillofacial Surgeons (AAOMS) sull’osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati definisce i pazienti in terapia con questi farmaci come “pazienti a rischio”. In particolare, secondo questa associazione tali pazienti rappresenterebbero lo “stadio 0 dell’osteonecrosi dei mascellari da bifosfonati”.

Il concetto dell’esistenza di un danno subclinico è stato ben documentato in relazione a molte patologie, come la leucemia linfocitica, il carcinoma squamocellulare in situ e l’osteoradionecrosi. Per esempio, tutti i pazienti esposti a dosi antitumorali di radioterapia soffrono di un danno tissutale indotto dalle radiazioni, ma solo il 6-12% sviluppa esposizione ossea da osteoradionecrosi. (Marx, 1983) Il danno subclinico indotto da radiazioni, noto come “tessuto delle tre H”, ovvero hypocellular, hypovascular, hypoxic, può essere descritto come lo stadio 0 dell’osteoradionecrosi. (Marx et al., 1985) Nell’osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati il danno subclinico è caratterizzato da ipocellularità e apoptosi osteoclastica, riduzione degli osteoblasti endosteali e della loro produzione osteoide. (Marx, 1983)

I casi che si presentano con esposizione ossea, in cui l’osso esposto è necrotico ma non dolente, sono classificati come lo “stadio Ia dell’osteonecrosi dei mascellari da bifosfonati” se l’area esposta misura meno di 1 cm e “stadio Ib se il diametro maggiore della lesione è superiore a 1 cm. I casi in cui una singola lesione misura meno di 2 cm ed è accompagnata da dolore e/o infezione clinica sono classificati come stadio IIa, e come stadio IIb se le lesioni sono maggiori di 2 cm. I casi che presentano aree multiple di esposizione ossea senza osteolisi significativa, fistole oro-cutanee o fratture patologiche sono classificati come stadio IIIa, mentre quelli in cui l’area di esposizione ossea è maggiore di 3 cm, e che sono associati a osteolisi significativa o a fistole oro- cutanee o fratture patologiche sono classificati come stadio IIIb.

Circa il 31% dei casi si presenta con esposizione ossea asintomatica, mentre il 69% è caratterizzato da esposizione ossea e dolore. La lesione coinvolge la mandibola nel 68% dei casi, il mascellare superiore nel 28%, ed entrambi i mascellari nel 4% (Marx et al., 2005 a). L’area molare è quella più frequentemente interessata per entrambi i mascellari ed è coinvolta nell’88% dei casi: l’area molare mandibolare è impegnata nel 65,5% dei casi, mentre quella mascellare nel 22,5%. La predilezione per le aree molari è probabilmente il risultato delle maggiori forze compressive esercitate sull’osso alveolare di questa regione da parte della dentatura naturale, da corone su impianti o da protesi rimovibili, cui consegue la richiesta di un elevato rinnovamento osseo, con maggiore vulnerabilità all’azione dei bifosfonati.

E’ probabile che l’osso esposto rimanga permanentemente in questa condizione senza possibilità di risoluzione, anche nel caso in cui il farmaco somministrato per via endovenosa venga sospeso e/o si provveda a eseguire la toeletta chirurgica locale della lesione. Solo raramente si assiste alla risoluzione dell’evento avverso dopo la sospensione del farmaco e l’intervento di toeletta chirurgica. Nella maggior parte dei casi in cui si è intervenuto chirurgicamente è stato riscontrato un aumento dell’esposizione ossea e un peggioramento dei sintomi.

5.4.1 Ruolo di cofattori di comorbidità odontoiatrici

Una caratteristica peculiare dell’osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati somministrati per via endovenosa è rappresentata dal fatto che i fattori di comorbidità orali svolgono un ruolo significativo rispetto a quelli sistemici.

Il fattore di comorbidità odontoiatrico più comune è la parodontite attiva. Il processo infiammatorio causato dai batteri responsabili di questa patologia induce di solito il

rimodellamento dell’osso alveolare. Il tasso di riassorbimento osseo eccede quello dell’apposizione ossea con conseguente perdita di osso parodontale associato al mantenimento della vitalità del tessuto osseo. L’accumulo di bifosfonati nell’osso alveolare inibisce il rimodellamento e favorisce la necrosi ossea più che il riassorbimento. I dati di uno studio indicano che, in pazienti affetti da osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati somministrati per via endovenosa, la parodontite attiva è presente nell’84% dei casi, la carie nel 29%, gli ascessi dentali nel 13% ed i trattamenti canalari incongrui nell’11%. Questi processi patologici provocano una risposta infiammatoria dell’osso con conseguente neoapposizione (osso reattivo) per mantenere la vitalità ossea. L’accumulo di bifosfonati impedisce questo processo naturale con conseguente necrosi ossea. (Ruggiero et al., 2005)

Gli operatori odontoiatrici devono interrogare ogni paziente riguardo all’eventuale uso di bifosfonati, distinguendo tra la forma orale e quella endovenosa a causa della diversità del rischio e in base alla durata della terapia, presenza di cofattori di rischio e gravità della patologia sistemica. L’anamnesi medica deve comprendere il nome del farmaco, l’indicazione, la via e la frequenza di somministrazione, la durata e l’assunzione concomitante di altri farmaci. L’anamnesi odontostomatologica specifica per i pazienti in terapia con bifosfonati deve prevedere l’eventuale rilevazione di aree di osso esposto, la mobilità dentale, la comparsa di dolore osseo profondo costante, di fistole, tumefazioni intermittenti o recessioni gengivali recenti. E’ raccomandata l’esecuzione di una ortopantomografia al fine di evidenziare eventuali aree di osteolisi e addensamenti ossei. Particolare attenzione va posta all’aspetto del legamento parodontale e della lamina dura, poiché un allargamento dello spazio periodontale e sclerosi o assenza della lamina dura sono aspetti indicativi di tossicità subclinica dei bifosfonati sull’osso alveolare.

L’obiettivo del trattamento odontoiatrico di un paziente che sta assumendo bifosfonati per via endovenosa è quello di raggiungere e/o mantenere uno stato di salute dentale e orale ottimali e prevenire così il rischio di insorgenza di osteonecrosi dei mascellari, senza esserne la causa. Di conseguenza le procedure invasive come le estrazioni, la chirurgia parodontale, la chirurgia implantare, gli innesti ossei e la chirurgia apicale dovrebbero essere evitati. Se un dente non è più trattabile a causa di una carie, all’estrazione si preferisce il trattamento endodontico seguito da asportazione della corona. Allo stesso modo i denti con mobilità di grado I o II dovrebbero essere splintati piuttosto che estratti. La presenza di un dente caratterizzato da ascesso o mobilità di grado III o oltre può essere suggestiva del fatto che l’osteonecrosi sia già presente e che l’osso esposto sia ricoperto da tessuto di granulazione. In questi casi l’estrazione dell’elemento dentario e la somministrazione di antibiotico rappresentano l’unica possibilità terapeutica. Tuttavia è d’obbligo informare il paziente del fatto che egli incorre in un alto rischio di sviluppare osteonecrosi dei mascellari con esposizione ossea, verosimilmente non destinata a guarire, e ottenere il consenso informato alla procedura.

Sebbene la chirurgia elettiva sia fortemente sconsigliata, i pazienti devono comunque ricevere cure preventive di routine (pulizia dei denti, scaling sopragengivale) o di tipo restaurativo (corone, ponti, protesi parziali rimovibili e protesi totali, escluse quelle su impianti). Se preesistente, la parodontite deve essere trattata con scaling sopragengivale, sciacqui con colluttorio alla clorexidina 0,12% e cicli di doxiciclina. Le protesi totali dovrebbero essere controllate costantemente per evidenziare potenziali aree di pressione che possono causare ulcere ed eventualmente essere modificate o ribasate. (Marx, 2009)

5.4.2 Fasi iniziali dell’osteonecrosi

La tabella 5.1 riguarda uno studio effettuato da Marx, su 152 casi di osteonecrosi dei mascellari indotta da bifosfonati somministrati per via endovenosa, in cui è stato evidenziato che il 25% delle lesioni prese in esame è insorto spontaneamente, mentre il 75% è stato favorito da procedure odontoiatriche invasive messe in atto per risolvere un fattore di comorbidità o eseguite in regime di elezione.

Tab 5.1 Induzione dell’osteonecrosi da bifosfonati per via endovenosa (N° casi=152)

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