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Effetti avversi e interazion

In seguito alla somministrazione di aminobifosfonati si possono manifestare effetti collaterali, rappresentati da rialzo transitorio della temperatura corporea, mialgie e cefalea, associate o meno ad alcune modificazioni bioumorali (aumento degli indici di flogosi, riduzione della conta leucocitaria, linfocitopenia) (Thiebaud et al., 1997; Harinck et al., 1987; Wuster et al., 1993; Gallacher et al., 1989; Fenton et al., 1991; Schweitzer et al., 1995; Sauty et al., 1996) che possono essere considerati espressione di una reazione di fase acuta, che si manifesta solo dopo la prima somministrazione. Questa reazione è dose-dipendente, insorge nelle 10-12 ore seguenti alla somministrazione del farmaco, raggiunge il picco di intensità dopo 28-36 ore e scompare dopo 3-4 giorni nonostante il trattamento venga protratto (Adami et al., 1987). Essa inoltre non è legata al tipo e alla gravità della malattia ossea di base (Schweitzer et al., 1995), anche se la risposta dei soggetti sani può essere diversa rispetto ai pazienti con elevata attività osteoclastica (Cantrill et al., 1990). La reazione di fase acuta provocata degli amino-bifosfonati è probabilmente attribuibile ad un aumento temporaneo della produzione di IL-1, IL-6 e TNF-α nei monociti-macrofagi o negli osteoclasti (Adami et al., 1987; Pioli et al., 1990). Tuttavia i risultati degli studi in vitro e in vivo sono ampiamente discordanti. Studi in vivo hanno dimostrato che una singola somministrazione di pamidronato (60 mg) non modifica i livelli sierici di IL-1. Al contrario è stato osservato un incremento dei livelli di IL-1 e TNF-α indotti dal pamidronato e dal dimetilaminoidrossi-propilidene (Thiebaud et al., 1997; Schweitzer et al., 1995; Bijvoet et al., 1980).

Nessuna delle suddette reazioni è stata osservata in seguito a somministrazione di clodronato (Berenson et al., 1996), che al contrario sembrerebbe invece promuovere effetti opposti. E’ stato dimostrato (Endo et al., 1993) che gli amino-bifosfonati

potenziano l’attività della istidina-decarbossilasi, un enzima che catalizza la formazione dell’istamina, un potente mediatore della flogosi, e alcuni di questi composti possono stimolare l’attività di macrofagi e granulociti. La linfopenia che si può osservare in seguito alle infusioni endovenose di aminobifosfonati potrebbe essere la conseguenza di una disregolazione dell’espressione di molecole di adesione, con conseguente ridistribuzione dei linfociti ad alcuni distretti, come per esempio il piccolo intestino (Pietschmann et al., 1988).

I pricipali effetti avversi indotti dai bifosfonati sono rappresentati da diarrea, nausea, dolori addominali. Con alcuni aminobifosfonati, quali alendronato e residronato, sono stati osservati casi di infiammazione ed erosione dell’esofago. Per tale motivo è bene rimanere in posizione seduta od eretta per 30 minuti dopo l’assunzione e si sconsiglia l’uso di questi prodotti in persone con disturbi esofagei.

Un uso continuativo di etidronato può interferire con la normale mineralizzazione dell’osso. Questo fenomeno è assai contenuto con gli altri bifosfonati e si osserva solo in caso di dosaggi molto elevati.

L’ipocalcemia transitoria è un effetto secondario della terapia con bifosfonati: infatti questi farmaci inibiscono il riassorbimento osseo mediato dagli osteoclasti, riducendo così la concentrazione sierica di calcio. L’iperparatiroidismo compensatorio secondario evita l’instaurarsi di un’ipocalcemia significativa aumentando il riassorbimento renale di calcio, la produzione di 1,25-OH-vitamina D, e il riassorbimento osseo da parte degli osteoclasti. Tuttavia in alcuni casi (per es. paratiroidectomia, livelli bassi di vitamina D, ipoparatiroidismo ipomagnesico) questo meccanismo di compensazione può essere bloccato e possono quindi svilupparsi gravi ipocalcemie. (Nguyen et al., 2004; Rajesh et al., 2004). La mancanza di vitamina D subclinica colpisce una larga parte della popolazione anziana e la sua esistenza deve essere riconosciuta prima dell’inizio della

terapia con bifosfonati, in modo che adeguate somministrazioni di calcio e vitamina D possano favorire una riduzione degli episodi ipocalcemici.

L’uso di dosi elevate di bifosfonati di prima generazione, come etidronato (Bounameaux et al., 1983) o di aminobifosfonati come zoledronato (Chang et al., 2003), può essere associato ad insufficienza renale acuta. Due studi clinici di lunga durata, condotti su pazienti con cancro e ad elevato rischio di metastasi ossee, hanno rilevato la comparsa di un effetto tossico sul rene in corso di terapia con zoledronato, somministrato alla dose di 8 mg ogni tre settimane. Successivamente, la dose di farmaco impiegata nella terapia è stata ridotta a 4 mg, con conseguente aumento della tollerabilità renale. (Saad et al., 2002; Rosen et al., 2004) L’ibandronato presenta, invece, una minore tossicità renale e un profilo di sicurezza che accosta i risultati ottenuti dalla terapia a base di questo bifosfonato con quelli ottenuti dalla somministrazione del placebo in pazienti con metastasi ossee (Lyubimova et al., 2003). Un possibile evento avverso associato all’assunzione cronica di bifosfonati è l’osteonecrosi della mandibola (incidenza da 0,8 al 12%), complicanza che verrà ampiamente discussa più avanti in questa tesi. (Ruggiero et al. 2004; Migliorati et al., 2005)

Prima di iniziare il trattamento con bifosfonati in pazienti con fattori di rischio concomitanti (cancro, chemioterapia, radioterapia, corticosteroidi, scarsa igiene orale) deve essere presa in considerazione la necessità di un esame odontoiatrico completo, seguito dall’attuazione di appropriate procedure dentistiche preventive.

Per questa classe di farmaci sono state descritte, seppur raramente, reazioni avverse oculari, anche gravi. Inizialmente si riteneva che questi effetti avversi fossero imputabili solo agli amino-bifosfonati come alendronato, pamidronato e risedronato. Tuttavia sono stati descritti anche con clodronato, etidronato, zoledronato e tiludronato. (Bisphosphonates and ocular inflammation. 2004). Il rischio sembra più elevato in caso

di somministrazione endovenosa (pamidronato, zoledronato). Gli effetti avversi oculari comprendono congiuntiviti, uveiti, iriti, scleriti/episcleriti, emorragie, neurite ottica, difetti del campo visivo, scotoma, glaucoma, cecità e degenerazione maculare, con un periodo di comparsa molto variabile: generalmente questi eventi avversi compaiono entro 3 settimane dopo l’inizio della terapia ma, in alcuni casi, si sono manifestati anche più precocemente (entro 2 giorni) mentre in altri dopo molto tempo (3 anni o più di trattamento). (Bisphosphonates and ocular disorders, 2003; Mbekeani, 1999)

A volte (es. sclerite) la risoluzione della patologia infiammatoria richiede la sospensione del trattamento, mentre le forme infiammatorie meno gravi tendono a risolversi spontaneamente, pur proseguendo l’assunzione del farmaco. (Bisphosphonates, 33rd edition)

In caso di uso dei bifosfonati per via endovenosa si possono verificare effetti avversi in meno del 2% dei casi: infiammazione sistemica (spesso autolimitante) simil-influenzale (febbre, mialgia, artralgia, dolore scheletrico), insufficienza renale, sindrome nefrotica (dovute spesso ad un’infusione troppo rapida), alterazioni elettrolitiche (soprattutto ipocalcemia).

I bifosfonati sono controindicati in corso di gravidanza ed allattamento, anomalie esofagee o dello svuotamento gastrico, insufficienza renale, presenza di ipocalcemia. L’assunzione di antiacidi, di sali di calcio o di ferro in concomitanza con l’assunzione di bifosfonati può limitarne l’assorbimento.

L’associazione con gli antibiotici aminoglicosidici può aumentare il rischio di ipocalcemia e di nefrotossicità. L’uso di indometacina può aumentare la biodisponibilità dell’acido tiludronico.

Capitolo 4

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