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CAPITOLO 2 – IL TUMORE MAMMARIO NELLA CAGNA

2.4 Diagnosi

2.4.4 Biopsia

L’invio del campione bioptico all’esame istopatologico rappresenta una valida alternativa alla citologia, ed è l’unico esame con il quale è possibile emettere una diagnosi certa. In sede chirurgica, a tal fine, viene prelevato il / i noduli, insieme al linfonodo drenante e vengono conservati in formalina per essere poi analizzati dal patologo (Nelson et al., 2015). Ogni massa dovrebbe essere esaminata istologicamente, poiché nello stesso individuo possono coesistere tumori di diverso tipo, perciò ogni neoformazione deve essere considerata un’entità neoplastica a sé stante (McGavin et al., 2010; Fossum et al., 2013). L’esame del tessuto prelevato viene effettuato previa colorazione della sezione con ematossilina-eosina (Marconato & Del Piero, 2005).

2.5 Classificazione

La classificazione dei tumori mammari canini è particolarmente complessa e nel tempo sono stati proposti numerosissimi sistemi a tal fine (Marconato & Del Piero, 2005) .Nel classificare una neoplasia devono essere presi in considerazione diversi parametri, tra cui la classificazione istologica, il grado e la stadiazione clinica.

2.5.1 Istotipo

La maggior parte dei tumori è costituita da un singolo tipo cellulare e il nome della neoplasia riflette il tipo cellulare dal quale il tumore origina. Attraverso l’esame citologico

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è possibile fare una prima differenziazione tra processo infiammatorio e neoplastico, cercare di differenziare una neoplasia benigna da una maligna, e definire l’origine della neoformazione stessa. A questo riguardo la grossa distinzione viene fatta tra i tumori mesenchimali ed epiteliali:

● i tumori mesenchimali (detti anche a cellule fusate) insorgono in cellule che originano dal mesoderma embrionale, ad esempio il fibroma se benigno, o sarcoma se maligno;

● i tumori epiteliali derivano dai tre foglietti embrionali (endoderma, mesoderma, ectoderma), come l’adenoma o adenocarcinoma, rispettivamente benigno e maligno.

I tumori possono anche essere misti, qualora contengano tipologie cellulari multiple derivate da un singolo foglietto o da diversi foglietti germinali. Il tumore mammario del cane è generalmente misto, ed è costituito da percentuali variabili di elementi epiteliali (epitelio luminale e mioepitelio) e mesenchimali (tessuto connettivo fibroso, adiposo, cartilagineo e osseo) (McGavin & Zachary, 2008; Marconato & Del Piero, 2005).

La neoplasia mammaria epiteliale può evolvere da un’iperplasia duttale o lobulare fino a una displasia e quindi a una neoplasia; infatti una volta che la progressione neoplastica ha inizio generalmente nella cagna lo sviluppo tumorale continua ed è probabile anche la comparsa di neoformazioni mammarie multiple. E’ importante sottolineare che la prognosi di ciascuna massa neoplastica secondaria non è dipendente da quella primitiva, per cui possono riscontrarsi diversi istotipi neoplastici nella ghiandola mammaria dello stesso animale (McGavin et al., 2010).

Sulla base delle caratteristiche prettamente istopatologiche, lo studio sul grado di invasività di Gilberson et al. (1983) ci permette di classificare le neoplasie mammarie in 4 gradi: - GRADO 0: carcinoma in situ; la proliferazione maligna è limitata ai bordi anatomici del sistema duttale mammario.

- GRADO I: proliferazione maligna estesa allo stroma, senza invasione linfatica e vascolare.

- GRADO II: proliferazione invasiva maligna con invasione linfatica, vascolare e metastasi linfonodali.

- GRADO III: proliferazione invasiva maligna con invasione linfatica, vascolare e metastasi a distanza.

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Inoltre due sistemi di classificazione istologica di displasie e tumori mammari dei cani sono state pubblicati nel 1974 e, una sua modificazione, nel 1999, rispettivamente da Hampe & Misdorp e da Misdorp et al. Infine è stato pubblicato nel 2011 un sistema rivisitato, nel quale con “semplice” si denotava una neoplasia composta da un solo tipo cellulare, o dell’epitelio luminale o del mioepitelio, e con “complesso” una neoplasia composta dai due tipi di cellule (Marconato & Del Piero, 2005; Withrow et al., 2013; Goldschmidt et al., 2011; Hampe & Misdorp, 1974). Comunque nel cane la classificazione istopatologica più rilevante è quella dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dell’Armed Forces Institute of Pathology (AFIP). Tale classificazione è una delle più chiare e consente al clinico e al patologo di comunicare comprendendosi in quanto, accanto a una descrizione morfologica, aggiunge anche elementi di natura prognostica. La precisa identificazione delle neoplasie mammarie si ottiene mediante esame istologico e lo scopo è di predire nella maniera più accurata possibile il comportamento biologico del tumore: Tumori maligni:

1. carcinoma in situ (non infiltrante)

2. carcinoma complesso (tubulopapillare, solido)

3. carcinoma semplice (tubulare, papillare, tubulopapillare, solido, solido cribriforme, anaplastico

4. carcinoma a cellule fusate (mioepitelioma maligno) 5. carcinoma squamocellulare

6. carcinoma adenosquamoso

7. carcinoma mucinoso (o gelatinoso)

8. carcinoma ricco in lipidi (carcinoma secretorio)

9. sarcoma (fibrosarcoma, osteosarcoma, condrosarcoma, liposarcoma) 10. carcinosarcoma

Tumori benigni:

1. adenoma semplice (tubulare, solido-mioepitelioma) 2. adenoma complesso

3. adenoma basaloide

4. fibroadenoma (a bassa cellularità, ad alta cellularità) 5. tumori misti benigni

23 Tumori non classificati:

1. carcinoma infiammatorio Iperplasia / displasia mammaria:

1. iperplasia duttale

2. iperplasia duttale atipica 3. iperplasia lobulare 4. cisti

5. ectasia duttale

6. fibrosi focale (fibrosclerosi) 7. ginecomastia

(Marconato & Del Piero, 2005; Hampe & Misdorp, 1974).

2.5.2 Grading

La morfologia cellulare è un buon sistema per prevedere il comportamento di una neoplasia e, dunque, per trarne un orientamento prognostico. Queste relazioni vengono studiate per ottenere schemi di grading morfologico, ossia la suddivisione di un tipo di neoplasia in categorie o gradi, basati sulle caratteristiche istologiche che possono correlare con la prognosi del paziente. Il grading delle neoplasie si basa sull’identificazione dei criteri morfologici, come grado di differenziazione cellulare, invasività, cellularità, indice mitotico e necrosi. Andando ad analizzare tali parametri, gli aspetti di differenziazione della morfologia e dell’organizzazione cellulare vengono persi in modo variabile nel tessuto neoplastico. Le cellule tumorali, e specialmente quelle maligne, infatti possono presentare vari gradi di atipia cellulare, con un notevole polimorfismo cellulare e nucleare. La perdita delle caratteristiche morfologiche di maturità tissutale è spesso accompagnata dalla perdita della capacità funzionale e dallo sviluppo di un comportamento aggressivo. Secondo questi criteri a una certa neoplasia maligna possono essere assegnati vari gradi che vanno da ben differenziata (basso grado) a poco differenziata (alto grado). Riguardo l’invasività questa generalmente è propria dei tumori maligni, dotati di crescita infiltrativa e spesso capacità di dare metastasi a distanza, mentre le neoplasie benigne sono a crescita espansiva e lenta e possono comprimere il tessuto adiacente. La divisione cellulare neoplastica, in generale, è frequente e si riflette nelle modificazioni nucleari delle cellule tumorali. Le figure mitotiche sono però più numerose, e a volte atipiche, nelle

24 neoformazioni maligne. L’indice mitotico è definito come il numero di cellule, in un campo microscopico, che contengono cromosomi condensati e mancano di membrane nucleari; queste cellule vengono ritenute in attiva moltiplicazione e l’indice mitotico di un tumore viene considerato un indice del suo potenziale maligno (Marconato & Del Piero, 2005; McGavin & Zachary, 2008). La presenza di necrosi infine è un indice prognostico negativo, suggerendoci un certo grado di malignità.La sommatoria dei parametri esaminati classifica la neoplasia in una delle tre categorie di grading:

- GRADO I: tumore ben differenziato

- GRADO II: tumore moderatamente differenziato

- GRADO III: tumore indifferenziato (Misdorp, 2002; Marconato & Del Piero, 2005).

2.5.3 Stadiazione

In aggiunta ai sistemi di grading sono stati creati sistemi di stadiazione delle neoplasie, diretti a contribuire alla pianificazione delle terapie e a dare alcune informazioni prognostiche. Una versione modificata del sistema di stadiazione originale creato dall’OMS e pubblicato da Owens nel 1980, è correntemente utilizzata da molti oncologi. Tale stadiazione si basa sulle dimensioni del tumore primario, sulla sua diffusione ai linfonodi e su presenza o assenza di metastasi a distanza ultralinfonodali. Gli stadi da I a III vedono una progressione delle dimensioni della massa da minore di 3 cm a maggiore di 5 cm. Le metastasi linfonodali ricoprono il IV stadio, a prescindere dalle dimensioni del tumore, e le metastasi a distanza il V stadio della malattia (Tabella 1) (Marconato& Del Piero, 2005; Withrow et al., 2013).

Stadio Dimensioni tumore Stato linfonodale Metastasi a distanza stadio I T1 <3 cm N0 M0 stadio II T2 3-5 cm N0 M0 stadio III T3 >5 cm N0 M0 stadio IV / N1 (positivo) M0 stadio V / / M1 (metastasi) Tabella 1.

25 L’Unione Internazionale Contro il Cancro (UICC) ha proposto una stadiazione più specifica, secondo la quale la classificazione TNM può essere effettuata prima del trattamento (c-TNM) risultando quindi in una stadiazione clinica, oppure in seguito alla chirurgia, seguendo un criterio istopatologico (p-TNM). La c-TNM risulta di fondamentale nella scelta delle opzioni terapeutiche, mentre la p-TNM ha un significato prettamente prognostico. Nel caso delle recidive neoplastiche la definizione della categoria TNM è preceduta dal simbolo “r”; inoltre, nell’ultimo periodo, è stato introdotto il concetto di livello di certezza (C-factor) che definisce la possibilità che un paziente possa avere una diversa collocazione rispetto a un altro, pur avendo lo stesso stadio TNM. La classificazione che ne deriva è la seguente:

Tumore primitivo (T):

Tx: tumore primitivo non definibile T0: non evidenza del tumore primitivo Tis: carcinoma in situ:

Tis (DCIS) Carcinoma duttale in situ Tis (LCIS) Carcinoma lobulare in situ

Tis (Paget) Malattia di Paget del capezzolo non associata con carcinoma invasivo e/o in situ nel parenchima mammario sottostante

T1: tumore della dimensione massima fino a 2 cm

T1mi: microinvasione della dimensione massima di 0,1 cm T1a: tumore dalla dimensione compresa tra 0,1 cm e 0,5 cm T1b: tumore dalla dimensione compresa tra 0,6 cm e 1,0 cm T1c: tumore dalla dimensione compresa tra 1,1 cm e 2,0 cm

T2: tumore superiore a 2,0 cm ma non superiore a 5,0 cm nella dimensione massima T3: tumore superiore a 5,0 cm nella dimensione massima

T4: tumore di qualsiasi dimensione con estensione diretta alla parete toracica e/o alla cute (ulcerazione o noduli cutanei)

T4a: estensione alla parete toracica (esclusa la sola aderenza/invasione del muscolo pettorale)

26 T4b: Ulcerazione della cute e/o noduli cutanei satelliti ipsilaterali e/o edema della cute che non presenta i criteri per definire il carcinoma infiammatorio

T4c: presenza contemporanea delle caratteristiche di T4a e T4b T4d : carcinoma infiammatorio.

Linfonodi regionali (N):

Nx: linfonodi regionali non valutabili (ad esempio, se precedentemente asportati) N0: linfonodi regionali liberi da metastasi

N1: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali mobili (livello I-II)

N2: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) che sono clinicamente fissi o fissi tra di loro; o in linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari

N2a: metastasi nei linfonodi ascellari omolaterali (livello I-II) fissi tra di loro o ad altre strutture

N2b: metastasi solamente nei linfonodi mammari interni omolterali clinicamente rilevabili e in assenza di metastasi clinicamente evidenti nei linfonodi ascellari (livello I-II)

N3: metastasi in uno o più linfonodi sottoclaveari omolaterali (livello III ascellare) con o senza coinvolgimento di linfonodi ascellari del livello I, II; o nei linfonodi mammari interni omolaterali clinicamente rilevabili in presenza di metastasi nei linfonodi ascellari livello I-II clinicamente evidenti; o metastasi in uno o più linfonodi sovraclaveari omolaterali con o senza coinvolgimento dei linfonodi ascellari o mammari interni

N3a: metastasi nei linfonodi sottoclaveari omolaterali N3b: metastasi nei linfonodi mammari interni e ascellari N3c: metastasi nei linfonodi sovraclaveari.

Metastasi a distanza (M):

Mx: metastasi a distanza non accertabili

M0: non evidenza clinica o radiologica di metastasi a distanza

M1: metastasi a distanza evidenziate mediante classici esami clinico e radiologico e/o istologicamente dimostrate di dimensioni superiori a 0,2 mm.

27 La classificazione così fatta ci permette di porre il paziente in uno dei seguenti stadi clinici (Tabella 2): Stadio 0 Tis N0 M0 Stadio IA T1 N0 M0 Stadio IB T0 T1 N1 mi N1 mi Stadio IIA T0 T1 T2 N1 N1 N0 M0 Stadio IIB T2 T3 N1 N0 M0 Stadio IIIA T0 T1 T2 T3 T3 N2 N2 N2 N1 N2 M0 Stadio IIIB T4 T4 T4 N0 N1 N2 M0 Stadio IIIC Ogni T N3 M0 Stadio IV Ogni T Ogni N M1 Tabella 2.

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2.6 Comportamento biologico

2.6.1 Cancerogenesi

La cancerogenesi è un processo multifasico, influenzato da fattori complicati che coinvolgono il pattern demografico, le esposizioni ambientali, le mutazioni ereditate, così come le interazioni o le combinazioni tra essi. L’effetto cumulativo di queste alterazioni porta a un’evoluzione tumorale che avviene per gradi (Marconato & Del Piero, 2005;

McGavin & Zachary, 2008). Il fattore cancerogeno non porta immediatamente alla produzione di una cellula tumorale. Dopo la fase iniziale avviata dall’agente cancerogeno (iniziazione), segue un periodo di promozione tumorale, che può essere causata dallo stesso agente tumorale o da altri fattori, come i normali promotori di crescita o gli ormoni (Withrow et al., 2013). Lo step iniziale è rapido ed è causato dal cosiddetto agente mutageno iniziante o iniziatore. Gli iniziatori sono cancerogeni chimici o fisici che danneggiano il DNA. Se la cellula non ripara il danno, allora i fattori promotori possono indirizzare il processo verso un fenotipo maligno. In contrasto con l’iniziazione, la fase di promozione può essere un processo molto lento. In ultimo c’è la fase di progressione, che prevede la trasformazione di un tumore maligno in un tumore sempre più maligno e, alla fine, in un tumore metastatico. La conversione maligna rappresenta una modificazione irreversibile nel tumore in via di sviluppo, e l’instabilità del cariotipo e l’eterogeneità in aumento delle cellule tumorali sono segni caratteristici della progressione (McGavin & Del Piero, 2008; Withrow et al., 2013).

2.6.2 Crescita tumorale

Il periodo di latenza di un tumore è il tempo che intercorre tra l’insorgenza e la sua manifestazione clinica. La massa più piccola evidenziabile clinicamente è di circa 1cm di diametro e per formare una massa di tali dimensioni una cellula deve andare incontro a circa 30 cicli di divisioni cellulari, ipotizzando che tutta la progenie rimanga vitale e capace di replicare. Così, nel momento in cui i tumori diventano clinicamente manifesti, erano probabilmente in crescita nell’ospite già da molti anni. Tuttavia una volta che il tumore raggiunge una dimensione rilevante, la sua crescita può apparire molto più rapida, dato che sono necessari soltanto 10 cicli di replicazione per trasformare un tumore di 1g in un tumore di 1kg. I tempi di duplicazione del volume sono vari e sono in relazione all’indice con cui le cellule neoplastiche si dividono, alla frazione di cellule competenti da

29 un punto di vista replicativo e al tasso con cui le cellule muoiono. Inoltre i tumori possono crescere in maniera irregolare a seconda del loro apporto sanguigno, dell’influenza di fattori esogeni di regolazione della crescita, come gli ormoni, dell’efficacia della risposta immunitaria dell’ospite e dell’intervento di sottopopolazioni di cellule tumorali particolarmente aggressive (McGavin & Del Piero, 2008).

2.6.3 Malignità

I risultati di un recente studio hanno evidenziato come la stretta associazione tra le dimensioni della massa e la malignità, la bassa incidenza di tumori maligni piccoli e l’evidenza della progressione istologica con l’aumentare delle dimensioni del tumore in cani con neoplasie multiple, suggerisce che piuttosto che svilupparsi dal nulla come entità separate, i tumori maligni si sviluppano da lesioni preesistenti da tumori benigni. Tale teoria è avvalorata dal fatto che alcuni proprietari riferiscono la presenza di tumori indolenti da molto tempo, che ad un certo punto subiscono una crescita improvvisa ulteriore. È plausibile che questo improvviso cambiamento nella crescita corrisponda alla trasformazione maligna e a un cambiamento di istopatologia del tumore (Sorenmo et al., 2009). Le alterazioni acquisite che dettano la trasformazione e la crescita maligna sono:

● capacità delle cellule neoplastiche di crescere in maniera autonoma; ● insensibilità ai fattori che bloccano la replicazione cellulare;

● eversione ai meccanismi apoptotici; ● potenziale replicativo illimitato; ● angiogenesi;

● capacità di invadere i tessuti e di metastatizzare (Marconato & Del Piero, 2005).

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