• Non ci sono risultati.

I risultati inerenti ai parametri chirurgici sono in linea con la letteratura, che riporta la superiorità dei dispositivi a ultrasuoni per il minor tempo d’intervento e la minor perdita ematica con una equivalente o maggior sicurezza (Cheng et al., 2015; Zanghì et al., 2014). Per quanto concerne la durata della mastectomia, è emerso un tempo di intervento medio minore nel gruppo operato con tecnologia Harmonic®, con una conseguente minore durata dell’anestesia. Un esempio significativo a riguardo è rivestito dallo studio di Cannizzaro et

al. del 2014, nel quale sono stati valutati alcuni parametri in corso di tiroidectomia totale in

due gruppi di pazienti: uno con tecnica chirurgica convenzionale e uno con l’utilizzo di Harmonic Focus®. I tempi di intervento sono risultati rispettivamente 110 minuti contro 79 minuti. Un altro lavoro ha valutato i tempi di tiroidectomia parziale e totale con e senza l’utilizzo della chirurgia a ultrasuoni, risultando maggiori nella tecnica classica. Nello specifico i tempi sono stati 99 minuti e 121 minuti con la chirurgia convezionale, contro 70 minuti e 91 minuti con l’utilizzo di Harmonic®, rispettivamente per la lobectomia e per la tiroidectomia totale (Sista et al., 2012).

Dalla valutazione dei pazienti nell’immediato post-intervento, l’unico dato clinico evidente è risultato il sanguinamento dalla ferita operatoria. Non essendosi resa necessaria l’apposizione di drenaggi in nessuno dei 14 interventi, la valutazione del sanguinamento postoperatorio è stata prettamente visiva, ed è risultata maggiore nel gruppo con l’utilizzo della tecnica classica. Tale riscontro è in linea con la letteratura riguardo l’utilizzo di Harmonic Focus® a confronto con la chirurgia tradizionale. Ad esempio una metanalisi su 13 articoli è stata effettuata per paragonare i benefici di Harmonic® nella resezione totale della tiroide, e riguardo il drenaggio postoperatorio è stata evidenziata una minore perdita ematica nei soggetti operati con chirurgia a ultrasuoni rispetto alla tecnica tradizionale, in particolare il volume era inferiore di 7,47mL nel primo caso (Zhao et al., 2013).

Passando ai dati emersi dall’analisi dei parametri di laboratorio, è risultato che sia i ROS che il BAP si discostano leggermente dall’intervallo di riferimento (Pasquini et al., 2010). Per i ROS i valori sono leggermente superiori, ossia 92,7 ± 30,4 per la tecnica classica e 101,7 ± 36,3 per la pinza Harmonic Focus®, contro il range di 67,1– 91,5 CARR U, che ritroviamo in letteratura. Tale dato può essere giustificato dal fatto che i soggetti inclusi nello studio avevano un tumore mammario (Mahajan et al., 2013; Kumaraguruparan et al., 2005). Infatti, lo stress ossidativo dovuto alla sovrapproduzione di specie reattive

92 dell’ossigeno, associato ad alterate capacità antiossidanti, è stato implicato nella patogenesi di tutti i tipi di tumori (Winter et al., 2009). I meccanismi responsabili di tale induzione non sono stati spiegati definitivamente. È noto che includono infiammazione e azione di citochine, segnali oncogeni, metabolismo intensivo legato alla proliferazione costante, mutazioni nel DNA mitocondriale e malfunzionamento della catena respiratoria (Kumaraguruparan et al., 2005; Kedzierska et al., 2012). Da uno studio effettuato su 25 tessuti mammari di cagne sottoposte a mastectomia, è emerso che la perossidazione lipidica, dimostrata dalla formazione di sostanze reattive dell’acido tiobarbiturico (TBARS), lipidi-idroperossidi (LOOH) e dieni coniugati (CD), è stata significativamente più alta nel tessuto tumorale rispetto ai corrispondenti tessuti normali adiacenti (Kumaraguruparan et al., 2005). È, inoltre, documentato che la generazione eccessiva di ROS induce citotossicità, danno della membrana, perossidazione lipidica, mutagenesi e carcinogenesi (Datta et al., 2000). Le lesioni del DNA endogene sono eventi genotossici e le mutazioni, così indotte, nei protoncogeni e nei geni oncosoppressori, possono portare alla trasformazione del normale epitelio mammario in un fenotipo maligno (Kang, 2002). Inoltre le cellule epiteliali del tessuto mammario sono note per essere in grado di attivare metabolicamente gli xenoestrogeni a specie reattive dell’ossigeno altamente tossiche (Hodgson, 2001). Tutto ciò porta a un aumento dei livelli di ROS nell’organismo delle cagne affette da neoplasia mammaria, giustificando gli elevati livelli di radicali liberi già al tempo T0, ossia prima dell’insulto chirurgico. Dai risultati possiamo, infatti, osservare che la media dei valori emersi dal d-ROMs test e dunque i livelli di radicali liberi al T0 nei soggetti analizzati, è in media 101,1 CARR U con una deviazione standard di 37,1. Tale valore supera il limite superiore dell’intervallo di riferimento, ossia 91,5 CARR U (Pasquini et al., 2010). Un altro esempio lo troviamo in un recente studio effettuato in medicina, nel quale sono state incluse 35 donne sane e 35 donne affette da tumore mammario invasivo, e da queste sono stati presi dei campioni di sangue prima dell’intervento di mastectomia. Nel plasma ricavato da questi campioni sono stati usati diversi metodi per analizzare lo stress ossidativo, ossia il metodo C-ELISA per determinare i livelli di 3-nitrotirosina, il metodo ELISA per la rilevazione dei gruppi carbonili e dei gruppi tioli nelle proteine plasmatiche. Un riscontro importante in questo studio è che il livello dei biomarcatori di stress ossidativo nel plasma di pazienti con tumore al seno invasivo è notevolmente superiore a quello del plasma di soggetti sani (Kedzierska et al.,

93 2012). In precedenza è stato dimostrato che il livello degli isoprostani nelle urine (indicatori di stress ossidativo) nei pazienti con carcinoma mammario è estremamente elevato rispetto al gruppo di controllo, e questi valori elevati rispecchiano stress ossidativo e danno ossidativo ai lipidi nei pazienti con tumore al seno (Kędzierska et al., 2010).

Invece, per quanto riguarda i valori di BAP, questi sono risultati essere di poco inferiori all’intervallo di riferimento, nello specifico 1803 ± 381 per la tecnica classica e 1948 ± 315 per la pinza Harmonic Focus®, rispetto all’intervallo di 2069–2554 μmol/L (Pasquini et al., 2010). Come per i ROS, anche la capacità antiossidante di tali pazienti deve essere valutata tenendo in considerazione la patologia. Infatti, nei pazienti affetti da tumore mammario si assiste a una disregolazione del metabolismo delle specie reattive dell’ossigeno. Conseguentemente, le modificazioni di molte proteine plasmatiche indotte dallo stress ossidativo / nitrativo possono indurre varie modificazioni funzionali, tra cui l'inattivazione degli enzimi, alterazione dei legami e modificazione della sensibilità alla degradazione proteolitica (Kedzierska et al., 2012). Nello studio del 2012 da parte di Kedzierska et al., è stata riscontrata una differenza significativa tra i valori di TAS (stato antiossidante totale) tra il gruppo di donne sane e il gruppo con neoplasia invasiva al seno, risultando diminuito nei pazienti col tumore. Un altro lavoro ha valutato i livelli di 8-Oxo-2’-deoxyguanasine (8-OHdG) come marcatore di danno ossidativo del DNA, e l’attività degli enzimi glutatione perossidasi (G-Px) e superossido dismutasi (SOD) come attività antiossidante, in 49 donne con cancro al seno. Prima dell’intervento sono stati effettuati dei prelievi e nel siero ricavato sono stati usati dei kit commerciali per il rilevamento dei biomarcatori in questione. Ne è risultato che l'attività della glutatione perossidasi era più bassa nel gruppo col tumore al seno. Si può dedurre che un aumento del rapporto di 8-OHdG / G-Px nei pazienti affetti da cancro al seno sia la prova di una compromissione dell'equilibrio ossidante / antiossidante in tale patologia (Himmetoglu et al 2009). Sempre in campo umano, e stato confrontato il TAS plasmatico tra donne con tumore mammario e un gruppo di controllo. È risultato che il TAS plasmatico era significativamente diminuito nelle donne con tumore al seno, cosa che potrebbe confermare il consumo maggiore di antiossidanti plasmatici in questi pazienti (Zowczak-Drabarczyk et al., 2013). Oltre che al consumo del BAP a causa dell’aumento dei radicali liberi in soggetti con tumore mammario, diversi autori suggeriscono che la soppressione dell'attività degli enzimi antiossidanti nel plasma di tali pazienti possa essere associata all’alterazione delle proteine plasmatiche

94 (Himmetoglu et al 2009; Kędzierska et al., 2010; Kedzierska et al., 2012). Non tutti gli autori concordano sulla riduzione dell’attività antiossidante in corso di tumore mammario. Ad esempio, nello studio di Kumaraguruparan et al. del 2005 è stato osservato, in associazione all’incremento della perossidazione lipidica, che i livelli di glutatione (GSH) e acido ascorbico e l’attività di superossido dismutasi (SOD), catalasi (CAT), glutatione perossidasi (GPx) e glutatione S-transferasi (GST) nei tessuti tumorali erano aumentate significativamente rispetto ai corrispondenti tessuti normali adiacenti. Mentre i livelli di GSH e di vitamina C e le attività di SOD, CAT e GPx hanno mostrato un aumento di 2 volte, l'attività GST è stata 2.35 volte più alta nei tessuti patologici rispetto ai corrispondenti tessuti sani adiacenti. Kumaraguruparan et al. hanno concluso che lo stress ossidativo derivante dall'aumento della perossidazione lipidica nel tessuto tumorale nello studio in oggetto è stato controbilanciato dal rafforzamento dei sistemi antiossidanti. Tale fatto è in accordo con altri autori che affermano che la rapida sintesi di GSH nelle cellule tumorali sia associata agli elevati tassi di proliferazione cellulare e che il meccanismo protettivo con cui le cellule tumorali impediscono la sovrapproduzione dei ROS consiste in un notevole aumento dello stato antiossidante che può mantenere un rapido tasso di proliferazione cellulare (Obrador et al., 1997; Das, 2002).

Il valore dei ROS in relazione al fattore paziente è risultato un dato interessante da analizzare. Infatti, pur non essendo statisticamente significativo, abbiamo riscontrato un valore di p pari a 0,06, che si avvicina al livello di confidenza stabilito. Questo dato ci indica che all’interno dello stesso paziente c’è poca variazione dei parametri radicali liberi. Infatti c’è una omogeneità individuale in tutti i soggetti, ma soprattutto verificabile in quelli sottoposti a doppio intervento. Dai risultati possiamo vedere che il coefficiente di variazione per soggetto va da un minimo di 2,8% a uno massimo di 46,3%, e il range di valori dei ROS va da 4 a 107 CARR U. Nei soggetti sottoposti a due interventi, di cui il secondo a distanza di due settimane dall’asportazione dell’altra fila, i range entro cui si muovono i valori dei radicali liberi sono di 43, 64 e 66 CARR U. Questi risultano essere intervalli piuttosto ristretti, considerando che in ciascuna delle tre cagne sono state usate entrambe le tecniche, giustificando la soggettività dei livelli di ROS che, nonostante l’insulto chirurgico, tendono a non variare molto nell’intervallo di tempo considerato. Allo stesso tempo le modificazioni riscontrate per i ROS, che risultano essere mediamente maggiori al tempo T2, sono da attribuirsi all’insulto chirurgico che causa nel periodo

95 perioperatorio e nell’immediato postoperatorio un incremento dello stress ossidativo. In letteratura possiamo ritrovare diversi lavori che confermano che durante e dopo le procedure chirurgiche, esiste una ben definita risposta all’insulto che coinvolge l'attivazione di mediatori infiammatori, endocrini, metabolici e immunologici. Lo stress ossidativo è ritenuto essere parte di tale risposta (Kücükakin et al., 2007; Rosenfeldt et al., 2012).

Riguardo alla variazione dei risultati ottenuti dal d-ROMs test in relazione al tempo di prelievo non abbiamo trovato differenze statisticamente significative (p=0,11), dato che potrebbe essere attribuibile al ridotto lasso di tempo all’interno del quale abbiamo effettuato la raccolta dei campioni di sangue per ciascun soggetto. Infatti in letteratura esistono dei lavori che valutano l’insulto chirurgico tramite alcuni parametri dello stress ossidativo, con prelievi di campioni a distanza di maggior tempo dalla chirurgia rispetto a quelli da noi utilizzati. Da tali studi sono emerse variazioni significative dei biomarker di stress ossidativo. Ad esempio, in un recente lavoro è stato valutato il livello di malondialdeide (MDA) nei testicoli di topi sottoposti a vasectomia. I topi sono stati suddivisi in maniera casuale in un gruppo sottoposto a vasectomia bilaterale di 56 topi (8 per punto temporale) e un gruppo di controllo di 56 (8 per punto temporale) che è stato sottoposto a un'operazione falsa. I topi vasectomizzati e quelli del gruppo di controllo sono stati decapiti a diversi punti temporali: 2, 7, 15, 30, 45, 60 e 120 giorni post- operatoriamente. I livelli di MDA nei testicoli non sono cambiati significativamente a 2 e 7 giorni dopo la vasectomia rispetto a quelli del gruppo di controllo. Tuttavia, a 15 e 30 giorni i livelli di MDA sono risultati essere significativamente aumentati nel gruppo sottoposto a vasectomia, pari rispettivamente a 2,2 volte (p <0,05) e 3,3 volte (p <0,01) rispetto ai corrispondenti valori del gruppo di controllo. Successivamente il valore di MDA è diminuito gradualmente, raggiungendo quasi il livello di controllo (Liu et al., 2014). Questi risultati ci indicano che entro la prima settimana non si sono riscontrate variazioni importanti nei livelli di stress ossidativo, ma che si sono presentate a partire dalla seconda settimana post-intervento. Bisogna, comunque, considerare che la vita media del topo è molto inferiore a quella del cane. Un altro studio sullo stress ossidativo indotto dall’atto chirurgico è stato effettuato sui topi. Sei di questi sono stati decapitati e inclusi nel gruppo di controllo, 48 topi sono stati sottoposti a un falso intervento e ad altri 48 è stata fatta l’ovariectomia. Sei soggetti dal gruppo del falso intervento e dell’ovariectomia

96 rispettivamente sono stati decapitati ogni sette giorni a partire dal settimo al cinquantaseiesimo giorno dell’esperimento. Ne è stato, poi, prelevato il fegato e sottoposto a dei test per valutare la capacità antiossidante e il livello di ROS. Per i radicali liberi nello specifico sono stati valutati i cambiamenti dinamici e sono state usate come marker le N,N,dietil-p-fenylene diamine (DEPPD). È risultato che la concentrazione di radicali DEPPD nel gruppo di ovariectomia e del falso intervento si è mossa allo stresso modo nei due gruppi aumentando molto dopo una settimana, per diminuire alla seconda settimana, e alternandosi così fino alla settima settimana, avendo però valori di DEPPD medi sempre maggiori nel gruppo sottoposto a ovriectomia. Dopo l’ottava settimana la concentrazione è diminuita significativamente nel gruppo ovariectomizzato, mentre è aumentata significativamente nel gruppo del falso intervento (Kankofer et al., 2007). Un altro esempio è rappresentato da un esperimento recente effettuato su 18 cagne sottoposte a ovarioisterectomia. I campioni di sangue sono stati presi prima dell’intervento, 14 giorni e 30 giorni dopo la chirurgia, e, una volta ricavato il plasma, è stato valutato il livello di stress ossidativo. Riguardo i marcatori della perossidazione lipidica, è risultato che la concentrazione media di sostanze reattive dell’acido tiobarbiturico (TBARS) era più elevata 30 giorni dopo l’OHE rispetto ai valori pre-intervento e 14 dopo l’intervento. Una differenza significativa è stata trovata tra i valori registrati prima della chirurgia e 30 giorno dopo l’OHE (Szczubia et al., 2015). Nonostante da questi esempi si possa dedurre che lo stress ossidativo veda i cambiamenti maggiori a distanza di settimane dall’insulto chirurgico, in uno studio del 2013 sono state evidenziate differenze significative già nel periodo perioperatorio. Sono state incluse nel lavoro 12 cagne, 6 delle quali sottoposte a ovariectomia laparotomia e 6 laparoscopica, e sono stati valutati nel plasma dei pazienti lo stato antiossidante totale (TAS), lo stato ossidante totale (TOS) e l'indice di stress ossidativo (OSI), dato dal rapporto tra TOS e TAS. I test sono stati effettuati sul plasma e i prelievi sono stati fatti uno prima dell’incisione della cute o del posizionamento della prima porta e l’altro dopo la chiusura dello strato della cute o delle porte. Dai risultati non sono emerse differenze significative nei valori di TAS, ma le variazioni nel TOS e nell’OSI erano significativamente più basse nel gruppo sottoposto a chirurgia laparoscopica, rispetto a quello in open (Lee & Kim, 2014). Un altro esempio è rappresentato da un lavoro del 2004 che ha confrontato gli effetti della colecistectomia laparoscopica con la colecistectomia laparotomica sullo stress ossidativo. A tale scopo

97 sono stati misurati la malondialdeide e i livelli di nitrito / nitrato, da campioni di sangue prelevati un giorno prima della chirurgia, 45 minuti dopo l’incisione chirurgica e un giorno dopo l’intervento. Questi due marcatori sono risultati elevati durante entrambi i procedimenti, ma i livelli di malondialdeide e nitrito / nitrato erano più alti nel gruppo sottoposto a colecistectomia open sia durante il periodo intraoperatorio che postoperatorio (Bukan et al., 2004).

Allo stesso modo dei ROS, il BAP test non ha dato valori significativamente diversi al variare del tempo di prelievo. La causa, anche qui, può essere attribuita al breve intervallo di tempo che intercorre tra i tre campioni presi per paziente. In letteratura sono presenti dei lavori nei quali sono stati usati tempi di prelievo post-chirurgia maggiori. Nello studio già citato di Kankofer et al. del 2007, oltre ai radicali DEPPD, sono stati valutati anche la glutatione perossidasi (GSH-Px) e la superossido dismutasi (SOD). Ne è risultato che per l’attività della GSH-Px e della SOD alla seconda e alla quarta settimana i valori erano significativamente inferiori per entrambi i gruppi, rispetto a quelli registrati alla prima settimana post-intervento. Un altro studio ha correlato il livello preoperatorio delle difese antiossidanti, misurate dalla capacità totale antiossidante del plasma (TAC), al grado di risposta infiammatoria sistemica postoperatoria, misurata dalla gravità delle lesioni polmonari a seguito di chirurgia aortica elettiva. Sono stati inclusi 25 pazienti, dei quali preoperativamente e 24 ore postoperativamente sono stati valutati TAC e il grado di edema polmonare, quest’ultimo tramite radiografia e analisi dei gas sanguigni. 15 dei 25 pazienti hanno mostrato evidenze radiografiche di edema polmonare non cardiogenico nel periodo postoperatorio e in questo gruppo, il TAC era significativamente inferiore a quello senza edema (Cornu-Labat et al, 2000). Un altro esempio è rappresentato da uno studio effettuato in umana su 80 pazienti sottoposti a chirurgia per iperplasia prostatica benigna. I campioni per le analisi sullo stress ossidativo sono stati prelevati da ogni paziente il giorno prima e il giorno dopo l'intervento chirurgico, e sono stati misurati i reattivi della fase acuta e gli antiossidanti. Sono risultati livelli significativamente più alti di proteina C reattiva, e livelli significativamente più bassi SOD in tutti i gruppi di studio dopo rispetto a prima dell'intervento chirurgico(Ruzic et al, 2005).

Riguardo la variabile ROS, non sono risultati valori significativi rispetto alla tecnica utilizzata. Questo può essere interpretato in due modi: o non c’è un’effettiva differenza tra i radicali liberi prodotti con la tecnica classica e con la tecnologia Harmonic®, oppure

98 perché l’equilibrio dei ROS è mantenuto dal sistema antiossidante. Per poter fare una discriminazione è opportuno analizzare tra i risultati anche i valori del BAP in relazione alla tecnica.

Come abbiamo visto tra i risultati, l’unico dato statisticamente significativo è quello relativo alla tecnica sulla variabile BAP (p=0,04). Infatti i livelli di antiossidanti sono maggiori nel gruppo con Harmonic Focus® in confronto al gruppo con tecnica classica, rispettivamente i valori medi sono 1948 ± 314,8 e 1802,9 ± 381,2 μmol/L. Il fatto che i valori di ROS non siano statisticamente differenti tra i due gruppi, come lo sono invece i valori di BAP, può indicare un maggior consumo di antiossidanti causato dall’insulto chirurgico in corso di mastectomia con tecnica classica. Questo maggior consumo, contrasta la formazione eccessiva di specie reattive dell’ossigeno, mantenendo i valori di d-ROMs in un range ristretto nell’intervallo di tempo in esame. Infatti, al fine di raggiungere un livello di omeostasi cellulare o “equilibrio redox” sono coinvolti diversi sistemi di difesa intrinseca, tra cui vie enzimatiche e non enzimatiche con meccanismi protettivi e di riparazione (Sies, 1997; Valko et al., 2007). Uno studio del 2016 ha valutato lo stress ossidativo indotto dalla castrazione in cavalli Purosangue, prendendo in considerazione come parametri i metaboliti reattivi dell'ossigeno (d-ROMs) e il potenziale antiossidante biologico (BAP). I campioni di siero sono stati raccolti prima di indurre l'anestesia e immediatamente prima dell'estubazione a fine intervento. Dai risultati non sono emerse differenze significative nei d-ROMs tra i periodi pre e postchirurgici, tuttavia dopo l’intervento chirurgico i valori di BAP erano significativamente inferiori (p=0,02) rispetto a quelli precedenti la chirurgia (Tsuzuki et al., 2016). Come nel caso del gruppo sottoposto a mastectomia classica del nostro studio, così anche nel lavoro di Tsuzuki et al. i valori di d-ROMs non si sono mossi nel periodo perioperatorio, ma il BAP è diminuito. Lo stress ossidativo si verifica quando l'equilibrio tra ROS e antiossidanti favorisce i ROS, perciò anche la sola diminuzione degli antiossidanti può portare a una perdita dell’equilibrio e un’elevazione dell’indice di stress ossidativo (OSI), dato dalla formula:

OSI = d$ROMs

%&' 100 (Tsuzuki et al., 2016). Nel nostro lavoro l’OSI non è risultato avere

correlazioni statisticamente significative con i fattori valutati, pur avendo riscontrato un valore mediamente maggiore nella tecnica classica (nello specifico 5,96 contro 4,83 della tecnologia Harmonic®). La mancata variazione dell’indice di stress ossidativo in corso di tecnica classica, come è avvenuto invece per il BAP, conferma l’ipotesi che il consumo

99 maggiore di antiossidanti abbia mantenuto l’equilibrio tra questi e i ROS, impedendo un aumnento importante dei secondi. Gli autori dello studio sopra citato affermano che la concentrazione di d-ROMs sia rimasta invariata, perché solo una piccola quantità di ROS è stata generata durante l’intervento chirurgico, poiché questo è stato eseguito in un periodo relativamente breve. Pertanto hanno presupposto che durante questo breve periodo si sia verificato un aumento della produzione radicali liberi ma che la quantità totale di ROS prodotta sia stata ridotta (Tsuzuki et al., 2016). Infatti, Tsuchiya et al. ha riferito che la piccola quantità di ROS generata durante l'intervento è rapidamente eliminata dal corpo e non aumenta i ROS ma riduce solo la capacità antiossidante (Tsuchiya et al., 2008). Questo spigherebbe perché la concentrazione di d-ROMs sia rimasta invariata e perché solo una riduzione del BAP sia stata confermata nel nostro studio e in quello di Tsuzuki et

al. Negli interventi chirurgici che richiedono molto tempo, è probabile che si verifichi

un'ulteriore esaurimento di antiossidanti. Di conseguenza, i ROS che non possono essere

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