• Non ci sono risultati.

Bob Flanagan e la terapia del dolore

CAPITOLO TERZO

4.5 Bob Flanagan e la terapia del dolore

Bob Flanagan nasce nel 1952 affetto da fibrosi cistica ereditaria, malattia che lo ha costretto ad esplorare la dimensione del dolore fin dall’infanzia371. Originariamente si focalizza sulla scrittura poetica, sugli spettacoli comici e sulla musica folk; passioni che influenzarono le sue performance. Fondamentale nella sua vita privata e artistica fu la presenza di Sheree Rose (Fig.59), sua coniuge e partner nelle performance372. Collaborarono assieme dal 1980 al 1996 anno della morte di Flanagan e affrontarono nelle loro opere questioni delicate come il sesso, la malattia e la morte.

La sua ricerca artistica si fonda sulle sfaccettature della malattia. «Public/private spheres

are hybridised, and gender roles and sexualities challenged through a poetic of BDSM.» 373, la vita privata di Flanagan e Rose diventa di dominio pubblico. Attraverso le loro performance mettono in discussione gli stereotipi sul genere e i ruoli nella sessualità, in particolare esplorando la pratica del sadomaso con cui l’artista percepisce il dolore, che diventa una via di fuga dalla fibrosi cistica.

Nella quotidianità così come nelle sue esibizioni, Flanagan interpreta il sottomesso di Rose che invece è la dominatrice, situazione opposta all’ideale di fragilità e sottomissione che solitamente che la donna ricopre374. Insieme esaltano il piacere e soprattutto il dolore, con cui lo spettatore si confronta e prova con Flanagan: «He addresses the viewer with illness,

disability, pain, death: there are not many things as uncomfortable as the reality of pain, disability and the social stigma attached to the disabled body»375.

In questo rapporto abbiamo un gender demolition376 ovvero un sovvertimento dei ruoli tradizionali dell’uomo e della donna e, di conseguenza, delle posizioni attive e passive all’interno di tale pratica. Inoltre, nell’atteggiamento dell’artista di volere superare il dolore della malattia si riscontra un comportamento che vira verso il masochismo, «Flanagan is a

self-described masochist; an artist whose writings and performances testify to the pleasure he

371Cfr., Emanuel Levy, Sick: The Life and Death of Bob Flanagan, Supermasochist, 8 Febbraio 1997:

variety.com/1997/film/reviews/sick-the-life-and-death-of-bob-flanagan-supermasochist-1200448854/, (19.30, 5 Febbraio 2020).

372 Cfr., Carrie Sandahl, Fighting Pain with Pain: Bob Flanagan/Sheree Rose and Catherine Opie, «Journal of

Dramatic Theory and Criticism», Vol. XV, N.1, 2000, p. 42.

373 Ibidem.

374 Cfr., Sandahl, Fighting Pain with Pain, cit., p. 43. 375 Ibidem.

376 Cfr., Amelia Jones, Body Art/Performing the Subject, Minneapolis, University of Minnesota Press. 1998,

72

finds in pain.»377. Fin da bambino ha sperimentato il dolore e il masochismo sviluppandoli da adulto con le performance a sfondo sadomaso con la moglie378. La loro vita privata diventa opera d’arte e la fotocamera diventa una naturale estensione delle loro esibizioni.

Flanagan and Rose play with masculinity and femininity, questioning them through their S/M. Pain is used by the artists to interrogate these normative gender roles, and normative sexuality in daily life and in sadomasochistic practices. Flanagan’s male body is at the centre of the artistic practice, at the same time as a supermasochist superhero

and a disabled man.379

In queste performance sadomaso rielaborano la definizione di femminilità e mascolinità nella sessualità e nella vita quotidiana, il corpo disabile di Bob Flanagan non è solo il centro della ricerca artistica, ma rappresenta anche un supereroe supermasochist, un uomo che indaga la dimensione del dolore attraverso la sofferenza inferta da pratiche sessuali e masochiste. L’intento di Flanagan è dimostrare come la sessualità sia prerogativa anche delle persone con disabilità380.

Why è tra le poesie più significative dell’artista per il suo realismo e soprattutto perché esprime tutta la vita di Bob Flanagan: la malattia, la sessualità, la morte, un testamento che racchiude la personalità dell’artista.

Because I was born into a world of suffering. Because surrender is sweet.

Because I’m attracted to it. Because I’m addicted to it381.

La sua vita è dolore, per questo lui si arrende ad esso, ne è attratto, ne sente il bisogno: «I’ve

learned to fight sickness with sickness»382. L’unico modo che conosce per combattere la sua malattia è infliggersi sofferenza in tutti i modi possibili, sfidando la soglia del dolore, per

377 Cfr., Cathy Curtis, Flanagan Finds Depicting Pain Is a Pleasure : Art: Survivor of cystic fibrosis and his

lover give a ‘toned-down’ presentation of masochistic works at Rancho Santiago College in Santa Ana, «Los

Angeles Times» 12 maggio 1993, https://www.latimes.com/archives/la-xpm-1993-05-12-ca-34434-story.html.

378 Cfr., Curtis, Flanagan, cit.,

379 Sandahl, Fighting Pain with Pain, cit., p. 42 380 Cfr., Ivi, p. 43

381Der Greif: dergreif-online.de/artist-blog/bob-flanagan-1985/, (14.30, 4 Febbraio 2020). 382 Citazione di Bob Flanagan Cfr., Carrie Sandahl, Fighting Pain with Pain, cit., p.45

73

questo si definisce Supermasochist superhero (fig. 60), un supereroe che non si intimorisce dinnanzi alla malattia e alla morte.

YOU ALWAYS HURT THE ONE YOU LOVE (1991) è un esempio di performance in cui Bob Flanagan compie un atto di masochismo: inchioda i genitali su uno sgabello mentre racconta barzellette. In Nailed invece: «he sews his penis inside his scrotum and then he nails

it to a wooden board (amongst other self-inflicted mutilations) illustrate how Flanagan sees castration as ‘the ultimate extreme of everything»383, performance in cui l’artista vede la castrazione come ultimo atto possibile contro la malattia.

Le conseguenze di queste performance non sono solo legate all’esperienza di disabilità, ma diventano un modo per contrastare il dolore fisico e mentale e mirano a mettere in discussione la mascolinità e di conseguenza anche gli stereotipi sull’uomo384.

Come sostiene Rosemarie Garland-Thomson, il modo provocatorio con cui Flanagan si esibisce portando in scena esplicitamente la malattia, la disabilità, il masochismo e la sua vita intima privata, allontana lo spettatore, lo sconvolge. Per questo l’autrice inserisce le sue performance nella categoria interpretativa dell’esotico, in cui rientrano tutte quelle immagini che creano una forte curiosità, ma allo stesso tempo intimoriscono l’osservatore per l’esagerazione della realtà385. Contrariamente Carrie Sandhal ritiene che la sua ironia, le canzoni, i poemi e le barzellette con cui si esibisce, coinvolgono destando l’interesse del pubblico386. Risulta difficile di conseguenza inserire le performance di Flanagan in una determinata categoria interpretativa sia per la sua modalità di esporre la propria vita in arte, sia perché provoca un insieme di sentimenti difficilmente catalogabili.

Visiting hours387 è un’installazione esposta per la prima volta al Museo d’arte di Santa

Monica nel 1992 e riproposta nel 1994 a New York e a Boston nel 1995. Nella performance al New contemporary art museum (fig.61) Bob Flanagan si esibisce in un ambiente adibito ad ospedale, in cui lo stesso artista si trova in un letto con un camice da paziente all’interno di una stanza ospedaliera, in cui riceve le visite degli spettatori, i quali possono avvicinarsi e parlare con lui, diventando protagonisti anch’essi della scena. Si crea una dinamica in cui sia l’artista e il pubblico ricoprono dei ruoli: Flanagan è il paziente che aspetta la visita dei propri

383 , Carrie Sandahl, Fighting Pain with Pain, cit., p. 43 384 Ibidem

385Garland Thomson, Seeing the Disabled, cit., p. 358, per categorie interpretative cfr., secondo capitolo

paragrafo 2.1

386Cfr., Sandhal, Fighting with pain, cit., p. 51. In una performance cantò Supercalifragilisticexpialidocious

(1964) del film Mary Poppins, ma adattando le parole alla sua esperienza.

74

familiari e amici, lo spettatore, invece, diventa il parente che porta un saluto alla persona ricoverata388.

Inoltre, la camera di ospedale diventa anche il luogo in cui l’artista compie le sue pratiche masochiste: ad esempio si fa appendere per i piedi, con dei ganci che lo innalzano verso il soffitto (fig. 62)389. La stanza diventa quasi una sala delle torture in cui l’artista indaga i confini tra malattia e salute, tra sfera pubblica e privata, tra vita e morte: difatti pone una bara, con dei fiori e aperta da un lato in cui si intravede una piccola televisione con il volto dell’artista o della persona che si accinge alla bara390.

«The effect of realism is uncanny because Flanagan does not simply stage a performance

about illness and death, but he lives it with his disabled body.»391, il realismo della performance sconvolge e destabilizza lo spettatore, Flanagan mette in arte la totalità della sua malattia e soprattutto del confine sottile tra vita e morte. Infatti, quando nel 1995 lo stato di salute di Flanagan si aggrava inizia a scrivere Pain Journal392, dove racconta l’evoluzione

della malattia fino alla morte avvenuta nel 1996. In queste pagine annota le sue condizioni fisiche, le medicine prescritegli, gli avvenimenti e gli stati d’animo di ogni giorno dell’ultimo anno di vita, creando così un diario dell’ultimo periodo di vita393.

L’opera però che racconta tutta la sua vita, dall’infanzia fino alla morte, è il documentario girato da Kirby Dick insieme a Shreere Rose intitolato: Sick: The Life and Death of Bob

Flanagan, Supermasochis (fig.63) Si può considerare l’opera testamento di Flanagan,

racchiude tutti gli istanti che hanno contraddistinto la sua vita e la sua arte:

Ambitiously embracing such existential issues as the sacredness of life and fear of dying; the relationship between creativity, anguish and pain; unconditional love and contractual marriage; and, above all, the emotional and philosophical meanings of masochism and eroticism394.

388 Cfr., Ivi, p. 47

389 Cfr.,New Museum Digital Archive: archive.newmuseum.org/exhibitions/251, (16.30, 4 Febbraio 2020). 390 Cfr., Ibidem

391 Sandhal, Fighting with pain, cit., p.48

392 Cfr., http://vv.arts.ucla.edu/terminals/flanagan/04apr.html 393 Ivi, p. 44

75

Gli autori attraverso la figura di Bob Flanagan raccontano la disabilità e mostrano tutte le sfaccettature della malattia senza nascondere nulla allo spettatore395. Anche la morte diventa una questione pubblica, ripresa dal documentario. Nelle scene finali si percepisce la sofferenza, il dolore e la confusione causata dal rendersi conto del sopraggiungere della fine: «he is saying, sitting on his hospital bed and barely breathing, ‘Am I dying? I don’t

understand it. What is going on? This is the weirdest damn thing»396.

Tutta la vita di Bob Flanagan è arte: non esiste alcun confine tra sfera pubblica e privata. Flanagan indaga tutti gli aspetti della sua vita: la disabilità, l’amore, la malattia, la vita e la morte. Inoltre, le sue performance non sono solo espressione della sua individualità, ma sono anche inserite in un contesto più ampio: Flanagan con la sua personalità, con la sua esplorazione del dolore e della sessualità sovverte tutti gli stereotipi sulla disabilità, sui ruoli all’interno della coppia e più in generale nelle società.

«Flanagan exploits the pain of BDSM in order to fight the mental and physical pain

coming from his chronic illness»397, il sadomaso e il masochismo sono due metodi con cui l’artista cerca di combattere la sua malattia. Il dolore diventa una terapia, ma allo stesso tempo un mezzo per coinvolgere lo spettatore e per mostrargli ciò che non vuole vedere.

395 Sandhal, Fighting with pain, cit., p. 48 396Ivi, p. 50

76

CONCLUSIONE

Il confine tra anormalità e normalità risulta difficile da spiegare ed interpretare, per il suo essere labile e assolutamente soggettivo, soprattutto in una società in continua evoluzione. Per spiegare questo limite Garland-Thomson sostiene che l’uomo osserva per conoscere e la novità, il diverso diventa il suo interesse principale: ciò che è diverso dall’ordine ‘prestabilito’ attira la sua attenzione, e per questo a volte tende ad esplorarlo per renderlo comprensibile, facendolo rientrare nella normalità398. Questo è ciò che avviene quando una persona incontra per la prima volta la disabilità: il corpo ‘diverso’ inizialmente sconosciuto, diventa una realtà, una nuova esperienza attraverso cui ampliare la propria percezione, rendendo labile il confine tra diversità e normalità. Quest’arte interviene proprio su questa particolare questione: attraverso gli artisti disabili e l’impiego del corpo si ottiene un avvicinamento alla disabilità e con la sua dimensione sociale. Diventa un processo in cui la disabilità inizia ad entrare nella ‘normalità’ e di conseguenza la società comprende le esigenze di queste persone, si adatta alle loro difficoltà facilitandone la presenza, rispettando la loro dimensione individuale. Di conseguenza questa ricerca pone le basi per comprendere l’importanza di un intervento sostanziale in grado di condurre verso l’integrazione sociale di tali persone.

Attraverso l’evoluzione teorica dell’idea stessa di disabilità e l’importanza che l’arte, in ogni sua espressione artistica è in grado di dimostrare anche con l’esempio degli artisti citati si osserva una rivoluzione nella realtà odierna.

L’esibizione della disabilità fisica colpisce lo spettatore, perché è una verità che non si può nascondere, che attrae, sconvolge, incuriosisce, ma l’estetica teorizzata da Tobin Siebers399, riguarda tutte le espressioni artistiche che coinvolgono la disabilità nella loro totalità: l’arte può essere terapia, espressione intima della propria individualità, non solo dimostrazione sociale e politica. Un esempio sono le diverse associazioni come la VDMFK400 in cui gli artisti con disabilità hanno la possibilità di esporre la propria arte. In particolare, la VDMFK401 (Association of Mouth and Foot Painting artists of the World) è un progetto nato negli anni Cinquanta del Novecento che riunisce artisti di tutto il mondo che a causa di malformazioni o incidenti non possono creare le proprie opere con le mani, ma riescono ad

398 Cfr., Garland-Thomson, Staring, cit., p.79-81 399 Cfr., Siebers, Disability aesthetics, cit., p. 63-73

400 Cfr., VDMFK, Association of Mouth and foot painting artist of the world: https://vdmfk.com/en/ 401 L’associazione è riconosciuta ed è tra le più importanti nella promozione di artisti con disabilità.

77

esprimersi attraverso l’impiego di bocca e i piedi402. Inizialmente l’associazione venne fondata da un gruppo ristretto di artisti, che negli anni crebbe fino ad accogliere più di settecento persone di settanta nazionalità diverse. Ogni artista utilizza materiali e tecniche diverse con cui crea opere che spaziano dal figurativo all’informale.

Tra gli artisti è presente anche Simona Atzori ballerina italiana affetta da Focomelia, che dipinge con i piedi opere d’arte figurativa403. Anche la MFPA, associazione inglese, raggruppa artisti che dipingono con la bocca e con i piedi, di cui fa parte l’artista Tom Yendell ritratto da Marc Quinn404. Sono progetti che puntano alla diffusione dell’arte di persone con disabilità e cerca di aiutanrli ad imporsi nella scena culturale contemporanea, dandogli l’opportunità di esprimersi e di farsi conoscere nel panorama internazionale.

Le ricerche trattate nella mia tesi mirano a dimostrare come l’espressione artistica non ha solo il compito di esprimere il sublime e la perfezione, ma diventa interpretazione di tutti gli aspetti della realtà. L’artista disabile attraverso le sue opere trasmette il proprio pensiero, mettendosi a nudo davanti lo spettatore, esponendo le sue fragilità e i suoi limiti con l’obiettivo di dimostrare di essere parte del panorama artistico e di conseguenza della società. All’osservatore si chiede di andare oltre il guardare, di entrare in contatto con la dimensione intima dell’artista e la sua realtà, quindi comprendere la disabilità tramite un’esperienza reale. L’estetica acquista così una dimensione introspettiva, legata all’esperienza reale. Tale visione non esclude gli interventi degli artisti non disabili che affrontano questa tematica. Costoro con le loro opere indagano la disabilità per entrare in contatto con una realtà diversa, che non conoscono direttamente cercando di capire cosa significa essere disabili. Infatti, anche in questo caso, la teoria dello sguardo di Garland-Thomson trova una sua reale attuazione. Un artista non disabile decide di osservare e di capire ciò che non conosce direttamente, non prova: la sua personale curiosità di comprendere lo spinge ad affrontare la disabilità nelle sue opere per giungere alla conoscenza.

Gli interventi di entrambe le tipologie sopra tratteggiate, mirano a uno stesso obiettivo: attrarre l’attenzione del pubblico per produrre una maggiore conoscenza e consapevolezza della disabilità, provando così ad agire in modo concreto sui pregiudizi e sull’atteggiamento deviato che ostacola la realizzazione della cosiddetta ‘società inclusiva’.

402 Ibidem

403 Cfr., https://vdmfk.com/en/kuenstler-dbs/?pdb=32, fig.64. 404 Cfr., Terzo capitolo secondo paragrafo.

78

Si può sostenere infine, che l’arte in particolar modo questa specifica espressione è intimamente collegata alle questioni sociali e in qualche modo sia in grado la capacità di influire sulla coscienza del pubblico e di conseguenza possa condurre verso il cambiamento della società stessa.

79

BIBLIOGRAFIA

Rachel Adams, Sideshow U.S.A.: Freaks and the American Cultural Imagination, Chicago University of Chicago Press, 2001.

Philip Auslander, Carrie Sandahl, Bodies in commotion. Disability and Performance, Michigan, University of Michigan, 2005.

Robert Bogdan, Freak Show : Presenting Human Oddities for Amusement and Profit, Chicago, University of Chicago, 1988.

Germano Celant (a cura di), Marc Quin, Milano, Fondazione Prada, 2000.

Cathy Curtis, Flanagan Finds Depicting Pain Is a Pleasure: Art: Survivor of cystic fibrosis

and his lover give a ‘toned-down’ presentation of masochistic works at Rancho Santiago College in Santa Ana, «Los Angeles Times» 12 maggio 1993.

Helen Davies, Neo-Victorian Freakery. The cultural afterlife of the Victorian Freak Show, Basingstoke, Hampshire (Regno Unito), Palgrave MacMillan, 2015.

Leonard J. Davis (a cura di), The Disability Studies Reader Second Edition, New York, Routledge, 2006.

Jennifer Eisenhauer, Just Looking and Staring Back : Challenging Ableism Through

Disability Performance Art, « Studies in Art Education, a Journal of Issues and Research »

49, 2007.

Vic Finkelstein, Emancipating Disability studies, in The Disability Reader: Social Science

Perspectives, a cura di Tom Shakespeare, London, Cassell, 1998.

Rosemarie Garland-Thomson, Dares to stare. Disabled Women Performance artists & the

Dynamic of staring, in Bodies in commotion. Disability and Performance, a cura di Philip

80

Rosemarie Garland-Thomson, Extraordinary body: Figuring Physical Disability in American

Culture and Literature, Columbia University Press, 2017.

Rosemarie Garland-Thomson, Freakery : Cultural spectacles of the Extraordinary Body, New York-London, New York University press, 1996.

Rosemarie Garland-Thomson, Seeing the Disabled : Visual Rhetorics of Disability in Popular

Photography in The new disability history : American Perspectives, a cura di Paul K.

Longmore, Lauri Umansky, New York, New York Press, 2000.

Rosemarie Garland-Thomson, Staring Back : Self-Representations of Disabled Performance

Artists, « American Quartely », 52, n. 2, July 2000.

Rosemarie Garland-Thomson, Staring : How We Look, Oxford, Oxford University press, 2009.

Touba Ghadessi, Lords and Monsters : Visible Emblems of Rule, « I Tatti Studies in the Italian Renaissance », 16, n. ½, 2013.

Bree Hadley, Disability, Public Space Performance and Spectatorship, London, Palgrave Macmillan, 2014.

Bree Hadley, Donna McDonald (a cura di), The Routledge Handbook of Disability Arts,

Culture and Media, New York, Routledge, 2019.

David Hevey, The enfreakment of photography in L. J. Davis, The Disability Studies Reader

Second Edition, New York, Routledge, 2006.

Elizabeth Howe, Ann Millet-Gallant, Disability and art history, New York, Routledge, 2017. Amelia Jones, Body Art/Performing the Subject, Minneapolis, University of Minnesota Press. 1998.

Petra Kuppers, Disability and Contemporary Performance : Bodies on Edge, New York- London, Routledge, 2003.

81

Petra Kuppers, Disability, Culture and Community Performance. Find a Strange and Twisted

Shape, Basingstoke, Hampshire (Regno Unito), Palgrave MacMillan, 2011.

La Biennale di Venezia. 46ª Esposizione internazionale d'arte. Identità e alterità. Figure del

corpo (1895-1995), a cura di Manlio Brusatin e Jean Clair, I-II, Venezia, Marsilio, I, 1995.

La Biennale di Venezia. 48ª Esposizione internazionale d’arte. Dappertutto = aperto over all

= aperto par tout = aperto über all, I-II., Venezia, Marsilio, II, 1999.

La Biennale di Venezia. 49ª Esposizione internazionale d'arte. Platea dell'umanità = plateau

of humankind = Plateau der Menscheit = plateau de l'humanité, I-II., Milano, Electa, II,

2001.

La Biennale di Venezia. 56ª Esposizione d’arte. All the world’s futures, I-II, Venezia,

Marsilio, I, 2015.

La Biennale di Venezia. 58ª Esposizione internazionale d’arte. May you live interesting times,

I-II. Venezia, Marsilio, I, 2019.

Simi Linton, Claiming disability : Knowledge and Identity, New York-London, New York University Press, 1998.

Ann Millet-Gallant, The Disabled Body in Contemporary art, New York, Palgrave MacMillan, New York, 2012.

Ann Millet-Gallant, Sculpting Body Ideals: Alison Lapper Pregnant and the Public Display of

Disability, «Disability studies quarterly» vol. 28, n. 3, 2008.

Andy Newman, Facing their scars and finding beauty, «New York Times», 18-06-2006 Sally O’Reilly, Il corpo nell’arte contemporanea, Torino, Einaudi, 2011.

Peggy Phelan, Unmarked : The Politics of Performance, London-New York, Routledge, 1996.