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Breve storia nel campo dello sviluppo motorio

rio

Sulla storia dello sviluppo motorio sono stati pubblicati negli anni diversi impor- tanti lavori (Clark e Whitall 1989 [39]; Thelen 1987 [159]). Ci riferiremo in questo breve paragrafo al lavoro di Clark e Whitall 1989 [39] che pongono l’inizio dello studio di questa disciplina alle osservazioni svolte da Tiedemann nel 1787 dei pri- mi due anni di vita di suo figlio. Secondo i due autori questo marca l’inizio dell periodo che denominano ”periodo precursore”, il primo dei quattro periodi storici dello studio dello sviluppo motorio.

Nello schema che segue sono presentati questi quattro periodi, con l’accenno alle diverse teorie ed approcci allo sviluppo motorio che caratterizzano tali periodi:

1787÷1928 Periodo Precursore:

come metodo per studiare lo sviluppo motorio si usa l’osservazione descritti- va; come detto precedentemente l’osservazione che esegue Tiedemann su suo figlio demarca l’inizio di questa era. Tiedemann annota le sequenze comuni dei comportamenti motori e i periodi di transizione tra i diversi comporta- menti, come per esempio tra il riflesso di prensione e la prensione volontaria. Il lavoro pi`u influente in questo periodo `e il lavoro di Darwin ”Biographical

funzione della mente, anche se la loro ricerca avvantaggi`o molto gli studi successivi sullo sviluppo motorio.

1928÷1946 Periodo del Maturazionismo:

emerge lo sviluppo motorio come area di primo interesse e predomina la corrente di pensiero del maturazionismo. Questa teoria considera i processi biologici come i maggiori influenti sullo sviluppo motorio; c’`e una relazione causale tra lo sviluppo di strutture neuro-anatomiche e la comparsa di nuove abilit`a motorie (lavori di Gesell 1928 [1] e McGraw 1935 [113]). In seguito allo sviluppo del sistema nervoso, comportamenti inizialmente controllati dai centri sottocorticali, come i cosiddetti ”riflessi primitivi”, passano sotto il controllo di strutture corticali pi`u evolute (un esempio `e l’evoluzione del riflesso di prensione in prensione volontaria di oggetti da parte del bambino). Lo sviluppo `e visto come una sequenza universalmente invariabile di tappe e si invoca il ruolo dell’esperienza soltanto per spiegare le differenze individuali nell’et`a di comparsa delle nuove abilit`a. Lo sviluppo motorio segue la legge della progressione legate alla maturazione:

– cefalo-caudale: il controllo del capo e dell’asse corporeo precede quello degli arti

– prossimo-distale: lo sviluppo dei movimenti delle parti prossimali precede quello delle parti distali degli arti.

1946÷1970 Periodo Normativo/Descrittivo:

il periodo tra il 1940 e il 1960 viene definito ”dormiente” per l’interesse nei confronti dello sviluppo motorio. Un nuovo interesse rinasce intorno al 1960; questa rinascita `e portata avanti dai ricercatori di educazione fisica interessati ai movimenti dei bambini e interessati allo sviluppo di test standardizzati per poter misurare le capacit`a motorie.

1970÷oggi Periodo ”Process-Oriented”:

il periodo pi`u recente `e caratterizzato da un ritorno allo studio dei processi di fondo sullo sviluppo motorio, piuttosto che ad una semplice descrizione dei cambiamenti che avvengono. Un forte interesse si `e sviluppato sulla teoria dell’elaborazione dell’informazione (HIP) che vede la mente umana molto simile ad un computer. Secondo questo approccio lo sviluppo delle diverse funzioni (inclusa quella motoria) corrisponde alla costruzione di un sitema gerarchico di routine, schemi e rappresentazioni, che diviene sempre pi`u complesso in funzione delle continue interazioni con gli stimoli esterni. Una seconda era di questo periodo inizia nel 1980 con il lavoro di Kugler et

ci. Questa teoria si discosta in modo sostanziale dalla teoria dell’elaborazione dell’informazione e presuppone che i sistemi che si modificano sono comp- lessi, coordinati, e qualche volta auto-organizzati. Secondo questa teoria lo sviluppo motorio `e dovuto non tanto all’intervento di un singolo sistema (ad esempio la maturazione del sistema nervoso centrale), quanto all’interazione di diversi sistemi tra i quali, oltre ai fattori intrinseci al sistema nervoso centrale, vanno considerati i fattori ambientali (muoversi in un sistema sotto l’azione del campo gravitazionale) e le caratteristiche biomeccaniche dell’indi- viduo (forze inerziali e forze dipendenti dal movimento). L’acquisizione di un nuovo comportamento motorio, per esempio la deambulazione, dipende dalla continua cooperazione tra i diversi sottosistemi che contribuiscono a quella specifica condotta (Thelen, Ulrich e Jensen 1989 [162]). Seguir`a una piccola sezione pi`u dettagliata sulla teoria dei sistemi dinamici in quanto `e uno degli approcci allo studio dello sviluppo motorio attualmente pi`u sviluppati.

La teoria dei sistemi dinamici:

Tra la fine del 1970 e gli inizi del 1980 si verific`o un forte cambiamento di pensiero nel campo del controllo motorio con delle importanti ripercussioni nello studio dello sviluppo motorio. Nei tre lavori pubblicati da Kelso, Kugler e Turvey (Kelso et al. 1980 [95] e kugler et al. 1980 [99], 1982 [100]) gli autori sostengono che il movimento non pu`o essere considerato soltanto un ”read out” dei comandi motori immagazzinati e rilasciati dal sistema nervoso centrale ma piuttosto il risultato di una complessa interazione tra sistema nervoso e corpo, fornendo quindi evidenze che le propriet`a fisiche del corpo hanno un ruolo cruciale nei comportamenti motori osservati. Ma `e solo con il lavoro del gruppo di Thelen (1984 [160]) che i ricercatori nel campo dello sviluppo motorio hanno cominciato a prendere in considerazione questo aspetto.

Questa teoria riconosce l’esistenza di una variet`a di sistemi che interagiscono con il nostro sistema nervoso per creare il movimento umano. In Fig. 1.4 ne `e mostrata una semplice rappresentazione. Le forze gravitazionali ne sono l’esempio pi`u facile da riconoscere. Quando ci muoviamo il loro impatto con i nostri sistemi neurologici, muscolari e scheletrici `e costantemente alterato se il corpo o una parte di esso cambia posizione. Allo stesso modo l’effetto del movimento di una parte di esso altera il processo di movimento di un’altra. Sotto questa prospettiva il movimento `e il prodotto di un’intero sistema che contiene numerosi componenti o sottosistemi in continua interazione e modificazione. Il sistema nervoso, originar- iamente considerato il solo fattore determinate al movimento, `e ora considerato una parte di questo sistema e deve anche cambiare e interagire dinamicamente

intrinseci

Figura 1.4: Schema a blocchi della teoria dei sistemi dinamici.

con tutte le altre componenti per ottenere un movimento coordinato ed efficiente (Kamm, Thelen e Jensen 1990 [94]).

Un forte impulso allo sviluppo della teoria dei sistemi dinamici `e stato fornito dal lavoro sulle ”sinergie” fatto da Haken 1983 [70] e con l’intuizione di adattare l’idea delle sinergie al movimento umano. La teoria dei sistemi dinamici presup- pone che un movimento pu`o essere ottenuto come risultato di una combinazione quasi infinita delle interazioni delle parti costituenti. Ad ogni modo i fautori di questa teoria riconoscono l’esistenza di gruppi di interazioni che sono pi`u facil- mente realizzabili di altre perch`e queste richiedono meno energia. Queste parti- colari interazioni di variabili sono chiamati attrattori. Il concetto di attrattore `e fondamentale nell’approccio dei sistemi dinamici allo sviluppo umano. Le com- ponenti multiple di un sistema complesso, come potrebbe essere quello legato allo sviluppo umano, potrebbero cooperare per produrre un quasi illimitato insieme di patterns3 nel tempo e nello spazio. Il sistema delle traiettorie va ad occupare solo certe posizioni nello spazio degli stati n-dimensionali, e un tale sottoinsieme di punti dello spazio, `e noto come attrattore del sistema, perch´e il sistema preferisce quella configurazione indipendentemente dal punto di partenza. Definire un pat- tern come un attrattore vuol dire parlare e dichiarare la stabilit`a del sistema. La stabilit`a dell’attrattore pu`o essere misurata in tre modi:

tramite la probabilit`a statistica che il sistema si trover`a in quello stato con la variabilit`a del sistema intorno al valore medio dello stato

3Il temine ”pattern” `e molto usato in neurofisiologia e indica una particolare ’forma’ o ’con-

figurazione’ o ’schema’ realizzato da uno o pi`u parametri fisiologici sia nel tempo che nello spazio.

e tramite la risposta del sistema a deboli e forti perturbazioni; un sistema stabile resiste alle perturbazioni e recupera velocemente lo stato quando viene perturbato.

Un attrattore pu`o essere relativamente forte o debole dipende da quanto facil- mente il sistema ritorna in quello stato.

Un altro principio di base della teoria dei sistemi dinamici `e dato dall’assumere lo sviluppo motorio come in continua modificazione. Lo sviluppo motorio avviene se una componente o un sottosistema si modifica. Infatti lo sviluppo o l’emergere di uno o nuovi sottosistemi potrebbe causare la scomparsa di uno precedentemente esistente. La modificazione di un sottosistema potrebbe alterare le caratteristiche di un attrattore esistente. Per esempio all’aumento di peso del neonato dovuto alla normale crescita, la sua velocit`a nel cammino potrebbe diminuire al punto da far cessare i passi. Il fattore che si pensa essere il principale responsabile alla modificazione del sistema, in questo caso l’aumento di peso, `e noto come parametro di controllo. La teoria sostiene che durante i periodi di cambiamento l’intero sistema diventa vulnerabile a pi`u cambiamenti, al punto tale che fattori normalmente insignificanti possono trasformarsi in parametri di controllo. Bench`e lo sviluppo di solito avviene attraverso una serie di passaggi, tra gradi di stabilit`a di diverso tipo, un attrattore eccezionalmente forte pu`o causare una fase di stabilit`a tale da impedire lo sviluppo.

La capacit`a di usare una teoria cos`ı complessa, come la teoria dei sistemi di- namici, `e stata aiutata dall’avvento e il miglioramento delle tecnologie di ricer- ca. Migliorare l’analisi della cinematica e dinamica, permette una pi`u dettagliata quantificazione e perci`o, una maggiore comprensione dei particolari dell’organiz- zazione e dello sviluppo del movimento. Ora `e possibile tracciare accuratamente e seguire l’evoluzione temporale del movimento degli arti con una precisione che va oltre 1mm, e in questo studio `e stata ampiamente utilizzata tale tecnologia. Com- binando inoltre questi dati con altre tecnologie avanzate, come l’analisi dei dati elettromiografici, `e possibile far nascere nuovi scenari e analizzare diversi punti di vista dello sviluppo motorio.

Per una maggiore comprensione, prima di concludere, si cercher`a di chiarire le differenze tra la teoria del maturazionismo e la teoria dei sistemi dinamici con un esempio concreto, sul quale le due teorie forniscono spiegazioni alternative; si trat- ta della scomparsa e la successiva ricomparsa della marcia automatica. Come visto precedentemente, nel riflesso dell marcia automatica, se il neonato viene sostenuto per il tronco e i piedi appoggiati al suolo compie dei passi molto simili alla deam- bulazione. Di solito dopo qualche mese questa abilit`a scompare, per ricomparire verso la fine del primo anno con l’inizio del cammino volontario, prima con suppor- to e poi indipendente. Le due interpretazioni a questo fenomeno sono le seguenti: il modello classico prevede che la marcia automatica viene inibita e soppressa dal-

la progressiva maturazione dei centri nervosi che controllano il movimento, i quali generano quindi la capacit`a matura di camminare; invece gli studiosi che si ispira- no alla teoria dei sistemi dinamici ipotizzano l’influenza di altri fattori, di natura non neurologica, per spiegare questo fenomeno. La scomparsa della marcia auto- matica e la ricomparsa nei mesi successivi come deambulazione sarebbe dovuta a fattori puramente fisici; nel neonato infatti la forza dei muscoli delle gambe non `e pi`u sufficiente a sostenere il peso del corpo che si accresce rapidamente nel corso del primo anno di vita. E’ proprio nel lavoro classico gi`a citato di Thelen (vedi Thelen et al. 1984 [160]; Thelen e Cooke 1987 [159]) che viene confermata questa ipotesi attraverso una serie di esperimenti in cui si modifica artificialmente il peso della gamba con l’aggiunta di pesi, oppure immergendo parzialmente il bambi- no nell’acqua, e il risultato `e che la marcia aumentava o diminuiva di intensit`a. Con questo lavoro si sostiene che i cambiamenti fisici delle gambe dei neonati, che portano ad un’aumento di peso senza il proporzionato aumento di forza musco- lare, spiega la scomparsa della marcia automatica. Non c’`e bisogno di invocare nessuna inibizione corticale (come invece prevede la teoria classica) per spiegare questo fenomeno. Inoltre gia i dati presentati da Zelazo et al. nel 1972 ([181]) supportano questa posizione mostrando che il gruppo di neonati che esercitano quotidianamente il riflesso di marcia automatico non perde questa capacit`a, ma anzi aumenta di frequenza se messo a confronto con il gruppo di controllo che non riceve nessuna pratica, e inoltre i bambini che si esercitano quotidianamente cam- minano indipendentemente circa 1 mese prima di quelli nel gruppo di controllo.