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2 4 La lingua della scienza

3. La brevità nei testi poetic

3.5 Brevità e reticenza

Nel paragrafo precedente le forme e i modi della brevità sono stati trattati basandosi su procedure retoriche che coinvolgono elementi strutturali della testualità operando su unità linguistiche quali la parola, il sintagma, la proposizione, il periodo complesso.

Un punto di vista diverso è quello che considera il testo poetico come un elemento significante complesso ma unitario, ovvero una cristallizzazione del

pensiero in forma linguistica, che è possibile studiare nelle sue componenti, ma che custodisce un segreto: «l'unità che si realizza nell'articolazione e nella complessità»127 e che permette di prenderlo in considerazione come una

realizzazione completa del pensiero. L'analisi fin qui prodotta non permette una riflessione esaustiva di una ulteriore forma di brevità che coinvolge il processo mentale ancora prima che le strutture linguistiche: la reticenza, «la figura che più si avvicina al tipo ideale della figura specificatamente testuale del silenzio».128

Introducendo il silenzio all'interno della trama testuale come fattore semantico, la reticenza «si riferisce direttamente al destinatario del messaggio, alla sua autonoma capacità di interpretare»129 invitandolo a tradurre un vuoto semantico

in messaggio. Nella tradizione retorica l'ellissi è indicata come una figura che non pone alcun problema al processo di recupero degli elementi soppressi precedentemente, però, si è dimostrato come le specificità semantiche del testo poetico possano sfruttare l'ellissi sia come indizio verso un effetto ricercato (è il caso dell'incipit del proemio dell'Orlando Furioso), sia come invito ad una libertà associativa nel momento interpretativo (è il caso della poesia Temporale di Giovanni Pascoli). Il caso della reticenza pone il lettore di fronte ad una scelta obbligata, ovvero lo chiama ad una libera congettura che poggia su un silenzio di contenuto, anche se lo vincola ad una collaborazione interpretativa che ha come obbiettivo la comprensione del senso del testo. A rafforzarsi è la tensione fra la libertà della congettura e la necessità di una relazione produttiva col testo; lo studio della presenza di segnali testuali della reticenza è meno stringente e puntuale rispetto a quello sull'ellissi, perché lo scambio comunicativo reticente non possiede proprie marche specifiche, esso deve essere desunto da una complessa rete di segnalazioni, la reticenza essendo un processo che precede la configurazione del discorso.

Le considerazione di ordine psicologico che soggiace alla scelta della produzione di un messaggio poetico reticente non è l'oggetto specifico di

127 Fabrizio Frasnedi, Yahis Martari, Chiara Panzieri, La lingua per un maestro, cit., pag. 25.

128 Michele Prandi, Una figura testuale del silenzio: la reticenza, cit., pag. 220. 129 Michele Prandi, ibid., pag. 220.

questa tesi, che è invece interessata a considerare l'interazione fra testo poetico e lettore come un'azione volontaria, indirizzata, guidata dalla volontà dell'autore e del lettore di segnalare l'uno e rintracciare l'altro la potenzialità dell'atto comunicativo. La reticenza, quindi, sarà qui esaminata come atto volontario e determinato per la ricerca di un effetto di comunicazione e andrà inteso nelle sue possibilità di essere segnalato nel testo poetico come un suggerimento ermeneutico per il lettore.

La forma più tipica della reticenza è quella che la retorica classica chiama aposiopesi, «soppressione di una parte del messaggio che viene così improvvisamente interrotto. Il locutore, autocensurandosi, omette qualcosa che acquista rilievo proprio dalla forza evocativa del silenzio»130. Altro segnale

testuale della reticenza è «l'enunciazione diretta dell'intenzione di non dire»131:

in questo capitolo si approfondirà il primo modello testuale di reticenza.

Dal punto di vista grafico la reticenza è segnalata da tre punti in successione (punti di sospensione) e dal punto di vista fonetico la soppressione è segnalata da un intonazione sospensiva. La reticenza che viene segnalata nel testo attraverso una frattura sintattica segnalata graficamente invita il lettore ad attivare le proprie ricostruzioni, suggerendo non tanto un contenuto da applicare alla parte mancante del testo, quanto l'atteggiamento con cui operare tale azione di colmatura. Si può sostenere che esiste una forma di reticenza che invita all'accettazione della forma sospensiva, come invitando il lettore a gustare il senso di vaga sospensione argomentativa; esiste invece una reticenza che invita il lettore alla congettura, al riempimento, proponendo una forma di frattura nel testo che non può che venire colmata. Il primo verso della poesia Temporale ( 'Un bubbolio lontano...') rientra sicuramente nella prima casistica (è già stato accennato): l'interruzione reticente avviene a fine di verso e su una frase che possiede un suo senso compiuto; la coincidenza fra forma metrica e forma sintattica conclude la fascinazione spaziale e sonora che, con l'inserimento dei punti di sospensione, viene semplicemente prolungata, lasciando che essa agisca sull'immaginario del lettore verso quell'abbandono

130 Gian luigi Beccaria, Dizionario di linguistica, cit., pag. 612.

contemplativo che rappresenta l'intenzione principale del testo. Quando l'interruzione sintattica interviene sulla frase compromettendo la sua integrità, la ricostruzione da parte del lettore è obbligata, il testo costringe chi lo sta leggendo a ipotizzare, colmare, congetturare quale possano essere gli elementi soppressi. All'effetto di sospensione indistinta, che suggerisce un vago senso di incompiutezza si sostituisce un invito esplicito al completamento per cui «la costruzione di inferenze e congetture supplisce, invece di prolungarla, una struttura semantica mutilata».132 La struttura reticente, sia sospensiva che

inferenziale, per essere considerata tale non necessita esclusivamente della segnalazione grafica dell'interruzione sintattica; la rottura sintattica può essere interpretata come reticente solo quando esplicita chiaramente l'intenzione comunicativa di spingere il destinatario a completare egli stesso il messaggio, sia ipotizzandone l'elemento mancante che riconoscendo l'intonazione sospensiva. Di seguito si propone un'analisi testuale attenta a valutare le diverse sfumature che le procedure di reticenza producono nella poesia Un rumore...di Giovanni Pascoli:

«UN RUMORE...

Una fanciulla... La tua mano vola sopra la carta stridula: s'impenna: gli occhi cercano intorno una parola.

E la parola te la dà la muta

lampada che sussulta; onde la penna la via riprende scricchiolando arguta.

St! un rumore...ai labbri ti si porta la penna, un piede dondola... Che cosa? Nulla: un tarlo, un brandir lieve di porta... Oh! mamma dorme, e sogna... che si sposa».133

132 Ibid., pag. 225.

In questo componimento raccolto nella sezione Finestra illuminata della raccolta Myricae pubblicata nel 1894, la presenza insistita di forme della reticenza è riconoscibile per tutta la tessitura testuale e caratterizza la natura stessa del testo attraverso una declinazione mai banale di effetti di sospensione e di inviti inferenziali. Già il titolo del componimento si presenta accompagnato dai punti di sospensione, un'introduzione al lettore della sensazione di attesa percettiva su cui si struttura tutto il testo. La tensione drammatica del titolo è enfatizzata dal fatto che l'effetto d'attesa si lega ad un referente testuale che di per sé già veicola un'idea di indeterminato mistero attraverso diversi espedienti: l'uso dell'articolo indeterminativo veicola l'idea di un entità indistinta e sconosciuta tanto al poeta quanto al lettore, la mancanza di espressioni verbali e di espressioni attributive non fornisce indicazioni sulla natura e sulla qualità del sostantivo, il significato stesso della parola 'rumore' crea un'atmosfera misteriosa. Ma ciò che rende questo titolo inusuale, contravvenendo alla natura definitoria e esplicativa che il titolo assume nella consuetudine, è proprio l'introduzione dei punti di sospensione; gli effetti, i riflessi intimi, le sensazioni, gli stati emotivi che il titolo suggerisce sono rimandati, dislocati all'interno dello svolgersi del testo che segue. Quei punti di sospensione significano l'invito a cercare un senso ulteriore rispetto alla sola determinazione referenziale del sostantivo, significano che la sola parola nel titolo non è sufficiente per comprendere il messaggio che il poeta vuole porgere ai suoi lettori; la sensazione uditiva che questo titolo suggerisce è solo un ingresso in un mondo più profondo e oscuro, sia per il poeta che per il lettore, in cui i sensi devono sapersi confondere in un'esperienza che li trascenda. L'incipit del testo presenta una formula introduttiva speculare a quella del titolo; si trova infatti ancora la coppia formata dall'articolo indeterminativo e da un sostantivo, ma in questo caso si appalesa una presenza umana, femminile, corporea. Anche l'effetto della formula reticente non è assimilabile del tutto con quella del titolo; lì, infatti, la presenza dei punti di sospensione giocava un ruolo straniante rispetto al modulo consueto di presentazione del titolo (su un totale di 156 titoli di componimenti in Myricae soltanto in due casi sono presenti segni di punteggiatura nel titolo, per altro in due componimeti contigui Dopo? e Un

rumore..., mentre l'uso della coppia articolo più sostantivo è largamente utilizzata, circa 50 occorrenze), mentre in questo caso si sfrutta l'effetto più classico della struttura reticente, per cui l'incipit resta grammaticalmente del tutto sconnesso dal resto del testo. All'introduzione di quel 'una fanciulla...' segue un discorso sintatticamente del tutto scollegato che, attraverso l'introduzione di un nuovo soggetto e di un nuovo sintagma nominale ridefinisce tutta la costruzione logica della frase, attraverso un nuovo polo tematico ('la tua mano')su cui il periodo si impernia. L'uso di un articolo determinativo e l'introduzione dell'aggettivo possessivo, sono due forme che chiamano in prima persona una presenza all'interno della costruzione del testo: una presenza indistinta e non specificata ancora. A questa lettura del primo verso di Un rumore... si oppone però il seguito della strofa, che si conclude col verso 'gli occhi cercano intorno una parola': a quale parola si riferisce il poeta? L'ipotesi più plausibile è quella che la ricerca della parola non sia altro che un invito a intraprendere quel percorso inferenziale utile a colmare la brusca interruzione dell'incipit della poesia un elemento che la voce lirica ha taciuto, facendosi reticente. La terza strofa presenta più di una inserzione di punti sospensivi, anche questi evocativi di sensazioni ed atteggiamenti che determinano effetti di reticenza sfumati e dissimili fra loro. Il primo caso ('un rumore...') ripropone la formula del titolo, il lettore è portato a riconsiderare tutto il testo che, ora, sembra dover svelare quell'atmosfera di mistero e attesa che il titolo evocava senza spiegare. Qui l'azione suggerita al lettore è molto vicina a quella della pura operazione di colmatura del segmento testuale reticente, egli infatti ha ora elementi per definire la propria aspettativa grazie al ricorso di quello che nel titolo non poteva che essere un invito ad affidarsi al testo, ma che ora interroga il lettore sulla possibile ricostruzione del senso della poesia che sta leggendo. Il riferimento continuo ad un 'tu' che non viene mai individuato stabilmente rende tutto il testo ancora ampiamente ambiguo rispetto all'intenzione del poeta di riferirsi a se stesso (con un uso universalizzato della seconda persona singolare), al lettore (in una sorta di dialogo che rende entrambi presenti alla visione della scena) ad un ulteriore presenza non individuabile con cui il poeta è in dialogo. Nel secondo caso ('un

piede dondola... Che cosa?/Nulla: un tarlo, un brandir lieve di porta...') l'effetto di prossimità far il poeta e la scena che viene componendosi nel testo è rafforzata da una resa simultanea degli avvenimenti in cui la natura dialogica dello scambio è rafforzata dalla coppia domanda-risposta. L'inserzione della frase interrogativa riproduce la vera e propria intrusione della voce lirica dentro la situazione, lasciando il periodo precedente incompleto, mentre i punti di sospensione a fine verso amplificano l'attesa per la conclusione in cui potrebbe svelarsi tutta la protratta ambiguità del testo. Nell'ultimo verso, infatti, l'ultimo inserto sospensivo ('mamma dorme, e sogna... che sei sposa.') rimanda ulteriormente quella che rappresenta la chiave interpretativa di tutto il componimento, ovvero l'identificazione del tu che per tutto il testo era rimasto taciuto con la fanciulla che, all'inizio del componimento era stata evocata e poi, apparentemente, abbandonata. Alla luce dell'ultimo verso è chiaro che tutto ciò che viene descritto nella poesia è da riferire a quella fanciulla e che il testo, interamente, rappresenta una parentesi emotiva nell'atto contemplativo del poeta verso quella fanciulla. La presenza tanto insistente di forme reticenti ha rimandato fino alla conclusione l'identificazione della situazione che fornisce gli elementi di innesco del processo creativo, agendo sulla tensione fra le ricostruzioni del lettore e le marche formali che, disseminate nel testo, l'hanno guidato. Anche in questo caso le strutture testuali che evidentemente rimandato a procedimenti reticenti rivestono un rilievo che fuoriesce dal puro fatto grammaticale investendo tutta la globalità del testo.

Tutte le procedure prese in esame rappresentano esempi delle forme della brevità e della reticenza, i loro effetti determinano i modi in cui la brevità agisce sul processo ermeneutico. Come conclusione a questa analisi pare utile sottolineare come la brevità, per come è stata presentata, non può essere confusa con una misura quantitativa di lunghezza o qualitativa di semplicità dei testi poetici. Non è possibile considerare la brevità come una quantità, poiché le forme di soppressione sono presenti a tutti i livelli di determinazione del significato, in testi brevi come in testi lunghi, in strutture sintattiche minime come in testi sintatticamente ampli; non è possibile considerare la brevità come

una qualità dei testi che miri alla semplificazione dei testi poetici, poiché la soppressione dei determinanti logici e dei segnali di coesione aprono al lettore percorsi ermeneutici di maggior libertà, percorsi che svincolano il testo dai lacci normativi della lingua e ampliano le possibili ricostruzioni da parte del lettore, poggiando sulla complessità che costituisce la testualità.