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2. Retorica e lettura: un esempio storico

2.1 Stampa e lettura

Questo approfondimento sul XVI e XVII secolo vuole esemplificare una relazione fra retorica e discorso letterario e, unitamente, fra sensibilità verso i lettori e l'effettivo pubblico delle opere letterarie. La stampa a caratteri mobili, apparsa in Europa a metà dal Quattrocento, ha rappresentato una delle innovazioni tecnologiche più importanti della modernità e la sua diffusione ha posto le basi per una nuova definizione del concetto di cultura. La stampa ha permesso al libro di diventare un oggetto di uso e consultazione quotidiana, un oggetto che, oggi, rischia di ottenere maggiore considerazione proprio come

oggetto decorativo che come strumento di diffusione culturale, ma questo non vale per il tempo in cui i libri a stampa iniziarono e circolare nelle città, nelle abitazioni e nelle corti. Che il Medioevo non pensasse al libro come ad un oggetto di diffusione culturale, ma come ad un oggetto di conservazione della cultura, il cui uso dovesse essere sottratto alla società civile e relegato in luoghi poco accessibili, sotto il controllo di pochi custodi dediti allo studio e alla ricopiatura (che spesso diveniva modifica, censura, fraintendimento, occultamento), è ormai conoscenza condivisa. Però, come ha ricordato Ivan Illich nel suo libro Nella vigna del testo, il passaggio del libro manoscritto a testo a stampa può essere letto come un processo in continuità con alcune delle tendenze culturali presenti fra XII e XIII secolo, che l'avvento delle possibilità meccanica della stampa ha esaltato.

«La pagina divenne un testo libresco, quest'ultimo modellò la mentalità scolastica, e il rapporto testo-mente fu per la cultura della stampa un fondamento altrettanto necessario quanto la trascrizione alfabetica lo era stata per la cultura letteraria e filosofica nella Grecia antica. É questo un punto di vista che non è ancora stato sostenuto [...]; che sia stata una rivoluzione scribale a creare l'oggetto che tre secoli dopo, sarebbe stato consegnato alla stampa. [...] La materializzazione dell'astrazione nella forma del testo libresco si può considerare la metafora-chiave latente che conferisce unità allo spazio mentale di questo lungo periodo, che potremmo chiamare “epoca delle università” o “epoca della lettura libresca”. Con l'invenzione e la diffusione della stampa , questa èra del libro – iniziata nel XIII secolo con la creazione del testo libresco – assume una serie di caratteristiche aggiuntive che fanno del testo libresco, inteso come metafora-base, un possente elemento determinante di una nuova visione del mondo».49

Alla diffusione dei primi libri a stampa, il legame fra la cultura e il sapere religioso è ancora molto stretta, la Chiesa di Roma, il Sacro Impero

Germanico, la Spagna sono le monarchie che hanno un progetto culturale radicato e funzionante già da secoli, in questo contesto la nuova tecnologia di riproduzione del libro resta funzionale al rafforzamento di un tale progetto culturale. Sono invece alcune aree periferiche alla ricerca di autonomia politica quelle in cui la stampa diviene il motore di un'azione che accelera verso un ampliamento del dominio culturale che comprenda i temi laici e civili riscoperti grazie al lavoro dei filologi umanisti. Le regioni italiane del centro nord e le Fiandre, che si arricchiscono sul piano economico e che si strutturano come entità politiche in forme ibride di governi oligarchici, repubblicani e signorili, puntano sulla rottura con gli schemi culturali medievali e appoggiano gli studi, le produzioni e lo scambio di nuove esperienze culturali. Non a caso Venezia, lo stato in cui maggiori sono la floridezza economica e la libertà politica dalla Curia romana, allenata da tempo alla cura del dibattito civile e all'esercizio del governo repubblicano, diviene uno dei centri europei più importanti per la stampa di libri antichi e moderni. «Quasi un quarto dei volumi usciti dalle tipografie europee fra il 1495 e il 1497 proviene da Venezia, la cui produzione giunge nel corso del Cinquecento a 15000 titoli, con una media di 150 all'anno, ossia di uno ogni due giorni»50, un primato che già alla fine del Cinquecento

viene intaccato e si sposta dall'Italia, sotto un controllo sempre più ferreo delle autorità ecclesiastiche dopo le rigidità delle norme che il concilio di Trento promulga in tema di proibizioni e restrizioni sulla libertà di stampa, si sposta nel nord Europa, in tutte quelle terre che accolgono le tesi riformata di Lutero e Calvino e che fondano i propri ordinamenti politici sulla difesa della libertà di stampa e opinione. Soltanto nel Cinquecento inoltrato (lo segnalano i numeri di libri stampati ricordati sopra) la stampa diviene uno strumento che incide significativamente sulle abitudini della vita quotidiana, il numero dei libri che circolano in Europa subisce un incremento notevole.

La mole di libri in circolazione, però, non corrisponde ad una crescita esponenziale del numero dei lettori, soprattutto non si estende verso le classi basse della società. Gli ostacoli ad un ampliamento del numero dei lettori sono

50 Paul Renacci, «L'arte barocca», in Storia d'Italia Einaudi, Einaudi, Torino, 1974, vol. 3, pag. 1270

ben comprensibili se si riflette sulla situazione che si viene a determinare in Europa proprio durante il secolo “libresco” per eccellenza: carestie e guerre di religione, epidemie di peste e ripetute crisi economiche, sono gli eventi che dominano il secolo e che portano ad una divaricazione sociale sempre più netta fra le classi nobiliari e il popolo. Il Seicento, dal punto di vista dell'evoluzione sociale, è un secolo dominato dal rafforzamento delle strutture statali in senso assolutistico e della creazione delle grandi corti nazionali in cui la nobiltà, parassita delle ricchezze dei sovrani, vive un agio e uno sfarzo non di proprietà propria, ma concesso dal potere statale, ovvero dal Re. La situazione politica e sociale giustifica un incremento del numero dei fruitori della cultura, ma con dei vincoli forti che non possono lasciare alcun dubbio sulla natura ancora elitaria e circoscritta del pubblico dei lettori. In primo luogo sussiste ancora il limite legato al tasso di analfabetismo che riguarda essenzialmente la stragrande maggioranza della popolazione europea e, in secondo luogo, la lingua di diffusione delle opere erudite che resta il latino. Infatti, se le lingue romanze e volgari si sono sviluppate soprattutto nella produzione letteraria, il latino resta comunque la lingua di comunicazione degli studiosi e delle accademie, degli scienziati e dei filosofi. É possibile sostenere che l'ampliamento più significativo del pubblico, in questo periodo storico, è un ampliamento che coinvolge opere e lettori di lingua volgare, mentre le opere scritte in latino restano appannaggio del pubblico degli scienziati e degli eruditi; i 'nuovi' lettori fanno spesso sfoggio di una ricca gamma di citazioni da opere latine, ma non possiedono gli strumenti per appropriarsi effettivamente dei testi scritti in quella lingua. Questa supposizione è sostenuta dai contenuti e dai temi di cui si occupano la maggior parte dei libri stampati in lingua nazionale nel Seicento: la letteratura, la manualistica, la precettistica del periodo si occupa in modo debordante di tutte quelle attività e di quelle sensibilità che «sembrano illustrare il gusto dell'epoca per le attività aristocratiche (la guerra, la caccia, la scherma, l'equitazione), [...] per i simboli di metamorfosi (l'acqua, la fenice) e di pompa (il pavone, gli ornamenti dell'eloquenza e dell'architettura), per i diversi prodigi

della natura e dell'artificio».51

L'imporsi del libro come oggetto e medium della comunicazione letteraria opererà verso una progressiva consapevolezza dell'autonomia dell'oggetto artistico dalle forme tradizionali. L'introduzione della stampa, prima, e le possibilità della riproducibilità tecnica, a partire dal XIX secolo, muteranno lo statuto stesso della scrittura poetica. La frammentazione delle forme e dei modi del testo poetico non potranno più avvalersi del repertorio condiviso della tradizione e troveranno nella materica stabilità del testo l'aggancio essenziale per la scrittura in versi.