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Wine business e Millennials: verso un modello ad hoc di customer engagement marketing Come più sopra anticipato, il primo obiettivo del lavoro è proporre un modello di customer

Strategie di customer engagement marketing.

4. Wine business e Millennials: verso un modello ad hoc di customer engagement marketing Come più sopra anticipato, il primo obiettivo del lavoro è proporre un modello di customer

engagement marketing specifico per il wine business e high compliant per il cluster dei millennials.

Il modello in discorso, dunque, pur potendosi adattare ad altri cluster di consumatori (oppure ad altri settori) presenta un elevato grado di specificità con l’ambito problematico del wine business e con lo S.T.I.L.E. Millennials (Capeci, 2014) che sintetizza il profilo comportamentale di questo target che appare orientato a S.ocializzare e condividere ogni fenomeno, con un approccio alla ricerca e all’apprezzamento della autenticità e della T.rasparenza di persone e organizzazioni.

Una coorte generazionale contraddistinta altresì da una spiccata attitudine a vivere l’hic et

nunc, portatrice di pretesa di I.mmediatezza nelle risposte alle proprie aspettative cui si affianca il

valore primario della L.ibertà dell’individuo, che rimpiazza le ideologie centrate su costrutti sociali ‘collettivi’, cui si sono ispirate le generazioni precedenti, in particolare i Baby Boomers. Questo valore porta il consumatore ad utilizzare i prodotti quali strumenti di conferma e di comunicazione del proprio personale e irripetibile life-style. Infine, un orientamento verso la ricchezza del fattore

E.sperienza in ciascun ambito del loro agire quotidiano, il desiderio di sperimentare nuove forme di

intrattenimento, di interazione, di coinvolgimento dal di dentro delle cose.

Il successo a lungo termine di una strategia di customer engagement marketing focalizzata sulla coorte dei Millennials dipende dalla sua concreta capacità di fare leva su questi fattori, per tanti versi favorevoli, inducendo una spontanea trasformazione da destinatari passivi della value

proposition aziendale a contributori attivi della stessa (Kumar, 2013).

L’obiettivo intermedio è creare forti connessioni emozionali (Robinette et al., 2002) in grado di alimentare un sentimento di impegno proattivo verso la marca (Nowak et al., 2006) puntando a conquistare una ‘share of heart’ (Day, 1989) che farà poi da solida base sulla quale implementare i successivi obiettivi di marketing: accrescere il livello di customer commitment e implementare il

brand equity. Il commitment è definibile come la consapevolezza da parte del consumatore che vale

la pena investire tempo, energia e denaro nella costruzione di un legame di appartenenza verso la marca, orientato al lungo termine (Hirshmann and Holbrook, 1982; Sharma and Patterson, 2000). D’intesa con Aaker (1991, 1996), il brand equity è un concetto poli-dimensionale in grado di inglobarne numerosi altri, quali fattori esplicativi: la notorietà di marca, l’immagine di marca e il posizionamento percepito, il livello di fidelizzazione, il profilo valoriale della marca e l’attitudine dei consumatori verso la marca (Orth et al., 2005).

L’engagement del cliente si attiva superando il livello di ‘satisfied customer’ e raggiungendo quello che è stato efficacemente definito come ‘delighted customer’ (Keiningham et al, 1999). Fino a quando il livello di customer satisfaction rientra all’interno di una certa zona di tolleranza, le differenze registrate tra una marca e l’altra non producono cambiamenti significativi nel comportamento del consumatore e non innescano meccanismi di engagement. Il superamento del limite superiore della zona di tolleranza può invece innescare l’attivo coinvolgimento del consumatore. La necessità di puntare a questo tipo di intensa connessione emozionale con il cliente consente una prima e sostanziale scelta nell’ambito del modello di customer engagement marketing. Deve trattarsi di un modello esperienziale e non task-based oriented, orientato ad una forma di coinvolgimento non guidata dall’azienda, non compiutamente strutturata, né compiutamente strutturabile. Per affinare ulteriormente il profilo emozionale della intensa connessione che occorre costruire e mantenere viva nel tempo è di grande utilità il contributo di Richins (1997) che, partendo dalla PAD Scale (Pleasure-Arousal-Dominance) messa a punto da Mehrabian e Russel (1974) e dal pionieristico lavoro di definizione delle emozioni di Plutchik (1980), propone una categorizzazione delle emozioni consumo-correlate individuando 17 insiemi. Nell’ambito di tale consumption

TRACK -CONOSCERE IL CLIENTE PER RICERCARNE L’ENGAGEMENT

emotions set, riteniamo che l’attivazione di un livello spontaneo di engagement da parte del cluster

dei Millennials sia connesso agli stati emotivi definiti come: joyful, delighted, excited, thrilled e

enthusiastic (fig. 5).

Fig. 5: Le emozioni correlate al consumo

Frustrated Scared Calm

Angry Afraid Peaceful

Irritated Panicky Contented

Annoyed Threatened Fulfilled

Aggravated Frightned Optimistic

Upset Alarmed Encouraged

Mad Furious Embarrassed Hopeful

Unfulfilled Ashamed Happy

Discontented Humiliated Pleased

Nervous Envious Joyful

Worried Jealous Good

Tense Lonely Delighted

Concerned Homesick Cheerful

Uneasy Sexy Excited

Depressed Romantic Thrilled

Sad Passionate Enthusiastic

Miserable Loving Surprised

Bad Sentimental Amazed

Hopeless Warm hearted Astonished

Defeated Caring Compassionate Tender Love Peacefulness Contentment Optimism Surprise Excitement Joy Anger Worry Discontent Sadness Fear Shame Envy Loneliness Romantic love

Fonte: ns. adattamento da Richins (1997).

È possibile a questo punto introdurre il modello di customer engagement marketing orientato allo S.T.I.L.E. Millennials nel wine business (fig. 6).

Fig. 6: Un modello di customer engagement marketing

Fonte: ns. elaborazione

Il modello proposto è articolato su tre layers. Alla base vi sono le fondazioni: product quality e

fair pricing; ad uno strato intermedio vi è tutta l’attività di empowering dei customer contact employees; lo strato superiore è composto da cinque ambiti di implementazione della customer engagement strategy al cui centro vi è la wine tasting experience.

Gli altri livelli sono: le azioni volte a creare un senso di appartenenza, le azioni volte ad implementare la conoscenza specifica, le azioni di gestione delle informazioni (CRM) e quelle tese a connotare la marca in termini di uno specifico life-style.

In quel che segue ci soffermeremo per ulteriori considerazione di approfondimento sullo strato intermedio e su quello superiore.

Come anticipato, elemento focale del modello è l’azione di re-design della wine tasting

experience (E). Seguendo l’impostazione originariamente data da Pine e Gilmore (1998), il Millennial wine customer è definibile come un ‘buyer of experiences’ e, in particolare, risulta

particolarmente sensibile ad esperienze ad alta partecipazione ed alta immersività, esperienze definite come ‘escapist experiences’.

L’esperienza del wine tasting è un processo dinamico, multisensoriale per definizione, che evolve nel tempo e nello spazio. È possibile ed opportuno mettere a punto tanti processi di user

experience re-design quanti sono i teatri (le possibili location alternative) nei quali l’esperienza sarà

ambientata, ponendo particolare enfasi a quelli a maggior partecipazione/immersione: wine

dinner/wine tasting esterni alla cantina (ad esempio presso importanti ristoranti, oppure presso lo

stand fieristico dell’azienda, o durante la partecipazione ad un contest internazionale, etc.) e wine

dinner/wine tasting interni alla cantina/vigna (organizzati in occasione delle visite spontanee dei

clienti, oppure in occasione della presentazione di nuovi vini e/o nuove annate, ovvero durante eventi particolari organizzati in cantina/vigna). A queste location si vanno sempre più spesso aggiungendo le strutture ricettive - quasi sempre interne alle tenute agricole - nella cui realizzazione le aziende del comparto stanno significativamente investendo per integrare e rendere sinergiche la

wine tasting experience con una tourist experience focalizzata sul tema del vino.

In ogni caso, l’esperienza va ridisegnata con un approccio zero based, tenendo presente che essa comincia prima della degustazione (ad esempio con la progettazione, la realizzazione e la diffusione del necessario supporto informativo, spesso multilingua; la gestione della logistica degli ospiti, l’accoglienza, etc.), prosegue durante il tasting (con la progettazione di tutte le componenti

hardware e software della sala, dalla predisposizione delle tovagliette, alla scelta dei bicchieri,

dall’ideazione del wine pairing alla scelta dei sommelier, etc.) e si protrae anche successivamente alla sua conclusione (ad esempio, con l’invio di materiale informativo di approfondimento, la realizzazione di spazi digitali, aperti o chiusi, nei quali far proseguire l’evento, etc.).

L’obiettivo del re-design della wine experience è implementare tutte le possibili sinergie tra i diversi momenti in cui è articolata l’esperienza. Dal punto di vista del cliente (guest), la finalità è potenziare la personalizzazione dell’esperienza, vettore di trasferimento dell’importanza del singolo ospite per l’azienda, e massimizzare la probabilità che intervenga quella modifica cognitiva e percettiva del rapporto tra lui e la marca, che è alla base dell’engagement. Dal punto di vista dell’azienda, il re-design deve consentire di aumentare il livello di engagement e, allo stesso tempo, di migliorare il monitoraggio e la misurazione dell’efficacia dell’esperienza per poter attivare, dopo la discontinuità rappresentata dal re-design, processi di miglioramento incrementale (kaizen).

Sempre nel layer superiore, gli ulteriori ambiti di implementazione della customer engagement

strategy sono:

 (S - Socializzazione). Al fine di soddisfare il bisogno si socializzare l’esperienza vanno progettate e sviluppate azioni volte a creare un senso di appartenenza, di far parte di una comunità nella quale sentirsi riconosciuti e apprezzati individualmente, un vero e proprio “sense of belonging and cameraderie, a sense of being like family” (Nowak et al., 2006). In quest’ambito rientrano, ad esempio, le iniziative di creazione di wine club ai cui membri sono riservate opportunità speciali, se non uniche: poter acquistare bottiglie rare e da collezione, poter partecipare alle anteprime di presentazione delle nuove annate, poter beneficiare di inviti esclusivi, non di rado gratuiti, ai momenti di visibilità internazionale dell’azienda che sono prossimi al proprio luogo di residenza, poter personalizzare le etichette dei propri vini preferiti, etc.

 (T - Trasparenza). Al fine di incrementare il livello di trasparenza verso le attività aziendali e, dunque, il senso di autenticità percepito dal cliente vanno ideate e realizzate azioni volte ad implementare la conoscenza specifica da parte dei clienti su una ampia serie di temi tra i quali: le metodiche di allevamento della vite utilizzate in vigna; i metodi di adattamento dei vitigni ai suoli, con riferimento ai progetti di zonazione e/o alle metodiche di viticoltura di precisione; le

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azioni di rispetto della biodiversità; l’utilizzo delle risorse naturali, con particolare riferimento a quelle idriche; le attività di vinificazione e quelle di affinamento dei vini; il tipo di tappo utilizzato; il consumo di energia elettrica e l’eventuale produzione diretta di energia da fonti rinnovabili; la produzione e la gestione di rifiuti con particolare riferimento al vetro; le certificazioni detenute dall’azienda, con particolare riferimento a quelle connesse all’impatto ambientale e alla sicurezza dei propri collaboratori; etc. Il cluster dei Millennials mostra particolare interesse verso questo tipo di tematiche, nonostante lo spiccato contenuto tecnico.  (I - Immediatezza). Rispetto a questo ambito di azione risulta strategico potenziare il sistema

informativo aziendale con specifiche applicazioni di knowledge management orientate alla gestione delle informazioni relative ai clienti, con particolare riferimento alle tecnologie di database marketing e di Customer Relationship Management (CRM). Questo tipo di azioni, attraverso la condivisione delle informazioni sui clienti tra le varie aree dell’azienda oltre quella più strettamente commerciale, riduce i tempi di presa in carico delle richieste e di generazione delle risposte. D’altra parte, specie per quelle aziende che ancora non hanno una visione diretta sui propri clienti finali (perché focalizzate sui clienti intermedi, come importatori, distributori, ristoranti ed enoteche, in una logica B2B) questo tipo di azioni - integrando verticalmente le informazioni lungo il canale distributivo - innescano un essenziale processo di apprendimento circa le reali dinamiche di acquisto e di consumo.

 (L - Libertà e Life-style). Il vino per i Millennials è un prodotto dal grande potenziale mediatico perché esperito in contesti di grande visibilità sociale. La marca dunque diventa un cliché identitario, un’estensione individuale in grado di comunicare, confermando e rinforzando, la propria costruzione di sé agli altri. Questo suggerisce alle aziende di lavorare all’ideazione e alla realizzazione di programmi di marketing tali da connotare la marca in termini di uno specifico life-style. Come accade già in altri settori, si assiste anche nel vino ad una sorta di personalizzazione della marca, assai spesso traslata dal vigneron ai suoi vini.

I cinque ambiti del primo layer del modello di customer engagement proposto poggiano su uno strato inferiore che rappresenta un abilitatore di essenziale importanza: la formazione del personale interno che svolge funzioni di contatto con i clienti. Ogni interazione tra l’azienda ed un cliente è un potenziale momento di danneggiamento o di rottura della relazione e, al tempo stesso, il personale di contatto rappresenta la chiave principale di veicolazione delle emozioni insite nell’interazione. Sono essenziali sia le azioni tese a trasferire al personale di contatto la piena consapevolezza della valenza strategica del loro ruolo, sia quelle tese ad un continuo empowerment di queste risorse umane che richiede percorsi formativi sempre più lontani dal set di conoscenze, competenze e capacità tradizionalmente presidiato: dai corsi di lingue straniere, a quelli di telemarketing, dal

public speaking all’analisi transazionale. Ciascun collaboratore aziendale ha su di sé l’onere di non

trasferire al cliente con cui entra in contatto la sensazione di essere uno dei tanti, uno come tanti, non riconosciuto individualmente e, dunque, non apprezzato da parte dell’azienda.