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La Calabria nella rappresentazione degli intervistati: la politica, l’economia e la società nel contesto regionale

Occupati per attività economica: dati nazional

6.2 La Calabria nella rappresentazione degli intervistati: la politica, l’economia e la società nel contesto regionale

Alla richiesta d’indicare i principali ostacoli allo sviluppo della Regione, le risposte più frequentemente raccolte tra gli intervistati in Calabria spaziano dalla mancanza di legalità, alle inefficienze della pubblica amministrazione, dai carenti investimenti in innovazione, alla ‘ndrangheta, alla scarsa apertura ai mercati esterni, la bassa internazionalizzazione delle imprese calabresi, la classe politica locale e regionale («i politici contano nel sottosviluppo più che nello sviluppo»1007), l’isolamento della Regione dal punto fisico, economico e culturale. Un’analisi retrospettiva dei principali indicatori economici e sociali regionali mostrano, nell’ultima decade, un peggioramento delle condizioni generali: la Calabria è stabilmente ancorata agli ultimi posti delle graduatorie nazionali per prodotto interno lordo, per reddito pro-capite, per livello di esportazioni, per tasso di occupazione, mentre è in vetta alle graduatorie regionali per disoccupazione, per lavoro nero e sommerso, per l’eccessiva pressione fiscale operata sui redditi dei lavoratori e delle famiglie, per episodi di criminalità, emigrazione1008. A causa dei consistenti flussi migratori la Calabria, pur avendo un tasso di natalità comparativamente più elevato di molte altre aree del paese, subisce un processo d’invecchiamento della popolazione piuttosto rapido. «E in più tale processo d’invecchiamento della comunità calabrese avviene in presenza di un esodo costante di giovani laureati e diplomati»1009. I pensionati, e la struttura familiare più in generale, costituiscono il principale ammortizzatore sociale per i giovani, che consente in parte di allentare le condizioni di disagio sociale connesse all’elevata disoccupazione giovanile. Già questi pochi dati danno una rappresentazione di un fallimento della politica e delle massime istituzioni regionali nei compiti di governo e di costruzione di percorsi di sviluppo. Non ultima la Calabria, come le altre Regioni meridionali (società largamente dipendenti dai finanziamenti statali), ha subito i contraccolpi connessi al risanamento della finanza pubblica, alla crisi dei segmenti industriali tradizionali, alla riduzione degli appalti pubblici, dei trasferimenti1010. I tassi occupazionali e gli indici produttivi hanno

1007 Intervista al Dott. Callipo, Presidente di Confindustria Calabria.

1008 Secondo il più recente Rapporto Svimez, nell’ultimo anno 270.000 meridionali, in linea di

massima giovani sotto i 30 anni diplomati o laureati, si sono trasferiti in cerca di occupazione nelle Regioni Centro-Settentrionali. Numeri che si attestano su quelli degli anni Sessanta, sfiorando il record del biennio 1961-1963, quando ogni anno 295.000 meridionali approdavano nelle Regioni italiane industrializzate alla ricerca di nuove opportunità. Tali flussi tuttavia riducono la pressione sul mercato del lavoro e denotano una mobilità che appare un tangibile segno di cambiamento delle aspettative connesse all’impiego pubblico e all’assistenzialismo che per decenni hanno frenato il potenziale di sviluppo meridionale, alimentando tensioni sociali e risultando funzionale al reclutamento della criminalità.

1009 Intervista al Dott. Castagna, Segretario Regionale UIL Calabria.

1010 La media pro capite di investimenti pubblici nel triennio 1999-2002 si è attestata a 609 € per i

residenti nel Mezzogiorno, il 14% in meno di quanto speso, a livello pro capite, per i residenti nel Centro-Nord. Nel medesimo triennio la spesa pro capite per i regimi di aiuto al Sud è stata pari a 447 €, contro i 330 del Centro-Nord.

dapprima risentito negativamente di tale situazione congiunturale. Poi i segnali di ripresa si sono moltiplicati: l’economia ha intrapreso un trend di crescita, con performance migliori rispetto la media nazionale. La congiuntura positiva che sembrava profilarsi all’orizzonte, tuttavia, non si è consolidata nel tempo. Sono piuttosto ricomparse dinamiche sociopolitiche controverse, che hanno impedito di creare un costruttivo clima di fiducia. In aggiunta a ciò, le politiche deputate a correggere gli squilibri territoriali continuano a produrre risultati largamente insufficienti. Di queste, una quota notevole è indirizzata ai trasferimenti in conto capitale, sottoforma d’incentivi per le imprese, mentre limitata risulta la quota indirizzata agli investimenti pubblici, sebbene da tempo venga segnalata da più parti la necessità di ridurre i primi a favore degli investimenti in ricerca, istruzione, trasporti, infrastrutture, ecc. I consistenti investimenti industriali non hanno prodotto gli sperati effetti di trascinamento, mentre la piccola industria generalmente non ha attecchito a causa della mancanza di un adeguato contesto istituzionale, basato sullo stock relazionale e fiduciario che ha decretato il successo dei distretti industriali settentrionali1011. Data la ristrettezza dei circuiti cooperativi1012, nel Sud e in Calabria le aziende di piccole dimensioni a gestione familiare hanno dominato uno scenario produttivo puntiforme, connotato da isolamento, affetto da nanismo, incapace di accedere ai benefici del mercato globale, condannato però a subirne la concorrenza. La dotazione di capitale relazionale e fiduciario, pur presente al Sud, è stata orientata al mercato politico, favorendo la crescita di una microimprenditorialità politicizzata o criminale, ma non adeguatamente sfruttato per guadagnare terreno sul fronte della competitività del sistema produttivo. «Basti pensare all’esportazioni: questa è una Regione che incide sull’esportazione nazionale per lo 0,1%, cioè come una media industria del nord-est»1013. I meccanismi della libera concorrenza sono distorti dalle appartenenze, la meritocrazia completamente soffocata dalle logiche clientelari. Il mondo dell’impresa calabrese, nella diagnosi di molti intervistati, ha ormai perso lo spirito imprenditoriale che, pur non avendo mai completamente assimilato, cercava di acquisire. Il mondo imprenditoriale calabrese soffre di una debolezza quantitativa e di una limitatezza qualitativa, dovuta alla fragilità del contesto economico regionale, alla micro dimensione delle imprese spesso sottocapitalizzate, alla frammentazione e all’isolamento dell’apparato produttivo. Solo negli anni più recenti sono emersi percorsi indirizzati alla creazione di consorzi, di reti, di cooperazione tra imprese. Le azioni sinergiche di collaborazione sono tese a compensare almeno parzialmente le diseconomie di scala che rendono la struttura di costo delle aziende calabresi poco competitiva sui mercati.

La classe imprenditoriale locale non solo non è protagonista, ma non è neanche partecipe degli scenari aperti dalla new economy, dalla globalizzazione, processi subiti piuttosto passivamente. L’incapacità di inserirsi negli scenari produttivi aperti alla rapida innovazione tecnologica e l’impreparazione sul fronte della ricerca e sviluppo relegano le aziende locali ad un ruolo subalterno nel segmento costituito dalle attività a maggiore valore aggiunto e nei settori di punta dell’economia attuale. Alle criticità puramente economiche vanno aggiunte le

1011 I distretti industriali sono diffusi in 17 Regioni. La Calabria, con la Valle d’Aosta e la Liguria, sono

le uniche aree del paese prive di strutture distrettuali mentre, tra quelle maggiormente distrettualizzate, spiccano la Lombardia e le Marche, entrambe con 27 distretti, ossia il 17,3% del totale nazionale. Fonte: Istat – 8° Censimento generale dell’industria e dei servizi.

1012 Le tre strade individuate Fukuyama per l’attivazione di processi cooperativi (la famiglia e la

parentela, le associazioni volontarie esterne al gruppo parentale, lo Stato) sono correlate ad altrettante tipologie d’aziende. Cfr.: Fukuyama F., op. cit., 1997.

difficoltà derivanti dal contesto politico, sociale e burocratico calabrese, un complesso di elementi che rendono decisamente complicato l’attecchimento di attività imprenditoriali nel contesto regionale. «Fare l’imprenditore in Calabria è per questo 20-30 volte più difficile che farlo nel Nord del paese. L’impresa può fare poco per evitare questa situazione di stallo. La politica in questo potrebbe intervenire, perché potrebbe rimuovere questo tipo di problemi»1014. Spesso, la politica calabrese non solo non ha rimosso gli ostacoli allo sviluppo di una libera attività imprenditoriale, ma ha agito essa stessa da fattore frenante. Le politiche assistenzialistiche e la spesa pubblica nelle varie forme hanno foraggiato un’imprenditoria politica, cresciuta all’ombra e sotto la protezione, anche economica, del patrono politico di turno: «è il politico, non è l’imprenditore, che sceglie l’attività da intraprendere. È il politico che spesse volte condiziona fortemente l’avvio ma anche il futuro di un’azienda. Quindi questo è, a mio avviso, un elemento che va necessariamente cancellato. Bisogna che l’imprenditore si liberi da questa sorta di giogo molto negativo, molto limitativo. Non è possibile pensare che un’economia sia bloccata da questa sorta di magma costituito dalla politica, ne che la politica possa scegliere le attività imprenditoriali»1015. Il mondo imprenditoriale, sostengono diversi intervistati, ha il diritto-dovere di liberarsi dal giogo della politica, denunciato dagli stessi imprenditori che, aldilà dei proclami, cercano spesse volte la comoda protezione delle classi dirigenti politiche, con atteggiamenti conniventi finalizzati all’ottenimento di finanziamenti o contratti pubblici regolarmente assegnati agli appaltatori più vicini all’élite politiche, ai gruppi di potere. La distorsione dei meccanismi di libero mercato derivanti da tali atteggiamenti impediscono una selezione delle aziende basata sul criterio di efficienza. «La nostra è una Regione nella quale il pubblico è ancora dominante. La nostra è una Regione con molto poco privato, è una Regione che vive di tanti trasferimenti statali, anche in termini di capacità di spesa quasi tutto è legato al pubblico»1016. L’intero sistema economico calabrese, come quello di altre Regioni meridionali, orbita intorno al sostegno pubblico. «La spesa pubblica è l’elemento fondante per la circolazione economica regionale»1017. Da questa condizione deriva un assetto economico subalterno a quello politico, privo di una propria indipendenza. Riprendendo la concezione parsonsiana, si potrebbe affermare che in Calabria l’adattamento all’ambiente è una funzione espletata dal sottosistema politico e non da quello economico. Il sottodimensionamento quantitativo e funzionale di quest’ultima sfera ha reso la politica regionale orientata esclusivamente alla gestione della spesa pubblica, attraverso la quale ha alimentato le proprie clientele, un’attività conveniente sotto il profilo elettorale che ha sottratto attenzioni importanti alla funzione programmatoria e risorse agli investimenti produttivi1018. «Il politico che detiene le capacità discrezionali di profondere spesa pubblica, molto spesso se ne avvantaggia anche in modo diretto, creando imprese o favorendo quelle in cui, direttamente o indirettamente, è partecipe»1019. Nella rappresentazione fornita dagli intervistati dei rapporti tra classe politica e mondo imprenditoriale calabrese, prevalgono connivenze e zone d’ombra in cui avvengono scambi informali indirizzati al reciproco

1014 Intervista al Dott. Occhiuto, Vice-Presidente del Consiglio Regionale della Calabria.

1015 Intervista al Dott. Castagna, Segretario Regionale UIL Calabria.

1016 Intervista al Dott. Tramonti, Segretario Provinciale CISL Cosenza.

1017 Intervista all’On. Pignataro, ex Segretario Regionale CGIL.

1018 L’esempio più recente, in tal senso, quello del vicegovernatore della Nicola Adamo, indagato per

avere dirottato finanziamenti e conferito incarichi ad aziende dirette dalla consorte. Cfr.: Il Messaggero del 06/09/2006, Truffa, indagato il vicegovernatore della Calabria, p. 10.

soddisfacimento d’interessi particolaristici: «c’è sempre un rapporto basato su inciuci, tangenti e mazzette. C’è stato nella Prima Repubblica, c’è nella Seconda e si sarà anche nella Terza repubblica. Non è cambiato niente»1020. I meccanismi della concertazione e della governance potrebbero fornire una base normativa idonea a legittimare connivenze politico-imprenditoriali in uno scenario formalmente legale. Il retroterra culturale si presta, del resto, a simili distorsioni.

Il mantenimento di buoni rapporti con il mondo politico è un’esigenza dettata dalla necessità di sopravvivenza per le aziende calabresi. Ciò spinge a bypassare le regole, ad assumere comportamenti border-line, pur di ottenere finanziamenti. La strutturale fragilità del sistema imprenditoriale ha determinato quasi «il timore di uscire allo scoperto, di denunciare tali comportamenti, subendo così la concorrenza sleale di chi poi non fa impresa ma fa altro»1021. Interi comparti produttivi sono stati creati e mantenuti artificialmente in vita sul territorio regionale attraverso finanziamenti pubblici ed agevolazioni fiscali. Superati questi meccanismi d’incentivazione, tali «imprenditori senza scrupolo che sfruttano i vantaggi di alcune leggi, tipo la 488, abbandonano il territorio e se ne vanno lasciando nello sconforto i lavoratori e le loro famiglie»1022. Così, il divario economico che tradizionalmente ha separato il Sud dal resto del Paese non solo non è mai stato colmato, ma si è trasformato col tempo in un divario psicologico, in un complesso d’inferiorità nei confronti delle aree più progredite. Nelle rappresentazioni fornite dagli intervistati il Nord è usato come complemento di paragone positivo, per fornire un’immagine immediata degli standard di efficienza cui tendere. Tale frame potrebbe creare una pericolosa sindrome da sconfitta, facendo ritenere preventivamente destinata al fallimento, dato il contesto generale, qualsiasi azione implementata nel contesto meridionale, creando una profezia destinata ad autoavversarsi. In tal senso è emersa una visione dicotomica della realtà italiana, sintetizzata da due figure chiavi, l’imprenditore ed il politico, ancorate stabilmente a due differenti contesti territoriali, il Nord ed il Sud. Il Nord, efficiente e produttivo, è emblematicamente rappresentato dall’imprenditore, un soggetto con una forte identità e considerazione sociale, emancipato dalla politica. Il Sud, clientelare e dipendente, ha nel politico il suo punto di riferimento fondamentale, nel contempo causa e conseguenza dei mali che storicamente hanno frenato la crescita della società meridionale. «Al Nord se non sei un imprenditore non sei nessuno. In Calabria è il contrario: se non sei un politico non sei nessuno»1023. Da queste due figure, guida dei processi di modernizzazione dispiegatisi in tali assetti territoriali, derivano immagini speculari di politici ed imprenditori: quale conseguenza della forte caratterizzazione della classe imprenditoriale settentrionale, delle pressioni efficientiste della stessa, è emerso il profilo un politico sensibile alle esigenze dell’economia locale, ricettivo alle sollecitazioni provenienti dalla società civile. Dal politico meridionale, dalle sue caratteristiche, ha tratto origine una classe imprenditoriale dipendente e clientelare, alla costante ricerca di finanziamenti pubblici e di protezione politica, sintetizzata efficacemente nell’immagine del prenditore1024.

Le figura-guida della modernizzazione, l’imprenditore al Nord ed il politico al Sud, hanno strutturato universi socioculturali conformi ai rispettivi interessi, produttivistici o elettoralistici che fossero. In un contesto in cui la politica risulta

1020 Intervista al Dott. Callipo, Presidente di Confindustria Calabria.

1021 Intervista alla Dott.ssa Dodaro, imprenditrice.

1022 Intervista al Dott. Tramonti, Segretario Provinciale CISL Cosenza.

1023 Intervista alla Dott.ssa Dodaro, imprenditrice.