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LE PRIME ELEZIONI A SUFFRAGIO UNIVERSALE DIRETTO In questo capitolo si affronta la prima elezione diretta del Parlamento

2.2 Le campagne elettorali per il voto di giugno 1979.

La campagna elettorale per il suffragio universale europeo pose in tutti i Paesi la necessità di valutare attentamente gli argomenti da promuovere sia a favore che contro l’Europa. Gli attori politici nazionali non furono gli unici autori e protagonisti della propaganda politica, ricordiamo infatti che anche la CEE, a sua volta, portò avanti una campagna parallela, in grado di promuovere l’importanza delle elezioni.

Il primo passo da parte degli Stati membri fu, pertanto, quello di valutare il grado di convinzione nei confronti della novità e, in base a ciò, mettere insieme i temi da proporre per indirizzare gli orientamenti degli elettori. L’idea che le elezioni potessero rappresentare un progresso verso la riduzione di quel deficit democratico, presente nella struttura istituzionale europea, si sarebbe potuta concretizzare tenendo conto di una serie di fattori per nulla trascurabili. Il finanziamento della campagna elettorale192, il futuro che avrebbero avuto gli europarlamentari una volta eletti, il loro trattamento economico193, la loro posizione riguardo ai colleghi parlamentari nazionali, la dovuta attenzione nello scegliere liste di candidati “graditi” all’opinione pubblica, identificarono quelle caratteristiche legate all’idea di evitare una sorta di “punizione” da parte degli elettori, attraverso la mancata partecipazione al suffragio. Tale ipotesi rappresentava infatti un rischio scongiurabile mediante un’informazione adeguata e finalizzata a far comprendere che “con il voto europeo non si destabilizza immediatamente l’equilibrio politico-governativo interno (quindi niente avventure al buio),

191www.digilander.libero.it/covelli/felice/PROSPETTIVA COMPARATISTICA.html.

192 Polemiche sui fondi comunitari per le elezioni, “Il Popolo”, 18 ottobre 1978; State finance plan for European election, “The Guardian”, 1 novembre 1978; A Strasburgo protesta radicale per i finanziamenti elettorali, “Corriere

della Sera”, 17 gennaio 1979.

ma si possono invece dare ulteriori, salutari avvertimenti ai partiti politici”194: un’attenta analisi dei vantaggi/svantaggi, quindi, su quanto, ciò che sarebbe successo nel mese di giugno 1979, avrebbe comportato sia per il proprio Paese che per i diretti interessati e, cosa di non secondaria importanza, per la Comunità europea.

Mentre per le campagne elettorali nazionali la stessa valutazione si fermava agli attori politici e al contesto territoriale del proprio Paese, questa volta occorreva fare i conti con lo scenario sovranazionale, con il confronto e la ricerca di punti condivisi per portare avanti un’azione parlamentare comunitaria insieme a colleghi di altri Paesi, che seppur affini per ideologia politica, avrebbero comunque dimostrato differenze di approcci legate prevalentemente alla propria cultura195. Inoltre occorreva avere un’idea di quanto l’opinione pubblica ne sapesse a riguardo196 e quali fossero le tendenze verso il voto o l’astensione197. A questo proposito la stampa

rivolse molta attenzione agli orientamenti manifestati dai cittadini degli Stati membri a seguito di interviste, sondaggi e monitoraggi volti ad offrire uno spaccato di società in grado di delineare i contorni di una campagna elettorale nuova e articolata. Non solo quindi opinioni euroscettiche o filo europee, ma considerazioni su quanto importante fosse legittimare attraverso il voto dei cittadini il Parlamento europeo o, quanto al contrario ciò rivelasse una certa dose di apatia198. Il grado di interesse dimostrato da parte dell’opinione pubblica risultò variabile rispetto al Paese

194 A. Papisca, In che modo voteremo per l’Europa, “L’Europa”, anno XII n. 3, agosto 1978, pp. 5-16, in Id., 1979-2009 uso/abuso delle elezioni europee, Le speranze di 30 anni fa negli scritti europeistici di Antonio Papisca, cit., p.99. 195 D. Fertilio, La difficile intesa dei PS europei alla ricerca di una cultura che li accomuni, “Corriere della Sera”, 28 gennaio 1979.

196 P. Drouin, Parlamento si scomoda la storia?, “La Stampa”, 4 luglio 1978, a poco meno di un anno dalla data per le prime elezioni l’autore poneva l’attenzione su quanti cittadini avrebbero sentito l’importanza del voto europeo manifestando attraverso la propria partecipazione. “[…] Non si può fabbricare la storia con un invito al voto peggio ancora se sullo sfondo di lungaggini e ripensamenti. Bisognerà quindi inventare nuovi sogni per mobilitare le energie. Parte del compito spetta ai partiti politici per il posto occupato nelle rispettive scene nazionali e per la loro capacità di allargare gli orizzonti proposti agli elettori. […] Quando i partiti si sbranano, alla gente piace affidarsi ai sondaggi d’opinione”. Secondo i dati dell’Eurobarometro, “siamo dinnanzi ad una contraddizione: gli abitanti dei nostri Paesi appoggiano caldamente l’idea del parlamento diretto ma, all’atto pratico sembrano disinteressarsene”.

197 Ibidem, “Di media la metà degli elettori non si è ancora decisa a recarsi alle urne. Se si esamina la situazione Paese per Paese i cittadini che andranno sicuramente a votare si ripartiscono così: 67% Italia, 62% Olanda, 56% Francia e Irlanda, 50% Danimarca, Regno Unito e Lussemburgo, 37 % nel Belgio (dove il voto è obbligatorio), appena il 31% nella Germania Federale. Nelle file degli astenuti dovrebbero confluire i giovani, le donne e gli appartenenti ad ambienti meno istruiti e meno politicizzati, un riflesso dei fattori che caratterizzano di solito le elezioni nazionali”.

198 R. Proni, Gli europei “non sono entusiasti” delle elezioni dirette comunitarie, “La Stampa”, 18 luglio 1978; un altro sondaggio questa volta effettuato su tutti gli Stati membri apparse nell’articolo 60 Prozent sagen “Ja” zu Europa, “Luxemburger Wort”, 21 aprile 1979. Si vedano inoltre gli articoli di J. Palmer The European dream that turn into a

d’appartenenza199, come nel caso italiano e britannico, in cui le elezioni politiche nazionali, molto ravvicinate con le europee, assorbirono la gran parte dell’attenzione popolare200. I dati emersi dalle indagini descritte indussero Commissione e Parlamento europeo ad organizzare una campagna informativa multimediale201 rivolta a tutti gli elettori europei. Lo spettro dell’astensionismo necessitò in qualche modo di essere esorcizzato attraverso un’informazione capillare ed efficace. Portare i cittadini europei ad una presa di coscienza, evitando di influenzarne le scelte, fu l’obiettivo della campagna che, attraverso stampa, manifesti, trasmissioni radiofoniche e televisive, ebbe il compito di “istruire” l’elettorato europeo202.

Il ricorso ai simboli come L’homme oiseau di Folon203 dai colori molto tenui ispiratori di un concetto ben espresso dal politologo Alain Lancelot, il quale sostiene “semblait planer dans un espace onirique tandis que les intérêts nationaux quadrillaient l’espace réel où se déroulent les luttes politiques terre à terre”204, la matita con le bandiere degli Stati membri, affiche nella quale l’uso del colore risulta in grado di catturare l’attenzione dimostrando l’efficacia comunicativa, o il fatto di chiamare in causa Beethoven non avrebbe di certo lasciato indifferenti i cittadini europei, al contrario avrebbe conferito all’evento elettorale un aspetto di maggiore solennità.

L’iniziativa propagandistica comunitaria comportò l’investimento di fondi (quasi dieci miliardi di lire). L’intervento coincise con un altro progetto parallelo, questa volta da parte del solo Parlamento europeo, diretto a finanziare proporzionalmente ai rappresentanti dei gruppi politici esistenti

199 Les Français et les élections européennes, “Le Monde”, 16 gennaio 1979. 200 Italian election saps Euro - poll interest, “Daily Telegraph”, 4 giugno 1979.

201 HAEU, fondo Emanuele Gazzo, Elections au suffrage universal direct, fasc. EG – 89. Cfr. Elections directes – rapport sur l’état d’avancement de la campagne multi-média (mars 1979), il rapporto indica il calendario, i contenuti,

l’attività di sostegno da parte delle istituzioni europee; in allegato al rapporto, l’elenco degli Stati membri con i relativi

slogans oltre alle indicazioni per le fasi successive della campagna elettorale: i manifesti, i sondaggi, i rapporti con i media.

202Campagne d’information sur l’élection européenne, “Le Soir”, 30 aprile 1977; Beethoven, bandiere e slogan “spiegano” il voto europeo, “La Stampa”, 21 febbraio 1979; Aperta ieri la campagna di informazione sulle elezioni europee, “Corriere della Sera”, 21 febbraio 1979; Elezioni europee via alla campagna, “Avvenire”, 21 febbraio 1979; Avviata la campagna elettorale per il nuovo Parlamento europeo, “Il Giornale nuovo”, 21 febbraio 1979; Partita la campagna per il voto europeo; “Il Popolo”, 21 febbraio 1979; Anteprima per l’Europa; “Il Tempo”, 21 febbraio 1979. 203 Jean Michel Folon è stato un pittore, scultore e illustratore belga (Uccle 1934 – Principato di Monaco 2005), in possesso di uno stile particolare con predilezione per l’acquerello e utilizzo di colori sfumati. La sua produzione artistica va dai manifesti pubblicitari e i film di animazione, alle illustrazioni di opere di Kafka, Borges, Carrol e Bradbury. Alla particolarità dei suoi acquerelli, si contrappone la corposità delle sculture in bronzo a cui Folon ha dedicato gli ultimi anni della sua produzione. Molte delle sue opere possono essere ammirate presso la Fondazione Folon a La Hulpe in Belgio, http://www.fondationfolon.be/index_en.php.

204 A. Lancelot, Europe année zéro. Les premières élections européennes des 7 et 10 juin 1979, in “Projet” n.138, 1979, p.1004.

all’interno dell’assemblea, i costi per la campagna elettorale. I fondi sarebbero stati concessi dal mese di aprile, successivamente quindi alla chiusura della campagna “comunitaria”. Le assegnazioni ai gruppi prevedevano la conseguente suddivisione tra i partiti membri, tuttavia l’omogeneità del criterio di ripartizione convenne soprattutto a quei partiti che secondo quanto previsto dall’ordinamento nazionale, percepivano già aiuti dal proprio Stato, aspetto che inevitabilmente provocò naturali reazioni di dissenso, soprattutto da parte francese. Non dimentichiamo, infatti che in un Paese dove destra e sinistra avevano serie perplessità riguardo le elezioni europee, valutando l’astensionismo come concreta alternativa, l’aiuto economico da parte delle istituzioni europee rappresentò l’ennesima minaccia all’autonomia nazionale, oltre che una vera e propria intrusione nella vita politica del Paese. Nel dicembre 1978 venne approvata dall’Assemblea nazionale una proposta di legge volta a vietare sia il finanziamento della campagna elettorale attraverso i gruppi politici ai quali si riconducevano i partiti francesi, che la già ricordata campagna super

partes promossa dalla CEE. L’iter procedurale prevedeva che fosse la

conferenza dei presidenti dei gruppi al Senato a porre la discussione per l’approvazione all’ordine del giorno, in realtà il Senato decise di rimandare i lavori, determinando così che tutti i partiti francesi potessero ricevere i fondi comunitari per la relativa campagna elettorale. Va sottolineato come di fronte a questa “svolta” nessuno (oppositori compresi) ebbe ad obiettare su quanto accaduto205. L’aspetto significativo riguardo le controversie francesi è legato all’idea di ostacolare comunque un evento ritenuto di dubbia legittimità, creando difficoltà in quel processo di identificazione comunitaria che i partiti nazionali si trovarono ad affrontare per le prime elezioni europee. L’obiettivo sembrò diretto piuttosto a sminuire il significato della portata connessa alle elezioni anche mediante esternazioni che, per il tipo di contenuti rischiarono di sviare l’opinione pubblica già incerta, confusa e poco informata. Si mise l’accento sulle possibili insidie verso l’autonomia e la politica nazionale che sarebbero state oggetto di interferenze comunitarie in nome di qualcosa di cui non si avvertiva la necessità.

205 Le Sénat ne discutera pas de la pro position de loi sur le financement de la campagne, “Le Monde”, 15 dicembre 1978.

Inoltre anche i dubbi relativi all’attività degli europarlamentari rischiarono di incoraggiare la diffidenza di quella parte dell’opinione pubblica convinta della loro inutilità e preoccupata per i costi legati al loro mandato; quest’ultimo aspetto ha contribuito a seminare quella dose di scetticismo che nel corso degli anni ha subito oscillazioni connesse agli eventi che ciascuno Stato membro ha vissuto, sia dal punto di vista economico, che politico. La preoccupazione di fissare una giusta retribuzione per gli europarlamentari rappresentò già un anno prima delle elezioni206 un tema

alquanto delicato, proprio per il pericolo di possibili derive antieuropeiste. Un’iniziale proposta per conto del Parlamento europeo venne avanzata da parte del Presidente Emilio Colombo; si ipotizzava uno stipendio pari al 40 per cento di quello dei Commissari CEE, oltre ad alcune indennità proporzionali al luogo di residenza degli europarlamentari, rispetto alla distanza da Strasburgo. Sebbene tali indicazioni sembrassero abbastanza ragionevoli, di fatto emerse che in alcuni Stati membri i rappresentanti al Parlamento europeo avrebbero percepito compensi superiori ai colleghi parlamentari nazionali, come nel caso britannico, immediatamente sollevato dal laburista Callaghan207; costretto comunque ad accettarne lo svolgimento, Callaghan utilizzò il tema del trattamento economico degli eurodeputati come pezzo forte della propria battaglia ideologica anti-marketeer; in una lettera del Council of Ministers (Foreign affairs) circa la remuneration of

directely elected Members of European Assembly (MEA’s) si sottolineava

The assertion in Signor Colombo’s letter that National MPs’ salaries averages 60- 63% of their respective Ministers’ salaries does not hold true of the UK where the figure is nearer 50%. The statement in Assembly’s letter that MEAs are “exclusively concerned with the activities of the Community” and are “independent of place of origin or method of election” ignore their all important relation with their electors208.

L’atteggiamento britannico rispetto alle consultazioni sovranazionali non ha mai smesso di mettere in luce gli aspetti legati a possibili svantaggi o squilibri a carico del proprio Paese e della propria classe politica; così anche le retribuzioni per i rappresentanti eletti al Parlamento europeo rivestirono

206 Salary of Euro MP’s must be fixed before elections,“ The Times”, 23 novembre 1978. 207 J. Palmer, Britain rejects EEC pay plan, “The Guardian”, 18 ottobre 1978.

un’importanza considerevole, mai trascurata dalla stampa nazionale209. Anche l’Irlanda contribuì a mettere in risalto lo sbilanciamento retributivo a carico dei propri parlamentari, come si può riscontrare nell’articolo di John Cooney apparso nell’“Irish Time” del 2 ottobre 1978, in cui l’autore rilevava come l’atteggiamento britannico e quello irlandese mirassero a sminuire il Parlamento europeo cercando di “ucciderlo” fin dalla nascita210. Ad appoggiare le tendenze appena citate contribuì la Francia sempre, scettica e soprattutto decisa a controllare il trattamento economico dei propri parlamentari a Strasburgo, al fine di impedire un’eventuale indipendenza dal proprio contesto istituzionale. Fu soltanto durante il Consiglio europeo di Bruxelles del 5-6 dicembre 1978, riunito principalmente per fissare le regole del Sistema Monetario Europeo (SME), nel corso del quale vennero anche definite le date per le elezioni europee, che l’orientamento anglo-francese, appoggiato dall’Irlanda e accettato anche dalla Germania e dall’Italia, riuscì a sottrarre l’iniziativa al Parlamento europeo,

Si stabilì i) che lo stipendio doveva essere in linea con quello percepito in ciascun paese dai deputati nazionali (più rimborso spese); ii) che andava pagato sui bilanci degli Stati membri; iii) che occorreva sottoporlo al regime fiscale previsto nei paesi di appartenenza dei parlamentari. Pertanto l’indennità parlamentare non sarebbe stata disciplinata in modo uniforme a livello comunitario, ma doveva rimanere soggetta alle normative nazionali, che sostanzialmente avrebbero equiparato il trattamento economico degli eurodeputati a quello dei deputati nazionali211.

Quanto deciso a Bruxelles causò un forte squilibrio nei compensi comunitari previsti rispetto al Paese d’appartenenza; ciò non lasciò indifferenti Commissione e Parlamento preoccupati anche del fatto che negli Stati membri in cui gli stipendi fossero stati meno consistenti, i partiti nazionali avrebbero trovato difficoltà a reperire i candidati da inviare a Strasburgo. Quest’ultimo fattore giocò un ruolo favorevole per i laburisti che, sia con il

premier James Callaghan che con il ministro degli Esteri David Owen,

proposero un’omogeneizzazione delle retribuzioni tra parlamentari europei e nazionali. Un trattamento economico che in certi casi sarebbe stato inferiore a quello dei colleghi parlamentari nazionali contribuì ad indebolire contestualmente l’immagine dell’eurodeputato e dello stesso Parlamento

209 J. Palmer, Owen warns EEC on pay rise for Euro – MPs, “The Guardian”, 7 giugno 1978. 210 J. Cooney, A major case of agreement, “The Irish Times”, 2 ottobre 1978.

europeo, incrementando la dose di euroscetticismo già presente nella società britannica e provocando grosso dissenso da parte dei conservatori, già critici per la mancata adesione allo SME da parte del proprio Paese. La deriva antieuropeista, tuttavia, si mostrava trasversalmente come un’idea indipendente dalla nazionalità, emergendo di solito quando il proprio Paese, appariva in pericolo riguardo ad un’ipotetica posizione di “sudditanza” rispetto alla CE/UE212.

Oltre alla componente antieuropeista, il primo suffragio universale diretto del Parlamento europeo ha permesso di verificare i tanti aspetti del “sentire” e del “capire” i cambiamenti in atto e questo ha mostrato differenze non solo legate alle tradizioni nazionali, ma spesso connesse a fattori ben più complessi, quali le organizzazioni politiche dei partiti nazionali. David Butler e David Marquand sottolineano come le elezioni europee abbiano rappresentato un chorus without a play213; gli elettori britannici furono

consapevoli di non contribuire ad eleggere un futuro governo d’Europa, il loro voto sarebbe stato piuttosto paragonato all’espressione di un’opinione, ma non certo di una decisione che avrebbe inciso sul futuro del Regno Unito all’interno della CEE, sia per restare che per lasciare, o ancora di più per cambiare il destino dell’Europa. Per molti cittadini britannici la consapevolezza dello scarso peso che il voto avrebbe avuto, fece considerare inutile la propria partecipazione.

Gli autori inglesi sostengono:

The Community had no Government; support for the opposition to a Government would therefore play no part in the campaign. Nor was it a second Referendum. Not even the most virulently anti-Market Labour candidate could plausibly argue that a vote for him would be a vote to leave the Community. Not even passionately ‘European’ Conservative or Liberal could convincingly argue that a victory for his party would change Britain’s European destiny. Some candidates tried to persuade the electorate that the British results would have a decisive impact on the composition of the new European Parliament214.

Sebbene per alcuni candidati i risultati inglesi alle elezioni europee avrebbero comportato, come appena detto, un “impatto decisivo sulla composizione del nuovo Parlamento europeo”, l’opinione pubblica non si

212 Basti pensare agli anti-marketeers Laburisti, agli anti-comunitari danesi e nel 1981 sarà la volta dei socialisti greci. 213 D. Butler, D. Marquand, European elections and British politics,cit., p.87.

mostrò affatto interessata dalla campagna e ai temi che in essa si trattarono. I cittadini britannici si mostrarono disinformati e poco desiderosi di conoscere i particolari dei fatti che stavano accadendo215. Un giorno prima delle elezioni lo Yorkshire Post rivelò che solo la metà degli intervistati era a conoscenza delle elezioni europee, soltanto un quarto di essi conosceva almeno un nome degli euro-candidati, nessuno degli intervistati era a conoscenza di tutti i nomi dei candidati del proprio collegio e solo una piccola minoranza sapeva qualcosa circa i loro programmi. Molte persone non usarono mezzi termini per dichiarare che si trattava di “spazzatura” esternando la totale disinformazione, unita al più completo disinteresse e alla conseguente volontà di astenersi216. Ci fu anche qualche conservatore ottimista, il quale puntualizzò come durante la campagna elettorale l’interesse per le votazioni andasse tuttavia aumentando,

In the first week the typical comment was: ‘Go home, don’t you know the election’s over’. The second week: (glazed look in eyes) ‘Oh yes, I think I have heard something about it’. Third week: Everyone had heard there was an election but ‘I don’t know anything about it’. Fourth week: ‘You’re the only candidate I have met. I have had no literature from anybody’217.

Ottimisti o pessimisti la realtà mostrata dalle interviste concentrate nei vari collegi lasciò trasparire diffidenza, disinformazione, disinteresse, inutilità del voto europeo, opinioni che entrambe le campagne elettorali, nazionale ed europea, non riuscirono a modificare. Non si intravidero vantaggi diretti nel prender parte ad una votazione troppo differente da quella nazionale, pertanto si puntò a restarne fuori. Molte le critiche ai media, sebbene parte della responsabilità fosse riconducibile agli stessi candidati poco presenti in tv, scarsamente alla radio, conseguentemente al fatto che anche la stampa non dedicò alle elezioni l’attenzione dovuta, soprattutto a livello locale. Ciò in contrapposizione all’intensa attività dei candidati nei collegi elettorali: in questo senso va fatto un distinguo tra realtà periferica e centrale. Occorre poi ricordare anche il cambiamento al Governo avvenuto nel maggio 1979 a seguito delle elezioni nazionali: infatti a partire dalla sconfitta del Governo presso la Camera dei Comuni, il 28 marzo 1978, tutta l’attenzione fu

215 A circa un mese dalle elezioni europee “The Guardian” pubblicava un articolo di John Palmer dal titolo estremamente eloquente, The European dream that turned into a yawn, “The Guardian”, 11 maggio 1979, già ricordato