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I partiti nazionali sono stati presenti all’interno dell’assemblea parlamentare fin dall’inizio della sua esistenza. Già dal 1952, infatti, gruppi parlamentari, formati da appartenenti ai partiti nazionali di accomunabili ideologie, costituirono loro rappresentanze presso l’istituzione comunitaria. Si può dire che la vicinanza ideologica rappresenti il primo elemento unificatore nella dimensione europea, in quanto prescinde dalla propria appartenenza nazionale; i comportamenti dei partiti all’interno dei loro Paesi cambiarono in modo sostanziale a causa del loro diretto coinvolgimento, soltanto in occasione delle prime elezioni europee.

L’individuazione di strategie mirate a sensibilizzare gli elettori, attraverso l’informazione sul significato del voto e dei suoi risultati, avrebbe dovuto infondere un grado di maggiore consapevolezza nei confronti dell’attività politico-istituzionale svolta a Strasburgo. In realtà, come spesso osservato dalla storiografia di settore, ma anche dagli studi politologici sull’argomento, il dato partecipativo dei cittadini si differenziò nettamente rispetto alle consultazioni nazionali108. Meno partecipazione dunque, ma perché?

Quanto emerge dall’esame di dati storici e statistici, ma anche dall’analisi della comunicazione impiegata durante le campagne elettorali, argomenti che saranno meglio approfonditi nei capitoli a seguire, il dibattito politico nazionale non ha saputo trasmettere l’importanza di una simile evoluzione; quanto questo aspetto sia stato intenzionale o meno, è da verificare. La questione infatti risiede nell’importanza che i partiti nazionali hanno attribuito alle elezioni europee e al cambiamento propriamente istituzionale a cui il Parlamento è andato incontro.

Spesso è stato affermato che i risultati elettorali europei sono serviti per monitorare il consenso popolare nel medio termine, facendo passare in secondo piano un appuntamento che avrebbe dovuto occupare un livello parimenti autorevole a quello nazionale.

108 Per approfondimenti, cfr. La construction d’un Parlement - 50 ans d’histoire du Parlement européen – 1958 – 2008, a cura dell’Office des publications officiels des Communautés européennes, Luxemburg, 2009, Le chemin vers les

élections direct du Parlement européen Les cahiers du CARDOC n.4, mars 2009 Centre Archivistique et documentaire,

Direction Générale de la Présidence, Parlement européen, Luxembourg, L. Bardi e P. Ignazi, Il Parlamento europeo, cit., Michael Marsh, Testing the Second-Order Election Model after Four European Elections (1979-1994) pubblicato nel n. 28 del “British Journal of Political Science”, 1998, pp. 591 – 607, D. Pasquinucci e L. Verzichelli Elezioni

E’ indiscussa, d’altronde, la complessità nell’organizzare attività di partito che non riguardassero il solo ambito domestico, ma che si orientassero verso un’arena in cui il successivo impegno parlamentare si sarebbe aggiunto alla consueta partecipazione presso le camere nazionali. La difficoltà di costituire una vera e propria classe politica europea è argomento che desta ancora oggi molto interesse; già a ridosso delle prime elezioni europee si poneva l’accento sulla quantità di lavoro che i parlamenti nazionali imponevano ai loro rappresentanti, privandoli di quella disponibilità e di quell’interesse per l’attività sovranazionale, connessi ad una competenza ristretta alla politica di collegio o di partito. Ogni Paese per motivi diversi ha sempre messo in atto, attraverso la propria classe politica, modalità che hanno lasciato aperti spiragli di incertezza e di scarso convincimento sulla portata dell’evento elettorale.

Trascurando per un momento l’appartenenza ad una ideologia piuttosto che ad un’altra, ciò che accomuna gli atteggiamenti politico-istituzionali degli attori principali è il modo di porsi nei confronti della Comunità europea e del suo establishment.

I tre Paesi considerati sono in possesso di elementi culturali e sociologici che, sebbene molto diversi tra loro, sfociano in comportamenti simili andando a confluire nella diffidenza mostrata nei confronti di Strasburgo. Le elezioni europee hanno rappresentato un’arma a doppio taglio in quanto l’operato politico avrebbe costituito un’opportunità per il proprio Paese contemporaneamente ad un rischio di “dispersione” di utili energie a livello sovranazionale impedendo di portare numerosi vantaggi a casa propria. Questi dilemmi hanno inevitabilmente influenzato il modo di “proporsi” ai cittadini del proprio Paese lasciando emergere quel grado di incertezza che si quantificherà nel conseguente dato partecipativo.

In ogni caso, giunto il momento di eleggere il Parlamento europeo tramite il suffragio universale diretto, i partiti nazionali dovettero assumere un comportamento “maggiormente europeo” e, attraverso i gruppi parlamentari, riscontrarono il modo più efficace per raggiungere questa finalità. Va detto che i gruppi politici già presenti all’interno dell’Assemblea parlamentare erano suddivisi in tre principali categorie, i democratico-cristiani, i socialisti e i liberali. Tali rappresentanze subirono

un cambiamento nel periodo della cd.“crisi della sedia vuota”, momento in cui la componente gaullista si separerà dai liberali, dando origine all’Unione democratica europea (Ude). Dopo l’ampliamento della Comunità nel 1973, si aggiunsero i repubblicani irlandesi, trasformando il gruppo in Gruppo dei Democratici Europei di Progresso. In questo periodo di cambiamenti si formarono anche il Gruppo Comunista e Apparentati, composto dai comunisti italiani e francesi e il Gruppo Conservatore Europeo, nato con l’adesione del Regno Unito e della Danimarca. Occorre ricordare infatti che i Conservatori inglesi, caratterizzati dalla contestuale componente laico- anglicana, difficilmente si potevano assimilare ai democratico-cristiani e tanto meno ai liberali. I danesi dal canto loro si distinsero invece per la dispersione del sistema partitico nazionale, causa di ampia mobilità dei propri rappresentanti nell’ambito delle numerose famiglie politiche europee. C’è da dire che l’allargamento della Comunità ha contribuito a ridimensionare la supremazia democratico-cristiana lasciando spazio, in un secondo momento, ai socialisti. Nel 1975, infatti dopo il referendum sull’adesione della Gran Bretagna alla Comunità europea, i Laburisti decisero di entrare al Parlamento contribuendo a formare la maggioranza relativa al gruppo socialista. Il momento fu favorevole anche per il tanto tormentato ingresso dei comunisti, che fin dal 1962 si erano opposti alla costituzione delle istituzioni comunitarie e alla nascita del Mercato comune europeo, considerati quali strumenti diretti a gestire la finanza e ad accrescere i monopoli, ritenuti elementi propri della realtà economica ideati per il lungo termine.

La decisione maturata per l’ingresso delle forze comuniste a Strasburgo scaturì dalla necessità di estendere la lotta di classe dei lavoratori europei ad un livello superiore rispetto a quello nazionale, anche in virtù del rapido adeguamento degli imprenditori al contesto internazionale, impegnati a costituire associazioni europee fin dal 1958. Una tendenza, quella comunista, divisa tra il rifiuto dell’integrazione intesa come “spaccatura dell’Europa, guerra fredda, sottomissione al disegno americano”109e prospettiva di riuscire a rendere il vecchio continente indipendente dagli Stati Uniti, capace di relazionarsi con essi e con i Paesi socialisti, sulla base

del riconoscimento di pari diritti e medesimi interessi. Questo “ragionamento per dicotomia” emerge nella figura di Jean Kanapa, dirigente e responsabile degli Affari esteri del Partito comunista francese, all’epoca del referendum nazionale sull’allargamento della Comunità (1972), il quale secondo Jack Dion viene identificato, nella recensione del libro“Jean

Kanapa, 1921-1978. Une singulière histoire du PCF ” di Gérard Streif,

come un uomo in possesso di due qualità che contraddistinguono il suo percorso all’interno del comunismo francese : “De fait, il y a toujours eu

deux Kanapa : d’un côté, l’intellectuel méprisant l’intelligentsia, l’aristocrate rouge digne d’un roman de Roger Vailland; de l’autre, un dirigeant qui fut à son époque d’une lucidité rare vis-à-vis de l’Union soviétique”110.

Per maggiore chiarezza può risultare utile riassumere in un quadro d’insieme la presenza e l’identità dei gruppi parlamentari nelle tre legislature:

I Legislatura 1979-1984

Denominazione Dal Al

Gruppo Socialista 1979 1984

Gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratici Cristiani)

“ “

Gruppo Democratico Europeo “ “

Gruppo Liberale e Democratico “ “

Gruppo dei Democratici Progressisti

Europei “ “

Gruppo Comunista e Apparentati “ “

Gruppo di Coordinamento tecnico e di difesa dei gruppi e dei deputati

Indipendenti

“ “

Non Iscritti “ “

110 J. Dion, Jean Kanapa, 1921-1978. Une singulière histoire du PCF, “Le Monde diplomatique”, juillet 2002,

II Legislatura 1984 - 1989

Denominazione Dal Al

Gruppo Socialista 1984 1989

Gruppo del Partito Popolare Europeo

(Democratici Cristiani) “ “

Gruppo Democratico Europeo “ “

Gruppo Liberale e Democratico 1984 1985

Gruppo Liberale Democratico e Riformatore

1985 1989

Gruppo dell'Alleanza Democratica Europea

1984 1989

Gruppo Arcobaleno “ “

Gruppo Comunista “ “

Gruppo delle Destre Europee “ “

Non Iscritti “ “

III Legislatura 1989 - 1994

Denominazione Dal Al

Gruppo Socialista 1989 1994

Gruppo del Partito Popolare Europeo (Democratici Cristiani)

“ “

Gruppo Democratico Europeo 1989 1992

Gruppo Liberale Democratico e Riformatore

1989 1994

Gruppo dell'Alleanza Democr.Europea “ “

Gruppo Arcobaleno “ “

Gruppo Verde al Parlamento Europeo “ “

Gruppo per la Sinistra Unitaria Europea 1989 1993

Coalizione delle Sinistre 1989 1994

La presenza dei gruppi politici all’interno del Parlamento europeo può essere definita quale anticipatrice delle strutture partitiche transnazionali, di cui si parlerà nel paragrafo seguente, le quali, successivamente alla decisione per l’elezione diretta del Parlamento, assumeranno una funzione di collegamento a livello europeo dei partiti della Comunità europea. La collocazione dei gruppi, quindi, si pone in un contesto caratterizzato dalla presenza di partiti nazionali e federazioni transnazionali con un ruolo niente affatto semplice a causa delle inevitabili pressioni ricevute da entrambe le parti; come rilevano Bardi e Ignazi “[…] essi sono vincolati ai propri partiti nazionali in quanto ne rappresentano il braccio parlamentare, per di più di minor importanza – di “secondo ordine” – e, allo stesso tempo, sono parte di una struttura sopranazionale”111.

Tale posizione ha creato qualche difficoltà nel momento di discutere argomenti delicati, di esclusivo interesse nazionale, in cui inevitabilmente è emersa l’incertezza sulla fedeltà al proprio partito o al gruppo europeo. Situazione ben diversa invece si è verificata in occasione del voto. Il grado di coesione112 dei gruppi in queste occasioni è stato di tutto rispetto, tenuto anche conto dell’eterogeneità della loro composizione, come si evince dalla tabella di seguito riportata113:

111 L. Bardi, P. Ignazi, Il Parlamento europeo, cit., p.117.

112 I Regolamenti delle Assemblee dell'Europa continentale disciplinano dettagliatamente il fenomeno dei gruppi parlamentari tendendo ad operare una riduzione della dispersione rappresentativa, perseguendo nella composizione dei Gruppi l'obiettivo di un equilibrio duraturo fra consistenza numerica e coesione ideale e programmatica. Per assicurare il raggiungimento di questo scopo, i Regolamenti parlamentari continentali intervengono su due diversi livelli: su un piano quantitativo, innanzitutto, è normalmente prevista una soglia minima di composizione numerica dei Gruppi che varia da caso a caso; in secondo luogo, sotto un piano qualitativo (o della rappresentatività) i Regolamenti prevedono alcune deroghe al requisito della consistenza numerica minima, la previsione di forme alternative di aggregazione e l'imposizione di limiti alla mobilità fra i Gruppi.(G.U. RESCIGNO, Voce Gruppi parlamentari, in Enciclopedia del Diritto, vol. XIX, Giuffrè, 1970).

113 S. Hix, A. Noury, G. Roland, Power to the Parties: cohesion and competition in the European parliament, 1979 – 2004 p. 27, http://voteworld.berkeley.edu/eurodata/Hix-Noury-Roland-Power%20to%20the%20Parties-7jan.pdf .

coesione dei gruppi del Parlamento europeo114 1979 – 1984 1984 – 1989 1989 – 1994 PSE 0,757 0,869 0,900 PPE 0,899 0,934 0,907 PELDR 0,849 0,849 0,847 SINISTRA 0,812 0,871 0,861 GAULLISTI 0,800 0,842 0,849 VERDI - 0,813 0,850 CONSERVATORI 0,894 0,918 0,892 DESTRA - 0,932 0,878 ANTIS - - 0,834 REGIONALISTI - - 0,872 INDIPENDENTI 0,776 - - NON ISCRITTI 0,740 0,794 0,805

Si può notare come nelle tre legislature il gruppo con maggiore grado di coesione fosse quello del Ppe, nonostante meno numeroso rispetto al Pse. Nel corso della seconda legislatura vi è inoltre la componente ambientalista rappresentata dal gruppo dei Verdi insieme al gruppo Arcobaleno che raggiunge un livello di coesione molto simile ai Socialisti.

La terza legislatura, pur caratterizzata da una notevole “creatività” nella formazione dei gruppi, lascia intravedere un livello di coesione interna sostanzialmente crescente, nonostante il considerevole numero dei partiti (da 54 a 101) e l’incremento della conflittualità verificatosi successivamente all’approvazione dell’Atto Unico europeo. Le dispute maggiori ovviamente intervengono tra i gruppi più importanti, Ppe e Pse, mentre un ruolo di “moderatore” nei vivaci dibattiti è stato riconosciuto ai Verdi.

E’ da considerare che il progressivo grado di coesione rientra nella laboriosa attività parlamentare la quale, proprio a partire dall’Atto Unico europeo, ha imposto la presenza degli eurodeputati ai lavori, subordinando il loro operato alle indicazioni di voto dei rispettivi capigruppo, anche per scongiurare l’eventuale sospensione e la conseguente perdita di autorevolezza parlamentare rispetto al quadro istituzionale europeo.

E’ giusto sottolineare tuttavia, che il livello di coesione raggiunto dai gruppi, nell’ambito della loro attività, è stato costantemente insidiato dalla

presenza di contrasti all’interno dei partiti nazionali, basti pensare ai socialisti francesi o alle contraddizioni presenti tra i laburisti negli anni Ottanta, aspetti che spesso hanno messo in pericolo l’unità del gruppo socialista. La coesione di un gruppo è dipesa comunque anche dal livello di considerazione dei relativi direttivi, i quali attraverso l’impiego della cd. “frusta parlamentare”115 sono riusciti ad orientare il comportamento degli eurodeputati verso una maggiore partecipazione e coerenza.

E’ di tutta evidenza quindi come il ruolo dei gruppi sia stato quanto mai rilevante, ma anche molto delicato.

La stessa costruzione del consenso tra le rappresentanze nazionali nell’ambito dei gruppi parlamentari europei si è basata su due momenti fondamentali, l’incontro tra le delegazioni nazionali e quello del direttivo del gruppo stesso in cui sono rappresentate quasi tutte le componenti nazionali. Questi momenti evidenziano ancora una volta come sia stata determinante l’influenza dei partiti nazionali sui gruppi e sulle stesse federazioni transnazionali, ma anche come gruppi e federazioni abbiano incoraggiato quell’attività politica nazionale e comunitaria che almeno nell’arco delle tre legislature ha operato per raggiungere una vera identità partitica, anche nel tentativo di smentire il luogo comune di elezioni secondarie.

1.4 Geografia politica ed elezioni europee: le federazioni transnazionali.