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1.4 SORVEGLIANZA E MONITORAGGIO DELLE MALATTIE DELLA FAUNA SELVATICA

1.4.2 Campionamento e malattie della fauna selvatica: limiti e peculiarità

E’ intrinsecamente più complesso monitorare lo stato sanitario della fauna selvatica rispetto a quanto avviene negli animali domestici. Gli animali selvatici non sono rinchiusi in recinti e possono muoversi su ampi areali. Questo risulta

particolarmente evidente per uccelli e mammiferi migratori che stagionalmente si spostano attraverso continenti ed oceani. Le opportunità di campionamento sono poche e su brevi archi temporali, oltre ad essere spesso legate a siti di alimentazione o riproduzione.

Gli animali selvatici occupano ambienti naturali in diverse maniere. Per le specie che si aggregano in grandi numeri in spazi aperti, eventi di mortalità inusuale sono facilmente visibili ed identificabili (ad esempio presso i siti di alimentazione, e nelle colonie nella stagione riproduttiva). Nel caso di specie più elusive, o che abitano aree remote (come le zone polari, i deserti o altre aree disabitate), o aree montagnose o zone di giungla e foreste inaccessibili, la presenza di eventi patologici può emergere solo come il risultato di raccolta casuale di materiale biologico e come risultato di sforzi di sorveglianza attiva. Specie a vita libera che sono di piccola taglia o che sono difficilmente reperibili nel loro ambiente naturale possono essere colpite da eventi di mortalità di massa non segnalati per anni o decenni. Spesso la sola indicazione di una patologia che sta causando mortalità in una popolazione selvatica è il declino locale o l’estinzione di alcune specie. Unicamente attraverso programmi che prevedono catture sistematiche e campionamenti mirati si può giungere alla comprensione delle vere cause del declino osservato.

A parte specie gregarie o che vivono in grossi raggruppamenti e possono così raggiungere numerosità di decine di migliaia di individui, gli animali selvatici vivono anche in piccoli gruppi, come le coorti familiari, o occupano territori come singoli individui solitari o come coppie. Inoltre, l’area occupata può variare da home range limitati di pochi ettari, a vastissimi range coperti durante movimenti nomadi di centinaia o migliaia di chilometri. Molte specie selvatiche compiono movimenti migratori stagionali durante i quali sono sottoposti a stress climatici e nutrizionali. L’esposizione stagionale a artropodi vettori rende spesso la fauna selvatica ospite e mezzo di diffusione di una vasta gamma di malattie parassitarie, virale e batteriche trasmesse per via ematica.

Una mortalità/morbilità di massa nelle popolazioni selvatiche rappresenta una sfida per gli studiosi delle malattie della fauna, rappresentando i focolai di mortalità o morbilità inattese un’opportunità di raccolta ed elaborazione di dati di campo e permettendo di verificare l’efficacia dei protocolli diagnostici per l’individuazione dell’agente patogeno e della sua epidemiologia.

Un episodio di malattia che riguarda la fauna selvatica può inizialmente non essere segnalato o studiato. Solo una discussione multidisciplinare e piani di campionamento esaustivi possono svelare la natura e l’epidemiologia dell’evento patogeno. Spesso risulta difficile seguire con continuità la sequenza degli eventi nel corso di un focolaio epidemico, poiché le informazione sui segni clinici e sull’evoluzione della malattia possono essere incomplete. Inoltre, se avviene l’introduzione di un nuovo agente eziologico in una popolazione totalmente recettiva, la diffusione dell’infezione avverrà con indici di mortalità e morbilità particolarmente elevati, e risulterà utile mettere in relazione il tasso di diffusione con variabili stagionali, geografiche e climatiche. Naturalmente si rivelano di primaria importanza alla comprensione della patogenesi della malattia in oggetto studi sperimentali su trasmissione e recettività.

Eventi di mortalità di massa spesso si verificano in luoghi di aggregazione delle specie selvatiche, come i siti riproduttivi o di alimentazione. Frequentemente vengono colpiti da morie di natura infettiva gli uccelli acquatici migratori in Nord America, come nel caso delle epidemie di colera aviare e botulismo, malattia di Newcastle e influenza aviare.

Le indagini e il monitoraggio di episodi di mortalità nella fauna selvatica dovrebbero permettere di raccogliere il maggior numero possibile di informazioni dalle poche carcasse disponibili. Un adeguato programma di campionamento dovrebbe prevedere la raccolta di dati quantitativi e qualitativi (riguardo alla specie coinvolta, al comportamento, a rilievi clinici, a osservazioni anatomo-patologiche, ecc). Il prelievo di campioni ematici, come di campioni di tessuto adeguatamente conservati, permetterà di supportare le indagini per giungere all’identificazione

degli agenti patogeni coinvolti. L’identificazione dell’agente patogeno è indispensabile alla comprensione dei meccanismi di trasmissione.

Possono presentarsi difficoltà pratiche nella valutazione del tasso di mortalità come proporzione calcolata sulla popolazione a rischio. Gli animali selvatici possono essersi dispersi dopo un episodio epidemico, rendendo impossibile la valutazione del tasso di mortalità e morbilità.

Può rivelarsi difficile anche la scoperta e la conta degli animali morti e/o malati. Ormai è accertata la necessità di programmi di sorveglianza delle malattie della fauna selvatica, e le ragioni sono diverse. In Europa, la rabbia silvestre rappresenta uno storico esempio di tentativo di raccogliere sistematicamente campioni per la diagnosi e per ottenere informazioni fruibili alle pubbliche amministrazione per la tutela della salute umana e animale. Quando la rabbia si diffuse in tutta l’Europa, emerse la necessità di una cooperazione internazionale e di programmi di sorveglianza per contenere la diffusione dell’infezione.

In Europa l’Organizzazione Mondiale per la Sanità (World Health Organization, WHO) ha creato un centro per il monitoraggio dei casi di rabbia su scala continentale per informare i paesi membri della situazione epidemiologica con cadenza quadrimestrale. Il primo bollettino risale al 1977. Questo è stato il primo tentativo di circolazione delle informazioni in Europa su malattie della fauna selvatica.

Tra i primi programmi di sorveglianza di malattie della fauna selvatica ricordiamo quelli attuati in Danimarca negli anno ’30 ed in Svezia negli anni ’40. Questi programmi erano basati sull’esame dei campioni conferiti ai laboratori veterinari. Questi programmi hanno rilevato in Svezia il problema degli avvelenamenti da mercurio di animali selvatici negli anni ’50, ed operavano con un laboratorio centrale che raccoglieva campioni da ogni parte del paese. Attualmente programmi simili sono in corso in Danimarca, Norvegia e Finlandia.

PARTE II