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INFLUENZA AVIARE ECOLOGIA ED EVOLUZIONE

2.2 IL VIRUS INFLUENZALE AD ALTA PATOGENICITÀ H5N

2.2.3 Il rischio pandemico

Una pandemia influenzale è definita come la diffusione su scala mondiale di una patologia che si verifica quando un nuovo ceppo di un virus influenzale di tipo A emerge tra la popolazione umana, si diffonde rapidamente e facilmente da uomo a uomo su scala mondiale, generalmente raggiungendo una distribuzione globale in un periodo di tempo inferiore ad un anno, e che causa una patologia severa in più del 25% della popolazione (WHO, 2005).

Un virus potenzialmente pandemico, si può originare mediante due meccanismi: il riassorbimento genetico e le mutazioni adattative.

Nel primo caso l’origine del virus è rapida, determinata al riassortimento del materiale genetico tra due virus diversi confettanti uno stesso ospite. Questa si suppone essere stata l’origine dei virus influenzali responsabili delle pandemie influenzali del 1957 e 1968, in cui virus di origine aviaria si ricombinarono con virus di origine umana, all’interno di un’ospite, il suino, che ha funto da sito di

ricombinazione, in quanto suscettibile alla duplice infezione.

Nel caso della mutazione adattativa, al contrario, l’evoluzione del virus è lenta, e richiede una serie di cambiamenti graduali, che si verificano nel corso di successive infezioni di ospiti umani o di altri mammiferi, e che gli conferiscono la capacità di trasmettersi in modo efficace tra la popolazione umana. Si suppone che il virus responsabile della disastrosa pandemia del 1918 sia originato proprio da una serie di mutazioni adattative.

Non tutti i virus così originati tuttavia, possono essere responsabili dell’esplosione di una pandemia.

Perché questo si verifichi il virus emergente deve soddisfare tre condizioni: deve appartenere ad un subtipo HA che non ha circolato tra la popolazione umana almeno per una generazione; deve infettare e replicare efficacemente in cellule umane; deve diffondersi facilmente e rapidamente tra la popolazione umana.

Non sono stati riportati storicamente molti casi di infezione umana sostenuta da virus aviari, e nei rari casi la patologia risultante era caratterizzata da segni clinici non gravi, solitamente congiuntivite virale, seguita da una rapida e completa guarigione (Lee Ligon, 2005).

L’emergenza dell’H5N1 ha fornito un’eccezione a questa evidenza storica, ed ha dimostrato, provocando la comparsa di malattia in 18 persone, e la morte di 6 tra queste, nella provincia di Hong Kong SAR in corso dei focolai esplosi tra il pollame domestico nel 1997, che i virus influenzali hanno la capacità di causare severa e mortale patologia nell’uomo.

Una caratteristica clinica che attirò molto l’attenzione fu la presenza di una severa polmonite virale primaria nella maggior parte dei casi. Questo aspetto della patogenesi del virus, si tradusse in una sintomatologia gravissima, rapidamente fatale.

Nel corso del 2003 e del 2004 il numero di casi umani aumentò, e tuttora si registrano casi di infezione e mortalità tra la popolazione dei Paesi colpiti da gravi epidemie sostenute da H5N1 nel pollame domestico. Il crescente numero di casi

umani e la mortalità provocata hanno evidenziato due caratteristiche del virus che lo rendono il potenziale responsabile dell’esplosione di una nuova pandemia influenzale, ovvero la capacità di infettare direttamente l’uomo in seguito ad una trasmissione diretta uccello – ospite umano, e la gravità dei segni clinici causati e l’alta mortalità. Il fatto che il virus circolante tra il pollame abbia infettato l’uomo ha posto in evidenza come l’uomo stesso possa fungere da “mixing vessel”, e che, senza un’ obbligatoria infezione di un’ospite intermedio, il virus possa andare incontro a riassortimento genetico o a graduali mutazioni adattative ed evolvere ad una forma esibente un’ alta patogenicità per l’ospite umano ed in grado di trasmettersi in maniera efficace da uomo a uomo. Inoltre i cambiamenti di ecologia ed epidemiologia esibiti dal virus dal 2004 in poi sembrano suggerire che il virus si stesse evolvendo e assumendo tratti che potessero aumentare il suo potenziale pandemico (WHO, 2005). In particolare il fatto che il virus abbia raggiunto lo stato endemico in molte zone dell’Asia, e abbia stabilito la sua nicchia ecologica permanente nel pollame, fornisce una possibilità continua di insorgenza di nuovi casi umani e una possibilità continua di mutazioni adattative che conducano all’origine di un virus con potenziale pandemico.

Il differente comportamento del virus nei confronti degli uccelli acquatici migratori e il ritrovamento di anatre domestiche asintomatiche ma positive al virus, suggerirono un nuovo rapporto del virus con i suoi ospiti abituali.

In particolare, la presenza di anatre domestiche infette ma asintomatiche, data la frequenza con cui questi animali sono presenti tra gli uccelli allevati ruralmente dalle famiglie del Sud Est asiatico, fornisce un’ottima probabilità di trasmissione del virus all’uomo.

L’H5N1, inoltre, ha dimostrato un progressivo ampliamento dello spettro d’ospite, esibendo la capacità di infettare anche mammiferi, e causare patologia grave e mortale; infezioni sperimentali hanno rivelato una maggior patogenicità dei ceppi isolati successivamente al 2003 nei confronti del topo, utilizzato come modello per lo studio della patogenesi nei mammiferi.

Attualmente la World Health Organization ha dichiarato il livello di allarme pandemico pari a 3. Il virus infatti, delle tre condizioni che devono essere possedute per essere in grado di determinare la comparsa di una pandemia, attualmente ne soddisfa solo due. La maggior parte della popolazione infatti non possiede alcun tipo di memoria immunitaria nei confronti del subtipi H5 e N1, pertanto praticamente tutta la popolazione mondiale sarebbe suscettibile all’infezione. Per quanto concerne la seconda caratteristica, ovvero l’efficacia di infezione e replicazione all’interno dell’ospite umano, è stato dimostrato che la sostituzione di due aminoacidi a livello del sito di legame per il recettore della proteina HA dell’H5N1 asiatico ottimizza il legame ai recettori di tipo _ 2-6, tipicamente esposti dalle cellule epiteliali dell’apparato respiratorio umano, conferendo una capacità infettante e di replicazione simile a quella posseduta dai comuni virus influenzali umani (Harvey et al, 2004). Sino ad oggi il virus non ha dimostrato di possedere la capacità di trasmettersi in maniera efficacie da uomo a uomo.

Fig. 4 - Casi confermati da influenza aviareH5N1 nell’uomo dal 2003 al 2008