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Campo-Basso

Nel documento P^UtXVAUl. Digitized by Google (pagine 117-147)

,giudicò più opportunodi dare unassaltocontutte lesue forzead-una piazza, della quale avrei potuto far caderelemuraglie sulle orecchiediquelli cheladifendevano,

ma

che era troppoforteper essere presaconle spa-dec lelance.

Fummo-

dunquerespinticongran perdita clo scoraggiamentosisparse frai sol-dati.Ci

mettemmo

alloraadoperare più rego-.

larmcntc,clemiebatterieavrebberoresol’uso dei lorosensiaquegli arrabbiatiSvizzeri.

Le mure

edi bastionicrollavanosotto lepalle dei bravi cannonieridiBorgogna;noieravamo pro-tettidaeccellentitrinceramenti control’esercito, che dovevasi avanzare ondesforzarci alevare l’assedio,

ma

alla sera delventi diquestomese fu

mmo

informati eh’essoera a pocadistanza danoi; eCarlonon consultandocheilsuo

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log ritoaudace andò adincontrarlo,

abbandonando

il vantaggiodelle nostre batterieedellanostra buonaposizione.Per ordine suo, benchécontra il miosentimento,l’accompagnaiconventi bel-lissimipezzid’artiglieria ed ilfiore dellemie genti.TSoi

levammo

il

campo

l’indomani mat-tina, enon

facemmo

gran

cammino

,

quando

si videuna montagnacopertadipicche,di ala-barde, cdi spadeadue mani. Ilcielo ezian-diovi aggiunsei su$i terrori,cheun tempo-raleaccompagnato da tutto il furore di quel clima burrascoso scoppiòsoprai dueeserciti

,

facendo maggior danno alnostro,perchei no-strisoldati,eparticolarmentegliItaliani,erano

meno

abituatia sostenere un siffattodiluvio;

ed inappresso tuttiiruscellichediscendevano dallemontagne

,gonfiati ecangiatiintorrenti dalla pioggia,ciinondaronocmiseroil disor-dine nelle nostrefile. I]ducavide inunistante cheera necessario di retrocederedalla risolu-zione che aveva preso di dar la battaglia al

momento

;corseda

me

ed ordinommidicoprire con la

mia

artiglieria laritirata ch’eglistava per principiare,aggiungendochemisosterrebbe inpersona congliuomini d’arme.

Fu

dato l’or-dinedibatterelaritirata;

ma

questo

movimento

inspirò nuovo ardore ad

un

nemicogià abba-stanza ardito.Nellostesso

momento

tutto l’eser-citosvizzerosi misein ginocchioadorare. Io nerisi,

ma

noifarò

mai

più.

Dopo

cinque minutigliSvizzerisirialzaronoccominciarono adavanzarsirapidamente,suonandoleloro cor-nettea bucoefacendo il lorogridodiguerra conla ordinaria ferocia. Tutto ad

un

tratto,

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milord, le nubi sispaccano, cd ilsolesparse torrenti di luce sopra iconfederati,mentre

un

verodiluviocontinuava acadere sulle nostre file.

Le

miegentinerimaseroscoraggiate. L’e-sercitoera in litiratadietroadessi,cdilvivo splendoredelsoleche brillava sugliSvizzeri che si avanzavano, mostrava sulla

montagna

uriaprofusionedi'bandierecdiarmi

scintillan-ti,clic facevacomparireilnemicoildoppiodi quello cheera sembratohi momento. Esortai lemiegentiatenerfermo,

ma

cosìfacendo ebbi un pensieroche eraun peccato, c pronunciai unafrasechene era

un

altro: Teneteforte,

mici bravi cannonieri,dissiloro,efaremoloro vederetai lampi esentiretai tuoni, dai quali tutteleloro orazioninon potrannosalvarli.

Le

mie gentialzarono gridadi acclamazione.

Ma

questo era unempiopensiero

,una bestemmia, ece ne derivaronodisgrazie.'

Puntammo

contro lemasse chesi avanzavano i nostricannoni

bene, quanto cannone losia mai stalo. Sorti lascarica, eprimache il

fumo

avesseavutoil

tempodi dilatarsi, poteivedere a cadere molti uominicbandiere.-Eglieranaturaleilcredere che unasimile scaricaavrebbe dovuto rallen-tarel’impetuosità dell’attacco, cd intanto che

ilfu

mo

ci nascondeva gliSvizzeri

,diedi or-dinediricaricareicannonie feci tutti glisforzi per cercardi vederliattraversoil

fumo

;

ma

prima che essofossedileguatoc che i nostri pezzi fosserostatimessi all’ordine,gliSvizzeri cipiombarono addosso

come

latempesta; pedoni c cavalieri, vecchi c giovani,cavalieri c ser-vitorici caricarono allaboccastessadel

canno-Diqitizem .ogle

]1 1

ne,col piùperfetto disprezzo della vita loro.

I micibravi cannonieri furonotagliatia pezzi o calpestati sottoipiedi,mentresioccupavano ancoraacaricare, e credo che nessun pezzo abbiatiratoil secondocolpo. »

«

E

ilduca nonvisostenne?» dimandò

Ox-ford.

(( Eici sostenneconaltrettantabravurache lealtà, allatesta dellesueguardie vallonee borgognone.

Ma

unmigliajodimercenari Ita-liani"volsero ildorso e non comparvero più.

D’

altronde noi eravamo in unagola,stretta persestessa ed ingombradiartiglieria, fian-cheggiata daunapartedamontagneedarupi, edall’altradaun profondolago.Inunaparola, noieravamoinun luogo chenon conveniva af-fatto allemanovredellacavalleria.

Ad

onta de-gliultimi sforzi delducaedi quelli dei bravi Fiamminghi checombattevano intorno alui, tuttofu respintoincompleto disordine. Ioera a piedicombattendo come poteva,senza spe-ranzadisalvarelavita,c

nemmeno

pensandovi, quando vidi presi i mieicannoni, edi mici bravi artiglieri trucidati.

Ma

inquel

momento

scorsiilduca Carlo,cheera serratodavicino

,

ed iopresi il

mio

cavallo dallemani delmio paggio cheloteneva.

E

tupurseiperito,povero orfanello!

Mi

unii alloraalsignordiCroyeeda qualche altro per liberareilduca,e lanostra ritiratadivenneunarotta completa.Giugncndo vicinoallaretroguardia,che

avevamo

lasciata accampatainunaforte posizione,

vedemmo

le bandieresvizzere sventolaresopralenostre bat-terie.

Una

fortedivisionedelloro esercito, che

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avevafatto un giro tra lemontagne, passando

E

cr certe gole cheessi soliconoscono,era piom-alasulnostro

campo

ed era statavigorosamente secondatadaquel maledettoAdrianodi Buben-berg,ilquale aveafattaunasortita neltempo stesso, di

modo

che il

campo

sitrovòad un trattoattaccatoda dueparti.

— Vi

debbopoi dire cheavendocorso notteegiorno per portarvi queste tristinotizie, lamialinguaèattaccata al palato, e sentochenon possopiù parlare.

Tutto il rimanentenon cche fuga, uccisioni, e vergognosadisfattapertuttiquellicheerano sul

campo

dibattaglia.

Quanto

a

me,

confesso che ho da rimproverarmi lamiafiduciain

me medesimo

, lamiainsolenzariguardoal nemi-co,cla

mia

bestemmiaverso il cielo. Se ho sopravvissutoaquest’onta, ciònon saràche pernasconderelamiadisonoratatesta sottodi un cappuccio,ed espiarecosì inumerosi pec-catidi una vita licenziosa. »

Fu

appena possibile di indurre ilguerriero oppresso dal dolore a prenderequalche nodri-mento ed abbandonarsi alriposo,dopo avere inghiottitaunapozione calmantecheglifu or-dinata dal medicodel re Renato, chela cre-dette necessaria onde mantener laragione in

un

corpospossato dallo fatiche diunabattaglia eda unacorsa forzata.

Il conted’Oxford esuofigliorestarono al-ternativamente pressoilletto diColvino,enon vollerodivideretalcura connessuno.

Malgrado

lapozione cheglierastataamministrata

,

passò moltotempoprimadiprenderriposo.Varj tre-miti repentini,ilsudorecheglicoprivala

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. 1 1

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te, lacontrazionedeimuscoli del volto, l’agi-tazioneconvulsiva di tutti isuoi

membri

, la maniera collaquale chiudeva ilpugno, tutto provava che isuoi pensierilotrasportavano'di nuovosullascenadiun combattimento sanguino-socdisperato. Questostalodurò più oreenon fu che versoilmezzodichela fatica cl’influenza della presa bevanda trionfarono diquella agi-tazione nervosa;callorailguerriero sottomesso cadetteinunpacificosonno,cheduròsenza in-terruzionefinoasera.Ilsolesinascondeva quan-do Colvinosirisvegliò,edopoaverdomandato oveeglieraccon chi sitrovava, presequalche ristoro, enarrò loro di nuovo tutte le parti-colarità dellabattagliadi Murten,mostrando di nonsovvenirsi diaverle di già narrate..

« Senza troppoallontanarsi dalla verità, ag-giuns’egli, si può calcolarechelametà dell’e-sercito del ducaè perito sotto il ferro,o cac-ciato nel lago. Quelli chehannoevitalalamorte sono dispersi datutte le parti,cnonsi riuni-ranno più.

Giammai

non sièveduta una di-sfattacosìirreparabile.Noi siamofuggiticome

idaini,comeimontoni,oaltritimidianimali, che non rimangono uniticheperchetemonodi separarsi,

ma

chenon pensano maia mettersi in ordineodadifendersi. »

«

E

ilduca? »

domandò

ilconted’Oxford.

«

Lo

strascinammo con noi , piuttosto per istintoche perlealtà,

come

uominichefuggono daunacasa incendiata,iqualiprendonoiloro effetti più preziosi,senza pensareaquelloche fanno. Cavalierieservidori,ufficiali esoldati,

tuttifurono compresi dalmedesimo tcrror

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nico, edogni suonocheil corno d’Urifaceva sentire dietrodi noi,sembravacheci attac-cassele ali allecalcagna. »

«

E

il duca? » ripetè Oxford.

« Inprincipioresisteva ainostrisforzi e vo-levaritornareal nemico;

ma

quandola fuga divennegenerale

, galoppòcomenoi senza pro-nunciare una parola, senza dare

un

ordine»

Prima credemmo

ebe ilsuo silenzio e la sua impassibilitàcosìstraordinaria inuncarattere impetuosofosse un sintomofelice,poichéci permetteva di vegliare alla suapersonale sicu-rezza.

Ma

quando

avemmo

corso tuttala gior-nata senza potere ottenereunarispostaalle no-stre

domande

;quandolo

vedemmo

rifiutareogni speciedialimento, quantunque eglinonavesse preso alcun ciboin tutta laduratadiquelgiorno disastroso;quandotuttiicapricci delsuo

umore

alterocd imperioso diedero luogoaduna dispe-razionecupa ctaciturna, noi

tenemmo

consi-gliosopra ciò chedovevamo fare;esiccomesi sa chevoi siete ilsolo

uomo

da consigli pel quale Carlo abbiamostrato ditempo in

tèmpo

qualchedeferenza, lavoce generalemiincaricò divenirvi adinvitare diandarlotostoa ritro-vare nelritiroove egli èinquesto

momento,

cdi far usodi tutta lavostra influenza onde strapparlodaquesta apatia letargica,chesenza ciòpuò terminarelasua esistenza. »

«<

E

qual rimediopossoioapportargli? disse

Oxford;voisapete cne’cglihatrascuratiimiei consigli

,quandoseguendoliavrebbepotuto ser-viretantoaimiciquantoaisuoiinteressi. Sa-petechela mia vita non era

nemmeno

sicura

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II0 in mezzoagli sleali checircondavanoilduca,

eche,avevanotanto poteresul di lui spirito. »

«

E

verissimo

,rispose Colvino;

ma

so al-tresìch’eglièilvostro antico

compagno

d’arme, cmi starebbe assai male ilvoler suggerireal nobileconte diOxfordquellocheleleggidella cavalleriaesigono.

Quanto

allasicurezzadi vo-stra signoria, ogni

uomo

d’onorechesi trova nel nostroesercitoè pronto a guarentirla. »

« Questoè ciò che m’inquietail

meno,

disse

Oxford

conun tuono d’indifferenza;se lamia presenza potesse essereutile alduca,sepotessi credere eh’ egli desiderassevedermi .... »

«

Lo

desidera

,milord;eilodesidera'",tclamò

il fedelesoldato collelagrimeagii occhi. ]Noi lo abbiamointesonominarvi,

come

seilvostro

nome

glisfuggisse in un sognopenoso. »

« Ciòessendo,andròaraggiungerlo,riprese

Oxford

; e viandròsul momento.

Ove

aveva eglidisegnodistabilireilsuo quartier generale?»

'« Egli non hadeciso niente su questopunto, nè sopraalcun altro;

ma

il signordiContay hastabilitola Riviera,vicino aSalins

,

nel-l’alta Borgogna,perluogo dellasuaritirata. »

«

dunque,

mi

recheròcontutta prestezza conmiofiglio.Voi però,Colvino,voinon espie-resteipeccaticommessicogliempidiscorsi tenuti al

campo

,abbandonandoilvostro generoso si-gnore nel

momento

in cui ha più bisogno di voi,esarebbe viltàl’andarvi a rinchiudere in

un

convento , avendo tantialtri doverida compiere. »

«Aveteragione, milord, perchèè certoche seiolasciassi presentemente ilduca,non gl?

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G

rimarrebbe forsenell’esercito unsol

uomo

ca-pacedi manovrare convenevolmente un pezzo-d’artiglieria.

La

vistadi Vostra Signoria può cagionareuneffettofavorevolealmionobile pa-drone,poiché in

me

pureharisvegliatoi sen-timentidi

un

vecchio soldato. Sepotete ritar-darelavostra partenzafino adimani, avrò tempo di mettere inordinegliaffaridella coscienza, c lamiasalutefisicasarà abbastanzaristabilita onde permettermi diservirvidiguida.

Quanto

-al chiostro,vipenserò quando avròricuperato

1onorecheho perduto a Murten.

Farò

però celebrar dellemesse,enon poche,perleanime de’mici poveri cannonieri. »

La

proposizionedi Colvino venneadottata;

Oxford

esuofigliopassaronoilrimanentedella giornata aprepararsi perlapartenza,salvoil

temponecessariodirecarsi aprendere congedo dalreRenato, cheebbe l’aria divederli par-tirecondispiacere.Accompagnatidal generale d’artiglieriadel

Duca

diBorgognatraversarono

S

uelleparti dellaProvenza, del Delfinato e ellaFranca Contea chesitrovanofrala città d’Aixe la piazza,nella quale Carlocrasi ri-tirato.

Ma

la.distanzae gliincovenientidiuna

lungastrada li ritennero in

cammino

piùdi .

quindici giorni,ed ilmesedi luglio del147G eraprincipiato

quando

i nostri viaggiatori ar-rivarononell’altaBorgognaal castello della Riviera, situatocircaventimiglia al suddi Salins. Questo castello,edificio poco conside-rabile,era circondatoda un gran

numero

di tende

, piantateconfusamenteedindisordinee in un

modo

moltolontano dalla disciplina che

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ii7 regnava ordinariamentenel

campo

diCarlo.Tut' tavialapresenza delducaeraannunciatadalla gran bandieradecorata dituttiisuoistemmi

,

la quale sventolava sopra lefortificazioni.

Ne

uscì una guardiaper riconoscereglistranieri,

ma

con pocoordinecheilcontediede un’oc-chiata aColvino,quasiperdomandarglienela spiegazione.Ilgenefaled’artiglieriaalzòlespalle estette insilenzip.

Colvino avendo mandatoavviso del suo arrivo edi quello delponte inglese, il sig.di Con-tayliricevette ài

momento

stesso, e mostrò molta gioja nel .vederli.

«Alcuni fedeli servidori delducastannoin oucsto punto tenendoconsiglio, disseloro, ed il vostroparere, nobilelord

Oxford,

ci riu-scirà di

somma

importanza.IsignoridiCroyc,

diCraon, di

Rubempré

, edaltrinobili Bor-gognoni,sonounitionde prendereleopportune misurein questocritico

momento

perladifesa del paese.»

Tuttimanifestaronoalconted’Oxfordilpiù gran piaceredi vederlo, eglidissero, chese sierano astenuti dal dimostrargli segni di at-tenzionedurantel’ultimosoggiorno cheaveva fattonel

campo

delduca,ciòprovennedal sa-pere cheeglidesideravamantenere l’incognito.

«

Sua

Altezzavi hadomandato due volte, disse.Craon, esempresotto il supposto

nome

diFilipson. »

«

Non

nesono sorpreso, rispose ilconte;

l’originediquesto

nome

rimonta moltolontano, efino altempoch’io eraallacortedi Borgo-gna, durante il

mio

primo esilio. Si disse

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allora che noi poveri nobili Lancastriani

avrem-mo

dovuto cangiardi

nome

, eil buon duca Filippo aggiunse che

, siccomeioera fratello d’armi di suofiglioCarlo,doveva prendereil

suo,e chiamarmiFilipson (i). In

memoria

di

?

uclbuon sovrano, presiquesto

nome

,quando ni costrettodilasciare ilmio;evedocheil

duca,chiamandomicosì,si

rammenta

la no-straantica intimità.

Come

sta

Sua

Altezza?» IBorgognonisiguardaronol’unl’altroe re-starono insilenzio.

«

Come

un

uomo

colpitodal fulmine,

mio

bravoOxford,dissealfafinede Contay.Sire d’Argcntau, voi potete megliodichiunque ri-spondere alla

domanda

del nobile conte.»

« Egli ècome un

uomo

cheha perduta la ragione, disseil futuro storico di que’torbidi tempi.

Dopo

labattagliadiGranson

, eglinon

ha

mai mostrato aparer

mio un

giudiziosano

come

prima. All’incontro dopo quella batta-glia divenne capriccioso, sragionevolc, asso-luto, inconseguente;eglisi alterava dei con-sigli chegli erandati,

come

sesi avesse vo-lutoinsultarlo, e sipiccava per la

menoma mancanza

delcerimoniale,

come

se fossestato

un

segnodidisprezzo:presentementeèsuccesso inlui un cangiamentototale,

come

se questo secondocolpo l’abbia stordito, ecalmatele vio-lentepassioniche ilprimo avevaeccitate.Egli è silenziosocome

un

certosino,solitario

come un

eremita; non prendeinteresse a nulla,c

*

fi)Sonin inglese significa figlio;perconseguenza Filipson figliodiFilippo.

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J19

meno

cheadogni altracosa alla condotta del-l’esèrcito. Voi sapetech’eiponeva qualcheli

ri-dura nel suovestire, echevi eraunaspecie diaffettazione nella negligenza eh’egli spesso adottava;

ma

infede

mia

lotrovereteben can-giato suquesto particolare.Eglinonvuole

nem-meno

soffrire chegli sitaglino leunghie»e gli sipettininoi capegli;non ha nè cura nè riguardopersèmedesimo; prende poco nodri-mentoequalche volta eziandio lo rifiuta

, c

beveivini più vaporosi,che tuttavianon sem-braglisalganoalcervello.Eglinonvuole udir

S

arlarcnèdi guerranedi affaridistato,

i caccia odivertimenti. Supponete un anaco-reta trattodallasuacellapergovernare

un

re-gno,cd avrete in lui, tranne la divozione,

un perfettoritrattodelfiero,cdimpetuosoCarlo di Borgogna. »

« Yoi favellate conun animo cheha rice-vuto una profondaferita,disseilconte ingle-se. Giudicatevoiopportuno ch’io mipresenti al duca? »

«

Vado

ad assicurarmene» risposeContay.

Ed

usciun istante, rientrò sul

momento

, e fecesegnoal contediseguirlo.

Egli trovòlosventuratoCarlonelsuo gabi-netto colle

gambe

stesetrascuratamentesopra

uno

sgabello

,

ma

talmente cangiato cheavrebbe

S

otutocrederecheinluogo della persona de-ucavedesse ladi luiombra.Isuoi lunghi ca»

pegli cadentiin disordinelungo le guance « mischiavanocolla barba;isuoiocchi incavati esmarriti,ilpettointernato, le spalle spor-genti indentro, glidavano l’aspetto lugubre

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J20

diunesserechehasofferto leultime angosceche tolgono all’uomo tutti i segni d’energia edi vita. Ilsuostessoabito

, che era

un

mantello f

ittaloa casosulle spalle, aumentava ancora a sua rassomiglianza aduno spettro coperto dal lenzuolo.

De

Contay nominò il contedi Oxford.Ilducafissòsopradi lui gliocchiche avevano perdutotuttoillorosplendore, e

non

proferì una parola.

«Favellategli, bravo

Oxford

,glidisse

Con-tay abassa voce eglistaancorapiùmale del-l’ordinario;

ma

forsericonosceràlavostravoce.»

Quando

il ducadiBorgognaeraalpiù alto puntodi prosperità, non avevail nobile In-glesepiegatogiammaiil ginocchioinnanziad essocon unrispetto cosìsincero.Fglionorava

Quando

il ducadiBorgognaeraalpiù alto puntodi prosperità, non avevail nobile In-glesepiegatogiammaiil ginocchioinnanziad essocon unrispetto cosìsincero.Fglionorava

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