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2. Canti di lode

2.1. Canti femminili di lode (bikaso, nanga)

3. Canti di matrimonio

3.1. Canti di matrimonio della famiglia della sposa 3.2. Canti di matrimonio della famiglia dello sposo

Nei capitoli precedenti sono state analizzate le concezioni di genere diffuse in Bunyoro e in Tooro a partire dal periodo precoloniale fino ai giorni nostri (Capitolo I) e, successivamente, si è delimitato il contesto musicale di villaggio e si sono presentati, seguendo le categorie locali, i repertori vocali ad esso legati (Capitolo II). Ci si propone qui di analizzare nello specifico i canti di villaggio che si presentano particolarmente rilevanti per lo studio del genere: in questo senso il genere viene indagato sia nell’aspetto performativo (esecutori, circostanze d’esecuzione) sia come rappresentazione culturale che emerge dal testo dei canti (ruoli e aspettative di genere).

In questo capitolo si intende focalizzare l’attenzione sui repertori vocali non nella loro forma attuale, testimoniata dalle performance degli studenti ai festival di musica e danza e dai cultural group, ma attraverso versioni più vicine alle modalità esecutive del passato. Per questo motivo, si prendono in considerazione i canti eseguiti da anziani, che li hanno appresi in ambiente domestico e informale, attraverso la pratica collettiva, e le descrizioni che essi hanno fornito sulle circostanze d’esecuzione, il significato dei canti ecc.

Diverse persone che hanno collaborato alla mia ricerca sono o sono stati insegnanti, spesso maestri di musica: anche tra gli anziani da me contattati, i maestri in pensione figuravano in buon numero. Ciò è dovuto al fatto che le persone istruite (che in passato erano di norma i maestri) sono oggi riconosciute dalla comunità come persone autorevoli per le questioni tradizionali e, del resto, l’esperienza da me maturata nel corso della ricerca ha mostrato che tali persone conoscevano bene le usanze del passato e che i canti da loro proposti erano lontani dall’attuale pratica dei festival. Il coinvolgimento dei maestri con l’attuale pratica e ‘filosofia’ dei festival varia a seconda della loro età e quindi della loro formazione di base nella musica tradizionale. Molti maestri in pensione, ormai anziani, hanno appreso a danzare e a cantare in ambiente domestico e di villaggio, e sono stati attivi

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a scuola quando il processo di riproposta si era appena avviato e dunque non ne hanno subito grandi influssi e sono in grado di differenziare tra ciò che avveniva in villaggio e ciò che avviene a scuola o sul palcoscenico.404 Altri maestri più giovani si sono formati musicalmente soprattutto a scuola e i repertori da loro conosciuti, così come la modalità di interpretarli, sono molto differenti da quelli degli anziani, per questo motivo il loro apporto alla mia ricerca è considerato nei capitoli successivi.

Proprio perché questi canti oggi non sono più eseguiti spontaneamente, è stato espressamente richiesto alle persone incontrate nel corso della ricerca di intonare vecchi canti da loro conosciuti e di spiegarne il significato e il contesto esecutivo.

Il materiale sottoposto all’analisi di questo capitolo è pressoché interamente derivante dalla ricerca svolta da chi scrive dal 2009 al 2012 in Bunyoro e in Tooro e prende in considerazione esclusivamente la documentazione realizzata grazie alla collaborazione di informatori anziani, arricchita e contestualizzata grazie alla trascrizione, traduzione e analisi testuale effettuata con l’aiuto di assistenti (Sunday Issa in Bunyoro e Stephen Mugabo in Tooro) e infine posta in dialogo con la letteratura e la documentazione audio esistenti. Si lascia al Capitolo VI il confronto tra questi repertori e l’esecuzione contemporanea di canti tradizionali in circuiti che hanno perso il carattere spontaneo delle performance domestiche e di villaggio e che sono caratterizzati dalla spettacolarità dell’esecuzione.

Nel Capitolo I, si è visto che nel contesto di villaggio il genere era strettamente correlato al sesso biologico (maschio → uomo; femmina → donna), a differenza di ciò che avveniva nell’ambiente della corte. Si è pure sottolineato che tra la gente comune esistevano diversi casi di donne ‘speciali’ (come le medium, le baranga e le ereditiere) e che queste figure, pur non adempiendo pienamente alle prerogative previste per il proprio genere, erano comunque considerate donne. L’impatto della morale vittoriana trasmessa attraverso il contatto coloniale, seppur alleggerito dalle possibilità offerte dalla religione cristiana, ha determinato un sostanziale appiattimento delle variabili previste nella concezione di genere precoloniale e un’enfasi sulle differenze e sulla netta separazione tra i generi. Se queste differenze erano già esistenti nella cultura locale, il processo di assorbimento dei concetti di genere occidentali ha certamente portato ad un’estremizzazione dei concetti nyoro e tooro preesistenti e alla scomparsa delle figure di donne speciali.

Non è possibile datare i canti presi in esame e dunque riferirli a una precisa fase storica in relazione al mutare delle idee relative al genere, tuttavia, notando l’assenza di vari elementi ‘moderni’ che si rintracciano nelle performance dei nostri giorni (quali ad esempio le lunghe sovrapposizioni tra solo e coro, l’occasionale presenza di sovrapposizioni verticali e la strutturazione in sequenze presenti nelle esecuzioni contemporanee, l’utilizzo di parole straniere, ecc.), è possibile stabilire le interpretazioni non contaminate da tali influenze. Le esecuzioni così individuate sono verosimilmente foriere di una rappresentazione di genere che, se non più ‘antica’ o ‘autentica’, si riferisce al passato, ossia di una concettualizzazione di genere che si è sviluppata in seno alla cultura nyoro e tooro e non come frutto di una discontinuità di pratiche musicali e usanze culturali, come è nelle performance

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contemporanee. Questa osservazione risulterà più chiara nel corso dell’analisi delle esecuzioni attuali nel Capitolo VI, dove si metterà in luce la riflessione e il discorso sulla tradizione (intesa come cultura tradizionale, quindi anche concezione tradizionale del genere) presente nelle performance di musica e di danza di oggi.

La mole di canti nyoro e tooro documentati dalla ricerca sul campo è ingente: si tratta infatti di più di 350 brani differenti. La selezione del materiale da proporre nel contesto di questa analisi è stata progressiva e ha seguito diversi criteri, che si sono venuti articolando parallelamente alla definizione del contenuto e della forma di questo lavoro. Posto che si sono ritenuti significativi i canti che, per contenuto testuale o modalità esecutive, erano rilevanti per le tematiche di genere, si è comunque dovuta operare un’ulteriore importante selezione sui brani da presentare in questa sede.

Innanzitutto, per ciò che concerne i primi tre nuclei di analisi di questo capitolo, si sono individuate le tipologie di canti che prevedevano tradizionalmente esecutori di un solo genere (uomini o donne): questa scelta è stata determinata dalla volontà di analizzare la possibile caratterizzazione di genere nei canti, cioè il loro essere portavoci di un genere specifico. I repertori esclusi da questa selezione sono quelli la cui esecuzione è aperta sia agli uomini che alle donne: si tratta in particolare dei canti di matrimonio, trattati nel paragrafo finale di questo capitolo, e dei canti legati alla danza, che verranno affrontati nel Capitolo IV.405

In seconda istanza, all’interno delle tipologie di canti che prevedevano esecutori esclusivamente uomini o donne si sono scelti quelli che, sulla base di una simile funzione406 o tematica (il lavoro, la lode) permettono di svolgere un’analisi parallela tra le tipologie previste per esecutori maschili e femminili.

Inoltre, tra questi canti, si sono scelti quelli che presentavano le caratteristiche più interessanti per l’analisi anche nel tentativo di dare ragione, in modo il più possibile esaustivo, della varietà di stili e generi dell’area. Si sono privilegiati i brani testimoniati in versioni più complete e documentate nelle registrazioni da esecuzioni migliori (sia per quanto riguarda la performance canora sia per ciò che concerne la qualità della registrazione in quanto tale); in alcuni casi questo principio non è stato rispettato laddove, per esempio, una registrazione fallace o un canto frammentario erano comunque l’unica importante testimonianza di un genere. Tra questi sono stati scelti i brani che sono rappresentativi della tipologia alla quale appartengono.

Infine, si è posto il problema della presenza di repertori associati alla cultura iru, contadina, e a quella huma, pastorale, culture che in passato convivevano nei regni del Bunyoro e del Tooro e interagivano, pur rimanendo sostanzialmente distinte per ciò che concerne le abitudini di vita materiale. I canti tradizionali testimoniano una disparità di tipologie formali e contenutistiche che rispecchia questa divisione sociale, non più viva oggi.

405 Anche i canti legati ai racconti (i bigano) e quelli infantili non prevedono esecutori appartenenti ad un solo

genere. Tuttavia, poiché questi repertori non sono sembrati particolarmente significativi in rapporto al genere, si è deciso di non trattarli dettagliatamente in questo lavoro.

406 Sulle problematiche relative alle funzioni della musica si veda la sintesi offerta da G

IANNATTASIO 1992, pp.

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La diversità dei repertori vocali iru e huma viene qui presentata soprattutto attraverso l’accostamento dei primi due nuclei nei quali si sono raggruppati i canti. I canti di lavoro si riferiscono ad attività tipiche della componente iru, mentre i canti di lode sono rappresentativi soprattutto di repertori dei pastori huma. È, questa, una suddivisione modellata su quanto emerso dalla ricerca sul campo: a parte i canti di lode bikaso, non vi sono particolari canti di lode che non si rifacciano alla vita huma. Dall’altro lato, il nucleo che tratta i canti di lavoro prescinde dall’affrontare i canti relativi all’allevamento, poiché il tema del bestiame emerge in una categoria specifica di canti di lode, quelli dedicati alla vacche, i

bizina by’ente. È possibile assimilare ai canti di lavoro quelli che le donne huma intonavano

durante la burrificazione del latte (kucunda maata); inoltre alcuni canti e poemi recitati (ngabu) pur essendo tipici dei bahuma, descrivono attività, come la caccia o la battaglia, che erano comuni sia a bairu che a bahuma. Tuttavia la necessità di operare una selezione ha suggerito di schematizzare la trattazione affrontando i canti di lavoro per ciò che concerne la cultura iru e quelli di lode in riferimento alla cultura huma.

Le suddivisioni interne a questo studio hanno quindi un carattere eminentemente funzionale che è del tutto estraneo alla formulazione di tassonomie inequivocabili:407 la vastità dei repertori considerati ha imposto infatti una necessaria selezione, che viene qui presentata col tentativo di rendere conto della loro complessità – contenutistica, formale, identitaria – nella speranza che risulti comunque significativa.

Si è deciso di organizzare la trattazione in tre nuclei principali di canti: in ogni paragrafo vengono presentati brani accomunati da una funzione (come nel caso dei canti di lavoro e dei canti di lode) o da un’occasione (come avviene per i canti di matrimonio). Questa suddivisione percorre trasversalmente le tipologie di canti individuate localmente (ossia in modo emico), che si sono evidenziate nel Capitolo II, e opera su di esse un accorpamento che, come vedremo più specificamente, solo in parte corrisponde a caratterizzazioni dichiarate da Banyoro e Batooro, ma può risultare utile ai fini di una categorizzazione ampiamente utilizzata in ambito etnomusicologico. Vista la concettualizzazione di genere di villaggio connessa univocamente al sesso biologico, i primi due nuclei presentano canti accostati seguendo la differenziazione degli esecutori e si suddividono quindi in canti maschili e femminili posti a confronto, mentre l’ultimo paragrafo, che si concentra sui canti di matrimonio, presenta piuttosto una distinzione tra brani a seconda che siano eseguiti dalle persone vicine alla sposa o da quelle vicine allo sposo.

Si presenta di seguito (Figura 1) il prospetto dei canti analizzati in questo capitolo: per ogni canto si identifica la nomenclatura locale, l’occasione esecutiva, la funzione o il

407

Le problematiche legate alla definizione di generi musicali in campo etnomusicologico, soprattutto per quanto riguarda la necessità di generalizzazione e il rapporto tra forma e genere, sono ben presenti a chi scrive: si rimanda in particolare a GIURIATI 1993 per una discussione di questi temi. Proprio nella consapevolezza dell’inestricabile complessità dell’operazione di analisi dei generi musicali, oltre alla scelta del meno connotato termine ‘repertorio’, è sembrato necessario suddividere la trattazione dei repertori, da un lato, nelle categorie individuate localmente (Capitolo II) e, dall’altro, nell’analisi condotta seguendo principalmente il filone delle tematiche di gender (Capitolo III).

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contenuto, la cultura materiale cui fa riferimento lo specifico repertorio, il genere degli esecutori e la struttura formale.

Nomenclatur a locale Occasione esecutiva Funzione o contenuto verbale Cultura Genere esecutor i Struttura formale Ke ke kamengo Non presente Macinazion e del miglio Accompagnare la macinazione del miglio

Iru Donne Canto a voce

sola Samba samba tugende Non presente Pigiatura delle banane Sostenere il processo di pigiatura delle banane

Iru Uomini Canto

responsorial e Owo mukwalara Kikaso Momenti di svago

Lode dell’amato Iru/hum a

Donne Canto a voce sola

Rwanzira Nanga Momenti di svago

Lode dell’amato Huma Donne Canto

responsorial e Bituli bambi Kizina ky’ente Momenti di svago

Lode del bestiame Huma Uomini Canto responsorial e Zali mbogo zali nkanga Ngabu Momenti di svago; circostanza specifica durante il matrimonio ; davanti al sovrano Celebrazione delle proprie imprese

Huma Uomini Canto

responsorial e introduttivo e recitazione Kyera maino Kizina ky’obuswezi Matrimonio Lamentare la prossima parenza della sposa e il difficile futuro che la aspetta Iru/hum a Uomini e donne (famiglia della sposa) Canto responsorial e Kamutwair e kizina ky’obuswezi

Matrimonio Dare il benvenuto agli sposi e celebrare il nuovo status dello sposo Iru/hum a Uomini e donne (famiglia dello sposo) Canto responsorial e

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1. Canti di lavoro

La categoria di ‘canti di lavoro’ riferita al contesto nyoro e tooro in periodo precoloniale vuole abbracciare i repertori associati ad attività pratiche di raccolta, produzione o lavorazione di materiali: non si tratta dunque del lavoro inteso come ‘mestiere’, che non esisteva in passato se non per poche categorie specializzate (quali ad esempio i fabbri o i vasai), ma di un’attività informale che comunque implicava un’applicazione pratica simile al lavoro. Accorpare questi repertori come legati al lavoro è un’operazione svolta con occhi esterni: tradizionalmente il lavoro, mulimo, è identificato principalmente con l’attività nei campi408 e non si riferisce ad altre attività che hanno come scopo la produzione di cibo (pesca, caccia, raccolta), di utensili (metallo, vasellame, cesti) o lo svolgimento di mansioni connesse alla vita familiare (preparazione del cibo, pulizia, cura dei figli). L’idea di lavoro occidentale è funzionale soltanto a raggruppare repertori che, seppur non presentano una chiara concettualizzazione e nomenclatura locale, sono stabilmente associati dai Banyoro e dai Batooro allo svolgimento di specifiche attività pratiche volte alla raccolta, produzione o lavorazione di materiali per il benessere quotidiano.

I canti che accompagnano questo tipo di attività sono quindi accumunati dall’occasione, ossia dalla circostanza esecutiva, ma presentano grande varietà in quanto a stile, struttura e funzione primaria del gesto canoro. Nella trattazione dei canti collegati al lavoro in Bunyoro e in Tooro, si è scelto di presentare qui canti che possono propriamente definirsi “di” lavoro per la primaria e specifica funzione sincronizzare e quindi regolare l’azione pratica che li caratterizza,409 in questo senso si configurano come canti euritmici. Intimamente intrecciate a questa funzione ve ne sono altre non meno importanti, quali il tentativo di ingannare la noia data dai movimenti ripetitivi, l’espressione dei sentimenti dell’interprete, ecc.

408

Il verbo kulima, da cui deriva il sostantivo mulimo, significa infatti ‘coltivare, zappare’ (DAVIS 1938, p. 146).

409

In questo senso ci si rifà alla distinzione proposta da Piero G. Arcangeli e Pietro Sassu, a proposito dei canti “del” e “di” lavoro nella musica popolare italiana. La prima locuzione identifica i canti che vengono eseguiti nel corso di attività lavorative, quindi sono accomunati dall’occasione ma presentano funzioni primarie che non mirano direttamente a favorire il lavoro; la seconda categoria, invece, si riferisce ai canti che hanno come finalità prima il corretto e agevole svolgimento del lavoro stesso (ARCANGELI, SASSU 2001). Giannattasio

differenza ulteriormente tra canti “durante il lavoro”, «che accompagnano senza ritmarla né condizionarla, l’azione produttiva» e canti “sul lavoro”, cioè che parlano del lavoro (GIANNATTASIO 1992, p. 220).

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1.1. Canti di lavoro femminili

Si è visto come nella società tradizionale, e in buona parte anche oggi, le attività delle donne ruotassero attorno alla vita domestica. Si tratta di compiti legati al benessere della casa, intesa nel senso che essa ha in runyoro-rutooro, come ka, cioè sia come nucleo abitativo (che necessita di pulizia, ordine, provviste alimentari ecc.) che come nucleo familiare (composto da marito, moglie e figli, i quali necessitano di cure e di cibo).410 Questa concezione rispecchia quella, analizzata nel Capitolo I, che vede la donna come produttrice di cibo e di bambini, funzioni queste che si condensano nell’idea di genere femminile e ne costituiscono i marcatori principali.

Alcune di queste attività domestiche erano accompagnate da canti, ma non tutte: ad esempio il lavoro nei campi e la pulizia, che occupavano buona parte delle energie e del tempo delle donne, secondo alcuni informatori non costituivano occasioni canore,411 a differenza di ciò che avviene in altre culture; mentre sono testimoniati canti eseguiti in occasione della raccolta della legna da ardere, come pure ninnenanne.

Tra i canti di lavoro euritmici legati alle attività lavorative femminili vi sono quelli che accompagnano la macinatura del miglio. Il miglio (buro) è il cereale sul quale si basava principalmente l’alimentazione dei Banyoro e dei Batooro; esso è macinato per essere ridotto a farina e poi cucinato, insieme alla farina di manioca, per ottenere una sorta di polenta (karo). La macinatura del miglio e la preparazione della polenta erano compiti esclusivamente femminili, come del resto tutto il ciclo di trasformazione dei prodotti agricoli in cibo (coltivazione, raccolto, lavorazione, cottura). La macinazione avveniva su di una pietra inclinata (rumengo) sulla quale venivano pressati e sfregati i cicchi del cereale tramite una seconda pietra di dimensioni minori.

410 Il concetto di eka è contrapposto a quello di nju, che significa semplicemente ‘casa’, nel senso di edificio,

similmente alla contrapposizione, presente nella lingua inglese, tra home e house.

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Figura 8. Joy Katusabe Bitamazire macina il miglio sulla pietra rumengo. Muuro, Masindi, 13/08/2009. In questa, come nelle altre fotografie presenti in questo lavoro, dove non altrimenti indicato, l’autore degli scatti è chi scrive.

Si propone qui la trascrizione dell’esecuzione di un canto per la macinazione del miglio, intonato da Dorothy Kahwa e registrato a Muuro, in Bunyoro settentrionale, il 13/08/2009. L’esecutrice è un’anziana signora nyoro, che ha confidato di non cantare più questi canti per il miglio da circa cinquant’anni.

La ritmica ben scandita di questo brano è direttamente collegata ai movimenti sulla pietra per macinare, su cui il canto impartisce il proprio metro regolare. La funzione di ritmare il lavoro manuale, presente in molti canti di lavoro, emerge chiaramente da questo esempio.

Nella registrazione [DVD, traccia n. 2] è ben percepibile la pulsazione fondamentale del canto, che l’informatrice riproduce battendo la mano sul tavolo: questa pulsazione corrisponde al rumore di sfregamento sulla pietra documentato in un’altra sessione, con Joy Katusabe Bitamazire, cognata dell’esecutrice (Figura 2). Per non appesantire la lettura, nella trascrizione si è scelto di non riportare tale pulsazione su un rigo a parte; ma di utilizzare un simbolo (un triangolino bianco) posto sopra la nota con la quale coincide il beat.

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Figura 9. Trascrizione di Ke ke kamengo, eseguito da Dorothy Kahwa e registrato a Muuro (Bunyoro settentrionale), il 13/08/2009 [DVD, traccia n. 2].

Il brano ha un andamento veloce ( e, durante l’esecuzione, l’anziana informatrice, omette delle parole per prendere fiato. Nella trascrizione questi momenti sono resi con pause oppure, dove è sembrato di poter recuperare qualche suono, perché l’esecutrice cercava di emetterlo inspirando, con note dalla testa a croce.412

La voce si muove in un ambitus di quinta, dal Re 4 al Sol 3, in un registro comodo. Il brano utilizza soltanto quattro note, probabilmente un segmento parte di uno dei sistemi pentatonici in uso nell’area. Sono state utilizzate piccole frecce poste al di sopra delle note interessate quando l’altezza del suono effettivamento eseguito era leggermente più acuta o più grave (normalmente di un intervallo di quarto di tono) di quella riportata in trascrizione.

Il testo è intonato in modo sillabico; soltanto in alcuni punti è percepibile una sorta di scivolamento un tono sotto, ricorrente sulle sillabe ke frequenti a inizio verso. Nella trascrizione questo subitanea discesa vocale, che all’ascolto sembra quasi un colpo di glottide, è stato reso in note reali. Tale scivolamento è una discesa ad un tono sotto o talvolta di un tono e mezzo: le frecce poste sopra le note danno conto della fluidità di intonazione della sillaba ke, flessibilità probabilmente dovuta anche alla difficoltà