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Da sempre la ceramica, fossile guida all’interno dello scavo archeologico, ha svolto un ruolo vitale per lo studio della storia economica – sociale nelle diverse epoche portando in luce i diversi rapporti esistenti tra le diverse culture. In particolare si può affermare che si possono avere tre approcci di studio sovente collegati tra loro: fabbricazione, tipologia e implicazioni economiche1515.

Si può parlare di ceramica come fattore legato alla romanizzazione di un territorio quando si analizza l’integrazione1516, dei diversi territori sotto il potere di Roma che vede muoversi legioni e mercanti con maggiore frequenza a partire dal I sec.a.C. non solo creando, ma anche evolvendo classi ceramiche precedenti per renderle più adatte all’uso, al gusto ed alla conseguente richiesta del mercato1517.

Si possono così riscontrare produzioni locali tradizionali, produzioni di importazioni e nuove produzioni che se inizialmente saranno delle semplici imitazioni e poi prenderanno nel corso del tempo caratteristiche proprie tanto da creare e commercializzare nuove tipologie1518. La mercanzia aveva in generale diverse vie di distribuzione una volta uscite dalle figlinae: una via terrestre, più o meno lunga ed impervia a seconda del territorio, ed una via marittima che avveniva attraverso i fiumi navigabili o lungo le rotte commerciali di piccolo e grande cabotaggio1519, che collegavano le diverse sponde del Mediterraneo, del Mar Nero e

dell’oceano atlantico su cui si impostavano le diverse città. (Tav. XII, fig. 12 - 13)

Proprio il riconoscimento, in più aree, di queste produzioni grazie il ritrovamento di bolli e/o la lettura di iconografie, che tramite confronti possono essere ricondotte ad officine o luoghi di produzione, ha reso possibile lo studio del commercio e dei rapporti che si sono instaurati tra e nei diversi territori dell’impero romano.

Si può così osservare come non solo si siano mantenuti i rapporti economici precedenti, si pensi al commercio della vernice nera campana A lungo le rotte del mediterraneo riprese dalla commercializzazione della sigillata prodotta molto probabilmente in area vesuviana, ma vengono creati/ potenziati nuovi rapporti economici: la presenza di lucerne firmalampen prodotte in pianura padana, che ebbero vasta commercializzazione ed imitazione durante il I sec.d.C., svelano le presenze di una nuova area di produzione che riesce ad imporsi sul

1515 BELTRAN LLORIS 1978, p. 9. 1516 BELTRAN LLORIS 1978, p. 10.

1517 Il ciclo di produzione della terra sigillata italica risulta più semplice e veloce rispetto alla ceramica a vernice

nera campana.

1518 BELTRAN LLORIS 1978, p. 11. 1519 PUCCI 1981, pp. 103 – 106.

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mercato e fa circolare i propri prodotti su reti commerciali importanti, imponendosi anche nei gusti della popolazione.

Se prima i centri di diffusione sono collegati alla penisola italica, gli ultimo rapporti commerciali con una forte influenza nella fase della massima diffusione riguarderanno la terra sigillata africana, la ceramica africana da cucina, e le lucerne forma atlante (VIII - X) che, allargando sempre più il loro raggio di azione, rilegheranno le produzioni precedenti su assi commerciali locali o a breve raggio.

- 4.1 In Sardegna

In Sardegna nel I - III sec.d.C. si osserva da un lato la continuazione di produzioni precedenti di matrice ellenistica punico1520/greca e dall’altro una volontà, da parte delle diverse classi

sociali, di integrazione alla nuova realtà politica, dovuta alla trasformazione che stava attraversando la società romana stessa passando, alla fine della prima metà del I sec.a.C., dall’istituzione repubblicana a quella imperiale in maniera pacifica dopo un periodo di lotte tanto che proprio questo desiderio di conformità e di pace, la così designata pax augustea, viene ad essere declinata in tutto il territorio sotto il dominio romano in ogni campo della vita sociale dell’uomo. Ove non si hanno tracce dal punto di vista architettonico un aiuto può arrivare proprio dai frammenti ceramici e dalle tipologie caratterizzanti tali periodi; in questo caso si tratta della TSI, TSTI e delle lucerne che, tramite i bolli e l’iconografia, possono far osservare il desiderio di integrazione e di commercializzazione che ha interessato tutto il territorio sardo.

Per la Sardegna si può proporre l’interesse ad un intento di romanizzazione1521 da parte della popolazione, dove le classi ceramiche fini risultano essere prodotti di accompagnamento di altre merci nei lunghi viaggi commerciali1522, soprattutto nelle tratte marittime, accompagnando principalmente cereali, vino ed olio, prodotti di cui l’isola era non solo ricca ma sfruttata economicamente già dall’epoca fenicia e lo sarà soprattutto dopo la creazione della provincia di Sardinia1523. Le importazioni sono rivolte soprattutto a prodotti di

nicchia1524.

1520 DE LUCA 2019, p. 252.

1521 Riguardo la romanizzazione vi sono due idee di cui una sottolinea il lato più politico/giuridico del

cambiamento che si andava ad effettuare, mentre l’altra riguarda la cultura e risulterebbe meno leggibile; in realtà sembra più fattibile una commissione tra le due proposte; Cecconi 2006, pp.81- 84.

1522 Ad esempio vedasi RIZZO 1998,p. 843; MAFFIOLI 2010, p.100.

1523 FREDERIKSEN 1980 -1981, p.13; MASTINO 2005; DE LUCA 2019, p. 251.

1524 Si pensi ad esempio ai diversi vini italici prodotti in Etruria e in Campania trasportati in determinate

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L’isola infatti ha sempre avuto rapporti commerciali molto forti con il resto del Mediterraneo e diverse popolazioni con cui era entrata in contatto nei diversi periodi storici; in particolare si può affermare che le zone di maggiore influenza furono principalmente due dividendo anche il territorio isolano: a nord - est influenze fenicie all’inizio ma soprattutto greche nella zona di Olbia1525, città che sarà sempre un forte centro economico in quella parte dell’isola; nella

parte sud – ovest invece l’influenza è fortemente prima fenicia e poi punica sotto il controllo di Cartagine che, proseguendo i rapporti della sua prima colonizzazione, manteneva il controllo sul commercio nel Mediterraneo meridionale dall’Africa verso l’Italia meridionale, la Sicilia, la Sardegna, le Baleari per giungere fino alla penisola Iberica1526.

Questa “suddivisione” si può osservare anche sotto i Romani, quando sembra essere presente una ripartizione commerciale dell’isola, dove sono più importanti alcuni porti come Olbia, Porto Torres, Cagliari e probabilmente Nora rispetto ad altre realtà, che si possono identificare come porti minori di collegamento durante i viaggi commerciali lungo la costa1527: si avrebbe quindi una suddivisione tra porti del nord dell’isola e porti a sud da cui far penetrare le diverse mercanzie, seguendo le diverse strade che avevano proprio in queste città i loro punti di partenza.

Cagliari e le diverse zone con cui era collegata sono conosciute dagli scrittori antichi: dall'Africa dista circa 280 Km e la navigazione dura un giorno ed una notte; dalla Sicilia la distanza varia a seconda della destinazione ma la tempistica è circa di due giorni ed una notte mentre distanze maggiori risultano verso i porti della penisola; inoltre Cagliari è anche il porto intermedio principale con la Siria e la Spagna1528.

In età imperiale il porto di Cagliari diventa lo scalo più importante per le rotte che da Cartagine andavano ad Ostia risalendo lungo le coste orientali della Sardegna e congiungendosi all'altezza della Corsica con le rotte provenienti dalla penisola iberica, dirette verso la costa etrusca ed il porto di Ostia per poi risalire fino la stessa città di Roma. Per il ritorno invece sono state proposte diverse rotte: una superiore che da Populonia, raggiungeva la Corsica continuando verso gli scali della Sardegna occidentale, per arrivare poi in Africa ed un’altra rotta più orientale, partendo da Ostia o Pozzuoli1529. (Tav. XIII, figg. 14 -15)

1525 D’ORIANO 2008, p.19; D’ORIANO 2010, p.183.

1526 Questi rapporti si possono individuare già con la commercializzazione e l’influenza della classe ceramica

della vernice nera Campana A, DE LUCA 2019, p. 252.

1527 Questa particolare collocazione tra porti maggiori e porti minori è collegabile non solo a come si presenta la

costa ma anche dalla variabilità e dall’origine dei venti; MASTINO, ZUCCA 1991, pp. 195 196.

1528 MASTINO, ZUCCA 1991, p. 193; MASTINO,SPANU,ZUCCA 2005 pp. 37 – 67; MASTINO 2009, ppol. 166 –

168.

1529 I percorsi e le distanze si conoscono grazie alle diverse fonti scritte del periodo; MASTINO, ZUCCA 1991, pp.

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Il primo segmènto della rotta corrispondente al tratto tra Cartagine e Cagliari è ampiamente documentato anche dopo l'occupazione romana grazie alle navi commerciali che continuavano a frequentare da Cartagine i porti della Sardegna. Interessanti sono le notizie che riportano viaggi collegati all'esilio di Ebrei, testimoniato forse anche dall'attestazione di lucerne con la menorah da Santu Perdu – Genoni, Bidda Beccia – Isili e Samugheo1530.

Il secondo segmento corrisponde alla rotta tra i porti della Sardegna e i porti principali italici sulla costa tirrenica: se già era utilizzato dai punici il porto cagliaritano; in seguito uno dei porti principali ad essere potenziato per motivi militari prima e poi economici fu quello di Olbia in quanto il più vicino al porto di Pisa1531, da cui partivano inizialmente le legioni e poi la produzione ceramica di sigillata italica e tardo italica. A questo fecero seguito quello di Ostia e Centocelle con l’aumento dei traffici commerciali tanto da potenziare anche il porto di Porto Torres1532.

Per il collegamento tra la penisola iberica, tramite la rotta delle Baleari, e Roma la Sardegna diventa un punto di appoggio grazie alla tradizione punica dei due porti sardi più importanti della costa occidentale: Tharros e Sulci da cui poi si decideva se passare nella parte settentrionale o meridionale dell’isola a seconda dei porti di arrivo1533.

Le città portuali risultano collegate tra di loro e tra la parte centrale dell’isola, definita Barbaria1534, grazie a diversi siti abitativi con la creazione di una fitta rete di strade segnalate dai miliari, come riporta l’Itinerarium Antonini1535; spesso di queste strade, soprattutto in

aperta campagna, non sono rimaste tracce ben visibili, ma individuabili solo grazie a diversi fattori storico /archeologici, tra cui il recupero della cultura materiale del territorio ed il relativo studio.

Con la raccolta e l’analisi dei dati editi esaminati si è cercato di dare un contributo alla ricerca relativa la commercializzazione all’interno di un territorio facilmente circoscritto, che presenta caratteristiche proprie, in particolare classi ceramiche peculiari importate che influenzano le popolazioni con cui entravano in contatto, contemporaneamente si è cercato di recuperare le tracce, sovente labili, di rapporti ed influenza dell’élite romana collegabili al periodo iniziato con la pax augustea, di cui sono rimaste scarse tracce per giungere ai Severi quando la Sardegna ha ricevuto i favori imperiali1536.

1530 MASTINO, ZUCCA 1991, p. 206; MASTINO 1995, p. 21; TRUDU 2012, p. 226. 1531 PASQUINUCCI, MENCHELLI 2010, pp. 1 -10.

1532 MASTINO, ZUCCA 1991, pp. 210 -212. 1533 MASTINO, ZUCCA 1991, pp. 216 -218. 1534 MASTINO 2009, p. 168.

1535 MASTINO 2009, pp. 207 - 208.

1536 L’imperatore Settimio Severo nel suo cursus honorum era stato questore in Sardegna, provincia con cui

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Per la presenza delle diverse figlinae si può osservare un predominio della produzione di terra sigillata italica rispetto alla produzione di tardo-italica (Fig.1), dimostrando come le diverse località siano state coinvolte nella circolazione di questa ceramica tra il periodo augusteo sino alla fase di II sec. d.C., pur diminuendo come officine di produzione, anche di lunga tradizione familiare ma mantenendo le tratte commerciali principali.

Classe Ceramica N. di figlinae

TSI 69

TSTI 13

Fig.1 - Tabella delle figlinae

Fig.2 - Rappresentazione grafica delle percentuali di presenza tra TSI e TSTI

Una prima analisi, dal grafico, dimostra che la Sardegna con la presenza di 69 figlinae, comprese quelle di cui non si ha una lettura completa, ha partecipato da subito, alla commercializzazione di questa nuova tipologia ceramica, pur avendo ancora molta importanza la ceramica a vernice nera locale che termina di essere prodotta verso la fine del I sec.d.C. con l’arrivo massiccio della terra sigillata africana. Questa analisi trova conferma anche nella forte riduzione di importazioni: a partire dalla metà del I sec.d.C./ età flavia il numero delle figline viene ad essere di soli 13 botteghe, tra cui solo i Rasinii ed i Murri continuano ad avere una forte presenza nel mercato isolano, mentre si instaurano rapporti commerciali con le principali figlinae che hanno occupato gli spazi non più sfruttati dalle botteghe precedenti. (Fig.2)

84% 16%