• Non ci sono risultati.

CAPITOLO QUARTO: CASI PRATICI DI DUMPING E MISURE ANTIDUMPING

Nel documento Dumping: aspetti economici e sociali (pagine 114-119)

Stati soggetti alle inchieste antidumping

CAPITOLO QUARTO: CASI PRATICI DI DUMPING E MISURE ANTIDUMPING

4.1 Il dumping nella realtà cinese

“L’economia cinese può considerarsi, allo stato attuale, un’economia in transizione verso un modello di mercato in linea con le economie a più avanzato sviluppo.

Nonostante la dinamicità di alcuni settori, in particolare quelli manifatturieri tradizionali e a basso contenuto tecnologico, altri settori soffrono tuttora un controllo centralizzato sulla gestione e sull’allocazione delle risorse e beneficiano di sussidi statali.

Il settore finanziario necessita di importanti riforme strutturali, caldeggiate anche dagli stessi economisti cinesi. La finanza nazionale è caratterizzata, in particolare, da ingente liquidità e dal controllo statale; quest’ultimo si concretizza in un intervento di Pechino sui flussi monetari, sui tassi di interesse e attraverso forme di controllo quantitativo sul credito. Tali alterazioni da parte del governo sono funzionali a un controllo dell’inflazione in modo da favorire le esportazioni verso i mercati esteri. Inoltre, le grandi banche pubbliche detengono il 60% degli asset totali del settore. L’intermediazione finanziaria non segue dunque logiche di mercato, e la concessione del credito è canalizzata verso le imprese di Stato. Al fine di favorire la transizione verso un modello di mercato, il 12° e il 13° Piano quinquennale (rispettivamente per i periodi 2011-2015 e 2016-2020) hanno entrambi assegnato un ruolo preminente alla riforma del settore finanziario. L’ultimo Piano recentemente approvato si concentrerà, in aggiunta, sul settore dei servizi, attualmente molto meno sviluppato rispetto al settore industriale e ancora gestito, in larga parte, in forma di monopolio statale; infatti, nonostante le liberalizzazioni già avviate, lo Stato detiene tutt’ora partecipazioni per circa il 40% del totale del settore, e per più del 70% nei servizi afferenti a trasporto, salute pubblica, educazione, telecomunicazioni e nei servizi di gestione dei beni pubblici.

115

Diversi operatori chiedono pertanto nuove riforme e un’accelerata sulle liberalizzazioni nel settore terziario, privilegiando logiche di mercato a quelle di controllo, al fine di eliminare le distorsioni sui meccanismi di determinazione dei prezzi.

Senza le suddette riforme, l’economia non potrà che continuare a caratterizzarsi come un’economia pianificata.

Il giudizio espresso finora dall’Unione Europea è dunque condivisibile: la Cina soddisfa solo uno dei cinque criteri fissati da Bruxelles per il riconoscimento dello status di economia di mercato100, evidenziando ancora carenze per quanto riguarda i requisiti relativi al grado di influenza governativa, all’indipendenza del settore finanziario, ed alla trasparenza ed efficienza del sistema giudiziario”101. Nelle more del riconoscimento della Cina come economia di mercato viene stabilito che gli importatori WTO per calcolare il margine di dumping possano utilizzare metodologie alternative al metodo del valore normale (il prezzo praticato all'interno del Paese di origine delle merci).

In particolare, l’Unione europea, in presenza di determinate condizioni, utilizza il cosiddetto metodo del “Paese analogo” (o “Paese di riferimento”) il quale consente, nel caso di importazioni in provenienza da Paesi non retti da un’economia di mercato, di determinare il valore normale in base al prezzo o al valore costruito in un Paese terzo ad economia di mercato oppure al prezzo per l’esportazione da tale Paese terzo ad altri Paesi.

100

La Cina ha aderito all’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) nel dicembre 2001. La Sezione 15 del Protocollo di adesione stabilisce che ciascun membro dell’Organizzazione è libero di decidere se concedere o meno alla Cina lo status di economia di mercato.

L’UE, ai sensi del regolamento antidumping di base, prevede 5 criteri ai fini del riconoscimento dello status di economia di mercato a un Paese terzo:

1. scarsa interferenza del Governo nell’allocazione delle risorse e nelle decisioni delle imprese, sia direttamente che indirettamente (es. fissazione di prezzi, discriminazioni fiscali o regimi valutari);

2. assenza di distorsioni statali nei processi di privatizzazione delle imprese e di sistemi commerciali o di compensazione non di mercato;

3. diritto societario trasparente, protezione degli azionisti, pubblicità dei dati aziendali; 4. insieme di norme coerente, efficace e trasparente sui diritti di proprietà e sul diritto

fallimentare (bancarotta);

5. esistenza di un settore finanziario realmente indipendente dallo Stato con sufficienti disposizioni ed adeguato controllo.

116

In tal modo, si possono considerare i prezzi (normalmente più alti) di un Paese terzo per applicare margini di correzione tariffaria antidumping superiori rispetto a quelli praticati considerando i prezzi o i costi interni cinesi.

In base ad altra norma del Protocollo di adesione della Cina al WTO, le suddette disposizioni decadrebbero con il riconoscimento dello status di mercato alla Cina e in ogni caso dopo 15 anni dalla data di adesione della Cina al WTO.

Intanto, è appena scaduto il quindicesimo anniversario dell’entrata della Cina nel WTO per cui essa, avvalendosi di quest’ultima disposizione, afferma che, a partire dall’11 dicembre 2016, i Paesi membri del WTO non possano più adottare, nelle procedure antidumping aventi ad oggetto prodotti importati dalla Cina, metodologie alternative a quella del cosiddetto valore normale; ciò comporterebbe per l’Unione europea l’abbandono del metodo del Paese analogo o di riferimento e di modificare pertanto il trattamento riservato alla Cina nelle indagini antidumping.

Tuttavia, tale decadenza è oggetto di controverse interpretazioni:

- Vi è la tesi di chi sostiene che l’Unione europea potrebbe continuare a utilizzare il metodo del Paese analogo anche dopo l’11 dicembre 2016; secondo tale tesi non verrebbe comunque meno l’onere in capo alle imprese cinesi di dimostrare che nel loro settore prevalgono condizioni di economia di mercato.

- Secondo un’altra interpretazione la decadenza delle norma in questione provocherebbe un’inversione dell’onere della prova: mentre oggi sono le imprese cinesi a dover dimostrare che nel loro settore prevalgono condizioni di economia di mercato, dopo l’11 dicembre 2016 ricadrebbe sulle autorità dei Paesi importatori l’onere di dimostrare che le imprese cinesi non operano in condizioni di mercato.

A seguito della suddetta scadenza il 12 dicembre 2016 la Cina ha formalmente avviato una richiesta di consultazioni con l’Unione europea, nell’ambito del WTO, sulle disposizioni del regolamento antidumping UE che prevedono un diverso regime da applicare alle importazioni provenienti dai cosiddetti Paesi a economia non di mercato, tra cui la Cina; le consultazioni si sono svolte il 23

117

gennaio 2017 ma non sono riuscite a risolvere la controversia. Di conseguenza il 9 marzo 2017 la Cina ha richiesto la costituzione di un gruppo di esperti avviando così formalmente la seconda fase del procedimento di contenzioso; l'UE ha contestato la richiesta di costituzione del panel ma il 3 aprile 2017 il Dispute Settlement Body (DSB - Corpo di Risoluzione delle Controversie)102 del WTO ha deciso di costituirlo anche se i membri non sono stati ancora scelti. È inoltre scaduta anche la data entro cui la Commissione Europea avrebbe dovuto esprimere un parere definitivo sull’opportunità di concedere a Pechino lo status di economia di mercato.

Sul punto, l’opinione statunitense sembra un netto no mentre l’UE sembra andare verso una posizione di compromesso che prevedrebbe la possibilità, nonostante il riconoscimento di Pechino come economia di mercato, di attuare una serie di verifiche su sospetti casi di dumping o per settori, da parte della stessa Commissione (e che per ora non metterebbe in discussione il sistema di dazi vigente)103.

Per quanto riguarda le Esportazioni cinesi è evidente che la Cina esporta principalmente componenti elettronici, macchinari, prodotti dell’industria tessile e di quella siderurgica.

Più del 50% del valore delle esportazioni è diretto ai partner asiatici quali Hong Kong e Giappone, nonostante il primo partner commerciale della Cina siano gli Stati Uniti.

Ad oggi, il volume dell’export ammonta a 172 miliardi di dollari, con un trend in costante crescita; il commercio verso paesi stranieri prevede un ulteriore aumento in base alle stime entro il 2020.

Nonostante l’obiettivo di Pechino sia quello di investire su produzioni ad alto contenuto tecnologico, in previsione la Cina continuerà a esportare

102

Il Consiglio Generale si riunisce come organismo di risoluzione delle controversie (DSB) per affrontare le controversie tra i membri dell'OMC. La risoluzione delle controversie commerciali è una delle attività fondamentali dell'OMC; una controversia sorge quando un governo membro ritiene che un altro governo membro stia violando un accordo o un impegno che ha fatto nell'OMC. L'OMC ha uno dei più attivi meccanismi di risoluzione delle controversie internazionali nel mondo. Dal 1995, oltre 500 controversie sono state portate all'OMC e sono state rilasciate più di 350 decisioni.

103

I dati relativi al riconoscimento dello status di economia di mercato e all’ingresso della Cina nel WTO sono tratti dal sito internet www.camera.it

118

principalmente macchinari e attrezzature da trasporto e beni di consumo del settore manifatturiero e tessile.

Il flusso in uscita di prodotti chimici crescerà maggiormente rispetto ad altri settori, rimanendo tuttavia entro valori contenuti al 2030.

Secondo le previsioni, il flusso in uscita rimarrà principalmente canalizzato verso i paesi asiatici, fra i quali economie emergenti come il Vietnam.

Le importazioni europee dalla Cina sono dominate dai beni industriali e di consumo: macchinari e attrezzature (169.563 mln di euro – 48,4%), calzature e abbigliamento (39.554 mln di euro – 11,3%), manifatturiero vario (32.335 mln di euro – 9,2%), metalli base (23.430 mln di euro – 6,7%), prodotti chimici (14.711 mln di euro – 4,2%).

119

Le esportazioni europee verso la Cina riguardano principalmente macchinari (50.714 mln di euro – 29,7%), attrezzature da trasporto (38.146 mln di euro – 22,4%), prodotti chimici (16.783 mln di euro – 9,8%), metalli base (10.553 mln di euro – 6,2%), strumenti ottici e fotografici (10.310 mln di euro – 6,0%).

IMPORTAZIONI 2015

Nel documento Dumping: aspetti economici e sociali (pagine 114-119)

Documenti correlati