SEGRETO ATTREZZATO PER IL SUONO.
Il riferimento all’ “agente segreto attrezzato per il suono”196, riguarda una questione di particolare rilevanza per le frequenti decisioni giurisprudenziali e per i vari aspetti teorici che essa prende in esame. Con questa espressione ci si riferisce ad un soggetto che, su incarico degli organi inquirenti, procura la captazione occulta di un colloquio di cui lui è parte; il soggetto può essere indifferentemente o un privato cittadino oppure un membro della polizia giudiziaria e la captazione può avvenire con due modalità: semplice registrazione della comunicazione su un idoneo supporto oppure la sua captazione con contestuale trasmissione alla polizia giudiziaria, la quale è così in grado di ascoltare direttamente il contenuto della conversazione stessa. La giurisprudenza e la dottrina, nonostante un non lontano intervento delle S.U. della Cassazione197, di cui si dirà in seguito, non hanno trovato una visione univoca del fenomeno, manifestando sostanzialmente due visioni contrapposte. Il primo orientamento, che possiamo considerare maggioritario, partendo dalla considerazione che l’agente, rispetto all’oggetto della captazione, difetta di terzietà, dato che riveste il ruolo di interlocutore, ritiene di escludere l’assimilazione della fattispecie a quella delle intercettazioni, giungendo a concludere che il risultato della registrazione è una semplice memorizzazione di ciò che è avvenuto. Così facendo la captazione viene
196 Questa espressione è stata utilizzata per la prima volta da M. SCAPARONE, In tema
d’indagini di polizia giudiziaria condotte per mezzo di un agente segreto “ attrezzato per il suono”, in Giur. cost., 1988, II, p. 247.
qualificata come una prova documentale, ai sensi dell’art. 234 c.p.p., con riferimento al supporto fonografico ricavato198.
Il secondo orientamento giurisprudenziale, dando rilievo al fatto che l’iniziativa dell’operazione è sempre riferibile alla polizia giudiziaria, individua nell’agente un semplice strumento materiale di quest’ultima da utilizzare, sostanzialmente, per effettuare una intercettazione, aggirando la disciplina legale prevista per quest’ultime199. Con la conclusione che i risultati della captazione devono considerarsi inutilizzabili, in difetto del provvedimento autorizzativo o della sua motivazione o per la difformità del procedimento da quello tipico200. Probabilmente il motivo di una giurisprudenza così ondivaga deriva dalla contrapposizione di aspetti garantistici da un lato e investigativi dall’altro che, caso per caso, prevalgono l’uno sull’altro201. In dottrina202 è stato sostenuto che, per cercare di dare una soluzione logica alla questione, si deve partire dall’analisi delle modalità operative adottate dall’ “agente segreto”. Si sostiene, pertanto, la necessità di distinguere l’ipotesi in cui l’incaricato sia
198 Cass., Sez. IV, 11 giugno 1998, Cabrini, in Giust. pen., 1999, III, c. 536; Cass., Sez. I, 2
marzo 1999, Cavinato, in C.e.d., n.213697; Cass., Sez. VI, 8 aprile 1999, Sacco, in C.e.d., n.214063; Cass., Sez. II, 5 novembre 2002, Modelfino, in Dir. pen. proc., 2003, p.291.
199 Cass, sez. I, 23 gennaio 2003, Lentini, in C.e.d, n. 223570; Cass., sez. I, 29 settembre
2000, Bayan, in C.e.d, n. 217548. In dottrina, concordano, A. CAMON, Le intercettazioni nel processo penale, Giuffrè, Milano, 1996, p.23., e F. CAPRIOLI, Intercettazione e registrazione di colloqui tra persone presenti nel passaggio dal vecchio al nuovo codice di procedura penale, in Riv. it. dir. e proc. pen., 1991, p.155.
200 Cass, sez. VI, 31 gennaio 2001, in C.e.d, n. 218412; Cass, sez. V, 11 maggio 2000,
Caputo, in Cass. pen, 2001., p.565.
201 L’attualità di tale situazione di incertezza è data ancora da una recente sentenza (
Cass., sez. VI, 9 giugno 2005, Dottino, in Guida al diritto, 2005, p.99.) dove si sostiene che “la disciplina di garanzia prevista per le intercettazioni di conversazioni o comunicazioni concerne esclusivamente l’intromissione esterna dell’autorità in una conversazione telefonica o tra presenti, e non si applica, pertanto, nel caso di colloqui privati registrati da parte di uno degli interlocutori, a nulla rilevando né che la registrazione sia stata da questi effettuata su richiesta della polizia giudiziaria né che il medesimo abbia agito utilizzando materiale fornito o addirittura appartenente alla polizia giudiziaria, ancorché quest’ultima o qualsiasi terzo, possa contemporaneamente ascoltare”.
202 C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova,
dotato di apparecchi ricetrasmittenti capaci di consentire la captazione del dialogo simultaneamente anche alla polizia giudiziaria oppure no; nel primo caso è facile riconoscere l’esistenza del requisito della terzietà del captante (polizia giudiziaria) e la contestualità tra la formazione dell’atto, comunicativo e la sua occulta captazione203, con la conseguenza che appare corretto considerare l’operazione una intercettazione, non essendo più di ostacolo la consapevolezza della stessa da parte di uno degli interlocutori204.
Nella seconda ipotesi, la semplice registrazione della conversazione da parte dell’agente non rientrerà nel concetto d’intercettazione, per difetto dei soprarichiamati requisiti, pur rimanendo aperto il problema della qualificazione della riproduzione fonica così ottenuta nell’ambito della categoria delle prove documentali, come sembra prevalere in sede giurisprudenziale.
203 Dello stesso avviso L. FILIPPI, L’intercettazione di comunicazioni, Giuffrè, Milano, 1997,
p.38 e Cass, sez. I, 23 gennaio 2003, Lentini, cit.
204 In dottrina taluno non ritiene utile tale distinzione; per tutti, F. CAPRIOLI, Colloqui riservati e prova penale, Giappichelli, Torino, 2000, p.154., per il quale “ se il
collaboratore della polizia, in esecuzione di uno specifico mandato in tal senso, ascolta con le proprie orecchie e nel frattempo registra il colloquio, non ve dubbio che la sua condotta in sé e per sé considerata non integri gli estremi dell’intercettazione. [….] Ma se la medesima fattispecie viene considerata dall’angolo visuale della polizia giudiziaria, è difficile sottrarsi all’impressione che quest’ultima abbia intercettato. Qui gli inquirenti percepiscono il colloquio esclusivamente per il tramite di una registrazione effettuata per loro volontà: l’operatore non è che un estensione dello strumento meccanico, un mezzo perché questo funzioni; la sua percezione diretta è ininfluente ai fini della formazione della prova documentale. L’impressione non muta neppure se si adotta il punto di vista dei soggetti intercettati, i quali scontano la scarsa cautela dimostrata nel permettere l’ascolto fisiologico accollandosi il rischio della legittima testimonianza dell’ascoltatore, ma certamente non meritano, in ragione del loro incauto atteggiamento, una tutela affievolita contro le intrusioni tecnologiche nella propria sfera privata. Intercettazione, dunque: se non altro perché la fattispecie considerata non differisce in nulla dall’ipotesi in cui l’ascoltatore fisiologico attrezzato per il suono, anziché registrare e poi consegnare la cassetta al terzo, manovri un dispositivo che permetta a quest’ultimo l’ascolto contestuale della conversazione”.
Ma sul punto sussistono delle riserve di parte della dottrina205, la quale sostiene che la prova documentale di cui all’art. 234 c.p.p. è per sua definizione un quid formatosi fuori dal procedimento penale. E mentre ciò è indiscutibile per l’ipotesi della registrazione effettuata dal privato di propria iniziativa di un colloquio di cui è parte, non è assolutamente così nell’ipotesi in esame, in quanto l’intervento della polizia giudiziaria fa presupporre l’esistenza di un procedimento, al cui interno si colloca la registrazione, che costituisce il risultato di un’operazione investigativa. Pertanto, si deve ritenere compatibile che l’ipotesi in questione possa assumere una qualificazione in termini di mezzo di ricerca della prova atipico di cui all’art. 189 c.p.p., con la particolare necessità di individuare i limiti invalicabili dettati dalle norme di sistema e dai principi costituzionali inderogabili.
Di fronte a queste plurime interpretazioni, nel 2003, le S.U. della Cassazione206 sono intervenute. La pronuncia, in particolare, si rese necessaria per stabilire se la registrazione fonografica di colloqui intercorsi tra operatori di polizia giudiziaria e loro informatori, effettuata dai primi, ma all’insaputa dei secondi, necessiti, per l’utilizzabilità probatoria dei contenuti, dell’autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, nelle forme e termini previsti per le intercettazioni e comunicazioni tra presenti. In quest’articolata sentenza, la Cassazione, in merito all’inquadramento della captazione delle comunicazioni, ha precisato che la fattispecie in esame non era riconducibile al genere delle
205 C. MARINELLI, Intercettazioni processuali e nuovi mezzi di ricerca della prova, cit., p.40. 206 Cass. pen, Sez. Un., 28 maggio 2003, Torcasio, cit.
intercettazioni, in quanto l’intercettazione è stata indicata come “l’apprensione occulta, in tempo reale, del contenuto di una conversazione o di una
comunicazione in corso tra due o più persone da parte di altri soggetti, estranei al colloquio”. Nel caso di specie, quindi, difettava sia la terzietà del captante
sia la compressione del diritto alla segretezza della comunicazione207, stante la partecipazione del soggetto alla conversazione stessa.
In ordine al profilo dell’utilizzabilità dei dati raccolti, la stessa sentenza, pur qualificando il supporto contenente le registrazioni sonore come prova documentale acquisibile al processo ai sensi dell’art. 234 c.p.p., ha voluto evidenziare come tale legittima acquisizione non debba eludere i divieti stabiliti dalla legge a tutela dei diritti soggettivi delle parti e del principio del contradditorio nella formazione della prova208. Cosicché, è stato evidenziato come l’acquisizione di questi dati da parte della polizia giudiziaria può comportare il rischio di un’elusione dei divieti tra i quali quelli di testimonianza previsti dagli art. 62 e 195, comma 4, c.p.p.; delle garanzie previste per le dichiarazioni auto indizianti dall’art 63 c.p.p. ed, infine della disciplina riguardante le dichiarazioni confidenziali rese ai sensi dell’art. 203 c.p.p.. Di qui l’importanza di distinguere tra prove vietate e prove ammissibili, con particolare riferimento a quanto pronunciato dall’indagato, durante l’attività svolta in violazione dei divieti stabiliti dalla legge. Conclude, difatti, la sentenza affermando che “il
207 Secondo la Cassazione non c’è lesione del diritto alla segretezza delle comunicazioni,
poiché il contenuto della comunicazione è entrato a far parte del patrimonio di conoscenze di ciascuno degli interlocutori, che né può liberamente disporre, salvo la presenza di espressi divieti.
208 Così R. FONTI, Sul regime di utilizzabilità delle registrazioni di colloqui tra operatori di
documento fonico di per sé per la sola ragione che è legittimato dall’art. 234 c.p.p., non rende valida ed utilizzabile un acquisizione invalida, perché in violazione di altri divieti stabiliti, nel caso specifico, dalla legge”. Ultimamente la giurisprudenza, sia di legittimità209 che di merito210, sembra aver sposato una nuova chiave di lettura, partendo dall’assunto che queste captazioni non devono, in realtà, considerarsi dei meri documenti ma rappresentano semplicemente, un modo di documentare un attività d’indagine, anche se effettuata con la collaborazione del privato. Partendo da questa affermazione, viene così giustificata la necessità che vi sia un controllo dell’ Autorità giudiziaria poiché tale attività investigativa viene comunque ad incidere sul diritto alla segretezza delle conversazioni e delle comunicazioni. Così, per evitare una lesione alla segretezza tutelata dall’art. 15 Cost., quest’orientamento più recente ha preferito una soluzione di compromesso, precisando che le registrazioni effettuate da un soggetto che partecipa al dialogo, con strumenti di captazione forniti dagli investigatori, non sono assimilabili alle intercettazioni in quanto comportano un minor grado di intrusione nella sfera privata, perché effettuate con il pieno consenso di almeno uno dei partecipanti alla conversazione; per cui, ai fini della tutela prevista dall’art. 15 Cost. è
209 Cass., sez II, 13 febbraio 2014, n. 7035, Polito, in C.E.D, n.258551., che afferma, che “ la
registrazione fonografica occultamente eseguita da uno degli interlocutori d’intesa con la polizia giudiziaria e con apparecchiature da questa fornite non costituisce documento utilizzabile ai sensi dell’art. 234 c.p.p., ma rappresenta la documentazione di un’attività d’indagine, che non implica la necessità di osservare le forme previste dagli artt. 266 e ss. c.p.p., richiedendo comunque un provvedimento motivato di autorizzazione del P.M.
210 Trib. Milano, ord. 13 marzo 2012, est. Barazzetta, in www.penalecontemporaneo.it,
con nota di G. Leo, Necessario il provvedimento autorizzativo dell’autorità giudiziaria per
sufficiente un livello di garanzia minore rappresentato da un provvedimento motivato dall’Autorità giudiziaria, che può consistere anche in un decreto del P.M.
È bene ricordare che lo stesso livello minimo di garanzia è richiesto per l’acquisizione di tabulati telefonici211 e per le videoriprese effettuate al di fuori del domicilio212. Ma quest’ultimo orientamento soprariportato ha prestato il fianco a diverse critiche da parte della dottrina in ordine a particolari profili. Infatti, l’avere escluso la riconducibilità della fattispecie all’istituto dell’intercettazione e l’aver richiamato i diritti tutelati dall’art. 15 Cost., non poteva non far pervenire ad un giudizio di illegittimità dell’operazione, soprattutto se si considera che la citata norma costituzionale impone, non solo l’obbligo del provvedimento motivato, ma anche l’obbligo dell’espressa previsione di legge213. In secondo luogo è apparso non idoneo che la Cassazione reputasse adeguata la soluzione prospettata, ritenendo sufficiente un decreto motivato emesso dal P.M214. Infatti, pur essendo vero che l’organo titolare delle indagini è il soggetto più idoneo a conoscere le esigenze investigative che giustificano un’operazione di captazione, è altrettanto vero che la posizione dell’indagato potrebbe essere irrimediabilmente menomata da strumentalizzazioni legate ad un esercizio arbitrario di un tale potere.
211 Vedi art. 256 c.p.p.
212 Cass., sez II, 13 febbraio 2014, n. 7035, Polito, cit.
213 C. ANGELONI, Note in tema di registrazioni fonografiche, in Giur. it.,2011, p.184.
214 Così, P. GAETA, Per utilizzare registrazioni fra presenti fatte dalla p.g è sufficiente un
Sulla base di quest’ultime considerazioni, va dato atto che parte della dottrina215, pur accettando in astratto i due principi contenuti nelle ultime decisioni giurisprudenziali, e precisamente, la qualificazione delle registrazioni come documentazione dell’attività d’indagine ed il giusto riferimento alla segretezza delle comunicazioni, ritiene che il punto scriminante per l’accostamento tra le intercettazioni e le registrazioni in esame sia dato dall’estraneità del soggetto captante. E che tale elemento sia imprescindibile sembra negato da quanto prevede l’art. 266, comma I, lett. f ), c.p.p., che consente di disporre l’intercettazione anche in caso di ingiuria, molestia o disturbo alle persone col mezzo del telefono, dimostrando con ciò, come è stato affermato dalla Consulta, che “anche quando è lo stesso denunciante a sollecitare l’intercettazione ed è quindi quasi sempre partecipe e comunque consapevole della conversazione recante ingiuria, molestia o disturbo, gli artt. 266-271 c.p.p. debbono trovare applicazione”216. Chi sostiene tale visione trova ulteriore conferma nel fatto che tale interpretazione appare in linea con i principi affermati anche dall’art. 8 della CEDU217 e confermati dalla Corte europea dei diritti dell’uomo218.
215 DEL COCO, Registrazioni audio-‐video su impulso dell’investigatore, in Le indagini
atipiche, a cura di Adolfo Scalfati, Giappichelli, Torino, 2014, p.16.
216 Corte Cost., 4 Dicembre 2009, n. 320, cit.
217 Art. 8 CEDU: “1. Ogni persona ha diritto al rispetto della sua vita privata e familiare,
del suo domicilio e della sua corrispondenza. 2. Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell'esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria per la sicurezza nazionale, per la pubblica sicurezza, per il benessere economico del paese, per la difesa dell'ordine e per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale, o per la protezione dei diritti e delle libertà altrui.
218 L. TOMASI, sub art.8, in S. Bartole-‐ P. De Sena-‐ V. Zagrebelsky ( a cura di), Commentario
In sostanza, tutte le posizioni fin qui riportate sia dottrinali che giurisprudenziali non fanno che evidenziare l’esistenza di un vuoto normativo da colmare prima possibile per evitare che la prassi giudiziaria perpetui la violazione dei principi fondamentali sia costituzionali che sovranazionali, anche se spesso funzionali all’efficienza delle indagini ed, anche esse, riconducibili al dovere dello Stato di reprimere la commissione di reati e garantire la sicurezza sociale come previsto dall’art. 112 Cost. E la chiave di lettura, auspicabile per il legislatore, potrebbe essere rappresentata da quanto affermato dalla Corte Costituzionale219, in tema di disciplina delle intercettazioni telefoniche, secondo cui esse sono realizzabili solo in casi tassativi e con il rigoroso controllo dell’Autorità giudiziaria: cioè riserva di legge e di giurisdizione, come previsto dall’art 15, comma 2, Cost.
S
EZIONEIII
I
L PEDINAMENTO SATELLITARE O ELETTRONICO.
1. IL CONCETTO DI PEDINAMENTO SATELLITARE O ELETTRONICO E
SUA NATURA GIURIDICA.
L’attività più tradizionale e significativa del lavoro degli inquirenti è il pedinamento di una persona indagata o di altri soggetti, i cui spostamenti assumono rilevanza nell’ambito di un procedimento penale. Attraverso
219 Cort. Cost. 6 aprile 1973, n.34, in Giur. cost., 1973, p.316, con nota di V. Grevi,
Insegnamenti, moniti e silenzi della Corte Costituzionale in tema di intercettazioni telefoniche.
questa tipologia d’indagine si può, ad esempio, partendo dal pedinamento di un solo soggetto ricostruire un’intera organizzazione criminale, individuando tutti i suoi componenti. Originariamente, è la stessa etimologia del verbo pedinare che ci fa ricordare come quest’attività consiste nel controllare a vista il soggetto interessato che viene seguito inizialmente a piedi e, solo successivamente, con l’evoluzione dei mezzi di locomozione, anche utilizzando questi ultimi. È stata, sin dall’origine, un’attività che ha richiesto per la sua esecuzione l’utilizzo di più mezzi e più uomini creando così la possibilità di alternarsi nel corso delle ventiquattro ore per mantenere costante il controllo stesso220.
Pur mantenendo un valore investigativo spesso fondamentale, negli ultimi anni, si può dire che, il modus operandi ha subito un mutamento con un importante contestuale salto di qualità nella sua efficacia, grazie all’avvento di nuove tecnologie. L’uso dei nuovi sistemi tecnologici di localizzazione ha dato vita al cosiddetto “pedinamento elettronico”. Con l’ulteriore precisazione che la contemporanea utilizzazione di apparati elettronici collegati con strumenti satellitari ha comportato la definizione, in tali ipotesi di “pedinamento satellitare”.
Come in molti settori di cui ci stiamo occupando in questo lavoro, all’evoluzione di questo fenomeno non ha fatto seguito un idoneo e veloce aggiornamento della legislazione processuale, cosicché la giurisprudenza ha avuto ed ha tuttora un importante ruolo di supplenza, necessario per dirimere le problematiche che scaturiscono dall’utilizzo di
220 Differisce dal pedinamento la cosiddetta operazione di “appostamento o
appiattimento”, caratterizzata dalla staticità della postazione di controllo ove agiscono gli operatori della polizia giudiziaria.
questi nuovi strumenti, di cui è indispensabile studiare le potenzialità affinché tali attività d’indagine possano inquadrarsi in un ambito normativo che ne regoli modalità e limiti; il tutto nell’ottica di garantire, in modo particolare, non solo le esigenze d’indagine ma anche il rispetto dei diritti fondamentali della persona. Tra tutte le tecniche innovative uno dei ruoli principali viene svolto dalla cosiddetta “localizzazione satellitare”, che rappresenta l’ultima frontiera rispetto alle vecchie operazioni di pedinamento, consentendo di tracciare gli spostamenti di un veicolo o di una persona a distanza, evitando così i rischi e i limiti propri della tradizionale attività di appostamento e osservazione. In concreto il pedinamento satellitare sfrutta il sistema di posizionamento geografico denominato GPS (Global Positioning System)221, che si ottiene da un complesso di ventiquattro satelliti, disposti su sei piani orbitali posizionati ad una altezza di 20200 km, che compiono due rotazioni del pianeta al giorno; tali orbite sono studiate in modo da garantire che ogni punto del pianeta sia raggiunto contemporaneamente da almeno quattro satelliti che, attraverso onde elettromagnetiche, inviano continuamente informazioni sulla loro posizione222. Tale rete consente a un ricevitore GPS, elaborando l’incrocio dei dati forniti da almeno quattro satelliti, di stabilire, con approssimazione poco significante, le proprie coordinate geografiche, la latitudine e la longitudine della propria posizione, nonché
221 Con detto termine si indica un complesso sistema di radio-‐navigazione di proprietà
del dipartimento della difesa degli Stati Uniti d’America che fornisce, informazioni su posizionamento, spostamenti e misurazioni del tempo in ogni parte del mondo ed in qualsiasi condizione atmosferica.
222 I satelliti sono controllati da quattro stazioni di tracciamento (main tracking station)
l’orario, la velocità e la direzione in cui si muove il ricevitore stesso223. Va dato atto che oltre l’originario sistema GPS, col tempo sono stati creati altri strumenti come l’iridium224 e il più recente sistema Galileo225. Riveste particolare efficacia anche la possibilità di localizzare un soggetto tramite il telefono cellulare. Infatti, la telefonia mobile, si basa su un sistema di celle in cui è suddiviso il territorio coperto dal servizio, le quali sono costantemente in contatto con gli apparecchi per consentire la