• Non ci sono risultati.

Il principio di atipicità nella materia probatoria: coordinate sistematiche e ricadute applicative.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il principio di atipicità nella materia probatoria: coordinate sistematiche e ricadute applicative."

Copied!
227
0
0

Testo completo

(1)

Sommario

Introduzione

………...……...p. 5

Capitolo

I.

Aspetti generali della prova atipica: definizione, ambito di

applicazione, sua ammissibilità e assunzione.

1. Sistemi processuali e cenni storici………...………...……p. 9 2. La definizione della prova non disciplinata dalla legge e suo ambito di

applicazione………...……...…...p. 17

3. L’applicabilità dell’art. 189 c.p.p. ai mezzi di ricerca della prova....…...…p. 19 4. L’ammissibilità e l’assunzione della prova atipica……..…………..……p. 22

Capitolo II.

Ammissibilità della prova atipica: limiti della legge e limiti

costituzionali.

1. Premessa………..…………...…..…..p. 30 2. Limiti di ammissibilità di legge………...……p. 31 3. Limiti di ammissibilità costituzionali………..………...……p.38

(2)

Capitolo III.

Le captazioni di immagini, movimenti e comunicazioni.

Premessa………...………..…...p. 52

Sezione I

Le videoregistrazioni

1. Le videoregistrazioni eseguite da soggetti diversi dagli inquirenti………...p. 53 2. Le videoregistrazioni come documentazione di attività tipiche d’indagine...p. 55 3. Le videoregistrazioni quali atti d’indagine autonomi…………...……...p. 56 4. Le videoregistrazioni in luoghi pubblici………..…………p. 67 5. Le videoregistrazioni nei luoghi di privata dimora…...……….p. 70 6. Le videoregistrazioni nei luoghi “riservati”………...…..p. 77 7. I problemi applicativi derivanti dall’elaborazione giurisprudenziale……...p. 84 8. L’evoluzione informatica delle videoriprese: il caso dell’attivazione in “remoto della

webcam”………...…..……….…p. 90

Sezione II

L’ascolto occulto delle conversazioni tra presenti.

1.

I caratteri distintivi………...……p. 98

2. La captazione di conversazioni effettuate dal privato “motu proprio”...p. 100 3. La captazione di conversazioni effettuate dall’agente segreto attrezzato per il

(3)

Sezione III

Il pedinamento satellitare o elettronico.

1. Il concetto di pedinamento satellitare o elettronico e sua natura giuridica...p. 110 2. Il pedinamento satellitare: ipotesi di prova atipica………...…...…p. 119 3. Modalità di esecuzione del pedinamento satellitare e compatibilità con i diritti

fondamentali………...….p. 123

4. I risultati del pedinamento satellitare: atti ripetibili o irripetibili?...p. 128

Capitolo IV

Le investigazioni informatiche.

1. Premessa……….…………...…...p. 137 2. La legge 18 marzo 2008 n.48: introduzione della computer forensics nel sistema

processuale italiano………...p.142

3. Ispezione e perquisizione di sistemi informatici e telematici………...p. 148 4. Il sequestro informatico………...……..p. 151 5. Un’ipotesi particolare: l’oscuramento………...…………..p.158 6. L’investigazione informatica a scopo esplorativo…….……...…p. 162

Capitolo V

Le c.d. perquisizioni online.

(4)

2. Le perquisizioni online: esperienze europee ed internazionali…………....p. 171 3. Le perquisizioni online nel vigente ordinamento italiano...p. 176 4. Le perquisizioni online in Italia: dal diritto alla prassi………...………p. 183

5. La normativa antiterrorismo e l’introduzione delle perquisizioni online:

opportunità o errore?...p. 189

6. Il problema della modalità della raccolta delle prove digitali...p. 193

Capitolo VI

Il mandato europeo di ricerca della prova.

1. Premessa………...………p. 200 2. Caratteri generali e sue criticità………...……...p. 201

Osservazioni conclusive

……….………...p. 209

(5)

INTRODUZIONE

Il tema della “prova atipica” trova il suo fondamento normativo nell’art. 189 c.p.p., inserito dal legislatore del 1988 tra le disposizioni generali riportate dal Titolo Primo del Libro Terzo del Codice di Procedura Penale. L’apparente chiarezza lessicale dell’articolo nasconde in realtà due aspetti di particolare rilievo: uno di carattere storico-scientifico, e l’altro di applicazione pratica.

Per quanto concerne il primo, si deve tener conto che quest’articolo costituisce il risultato, o meglio la sintesi, del dibattito fondamentale che si svolse durante la nascita del vigente codice di procedura penale tra chi sosteneva la tassatività dei mezzi di prova e chi invece sosteneva la libertà degli stessi1. L’altro aspetto concerne l’individuazione dei confini di ammissibilità di questa tipologia di prova sulla base del necessario confronto con il principio di legalità processuale sancito all’art.111 comma 1 della Costituzione2 e dell’art.6 comma 1 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo3, norme poste sia per garantire la corretta                                                                                                                

1  Regola  vigente  fino  al  codice  del  1930.  Sul  tema  E.  ZAPPALÀ,  Il  principio  di  tassatività  dei  

mezzi  di  prova,  Giuffrè  ,1984,  p.1  e  ss.  

2  Cost,  art.111,comma  1:  “La  giurisdizione  si  attua  mediante  il  giusto  processo  regolato  

dalla  legge”.  

3  CEDU   art.6   comma   1:   “Ogni   persona   ha   diritto   a   che   la   sua   causa   sia   esaminata  

equamente,   pubblicamente   ed   entro   un   termine   ragionevole   da   un   tribunale   indipendente   e   imparziale,   costituito   per   legge,   il   quale   deciderà   sia   delle   controversie   sui  suoi  diritti  e  doveri  di  carattere  civile,  sia  della  fondatezza  di  ogni  accusa  penale  che   le   venga   rivolta.   La   sentenza   deve   essere   resa   pubblicamente,   ma   l'accesso   alla   sala   d'udienza  può  essere  vietato  alla  stampa  e  al  pubblico  durante  tutto  o  parte  del  processo  

(6)

ricostruzione del fatto ma soprattutto a tutela dei diritti fondamentali dell’individuo.

Proprio una corretta applicazione di questa norma si rende necessaria per porre un freno a prassi giurisprudenziali devianti che, facendo ricorso ad interpretazioni innovative circa l’atipicità probatoria, classificano come atipiche, e quindi ammissibili, prove assunte contra legem ovvero assunte violando disposizioni dettate dall’ordinamento.

Si pensi alle ipotesi della ricognizione dell’imputato in udienza, la captazione di conversazioni da parte di soggetto attrezzato per il suono oppure il caso del riconoscimento fotografico effettuato di propria iniziativa dalla polizia giudiziaria.

Del resto l’applicabilità dell’articolo in esame dovrebbe limitarsi a quelle prove che siano realmente “innominate”, se è vero che la norma stessa richiede che preventivamente venga verificata la possibilità di assumere la prova richiesta secondo uno dei modelli tipizzati dal legislatore; solo dopo l’esito negativo di tale verifica, il giudice potrà provvedere ad ammettere la prova richiesta.

Altro aspetto discusso, che si fa derivare dal principio di legalità del processo, è l’applicazione di quanto previsto dall’art 189 c.p.p. alle fasi anteriori al dibattimento in virtù dell’art. 61 c.p.p. che estende i diritti e le garanzie riconosciute all’imputato anche alla persona sottoposta ad indagini preliminari.

                                                                                                                                                                                                                                                                     

nell'interesse   della   morale,   dell'ordine   pubblico   o   della   sicurezza   nazionale   in   una   società  democratica,  quando  lo  esigono  gli  interessi  dei  minori  o  la  protezione  della  vita   privata   delle   parti   in   causa,   o   nella   misura   giudicata   strettamente   necessaria   dal   tribunale,  quando  in  circostanze  speciali  la  pubblicità  può  pregiudicare  gli  interessi  della   giustizia”.  

(7)

Non minor importanza riveste il dibattito, soprattutto della dottrina processualpenalistica circa il problema della definizione della prova non disciplinata dalla legge: l’atipicità si riferisce solo al mezzo di prova o anche alle modalità attraverso le quali il mezzo viene acquisito al processo?

Esistono diverse forme di atipicità dei mezzi di prova? Sono configurabili mezzi atipici di ricerca della prova?4

Queste problematiche, come anche altre, hanno dato luogo ad un interessamento, sia dottrinario che giurisprudenziale, particolarmente vivo ed in continuo fermento, tenuto conto che il concetto di prova atipica è oggi legato anche al concetto di nuova prova scientifica, con tutte le conseguenze del caso in ordine alla loro ammissibilità come mezzi di prova. In questa ottica relegare il tema della prova atipica ad ipotesi residuale esige un ripensamento ed obbliga l’interprete ad evidenziare e definire in modo certo i diversi aspetti e requisiti applicativi soprattutto nei confronti dei principi costituzionali ed internazionali5 direttamente                                                                                                                

4  Il  vigente  codice  di  procedura  penale  ha  introdotto  la  distinzione  innovativa  tra  mezzi  

di   prova   e   mezzi   di   ricerca   della   prova.   Come   riportato   nella   relazione   al   progetto   preliminare  del  codice  stesso(  p.59)  i  primi  vengono  definiti  come  mezzi  idonei  di  per  sè   ad  offrire  al  giudice  risultanze  probatorie  da  poter  utilizzare  in  sede  di  decisione,  mentre   i  secondi  si  caratterizzano  per  la  loro  funzione  di  servizio  finalizzata  all’acquisizione  al   processo  di  cose  materiali,  tracce  o  dichiarazioni  dotate  di  attitudine  probatoria.  

5  Oltre  la  CEDU  già  citata,  si  vedano  gli  art.  11,12  della  Dichiarazione  universale  dei  diritti  

umani: Articolo  11  “1.  Ogni  individuo  accusato  di  reato  è  presunto  innocente  sino  a  che   la  sua  colpevolezza  non  sia  stata  provata  legalmente  in  un  pubblico  processo  nel  quale   egli  abbia  avuto  tutte  le  garanzie  per  la  sua  difesa.    2.  Nessun  individuo  sarà  condannato   per   un   comportamento   commissivo   od   omissivo   che,   al   momento   in   cui   sia   stato   perpetrato,   non   costituisse   reato   secondo   il   diritto   interno   o   secondo   il   diritto   internazionale.   Non   potrà   del   pari   essere   inflitta   alcuna   pena   superiore   a   quella   applicabile   al   momento   in   cui   il   reato   sia   stato   commesso.”;   Articolo   12   “Nessun   individuo  potrà  essere  sottoposto  ad  interferenze  arbitrarie  nella  sua  vita  privata,  nella   sua  famiglia,  nella  sua  casa,  nella  sua  corrispondenza,  né  a  lesioni  del  suo  onore  e  della   sua   reputazione.   Ogni   individuo   ha   diritto   ad   essere   tutelato   dalla   legge   contro   tali   interferenze  o  lesioni.”  

(8)

applicabili nel nostro ordinamento ai sensi e per gli effetti dell’ art. 11 della Costituzione.

Nel corso del lavoro si cercherà di riassumere lo stato del dibattito sul tema, sia dal punto di vista dottrinario sia da quello giurisprudenziale, evidenziando in particolar modo gli aspetti più contrastati, quali l’ammissibilità, l’utilizzabilità ed i limiti costituzionali o di altra natura delle prove atipiche, nonché alcune ipotesi pratiche di questa tipologia di prova che gli interpreti ritengono di riconoscere come casi di prove atipiche, ed inoltre alle ipotesi di nuovi mezzi di ricerca della prova, per i quali si invoca il riferimento al concetto di atipicità per legittimare la loro ammissibilità nel procedimento penale. Il tutto con particolare riferimento ai quei mezzi di ricerca nati con l’evoluzione tecnologica ed in continuo mutamento man mano che il progresso scientifico propone nuove opportunità interessanti per gli organi inquirenti.

                                                                                                                                                                                                                                                                     

(9)

C

APITOLO

I

A

SPETTI GENERALI DELLA PROVA ATIPICA

:

DEFINIZIONE

,

AMBITO DI APPLICAZIONE

,

SUA AMMISSIBILITÀ ED ASSUNZIONE

.

1. SISTEMI PROCESSUALI E CENNI STORICI.

È dato comune che ogni Stato, in qualsiasi tempo, ha avuto ed ha necessità di regolare il fenomeno giuridico del processo penale. Tuttavia le epoche storiche ed i vari ordinamenti hanno prodotto molteplici articolazioni e forme tali da non consentire di immaginare il fenomeno come riconducibile ad un modello univoco.

Ciononostante, nei vari sistemi è possibile individuare e riconoscere degli elementi comuni che rappresentano, da un punto di vista generale ed astratto, dei modelli processuali6.

I modelli che appaiono più frequenti sono due: l’inquisitorio e l’accusatorio. Dal punto di vista del fine cui deve tendere il processo penale, i due modelli si differenziano in quanto, il modello inquisitorio sembra basarsi più sulla valutazione dell’illecito penale come violazione dell’interesse pubblico al mantenimento della pace sociale e della giustizia, mentre il modello accusatorio è maggiormente rivolto a una

                                                                                                               

6  Vedi  G.  TRANCHINA,  Il  processo  penale  e  le  sue  caratteristiche,  in  D.  SIRACUSANO,  A.  GALATI,  G.  

(10)

valutazione dell’illecito penale come violazione d’interessi individuali7. Se si considerano questi sistemi invece dal punto di vista strutturale, il sistema inquisitorio è caratterizzato dalla presenza di un giudice inquisitore che può ricercare e giungere anche da solo ad una verità che sarà tanto più indiscutibile quanto più potere gli sarà riconosciuto dall’ordinamento. In alternativa il sistema accusatorio, partendo dalla certezza dei limiti della natura umana, ritiene che la ricostruzione del fatto storico possa avvenire solo con il confronto tra le diverse rappresentazioni prospettate dalle parti: in sostanza, per giungere alla verità si considera preferibile lo scontro tra soggetti mossi da interessi contrapposti, in cui il giudice svolge un ruolo più da arbitro e tutore delle regole processuali.

Per quanto concerne l’ordinamento italiano, durante il secolo appena trascorso, grande è stato l’interesse degli studiosi circa le modalità di accertamento della verità che caratterizzano i suddetti sistemi, in particolare in occasione delle modifiche legislative. Infatti con il nuovo codice di procedura penale, entrato in vigore nel 1989, è stato abbandonato il precedente sistema caratterizzato da una forte impronta inquisitoria8, anche se dichiarato formalmente misto9, per passare ad un

                                                                                                               

7  C’è   chi   sostiene   non   errata   “sebbene   alquanto   schematica,   la   ricorrente   affermazione  

secondo   cui   il   processo   accusatorio   sarebbe   espressione   dei   regimi   democratici,   il   processo  inquisitorio  dei  regimi  totalitari”,  vedi  G.  ILLUMINATI,  Accusatorio  ed  inquisitorio(   sistema),  in  Enc.giur.Treccani,  vol  I,  Roma  1988,  p.2.  

8  Anche   se   nella   relazione   al   precedente   codice   di   procedura   penale   il   Ministro   della  

Giustizia   Rocco   aveva   dichiarato   che   l’obiettivo   del   codice   stesso   era   “un   giusto   equilibrio”  tra  gli  interessi  dello  stato  e  quelli  dell’imputato,  non  si  può  non  ricordare  che   la  fase  istruttoria  era  caratterizzata  dalla  segretezza  e  dalla  scarsa  attuazione  del  diritto   di  difesa;  il  pubblico  ministero  era  dipendente  dal  potere  esecutivo  ed  aveva  i  medesimi   poteri  coercitivi  previsti  per  il  giudice  istruttore;  egli  poteva  assumere  prove  e  decidere   di  rinviare  l’imputato  a  giudizio  come  fosse  stato  un  giudice.  

(11)

sistema accusatorio. Fondamentale, con questa riforma è stata la netta separazione tra le funzioni attinenti all’azione penale, che sono attribuite al P.M e concentrate nella fase delle indagini preliminari e le funzioni attinenti alla giurisdizione assegnate ad un organo giurisdizionale nella fase del dibattimento, con la conseguenza, in materia di prove, che nella fase dibattimentale possono essere utilizzate come prove solo quelle formatesi con il metodo del contradditorio tra le parti.

Quindi la fase del dibattimento, quale unica sede dove è consentito accertare e provare i fatti, ha determinato un cambio di prospettiva rispetto al modello previgente, poiché l’iniziativa di ricerca della prova e richiesta di ammissione dei mezzi di prova è attribuita alle parti10. È bene comunque precisare che tale cambiamento è senz’altro frutto della riforma codicistica del 1989, ma ciò non vuol dire che, in ogni caso, l’iniziativa probatoria delle parti sia una caratteristica necessaria del sistema accusatorio11. Ne siano prova, ad esempio, il codice di procedura civile napoleonico e il codice di procedura civile austriaco del 1898, che prevedono iniziative d’ufficio del giudice e un suo ruolo comunque

                                                                                                                                                                                                                                                                      9  Il  sistema  misto  è  un  sistema  che  ha  in  sé  elementi  sia  del  sistema  accusatorio  (difesa  

dell’imputato)  che  di  quello  inquisitorio  (difesa  della  società  dal  crimine);  infatti  la  fase   anteriore   al   dibattimento   è   prevalentemente   inquisitoria   in   quanto   segreta   e   condotta   dal  giudice;  invece  il  dibattimento  è  prevalentemente  accusatorio  in  quanto  fondato  sul   contraddittorio  tra  le  parti.  

10  Riguardo  all’iniziativa  probatoria,  con  il  nuovo  ordinamento  al  giudice  è  riconosciuto  

un   ruolo   residuale;   infatti   può   esercitare   poteri   istruttori   solo   quando   tassativamente   previsto   dal   legislatore,   entro   limiti   non   soggetti   ad   estensione   per   via   analogica   e   quando   ciò   si   renda   necessario   per   integrare   l’attività   probatoria   delle   parti   o   di   sostituirsi  alla  loro  inerzia.  

11  A.  DE  CARO,  Poteri  probatori  del  giudice  e  diritto  alla  prova,  Napoli  2003,  p.108,  sostiene  

comunque  che  il  legislatore  del  1988  ha  riconosciuto  al  giudice  oltre  il  ruolo  di  garante   della  correttezza  delle  dinamiche  probatorie,  anche  un  ruolo  attivo  nella  misura  in  cui  gli   viene   consentito   di   assumere   d’ufficio   elementi   utili   alla   decisione   se   ritenga   ciò   assolutamente  necessario.  

(12)

attivo12. Perciò sembra preferibile affermare che caratteristica necessaria ed ineludibile del sistema accusatorio, non sono i compiti più o meno attivi del giudice, bensì l’ esigenza che la prova si formi nel contraddittorio delle parti13.

Appare pertanto logico che, avendo il legislatore del 1988 scelto, anche se con alcuni temperamenti, il sistema accusatorio, il codice vigente abbia previsto un vero e proprio “diritto delle prove” dedicando un intero libro del codice alla materia della prova, assente nell’abrogato codice del 193014. Infatti, durante la vigenza di quest’ultimo, il presunto contrasto tra il principio di tassatività e il principio della libertà dei mezzi di prova costituiva uno tra i principali problemi su cui si contrapponevano dottrina e giurisprudenza. In sostanza, ci si chiedeva se esistevano regole processuali che proibivano o consentivano l’utilizzazione di qualsiasi mezzo di prova sia esso irrituale o al limite anche difforme da precetti normativi. La risposta giurisprudenziale a questa domanda era in definitiva negativa circa l’esistenza di limiti, sulla base del riferimento al principio del libero convincimento del giudice, secondo cui questi era svincolato da regole restrittive e libero di potersi servire di qualsiasi mezzo di prova. Con la conseguenza che qualsiasi irregolarità durante il procedimento di acquisizione della prova sarebbe stato giustificato (in                                                                                                                

12  G.  TARELLO,   Dottrine   del   processo   civile.   Studi   storici   sulla   formazione   del   diritto  

processuale  civile,  Milano  1989,  p.10.  

13  G.  ILLUMINATI,  op.cit.p2  

14  V.  GREVI,  Prove,  in  G.  CONSO,  V.  GREVI  e  M.  BARGIS,  Compendio  di  procedura  penale,  Padova   2012,  p.300,  secondo  cui  l’idea  di  racchiudere  in  un  unico  contesto  normativo,  all’interno   del   codice,   la   disciplina   delle   prove   nasce   dall’esigenza   di   ripudiare   l’impostazione   frammentaria   del   codice   del   1930   che   aveva   palesemente   manifestato   il   proprio   orientamento  a  ravvisare  nella  fase  istruttoria,  anziché  in  quella  dibattimentale,  il  vero   baricentro  del  processo.    

(13)

assenza di una sanzione espressa) dal principio del libero convincimento15. In realtà in dottrina era stato sostenuto che tale principio non poteva essere alla base del fenomeno acquisitivo delle prove ma solo del momento valutativo, dovendo il legislatore preoccuparsi che il giudice avesse dei limiti nella scelta del materiale probatorio senza riconoscergli un potere troppo discrezionale al punto di determinare una vessazione nei confronti dell’imputato 16 . A giustificazione del principio di libertà dei mezzi di prova si sosteneva inoltre la necessità di ricercare in tutti i modi la verità materiale17.

Tuttavia, anche se c’è chi ha sostenuto che il libero convincimento del giudice e il principio della libertà dei mezzi di prova sono correlati fra loro18, in realtà è stato ritenuto preferibile in dottrina non confondere il principio di libero convincimento con il principio della libertà delle prove perché, il primo attiene al potere del giudice di sottoporre al suo libero esame le prove a lui portate mentre il secondo riguarda ciò che va provato e gli strumenti con cui la prova viene acquisita19. Quindi in sintesi, anche se nel codice del 1930 non era stato formalmente sancito il

                                                                                                               

15  E.  ZAPPALÀ,  Il  principio  di  tassatività  dei  mezzi  di  prova  nel  processo  penale,  Milano  1982,  

pp.108-­‐110.  

16  Sul  punto  G.  DE  LUCA,  Il  sistema  delle  prove  penali  e  il  principio  del  libero  convincimento  

nel   nuovo   rito,   in   Riv.   It.   Dir.   Proc.   pen.   1992,   p.1268,   che   sostiene   come   il   libero  

convincimento   ha   rappresentato   per   tanto   tempo   l’artifizio   attraverso   il   quale   una   giurisprudenza  basata  su  un  avventuroso  criterio  teleologico  nell’interpretare  le  norme   processuali   ha   recuperato   e   utilizzato   prove   acquisite   contra   legem,   abolendo   di   fatto   quasi  tutte  le  regole  di  esclusione  delle  prove.  

17  È  questo  l’effetto  della  visione  pubblicistica  del  sistema  inquisitorio  che,  come  detto  in  

precedenza,  dà  preminenza  alla  pretesa  punitiva  dello  Stato,  consentendo  allo  stesso  un   potere   illimitato   finalizzato   all’accertamento   del   fatto   sia   nella   fase   della   ricerca   della   prova,  eliminando  ogni  regola  di  esclusione  delle  stesse,  sia  nella  fase  della  valutazione,   eliminando  qualsiasi  vincolo  di  prova  legale.  

18  M.  NOBILI,  Il  principio  del  libero  convincimento  del  giudice,  Milano  1974,  p.38.   19  G.  LEONE,  Manuale  di  diritto  processuale  penale,  Napoli  1986,  p.447.  

(14)

principio di libertà dei mezzi di prova20, tale regola era divenuta prassi diffusa tanto da consentire l’uso di tutti quelli elementi si fossero ritenuti utili all’accertamento della verità materiale con conseguente introduzione nel processo di prove mascherate dalla qualificazione di atipicità, ma in realtà acquisite violando divieti probatori.

Di fronte a questi contrapposti orientamenti, ad un certo punto sembrò prevalere, nella discussione dottrinaria, la necessità di contrastare l’ammissibilità di prove non previste dal codice al fine di non comprimere oltre i diritti dell’imputato, il tutto sulla base sia dell’assenza nel codice Rocco di norme chiare circa l’adozione del principio di libertà delle prove sia dall’esame degli articoli 24 e 25 della Costituzione che, posti a tutela del diritto di difesa e della legalità processuale, amplificavano la funzione di garanzia anche costituzionale di tutte le norme codicistiche dettate in materia di prova penale21. Questo pensiero è stato bene espresso anche da un autorevolissimo autore22 secondo il quale: “Quando il codice nella sua ben architettata scrittura prevede un quadro di

mezzi di prova, è intorno ad esso che deve roteare la vicenda giudiziaria; essendo evidente, tra l’altro, che la mancata previsione di un mezzo di prova sta a significare che le prospettive di politica criminale che hanno presieduto alla formazione della legge lo hanno escluso; e che anche in caso di sopravvenuto delinearsi di un nuovo strumento di acquisizione della prova non è l’interprete, bensì il legislatore a dover aggiornare il sistema”.

                                                                                                               

20  L’abrogato   art.299   c.p.p.   affermava   soltanto   che:   “Il   giudice   istruttore   ha   l’obbligo   di  

compiere  prontamente  tutti  e  soltanto  quelli  atti  che  in  base  agli  elementi  raccolti  e  allo   svolgimento  dell’istruzione  appaiano  necessari  all’accertamento  della  verità”.  

21  E.  ZAPPALÀ,  Il  principio  di  tassatività  dei  mezzi  di  prova  nel  processo  penale,  cit.,  p.99.     22  G.  LEONE,  Trattato  di  diritto  processuale  penale,  Napoli,  1961,  p.178.  

(15)

Tale concezione sfociò, nel progetto di riforma del codice di procedura penale del 1978, mai entrato in vigore, ma che nel suo articolato comprendeva anche l’articolo 179 c.p.p. che sanciva espressamente il principio di tassatività dei mezzi di prova imponendo al giudice solo le prove previste dalla legge23.

Il legislatore del 1988, invece, non seguì lo stesso ragionamento ma decise di orientarsi verso una posizione intermedia bilanciando la volontà di non limitare i mezzi di prova entro un elenco già tipizzato con la scelta di prevedere particolari tutele per le garanzie difensive dell’imputato. Infatti con l’articolo 189 c.p.p. è stata introdotta la possibilità di acquisire prove non disciplinate dalla legge, con modalità ossequiose del principio del contradditorio nella formazione della prova che caratterizzava il nuovo codice di procedura penale. Così facendo il legislatore ha lasciato aperta la possibilità che, in particolare, il progresso scientifico potesse evidenziare nuovi mezzi di prova, ma contemporaneamente ne ha predeterminato rigorose regole legali che ne consentono una legittima introduzione nell’ambito del processo penale.

Si può dire, quindi, che nel prevedere l’articolo 189 c.p.p., il vigente codice ha accolto il principio di libertà dei mezzi di prova? Il tema è dibattuto tra chi ritiene che il principio di tassatività dei mezzi di prova

                                                                                                               

23  L’articolo   179   c.p.p.   disponeva   infatti:   “il  giudice  non  può  ammettere  prove  diverse  da  

quelle   previste   dalla   legge”.   La   Commissione   preposta   alla   redazione   del   progetto   di  

riforma  giustificò  tale  norma  con  la  previsione  costituzionale  del  diritto  di  difesa  e  della   soggezione  del  giudice  alla  legge,  chiarendo  che  “in  questo  nuovo  quadro  garantistico  non  

è   concepibile   che   al   giudice   sia   consentito   di   avvalersi   di   mezzi   di   prova   atipici   o   innominati:   in   ordine   ad   essi   la   difesa   non   potrebbe   esprimersi   con   tutta   l’incisività   e   la   pienezza  richieste  dalle  norme  costituzionali”.      

(16)

sia stato abbandonato24, chi invece considera tale norma come norma di chiusura della disciplina dei mezzi di prova25 e chi, invece, ritiene che l’articolo 189 c.p.p. non sia né una norma di chiusura né una norma di apertura del sistema delle prove penali, in quanto non ne risulta predefinito lo spazio di applicazione26. In realtà, probabilmente ha ragione chi sostiene che l’articolo 189 c.p.p. si possa definire come norma di apertura vincolata dell’elenco legale in virtù della sua funzione sussidiaria, perché utilizzabile solamente se il mezzo di prova da assumersi non sia riconducibile ad una figura già tipizzata27.

La scelta legislativa appare ancora più chiara dalla lettura di un passaggio della relazione al progetto preliminare del codice di procedura penale del 1988 che così recita: “L’articolo 189 regola l’assunzione delle prove non previste

espressamente dalla legge, così lasciando intendere che il sistema non recepisce il principio di tassatività senza peraltro ignorarne la portata garantistica. Il progetto del 1978 aveva invece escluso l’utilizzabilità di prove atipiche o innominate nell’intento di rafforzare le garanzie difensive dell’imputato in relazione a mezzi di accertamento dei fatti di reato la cui acquisizione potrebbe condurre ad errori o abusi. Riesaminatosi il problema in tutti i suoi profili di politica e tecnica processuale, si è scelta una strada intermedia che consente al giudice di assumere prove non disciplinate dalla legge ma lo obbliga a vagliare, a priori, che queste siano, al tempo stesso, affidabili sul piano della genuinità dell’accertamento e non lesive della libertà morale della persona. Verificata

                                                                                                               

24  P.  TONINI,  La  prova  penale,  Milano,  2000,  p.92.  

25  A.  CIAVOLA,   Prova   testimoniale   e   acquisizione   per   il   suo   tramite   del   contenuto   delle  

intercettazioni  telefoniche,  in  Cass.  Pen.  ,  2000,  p.488.  

26  O.  DOMINIONI,   La   prova   penale   scientifica.   Gli   strumenti   scientifico-­‐tecnici   nuovi   o  

controversi  e  di  elevata  specializzazione,  Giuffrè,  2005,  p.86.    

27  M.  CHIAVARIO,   Commento   al   nuovo   codice   di   procedura   penale,   vol.   II,   Torino,   1990,  

(17)

l’ammissibilità del mezzo di prova atipico, il giudice dovrà poi regolarne in concreto le modalità di assunzione così da rendere conoscibile in anticipo alle parti l’iter probatorio. È sembrato che una norma così articolata possa evitare eccessive restrizioni ai fini dell’accertamento della verità, tenuto conto del continuo sviluppo tecnologico che estende le frontiere dell’investigazione, senza mettere in pericolo le garanzie difensive”28.

2. LA DEFINIZIONE DELLA PROVA NON DISCIPLINATA DALLA LEGGE

E SUO AMBITO DI APPLICAZIONE.

Come appare evidente l’articolo 189 c.p.p. non riporta alcuna definizione di “prova atipica”29 e, certamente, non può risultare sufficiente limitarsi ad una interpretazione meramente lessicale, che condurrebbe a definire la prova atipica come semplice “prova diversa dai modelli legali disciplinati dalla legge”30. Su questo punto è stato particolarmente acceso il dibattito dottrinario che ha rilevato come il concetto di prova atipica abbia significati polivalenti; infatti, se da un lato il predetto termine può essere assunto con il significato di prova innominata, cioè non prevista dalla legge, dall’altro lato, se riferito al procedimento di assunzione delle prove come stabilito dalla legge, può anche indicare eventuali deviazioni da questo. Secondo la dottrina, nella prima ipotesi ciò che viene definito “innominato” è il mezzo di prova che non rientra nel catalogo legale o che consente di ottenere un risultato diverso da quello che si sarebbe                                                                                                                

28  Relazione  al  progetto  preliminare  del  codice  di  procedura  penale  del  1988,  in  Gazz.uff.  

,  24  Ottobre  1988  numero  250,  suppl.ord.n.2,  p.60    

29  In   realtà   il   codice   di   procedura   penale   vigente   non   definisce   neanche   il   concetto   di  

prova  in  generale.  

(18)

raggiunto attraverso una prova tipica e che comunque costituisce fonte del convincimento del giudice31. Nella seconda ipotesi invece si individua il concetto di prova irrituale, intendendo per tale un mezzo di prova assunto in deroga al procedimento acquisitivo previsto dal legislatore32. Si identifica inoltre anche il concetto di prova “anomala”, quando si parla di una prova tipica, ma che venga formata deviando in tutto o in parte dalle regole previste dalla normativa di riferimento33.

Sul tema non si può non dare conto che l’interpretazione dottrinaria dominante dell’art 189 c.p.p. è sicuramente restrittiva, nel senso che l’atipicità a cui si riferisce la norma deve intendersi con riferimento ad eventuali nuovi mezzi d’indagine derivanti dal progresso scientifico. Da qui la netta distinzione tra la prova atipica in senso stretto e la prova, tipica o atipica che sia, ma acquisita illegittimamente, derogando alle regole di acquisizione al processo. In conclusione la prova atipica non può essere una prova contra legem, come ad esempio quelle sopra citate e nominate come prove “irrituali” e prove “anomale”, il cui ineludibile destino è quello di integrare una ipotesi di inutilizzabilità in base all’ art 191 c.p.p.

                                                                                                               

31  G.  F.  RICCI,  Le  prove  atipiche,  Milano  1999,  p.46.  

32  P.  TONINI,  La  prova  penale,  op.cit.  ,  p.94,  che,  ricordando  che  la  testimonianza  prevede  la   presenza   del   teste   in   aula,   porta   come   esempio   di   modalità   atipica   di   svolgimento   l’esame  del  teste  a  distanza,  che  può  essere  legittimata  dall’articolo  189  c.p.p.,  salvo  che   non   ricorra   l’ipotesi   prevista   all’articolo   147-­‐bis   disp.   att.   c.p.p.   (ricognizione   in   dibattimento  delle  persone  che  collaborano  con  la  giustizia)  

 

33  È  questo  il  caso,  per  esempio,  del  riconoscimento  in  udienza  dell’imputato  da  parte  del  

testimone   che   avviene   senza   l’osservanza   delle   modalità   della   ricognizione   previste   dall’art   213   c.p.p.,   ipotesi   che   in   giurisprudenza   è   ammessa   al   contrario   di   quanto   sostenuto  in  dottrina.  Sul  punto  vedi    Cass.,  sez.  I,  2  Febbraio  2005,  in   Cass.pen  ,  2006,   p.2527,   che   la   ritiene   ammissibile   non   tanto   come   prova   atipica   ma   perché   costituisce   parte  integrante  di  una  dichiarazione  testimoniale.  

(19)

Nei fatti, la dottrina preferisce individuare il campo di applicazione dell’articolo in esame nell’ambito del concetto del praeter legem, nel senso che la norma consente non solo mezzi di prova non coperti dalla previsione della legge, ma anche quei mezzi di prova tipici in cui taluni aspetti presentino elementi di atipicità finalizzati all’accertamento probatorio; il tutto purché le norme legislative che li regolano non ne prevedano l’invalidità34.

Inoltre l’esclusione della prova anomala e di quella irrituale della categoria delle prove atipiche si evince anche dal principio della legalità processuale sancito dall’articolo 111 Cost. e dal combinato disposto degli articoli 191 e 526 c.p.p. che vincolano il giudice ad utilizzare, ai fini della decisione, le sole prove legittimamente acquisite nel dibattimento siano esse atipiche o tipiche, imponendogli così il rispetto dei vincoli probatori imposti dal sistema35.

3. L’APPLICABILITÀ DELL’ART.189 C.P.P. AI MEZZI DI RICERCA DELLA

PROVA.

A questo punto occorre precisare che quanto sopra riportato riguarda la definizione di prova intesa come mezzo di prova, ma sappiamo che il legislatore del 1988, in tema di prove, ha distinto per la prima volta i mezzi di prova dai mezzi di ricerca della prova36. Da qui la dottrina si è                                                                                                                

34  A.  SCALFATI,  Premesse  sulla  prova  penale,   in   Trattato   di   procedura   penale,   a   cura   di  G.  

SPANGHER  ,  vol  II,  t.I,  Torino  2009,  pp.27-­‐28  ,  che  ricorda  inoltre  la  necessità  di  valutare  di  

volta   in   volta   il   regime   delle   nullità,   caratterizzato   dal   principio   di   tassatività   per   individuare  l’esistenza  o  meno  di  una  valida  prova  atipica.    

35  E.  AMODIO,  L’assunzione  delle  prove  in  dibattimento,  in  Quaderni  C.S.M.,  1991,  p.25.     36  Vedi  precedente  nota  4.  

(20)

chiesta se la disciplina prevista dall’articolo 189 c.p.p. possa essere estesa anche alla categoria dei mezzi di ricerca della prova; in sostanza sono ammissibili mezzi atipici di ricerca della prova?37

La difficoltà nell’argomentare la risposta deriva sostanzialmente da due aspetti fondamentali: il primo aspetto consiste nel fatto che il mezzo di prova viene assunto solamente davanti al giudice nella fase dibattimentale o nel corso di un incidente probatorio (quindi con tutte le cautele derivanti dal contraddittorio), mentre il mezzo di ricerca della prova può essere disposto dal giudice, o dal pubblico ministero o, addirittura, dalla polizia giudiziaria nel corso delle indagini preliminari. Il secondo aspetto deriva dal fatto che, di regola, il mezzo di ricerca della prova, al fine di assicurarne l’efficacia, è caratterizzato dall’esecuzione a sorpresa e senza preavviso.

Alcuni autori38 hanno negato l’applicabilità dell’art 189 c.p.p. ai mezzi di ricerca della prova sulla base dell’impossibilità di sentire anticipatamente le parti sulle modalità di assunzione, riconoscendo del resto che l’attività investigativa è già di per sé connotata da una naturale atipicità, regolamentata dagli articoli 55 e 348 c.p.p. che autorizzano lo svolgimento di qualsiasi attività, considerata utile per la ricostruzione del fatto e l’individuazione del colpevole.

                                                                                                               

37  Il   legislatore   ha   previsto   e   regolamentato   quattro   mezzi   di   ricerca   della   prova   tipici:  

ispezione,  perquisizione,  sequestro  ed  intercettazione.  

38  A.  LARONGA,   L’utilizzabilità   probatoria   del   controllo   a   distanza   eseguito   con   sistema  

(21)

Ma la dottrina maggioritaria39 ritiene invece applicabile l’articolo 189 c.p.p. ai mezzi di ricerca della prova per due ordini di ragioni: la prima riguarda l’allocazione della norma tra le disposizioni generali sulla prova, che quindi la rende estensibile anche alla fase delle indagini preliminari; la seconda riguarda la possibilità di svolgere il contradditorio previsto dall’ articolo 189 c.p.p. posticipandolo, al momento della decisione sulla utilizzabilità degli elementi acquisiti40. Tale affermazione ha anche il merito di preservare il principio di legalità della prova e di evitare il pericolo di una sorta di “anarchia conoscitiva” del giudice41.

La giurisprudenza sembra invece unanime nel riconoscere la configurabilità di mezzi atipici di ricerca della prova. Così sono state ritenute ammissibili come prove atipiche le videoriprese di comportamenti non comunicativi effettuate dalla polizia in luoghi pubblici o esposti al pubblico42.

Sono state inoltre ritenute ammissibili anche le dichiarazioni fonoregistrate rese alla polizia giudiziaria dalle persone offese in quanto, pur non essendo un’attività tipica di documentazione, non sono prove illegittimamente acquisite ma prove atipiche da considerarsi legittime perché dirette ad assicurare l’accertamento idoneo dei fatti senza pregiudizio per la libertà morale del dichiarante43.

                                                                                                               

39  Per  tutti:  V.  GREVI,  Prove,  op  cit,  p.296,  che  sostiene  che  le  disposizioni  generali  previste  

all’inizio   del   libro   terzo,   debbano   senz’altro   applicarsi   anche   nel   corso   delle   indagini   preliminari,   nei   limiti   consentiti   dalla   natura   e   dalla   finalità   delle   stesse,   perché   rappresentano  basilari  scelte  di  civiltà  giuridica  sul  terreno  probatorio.  

40  A.  CAMON,  Le  riprese  visive  come  mezzo  d’indagine:  spunti  per  una  riflessione  sulle  prove   incostituzionali,  in  Cass.  pen.,  1999,  p.1195;  G.F.  Ricci,  Le  prove,  op  cit.,  p.538.  

41  E.  AMODIO,  op.  cit.,  p.25.  

42  Cass.,  Sez.  Un.,  28  Marzo  2006,  Prisco,  in  Dir.  pen.  proc.,  2006,  p.1347.   43  Cass,  6  Luglio  2007,  Alberti,  in  C.E.D.  Cass.,  n  237654.  

(22)

Anche la Corte Costituzionale44 ha avuto modo di esprimere la sua adesione all’impostazione data dal giudice di legittimità. Occupandosi, infatti, di riprese visive ha stabilito che: “ ove eseguite in luoghi non fruenti di protezione costituzionale – quali i luoghi pubblici, ovvero aperti o esposti al pubblico – dette riprese visive restano utilizzabili nel processo come «prova atipica», ai sensi dell’art. 189 c.p.p.. Al contrario, le videoregistrazioni in luoghi riconducibili al concetto di «domicilio» di cui all’art. 14 Cost., in assenza di una normativa che le consenta, disciplinandone i casi e i modi, debbono considerarsi inibite in assoluto: con la conseguenza che è vietata la loro acquisizione e utilizzazione nel processo, in quanto prova illecita”.

4. L’AMMISSIBILITÀ E L’ASSUNZIONE DELLA PROVA ATIPICA.

L’inserimento della prova nel processo è regolato da una figura complessa che rientra nel concetto di procedimento probatorio, frutto del principio di legalità della prova che costituisce una delle scelte più rilevanti del vigente codice di procedura penale. Nell’ambito di questo procedimento si può distinguere la fase dell’ammissione e la fase dell’acquisizione della prova.

L’ammissione consiste in una valutazione preventiva posta a carico del giudice sulla sussistenza o meno di una serie di requisiti che la legge pone come condizione di ammissibilità della prova e si conclude con il provvedimento (ordinanza) con cui il giudice, d’ufficio o in seguito                                                                                                                

(23)

all’allegazione di parte, dispone che la prova sia introdotta nel processo per esservi assunta, utilizzata e valutata. L’esito positivo sull’ammissibilità della prova dà luogo alla fase successiva dell’assunzione, consistente nell’attività con cui la prova, ammessa dal giudice, viene immessa nel processo e da questi percepita45. Il giudizio di ammissibilità ha luogo sulla base di presupposti differenti a seconda che si tratti di ammettere una prova tipica o una prova atipica. Nel primo caso è l’articolo 190 c.p.p. che stabilisce i requisiti di ammissibilità consistenti nella “ legalità”, “non superfluità” e “rilevanza”; nel secondo caso è l’articolo 189 c.p.p. che li individua nella “idoneità all’accertamento dei fatti” e nella “non lesività della libertà morale della persona”. È chiaro comunque che, nell’ipotesi di prova atipica, sarà necessario per il giudice verificare l’esistenza di tutti i requisiti sia dell’art. 189 c.p.p. che dell’art. 190 c.p.p.46. Infatti anche le prove atipiche dovranno essere prove non vietate dalla legge. Quindi, in pratica, di fronte ad una prova atipica il giudice dovrà valutarne, in primis, la legalità processuale, cioè l’inesistenza di un espresso divieto riguardante l’oggetto o il soggetto della prova o anche in merito la procedura di acquisizione. Il secondo passaggio logico sarà per lui quello di valutare se le prove non risultino manifestamente superflue47 o irrilevanti48. E quindi,

                                                                                                               

45  A   volte   l’ammissione   può   essere   contenuta   nello   stesso   atto   acquisitivo:   così   accade  

quando  il  mezzo  di  prova  consiste  in  un  documento  esibito  dalla  parte  o  da  un  terzo  e   che  il  giudice  allega  semplicemente  al  fascicolo.  

46  V.  GREVI,  Prove,  op.  cit.,  p  299.  

47  Il  criterio  della  non  superfluità  presuppone  che  il  mezzo  di  prova  richiesto  non  debba  

tendere  ad  ottenere  un  dato  conoscitivo  già  acquisito.  

48  Il   criterio   della   rilevanza   concerne   il   nesso   logico   deduttivo   d   cui   è   probabile  

l’esistenza   tra   il   mezzo   di   prova   e   l’oggetto   della   pronuncia.   In   altri   termini   la   prova   è   rilevante   quando   il   suo   presunto   risultato   sia   idoneo   e   dare   un   contributo   all’accertamento  dell’esistenza  del  fatto  da  provare.  

(24)

solo dopo tale giudizio positivo, il giudice dovrà procedere a verificare la sussistenza dei requisiti dell’art. 189 c.p.p.

Il primo limite posto al giudice dall’art 189 c.p.p. è quello relativo al giudizio di idoneità del mezzo di prova ad assicurare l’accertamento dei fatti, nel senso che dovrà essere valutata la sua possibilità di offrire un contributo di conoscenza, utile alla ricostruzione del fatto, che non sia raggiungibile attraverso altri mezzi di prova tipici ovvero che risulti più affidabile di quanto si potrebbe conseguire con una prova tipica.

Va precisato che il requisito della rilevanza probatoria dell’art. 190 c.p.p. ed il requisito dell’idoneità probatoria dell’art. 189 c.p.p. non coincidono. Infatti, mentre il requisito della rilevanza va accertato dal giudice in concreto, cioè verificato in relazione al tema da provare del singolo processo, il requisito dell’idoneità va valutato, invece, ex ante ed in astratto, in quanto è inerente al rapporto tra fatto provante e tema da provare49.

Ma a questo punto merita soffermarsi su come deve effettivamente interpretarsi il dettato dell’articolo in esame quando richiede che la prova risulti “idonea ad assicurare l’accertamento dei fatti”. Basti pensare che il giudice, di norma, provvede all’ammissione delle prove nella fase degli atti introduttivi del dibattimento50, momento in cui si potrà giovare soltanto di elementi di giudizio da lui conoscibili solo sulla base dei fatti che le parti intendono provare. Appare evidente che, in tale fase, gli elementi necessari per la formazione di un giudizio sono scarsi, per cui,                                                                                                                

49  O.  DOMINIONI,   La   prova   penale   scientifica.   Gli   strumenti   scientifico-­‐tecnici   nuovi   o  

controversi  e  di  elevata  specializzazione,  op.  cit.,  p.220.  

(25)

se in alcuni casi il mezzo di prova può apparire de visu idoneo o inidoneo all’accertamento dei fatti, nella maggior parte dei casi esso si presenta semplicemente come “non manifestamente inidoneo”. Di qui la necessità di esprimere un giudizio non in termini categorici ma in termini di giudizio di non manifesta inidoneità probatoria51. Del resto un giudizio categorico comporterebbe una duplice conseguenza negativa in quanto renderebbe la disposizione dell’art. 189 c.p.p. non applicabile per i nuovi o controversi strumenti scientifici di elevata specializzazione, cioè proprio per quelle ipotesi che invece costituiscono la principale ratio della norma stessa ed, inoltre, creerebbe una lesione al principio del diritto alla prova riconosciuto in egual misura a tutte le parti dagli articoli 24, 111 e 112 Cost..

Va pure considerato che un eventuale erronea valutazione iniziale del giudice potrebbe essere rivista e corretta da questi, esercitando il potere previsto dall’art. 495, comma 4 e 8 c.p.p., che consente, con ordinanza, di revocare l’ammissione di prove che risultino superflue ovvero di ammettere prove già escluse.

In definitiva la vera differenza, che intercorre tra il giudizio previsto per le prove tipiche dall’art. 190 c.p.p. e il giudizio previsto per le prove atipiche ex art 189 c.p.p., va riscontrato dal principio di inclusione del primo e il principio di esclusione del secondo. Infatti, nel primo caso, in presenza dei requisiti elencati nell’art. 190 c.p.p., il giudice è tenuto ad ammettere tutte le prove richieste; nel secondo caso le prove atipiche                                                                                                                

(26)

sono potenzialmente escluse salvo che non si registri la sussistenza di tutti i requisiti previsti da entrambe le norme. Quindi si può affermare che il giudizio previsto dall’art 190 c.p.p. è negativo in quanto individua una connotazione squalificante la prova, mentre il giudizio previsto dall’art 189 c.p.p. è positivo perché individua una connotazione qualificante la prova.

Questa differenza produce l’effetto pratico in ordine all’onere che grava sulla parte che richiede la prova e quella che vi si oppone. Tale onere sarà più impegnativo per la parte opponente, in caso di prova tipica, mentre parimenti lo sarà per la parte richiedente, nel caso di prova atipica. Infatti, nel caso della prova atipica è onere della parte che la richiede dimostrare elementi di giudizio che ne evidenzino la possibile idoneità alla ricostruzione del fatto mentre, la parte opponente può limitarsi ad assumere l’assenza di questi elementi.

Il secondo limite cui è subordinata l’ammissibilità della prova atipica è quello della “non lesività della libertà morale della persona”. È chiaro che questo limite, espressamente dettato dall’art. 189 c.p.p., deve considerarsi come la prima applicazione del principio generale contenuto nel precedente art. 188 dello stesso codice, che dichiara inutilizzabili “metodi o tecniche idonei a influire sulla libertà di autodeterminazione o ad alterare la capacità di ricordare o di valutare i fatti”52. In questo caso per                                                                                                                

52  Per  l’individuazione  dei  mezzi  di  costrizione  in  grado  di  manipolare  la  psiche  si  veda  F.  

CORDERO,  Procedura  penale,  Milano  2006,  p.620.  che  suggestivamente  afferma:  “  l’endiadi   “metodi   o   tecniche”   allude   a   narcoanalisi,   lie-­‐detector   e   simili,   ma   il   divieto   colpisce   qualunque  intervento  manipolante,  grossolano  o  sottile:  ad  esempio,  le  veglie  coatte  che   Ippolito   Marsili   vantava   come   arma   pulita   (perchè   non   lasciano   segni   visibili)   e   infallibile;   fame   ,   sete,   luce   abbagliante,   buio,   caldo   e   freddo,   esami   estenuanti,  

(27)

libertà morale si intende senza dubbio uno stato in cui il soggetto può esercitare la sua facoltà critica di scelta senza pressioni di alcun genere, optando tra più soluzioni diverse con il pieno utilizzo della propria memoria e capacità di valutazione.

È bene precisare, inoltre, che per la norma in esame è sufficiente che esista solo l’eventualità e non anche l’effettività che l’uso della prova richiesta possa mettere in pericolo la sfera psichica della persona, in quanto la norma predispone una tutela preventiva finalizzata ad evitare la violazione e non ad eliminare le conseguenze di una violazione già avvenuta. Per quanto concerne la libertà fisica della persona appare coerente con la struttura ordinamentale che l’art 189 c.p.p. non se ne occupi, in quanto la libertà dalle coercizioni fisiche è già ampiamente tutelata dalle norme della costituzione. Infatti, la coercizione fisica confluisce nella violazione dei precetti costituzionali che tutelano l’integrità fisica della persona, per cui ogni prova che si pone in contrasto con tale bene, costituzionalmente garantito, deve ritenersi inammissibile perché lesiva dei diritti fondamentali tutelati dagli art. 13 e 32 Cost., non necessitando quindi un divieto espresso processuale.

Analizzando i rapporti tra prova scientifica e processo penale, la dottrina ha individuato alcune ipotesi in cui sono riscontrabili attentati alla libertà morale dell’individuo, soprattutto nell’ambito dell’interrogatorio: tra questi l’ipnotismo e l’utilizzo del poligrafo (lie-detector).

                                                                                                                                                                                                                                                                     

messinscene   traumatiche   (equivalenti   alla   territio:   l’inquisito   veniva   condotto   nella   stanza   dei   tormenti;   e   se   lo   spettacolo   degli   arnesi   non   fosse   bastato   a   smuoverlo   lo   spogliavano);   e   minacce,   naturalmente   ovvero   esche,   quali   l’impunità   o   favori   offerti   sotto  banco”.    

(28)

Nel primo caso è evidente che il rapporto psichico che si forma tra il soggetto attivo e il soggetto passivo determina interferenze tali da far considerare perduta la spontaneità di un eventuale testimonianza o atto confessorio posto in essere durante l’induzione ipnotica. Tale situazione è sicuramente lesiva della libertà morale della persona e deve essere sanzionata con l’inutilizzabilità della prova prevista dall’art. 191 c.p.p.53. Più discusso è l’utilizzo del poligrafo (più comunemente chiamato “macchina della verità”). Già sotto il codice Rocco la dottrina non riteneva esserci un divieto assoluto di questo apparato, ma raccomandava l’attenzione sulla necessità di utilizzare le indicazioni fornite in modo particolarmente cauto54. Attualmente c’è chi sostiene55 che questo strumento non sia lesivo della libertà morale del soggetto fonte di prova perché la persona risponde in piena coscienza e non perde le proprie capacità critiche, dato che lo strumento controlla solo le variazioni di certi parametri dell’organismo umano (battito cardiaco, la pressione sanguigna, le modifiche elettrodinamiche ed altro), ma non nasconde che il risultato potrebbe essere falsato dalla diversa emotività di ciascun individuo; cosicché un soggetto a sangue freddo potrebbe continuare a mentire senza problemi. Sembra comunque preferibile la tesi di chi sostiene, come abbiamo già ricordato56, che l’uso di questo strumento comprometta comunque l’autodeterminazione della persona e le sue facoltà mnemoniche e valutative, in quanto la norma, come si è detto,                                                                                                                

53  G.  TRANCHINA,  Ipnotismo,  in  Enc  dir.,  vol.  XXII,  Milano  1972,  p.739.   54  E.  ZAPPALÀ,  op.  cit.,  p.141.  

55  G.  F.  RICCI,  op.  cit.,  p.543.   56  V.  GREVI,  op.  cit.,  p.  304.  

(29)

vuole preventivamente impedire la lesione anche solo potenziale della libertà morale.

(30)

C

APITOLO

II

A

MMISSIBILITÀ DELLA PROVA ATIPICA

:

LIMITI DELLA LEGGE E LIMITI COSTITUZIONALI.

1. PREMESSA

Come si è già detto, il principio della legalità probatoria pone a carico del giudice l’obbligo di verifica e d’individuazione di eventuali divieti probatori, sia espressamente predisposti dal legislatore sia desumibili dai principi generali dell’ordinamento. A questo punto è necessario chiarire quali siano le fonti normative che regolano tali divieti, tenuto conto che questo tema, dal punto di vista dell’utilizzabilità della prova, presenta diversi punti di collegamento con altri settori dell’ordinamento, con particolare riferimento alle norme penali sostanziali e alle norme costituzionali.

Occorre, infatti, verificare se siano ammissibili divieti probatori fuori dalle norme processuali e se tali divieti rappresentino altrettanti limiti all’esercizio del potere istruttorio. La questione non è recente57. Sin dagli anni Sessanta è nato un acceso dibattito dottrinale circa l’individuazione della categoria delle prove illecite e, tra queste, la categoria delle prove cosiddette incostituzionali. In un saggio, che ha molto influenzato il dibattito dottrinale58, la prova illecita e la prova non costituzionale                                                                                                                

57  Già  durante  la  vigenza  del  vecchio  codice  si  distinguevano  gli  atti  illegittimi,  compiuti  

in  violazione  di  un  divieto  esclusivamente  processuale,  dagli  atti  illeciti,  individuati  quale   risultato  della  violazione  di  un  divieto  di  natura  sostanziale.  Sul  tema  vedi  P.  NUVOLONE,  Le   prove  vietate  nel  processo  penale  nei  paesi  di  diritto  latino,  in  Riv.  Dir.  proc.  1966,  p.407.  

Riferimenti

Documenti correlati

Luogo e data dei dialoghi, identificazione dei personaggi, partecipazione soggettiva di Cicerone, sfondo politico, rapporti con le scuole filosofiche, struttura retorica,

21 In the other study of 64 patients undergoing surgical myocardial revascularization (including 28 patients in atrial fibrillation and 36 in sinus rhythm) the presence of YKL40 in

[r]

La SM già solamente in America affligge 400'000 persone. La prevalenza di depressione maggiore DM nel malato SM risulta importante in quanto può colpire dal 37% al 54% dei

Riconoscendone la validità scientifico-culturale si è ritenuto di indirizzare gli operatori interessati a farne specifica richiesta all’autore del blog che provvederà ad inviare

The absorption of gamma-rays inside the nucleus inhibits the development of an electromagnetic cascade during propagation, which might have important implications for the sources

Così, solo dopo l’inutile sollecitazione della Pubblica amministrazione ad attivarsi onde impedire la prosecuzione dell’attività, il terzo potrà validamente