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M ODALITÀ DI ESECUZIONE DEL PEDINAMENTO SATELLITARE E

COMPATIBILITÀ CON I DIRITTI FONDAMENTALI.

Una volta accettata la natura di mezzo di prova atipico del pedinamento satellitare, in attesa che il legislatore decida di regolamentare espressamente la materia, resta da chiedersi se le modalità materiali d’esecuzione del pedinamento satellitare possano violare i diritti fondamentali tutelati dalla Costituzione. E questa verifica diventa, a maggior ragione, necessaria se, come si è detto, questo tipo di pedinamento viene normalmente svolto anche su semplice iniziativa della polizia giudiziaria, trattandosi di una generica attività d’indagine che non necessita di preventivo provvedimento giurisdizionale.

Nello specifico, è importante analizzare la compatibilità costituzionale dell’atto investigativo in due particolari fasi della sua realizzazione: la prima è rappresentata dall’operazione di materiale istallazione del

transponder GPS all’interno dell’autovettura da controllare, e l’altra

rappresentata dalla vera e propria operazione di localizzazione diretta a tracciare tutti gli spostamenti del veicolo.

Circa il primo aspetto, le perplessità sul rispetto del dettato costituzionale riguardano la tutela del domicilio, nell’ipotesi in cui, per esigenze di natura tecnica, si renda necessaria l’installazione del ricevitore all’interno dell’autoveicolo da monitorare243. In questa ipotesi, l’inquadramento della

                                                                                                               

243  Si   rende   spesso   necessario,   stante   la   scarsa   autonomia   degli   apparati   di   assicurare  

agli   stessi   un’alimentazione   esterna,   che   normalmente   viene   effettuata   collegando   il   dispositivo   alla   batteria   della   vettura   oggetto   di   controllo.   Per   cui,   se   il   monitoraggio  

fattispecie come violazione del domicilio della persona controllata dipende dall’equiparazione dell’autovettura al concetto di domicilio o di privata dimora; infatti in caso di risposta affermativa, sarebbe necessaria l’applicazione delle garanzie previste dall’art. 14 Cost., e precisamente, non solo un provvedimento motivato dell’Autorità giudiziaria, ma anche che il provvedimento stesso venga adottato “nei casi e modi stabiliti dalla legge”, e, quindi, non realizzabile in assenza di una precisa disciplina legislativa.

Ma la giurisprudenza sulla questione se l’abitacolo di un’autovettura sia equiparabile a un luogo di privata dimora ha dato, ad oggi, una risposta negativa244. Comunque la soluzione prospettata in giurisprudenza appare lacunosa e fonte di un’anomalia. Con ciò si vuole intendere che la polizia giudiziaria può trovarsi, in alcuni casi d’installazione di apparati GPS, a compiere la medesima intrusione nell’abitacolo del mezzo di locomozione che compie quando deve inserire una microspia destinata                                                                                                                                                                                                                                                                      

prevede   una   durata   particolarmente   lunga,   tale   istallazione   sarà   necessariamente   più   invasiva.  

244  Cfr.  ex  plurimis  Cass.  pen.,  sez.  VI,  12  marzo  2001,  Lupo,  in  Riv.  Giur.  polizia,  2001,  611,  

che   “il   concetto   di   privata   dimora   è   più   ampio   di   quello   di   abitazione   e   rientra   in   esso   qualsiasi   luogo   dove   taluno   si   sofferma   per   compiere,   anche   in   modo   contigente   o   transitorio  ,  lecitamente  atti  della  propria  vita  privata,  quali  manifestazioni  dell’attività   individuale   per   i   motivi   più   diversi,   dallo   studio,   alla   cultura,   allo   svago,   al   lavoro   professionale   o       artigianale,   al   commercio,   all’industria,   all’attività   politica   e   cc.   Tendenzialmente  il  luogo  di  privata  dimora  è  costituito  da  cose  immobili,  a  cominciare   dall’alloggio  nel  quale  si  conduce  la  propria  privata  esistenza,  alla  stanza  d’albergo,  allo   studio   professionale,   alla   bottega,   al   negozio,   all’impianto   industriale.   Solo   in   casi   particolari  è  costituito  da  un  bene  mobile,  quale  la  tenda  precariamente  ancorata  al  suolo   o  da  mezzi  di  trasporto,  purché  sussista  l’attualità  dell’uso  per  finalità  private.  Così  è  la   roulotte   o   il   camper   adibito   permanentemente   dal   nomade   per   abitazione   o   precariamente  dallo  sfollato  o  dal  turista,  la  barca  per  il  navigatore  anche  occasionale,  la   cabina   del   camion   per   l’autista   che   si   ferma   a   riposare,   al   limite   l’autovettura   in   cui   lo   sfrattato  o  il  barbone  trascorre  la  notte.  In  linea  generale,  invece,  il  mezzo  di  trasporto   non  ha  le  caratteristiche  tipiche  del  luogo  di  dimora,  proprio  in  relazione  alla  funzione   del   mezzo,   che   è   quella   di   trasferire   da   un   luogo   ad   un   altro   cose   o   persone,   quali   il   proprietario  o  il  possessore  del  mezzo  e  gli  eventuali  ospiti  degli  stessi.  Che,  se  poi  nel   trasferimento   o   nella   sosta   si   sviluppano   conversazioni   private   fra   gli   occupanti   il   veicolo,  il  fatto  non  si  discosta  da  quello  in  cui  le  persone  conversino  fra  loro  in  un  luogo   pubblico  o  aperto  al  pubblico”.        

all’intercettazione, ma che le due situazioni vengono trattate giuridicamente in modo diverso. Infatti, se la stessa intrusione viene effettuata per l’intercettazione di cui all’art. 267 c.p.p., l’autorizzazione per l’accesso al luogo è contenuta, anche se implicitamente, nella preventiva autorizzazione del giudice a disporre le operazioni; diversamente se avviene per l’attività di pedinamento a mezzo GPS, l’intrusione clandestina nell’abitacolo non necessita di autorizzazione perché nessuna norma lo impone. E questa duplice disciplina per il medesimo fatto sembra evidenziare, non solo una chiara lacuna legislativa, ma anche una potenziale violazione dell’art. 3 Cost.

Infine, non si può non considerare che, nella realtà dei fatti, ciascuno di noi ritiene che, quando si trova all’interno dell’abitacolo della vettura che ha in uso, si trova in un ambiente diverso e separato dall’esterno; quindi, non appare realistico immaginare, nello stesso modo, la situazione di due persone che parlano tra loro in un luogo pubblico e due persone che, all’interno di un abitacolo, parlino tra di loro, nel presupposto della normale presunzione di ciascuno di noi di poter svolgere all’interno dell’abitacolo una conversazione che gode di profili di riservatezza. Passando al secondo aspetto, i dubbi sulla conformità al dettato costituzionale di questa attività investigativa in relazione alla tutela della

privacy245 e al “diritto all’anonimato”, cioè al diritto, in assenza di condotte sospette, a rimanere sconosciuti tra la folla e a non essere sottoposti ad un controllo prolungato ed invasivo da parte di chiunque, quando ci si                                                                                                                

245  Diritto   generalmente   ricondotto   nel   campo   di   applicazione   dell’art.   2   Cost.   e   delle  

trovi in spazi pubblici o aperti al pubblico. Così, si discute tra chi sostiene246 che il mezzo satellitare produrrebbe un intrusione nella privacy simile a quella che si realizza nell’intercettazione delle comunicazioni, evidenziando di conseguenza l’irragionevolezza del diverso regime giuridico cui questi istituti sono assoggettati, e chi sostiene247, invece, che i dati trasmessi dal ricevitore GPS hanno un contenuto nettamente diverso da quello conseguibile tramite il pedinamento tradizionale, con la conseguenza di non rilevare la sopra citata irragionevolezza.

In realtà, è vero che i dati desumibili tramite il GPS consentono di individuare esclusivamente il percorso seguito dall’autovettura oggetto di controllo, senza altre indicazioni relative alle attività svolte dal soggetto controllato, con quali persone si sia relazionato e quali luoghi abbia frequentato; ecco perché tali informazioni devono essere documentate attraverso il tradizionale appostamento e pedinamento248. A ben vedere non si può, attraverso la sola localizzazione satellitare, essere certi che il soggetto controllato sia effettivamente colui che guida in quel momento il veicolo monitorato, potendo raggiungere tale certezza solo attraverso attività investigative complementari quali, rilievi fotografici, che accompagnino l’attività di controllo a distanza. Si può pertanto concludere su questo punto che realmente il pedinamento satellitare                                                                                                                

246  L.  G.  VELANI,  Nuove   tecnologie   e   prova   penale:   il   sistema   d’individuazione   satellitare  

G.P.S.,  in  Giur.  it.,  2003,  p.  2372.  

247  M.  STRAMAGLIA,  Il   pedinamento   satellitare:   ricerca   e   uso   di   una   prova   “atipica”,   in   Dir.   pen.  e  proc.,  2011,  p.  213.  

248  G.  DI  PAOLO,  “Tecnologie  del  controllo”  e  prova  penale,  Padova,  2008,  p.257,  sottolinea  

che   l’acquisizione   occulta   di   notizie   relative   alle   abitudini,   ai   gusti,   alle   condizioni   personali,   alla   partecipazione   a   gruppi   ed   altre   notizie   similari   che   contribuiscono   ad   individuare   l’identità   del   soggetto,   si   ottengo   maggiormente   con   le   operazioni   di   pedinamento  ordinario  piuttosto  che  con  il  controllo  satellitare  del  percorso.    

incide sulla riservatezza personale in modo più limitato rispetto al pedinamento tradizionale, assicurando in più, rispetto a quest’ultimo solo la maggiore precisione nel monitoraggio del percorso e un più efficace occultamento degli investigatori.

Il monitoraggio degli spostamenti di una persona può essere realizzato anche attraverso l’acquisizione dei dati di ubicazione del telefono cellulare, a condizione che esso sia acceso, anche se non viene utilizzato per ricevere e fare chiamate249. Ma l’inquadramento dell’attività di tracciamento dell’ubicazione in tempo reale non è semplice. Infatti, non si può fare riferimento né all’art. 132 del codice della privacy, perché questo riguarda dati preesistenti250 né alla disciplina degli artt. 266 c.p.p. e seguenti, poiché oggetto dell’informazione acquisita non è il contenuto di una comunicazione ed inoltre i dati di ubicazione vengono acquisiti prescindendo da una comunicazione in corso.

È poi necessario evidenziare un'altra criticità: non è possibile distinguere sin dall’inizio i dati di ubicazione dai dati di traffico, e ciò perché gli inquirenti non possono sapere quando il telefono soggetto a controllo sarà utilizzato per ricevere o effettuare telefonate. La natura mista di questi dati acquisiti ha indotto una parte della dottrina a ritenere

                                                                                                               

249  È   bene   precisare   che   l’acquisizione   dei   dati   esteriori   delle   comunicazioni   si   suole  

distinguere   a   seconda   che   avvenga   posteriormente   oppure   in   tempo   reale.   Nel   primo   caso,  essa  avviene  ai  sensi  dell’art.  132  del  codice  della  privacy,  mentre,  nel  secondo  caso,   non   essendoci   una   normativa   espressa,   si   ritengono   applicabili   i   criteri   elaborati   dalle   S.U.   della   Cassazione   (Cass.   pen.,   Sez.   Un.,   30   giugno   2000,   Tammaro,   cit.,   p.3259)   in   materia  di  tabulati  telefonici,  e  quindi  la  liceità  del  monitoraggio  deriverebbe  dal  decreto   autorizzativo  dell’autorità  giudiziaria.  Vedi  G.  DI  PAOLO,  “  Tecnologie  del  controllo”  e  prova   penale.  L’esperienza  statunitense  e  spunti  per  la  comparazione,  cit.,  p.  259.  

250  Contra  A.  CAMON,  L’acquisizione  dei  dati  su  traffico  delle  comunicazioni,  in  Riv.  it.  dir.  e  

proc.   pen.,   2005,   p.   631,   che   propende   per   una   lettura   estensiva   dell’art.   132   codice  

“ragionevole che il regime di garanzia previsto per il tracciamento di comunicazioni

telefoniche vada esteso tout court ad ogni ipotesi di monitoraggio dinamico sul posizionamento del telefono cellulare”251. Certamente anche in questa ipotesi,

date le forti analogie con il pedinamento satellitare, sarebbe opportuno che la legge disciplinasse le modalità, lo scopo, la durata e i motivi per i quali il tracciamento può essere eseguito. Ma ancora sarebbe ancor più preferibile che tutte le forme di monitoraggio in tempo reale, quali il tracciamento dell’utenza, la localizzazione in tempo reale del telefono cellulare ed il pedinamento satellitare, fossero disciplinate in modo unitario.

4. I RISULTATI DEL PEDINAMENTO SATELLITARE: ATTI RIPETIBILI

O IRRIPETIBILI?

Ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinario riguarda la configurabilità dei risultati dell’indagine effettuata per il tramite di monitoraggio satellitare; dibattito sicuramente non fine a sé stesso, ma fondamentale per l’individuazione delle modalità di ammissione al processo penale di questi risultati. La Suprema Corte252, in un caso, ha affermato che i supporti informatici, contenenti i dati sugli spostamenti del veicolo controllato, non hanno “natura irripetibile” e, quindi, non possono                                                                                                                

251  G.  DI  PAOLO,”Tecnologie  del  controllo”  e  prova  penale.  L’esperienza  statunitense  e  spunti  

per  la  comparazione,  cit.,  p.753,  secondo  cui,  poiché  il  dispositivo  sotto  controllo  è  uno  

strumento   di   comunicazione,   il   tracciamento   si   pone   in   conflitto   con   il   diritto   tutelato   dall’art.   15   Cost..   Ma   questa   affermazione   altra   parte   della   dottrina   ha   osservato   che   il   dato  concernente  il  luogo  in  cui  si  trova  l’utente  al  momento  della  comunicazione  “non  

riguarda   la   libertà   di   comunicazione   e   corrispondenza,   ma   semmai   la   privacy”.   Vedi   R.  

ORLANDI,  Lodo   “maccanico”:   attuazione   dell’art.   68   Cost.   e   sospensione   dei   processi   per   le   alte  cariche.  Profili  di  diritto  processuale,  in  Dir.  pen.  e  proc.,  p.1214.  

confluire nel fascicolo per il dibattimento. Ha inoltre escluso la possibilità che siano acquisibili le relazioni di servizio connesse, sostenendo che i risultati della localizzazione satellitare devono poter giungere alla conoscenza del giudice solamente attraverso la testimonianza della polizia giudiziaria che ha eseguito l’operazione, così come accade per le forme tradizionali di osservazione e pedinamento. È questa una delle conseguenze che discendono dalla più volte confermata differenza tra il pedinamento satellitare e le intercettazioni, i cui risultati di quest’ultime sono considerati atti irripetibili e quindi inseribili nel fascicolo del dibattimento. A questo punto è però necessario brevemente chiarire il concetto di atto d’indagine ripetibile o irripetibile.

Secondo un primo orientamento, l’irripetibilità di un atto d’indagine deve essere valutata in base al contenuto e non al tipo di atto, per cui si considerano irripetibili tutti quegli atti che “non possono essere rinnovati nella

loro ontologica esistenza, pur se rievocabili tramite la lettura del verbale in un’occasione cronologicamente successiva”253. Partendo da tale premessa, rientrerebbero, quindi, non solo le perquisizioni e i sequestri ma anche tutti gli altri atti che si esauriscono nel momento in cui sono compiuti e di cui è riproducibile successivamente la sola documentazione, compresi tra questi il pedinamento e l’osservazione fatte dalla polizia giudiziaria. In altre occasioni, però, la Cassazione ha ricostruito la categoria degli atti “irripetibili”, partendo dal presupposto che l’inserimento degli atti d’indagine nel fascicolo per il dibattimento sia una deroga al principio                                                                                                                

dell’oralità, per cui l’irripetibilità di un atto deve coincidere con la “impossibilità materiale e ontologica riferita alla rinnovazione in giudizio del medesimo atto compiuto durante le indagini”254. Così sono stati esclusi da tale categoria tutti gli atti rinnovabili oralmente in giudizio, comprese le relazioni di servizio della polizia giudiziaria, riguardanti un attività di pedinamento, il cui contenuto può essere assunto in contraddittorio tra le parti attraverso l’interrogatorio orale dei verbalizzanti. Da quanto esposto sopra, appare chiaro che il problema dell’allegazione di un verbale della polizia giudiziaria nel fascicolo dibattimentale è un problema di compatibilità con il principio costituzionale del contradditorio nella formazione della prova, in quanto consentirebbe al giudice di leggere e utilizzare per la decisione un atto formato nella fase procedimentale. Si ricordi che l’art. 111, comma 5, Cost., ammette la deroga al principio del contraddittorio solo in presenza di una “accertata impossibilità di natura oggettiva”255.

Pertanto, un’interpretazione costituzionalmente corretta, dovrebbe consentire l’ingresso nel dibattimento di atti formati anteriormente e unilateralmente, soltanto se il loro contenuto probatorio, che ne costituisce l’oggetto, non possa pervenire in altro modo alla cognizione del giudice attraverso l’assunzione di una prova in giudizio, nel contradditorio delle parti. Particolarmente rilevante è stato l’intervento

                                                                                                               

254  Cass.  pen.,  sez.  I,  7  novembre  2002,  Marucci,  in  C.E.D  Cass,  222537;  Cass.  pen.,  sez.  I,  8  

giugno  1999,  Marafante,  in  C.E.D  Cass,  213706.  

255  A.  MAMBRIANI,  Giusto  processo  e  non  dispersione  delle  prove,  Piacenza,  2002,  p.  1236,  il  

quale   pone   l’accento   sull’effetto   anti   dispersivo   della   prova   del   quinto   comma   dell’art.   111  Cost.      

della Suprema Corte a sezioni unite256 che nel cercare un bilanciamento tra l’interesse alla ricerca della verità nel processo e il principio del contradditorio nella formazione della prova, ha ritenuto che l’irripetibilità di un atto procedimentale sia rinvenibile solo se si ravvisi l’esistenza di un risultato ulteriore ed estrinseco rispetto alla mera attività investigativa della polizia giudiziaria, risultato che “non sia più riproducibile in dibattimento

se non con la perdita della informazione probatoria o della sua genuinità”257. Con questa decisione è stata confermata quindi che l’oggettiva impossibilità di riprodurre l’atto in dibattimento è l’unico criterio valido per valutare la non ripetibilità dell’atto. Quindi, tornando al nostro tema, questa caratteristica è indubbiamente riscontrabile nelle informazioni trasmesse dal ricevitore GPS, che vengono registrate su supporto informatico durante le operazioni di pedinamento satellitare. Così, mentre i risultati del pedinamento ordinario devono essere affidati alla percezione degli agenti di polizia giudiziaria che hanno eseguito le operazioni, e, quindi, acquisibili esclusivamente attraverso la loro testimonianza, i risultati della localizzazione satellitare sono il frutto di rilievi elettronici rappresentativi di una realtà spazio temporale di per sè non riproducibile. Pertanto, come affermato in dottrina 258 , anche contro quanto sostenuto in giurisprudenza259 , sembrerebbe più conforme ai principi generali riconoscere la natura di atto irripetibile ai supporti informatici che contengono i dati del pedinamento satellitare, consentendone                                                                                                                

256  Cass.  pen,  sez.  un.,  17  ottobre  2006,  in  Dir.  pen  e  proc,  2007,  p.  1155,  con  nota  di      M.  

MINAFRA,  Atti  irripetibili  e  limiti  ai  poteri  probatori  del  giudice.   257  Cass.  pen,  sez.  un.,  17  ottobre  2006,  cit.  

258  M.  STRAMAGLIA,  Il  pedinamento  satellitare:  ricerca  e  uso  di  una  prova  “atipica”,  cit.  213.   259  Cass.  pen.,  sez.  I,  9  marzo  2010,  cit.  

l’inserimento nel fascicolo dibattimentale ai sensi dell’art. 431, comma 1, lett. B) c.p.p..

Nel presupposto della configurazione dell’atto investigativo di pedinamento satellitare come irripetibile, resta da analizzare l’interpretazione della rigida formulazione del sopra citato art. 431, comma 1, lett. B), c.p.p., il quale indica, come documentazione idonea a confluire nel fascicolo per il dibattimento, i “verbali degli atti irripetibili compiuti dalla polizia giudiziaria”. In poche parole è possibile, vista la menzione ai soli “verbali”, sostenere che l’ingresso del fascicolo per il dibattimento sia possibile anche ai supporti informatici contenenti i dati di geo localizzazione?

La dottrina260 ha evidenziato come il problema si ponga anche per i rilievi fotografici, per la documentazione cinematografica nonché per le intercettazioni, i cui supporti di registrazione risultano esclusi dal fascicolo dibattimentale, ai sensi dell’art. 268, comma 7, c.p.p. essendo prevista solo l’allegazione delle loro “trascrizioni”261.

In effetti tutte queste ipotesi hanno un elemento in comune, consistente nel fatto che, il legislatore ha sostanzialmente immaginato il fascicolo dibattimentale come una raccolta di semplice documentazione scritta, ignorando l’esistenza di alcune categorie di atti d’indagine i cui risultati                                                                                                                

260  M.  STRAMAGLIA,  Il  pedinamento  satellitare:  ricerca  e  uso  di  una  prova  “atipica”,  cit.,  213,  

sostiene   che   l’art.   431   c.p.p.   tradisce   un   idea   essenzialmente   “cartacea”   della   documentazione   investigativa   e   quindi   del   fascicolo   dibattimentale   che   appare   in   sostanza  destinato  a  contenere  atti  scritti.  

261  Cass.  pen.,  sez.  I,  16  gennaio  1995,  Catti,  in  C.E.D  Cass,  201238,  ha  comunque  stabilito  

che,  la  mancata  previsione  normativa  dell’inserimento  di  questi  supporti  nel  fascicolo  di   cui  all’art.  431  c.p.p.,  deriva  solo  dalla  natura  degli  oggetti  non  fascicolabili,  ma  che  tale   fatto   non   preclude   in   alcun   modo   al   giudice   la   possibilità   di   ascoltarli   o   utilizzarli   per   l’accertamento  dei  fatti.    

non si appoggiano a documenti scritti262. comunque la soluzione a questo problema interpretativo ci viene suggerita anche dalla Relazione al Progetto preliminare del codice di procedura penale, in cui si afferma che, qualora alle operazioni di polizia giudiziaria, “partecipino persone fornite

di specifica competenza tecnica nell’eseguire i rilievi e gli accertamenti, il verbale potrà essere corredato con fotografie, con planimetrie e con altro mezzo di riproduzione”263. Quindi si può affermare, che i supporti di carattere fotografico, fonico, cinematografico o informatico che contengano l’espressione di una realtà non ripetibile e ivi cristallizzata, potranno essere acquisiti al fascicolo per il dibattimento, poiché costituiscono parte integrante dello stesso verbale264.

Un ulteriore problema, scaturente dal tenore letterale dell’art. 431, comma 1, lett. B), c.p.p., è rappresentato dal fatto che l’attività di pedinamento non prevede un obbligo di redazione del verbale, non rientrando esso negli atti per i quali è obbligatorio, ai sensi dell’art. 357 c.p.p.. Infatti, nella prassi la documentazione dell’attività svolta assume la forma di una semplice “annotazione” o “relazione” di servizio, documento non disciplinato dal codice di procedura, ma previsto dai regolamenti di servizio della polizia, consistente in un atto scritto in cui gli operatori riferiscono fatti appresi nel corso dell’attività svolta durante il servizio.

                                                                                                               

262  A.  CAMON,  Le  riprese  visive  come  mezzo  d’indagine:  spunti  per  una  riflessione  sulle  prove  

incostituzionali,  cit.,  1192.  

263  G.  CONSO,  V.  GREVI,  G.  NEPPI  MODONA,  Il  nuovo  codice  di  procedura  penale,  Padova,  1990.  

p.  702.  

264  Cass.  pen.,  sez.  un,  28  ottobre  1998,  Barbagallo,  in  C.E.D  Cass,  212758,  che  ha  ritenuto  

possibile   inserire   nel   fascicolo   dibattimentale   i   verbali   dell’attività   di   sopralluogo   e   osservazione  della  polizia  giudiziaria  con  la  documentazione  fotografica  annessa.  

Su quest’aspetto, la giurisprudenza non è apparsa costante. Infatti, in alcuni casi, la Cassazione ha fatto propria la scelta di interpretare tassativamente il termine “verbali”, negando per tale motivo agli atti documentati a mezzo di annotazioni l’accesso al fascicolo del dibattimento265. Ma sullo stesso problema sono intervenute più recentemente le S.U.266, che hanno affermato come il riconoscimento della natura di un atto processuale non dipenda da un semplice criterio nominalistico, per cui una relazione di servizio che documenti atti irripetibili, potrà essere comunque acquisita, anche se non ha la forma