1.4. L’oggetto della tutela ed i requisiti costitutivi del diritto
1.4.1. Il carattere creativo e l’originalità Profili generali e prospettive evolutive
Come premesso, sia l’art. 2575 c.c. che l’art.1 della legge speciale garantiscono tutela a tutte quelle opere dell’intelletto che siano munite di “carattere creativo” a prescindere dal modo e dalla forma di espressione senza tuttavia offrire una definizione di cosa debba esattamente intendersi per creatività. La situazione è analoga a quanto visto circa l’assenza di una definizione di plagio e a questo punto si può dire che sia coerente rispetto a tale omissione: poiché i due concetti si presentano come speculari dare la definizione di uno significherebbe dare a
contraris quella dell’altro. Negli anni dottrina e giurisprudenza hanno offerto
diverse definizioni del carattere creativo spesso richiamando altri requisiti come la novità e l’originalità non espressamente menzionati dal dato positivo 107. Il problema che si è posto è quello, frequentissimo in questo campo, di riempire di contenuto una nozione di natura meta-giuridica anche ai fini dell’applicazione in concreto nelle aule dei tribunali; è possibile parlare di “creatività in senso oggettivo” con riferimento alla circostanza per cui l’opera sarebbe il risultato di un apporto intellettuale, un quid novi da parte dell’autore, al patrimonio culturale che lo precede. Da questo punto di vista effettivamente la nozione potrebbe sovrapporsi a quella di “novità in senso oggettivo” che pur non essendo richiamata dalla legge – come accade per i brevetti – è ritenuta da autorevole dottrina essere requisito della tutela sulla scorta del rilievo che creare qualcosa che già esiste sia
107
Sub. art. 1 l.a., in MARCHETTI e UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della
un paradosso logico108. Tale asserzione, tuttavia, non può prescindere da quel presupposto, che si è precedentemente enucleato, del rapporto esistente tra patrimonio pregresso e creazione; se si richiedesse una novità oggettiva di carattere assoluto si finirebbe, come è capitato spesso nelle cause di plagio musicale, per spostare l’accento sul “quanto” un’opera debba differenziarsi da una precedente per godere di tutela, valutazione idonea ad “aprire le porte ad un
inevitabile soggettivismo interpretativo”109. La creatività in senso soggettivo, invece, si è
confusa spesso con la nozione di “originalità in senso soggettivo” in base al quale l’opera sarebbe tutelabile solo in quanto idonea a rivelare la personalità del proprio autore110; il parametro in esame ha avuto grande fortuna presso la
giurisprudenza111, ma non ha riscosso lo stesso consenso presso una parte
autorevole della dottrina che ne ha contestato vivacemente le premesse di fondo112. Coerente rispetto alla ratio della tutela è l’affermazione secondo cui la creatività dovrebbe essere “qualificata” essendo individuabile un livello minimo di apporto creativo necessario per l’accesso alla tutela; tuttavia questo renderebbe indispensabile un giudizio di valore sul merito creativo dell’opera stessa. La dottrina che si oppone a tale lettura lo ha fatto temendo che un giudizio di questo tipo assumesse i connotati di un giudizio di “gusto estetico” con risultati variabili a seconda del giudicante. In realtà a tale critica si è obiettato in primo luogo di non cogliere la differenza tra un giudizio sul valore estetico, effettivamente calibrato sui gusti personali, ed uno sul merito creativo che dovrebbe poggiare su elementi di carattere più univoco; sulla falsariga di tale considerazione si è giunti ad immaginare una “low authorship” in difetto di “merito creativo” così come avviene nel campo dei marchi ove si distinguono
108
ARE, cit., 53; conforme GRECO e VERCELLONE, cit.: “ Va pertanto confermata l’esigenza che l’opera debba essere nuova obiettivamente, esigenza che è corollario logico del fondamento stesso dell’attribuzione di esclusiva e del sistema che si è venuto svolgendo su tale fondamento.” (Ivi 48)
109
BONELLI, cit., 179. 110
GRECO e VERCELLONE, cit., 49; vedi anche V.M. DE SANCTIS, Il carattere creativo delle
opere dell’ingegno, Giuffrè, Milano, 1971, 38. 111
Ex plurimis Trib. Milano 4-2-1982, in Dir. autore, 1982, 274. 112
marchi forti o deboli a seconda del grado di “capacità distintiva”113. In secondo luogo la compatibilità di un giudizio sul merito creativo dell’opera sembrerebbe essere sostenuta dalla riforma dell’art.1 l.a. che rispetto alla versione contenuta nel primo articolo della legge del 1925 ha eliminato l’inciso “qualunque ne sia il
merito e la destinazione”114. Nonostante la ragionevolezza di tali rilievi la
giurisprudenza, avallata anche da una parte della dottrina ed anche a seguito dell’introduzione nella tutela di beni “ibridi”, continua ad individuare un livello minimo di tutela tendenzialmente basso115, arrivando a ritenere sufficiente anche la mera compiutezza formale116.
La dottrina americana non si è limitata ad osservare passivamente questo progressivo svuotamento dei criteri di “creatività” ed “originalità” giunge attraverso la strada di chi sostiene la necessità di un giudizio sul merito creativo, ad ipotizzare e schematizzare un sistema di diritto d’autore alternativo in cui l’ampiezza della tutela risulti parametrata al grado di originalità e creatività dell’ opera; il modello proposto avrebbe ricadute notevoli sul piano di un eventuale giudizio per plagio in quanto gli autori propongono una rimodulazione non solo delle coordinate sostanziali, ma anche di quelle processuali, soprattutto di carattere probatorio, al fine di risolvere la patologia inevitabilmente connessa ad un sistema in cui vengono tutelate allo stesso modo opere altamente creative ed opere banali, ovvero la produzione di un livello subottimale di opere “veramente” creative117. Il sistema, estremamente articolato, si fonderebbe sulla
individuazione di tre diverse gradazioni di originalità (alta, media, bassa) a cui corrisponderebbero un’ampiezza di tutela proporzionata ed oneri probatori
113
A. MUSSO, sub. art. 2575 c.c., in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca curato da
F.Galgano, Zanichelli, Bologna, Libro V, 27 che richiama quanto affermato da GINSBURG, Creation and commercial value: Copyright protection of works of information, in Columbia University Law Review, 1990, 1865 e ss.
114
ARE, cit., 175. 115
Sub. art. 1 l.a., in MARCHETTI e L.C. UBERTAZZI, Commentario breve al diritto della
concorrenza, Cedam, Padova, 2008, sez. III, 1493. 116
UBERTAZZI, in Digesto IV, Discipline privatistiche, sez. commerciale, voce diritto d’autore, IV, 367.
117
La teoria in esame si deve a G. PARCHOMOVSKY e A. STEIN, Originality, in Virginia Law
differenti; l’obiezione che si potrebbe muovere ad un sistema di questo genere è che se tale metodo fosse effettivamente operativo i giudici sarebbero gravati dal compito di collocare le opere dell’attore e del convenuto in una delle tre categorie in base al grado di originalità, esprimendo inevitabilmente un giudizio sul merito creativo delle stesse; a tale critica gli autori della teoria hanno prontamente risposto che:
“We merely assign courts the task of determining an expressive work’s level of
originality. Courts are not only capable of performing this task, but they already do so. Every infringement suit requires the court to identify the original elements in the works involved and decide whether the defendant appropriated original expression from the plaintiff’s work. Furthermore, whenever a defendant raises a fair use defense, the court must assess the level of transformativeness in her work as part of the analysis. In doing so, judges assess the level of originality and creativity in the allegedly infringing work. In appropriate cases, judges can seek assistance from expert witnesses in making originality determinations, as they do already. This means that courts are quite adept at making originality determinations and that our proposal will not present them with a new challenge”118.