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La complessità dell’accertamento del plagio musicale: il caso Carrisi Jackson

2. IL DIRITTO D’AUTORE E IL PLAGIO MUSICALE: PROFILI PROCESSUAL

2.3. Il giudizio sulla similitudine sostanziale tra i brani Metodo e criteri di confronto

2.3.1. La complessità dell’accertamento del plagio musicale: il caso Carrisi Jackson

La complessa vicenda giudiziaria prende le mosse da un’ordinanza della Pretura di Roma che accoglie la richiesta di provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. proposta da Albano Carrisi232 il quale nel 1987 aveva depositato presso la SIAE

il brano “I cigni di Balaka”, nei confronti di Micheal Jackson autore ed interprete della canzone famosissima “Will you be there”, depositata presso la SIAE nel 1991. Carrisi denunciava ai giudici e ai media che la canzone di Jackson presentasse una melodia identica alla propria escludendo che potesse trattarsi di una coincidenza in quanto le case discografiche a cui i due autori facevano riferimento avevano organizzazioni parzialmente sovrapponibili, risultando plausibile che Jackson avesse avuto l’occasione di ascoltare o comunque di conoscere il brano del cantautore pugliese. Il primo grado di giudizio, pur rilevando la stretta somiglianza tra le melodie dei brani, riconosce l’insussistenza del plagio 233; tale orientamento viene confermato in appello con una sentenza che sintetizza ed approfondisce i passaggi principali di cui dovrebbe constare l’accertamento giudiziario del plagio musicale234. In primo luogo si rileva la

necessità di verificare la sussistenza dei requisiti sostanziali della tutela rispetto al brano preteso plagiato; si deve aggiungere che, nel caso di specie, l’attività istruttoria era stata davvero molto copiosa: in particolare i periti di Jackson, a conferma di quella prassi difensiva sui cui ci siamo soffermati, avevano allegato una serie di brani-campione (tra i quali in particolar modo “Bless you”) contenenti la stessa cellula melodica effettivamente riprodotta in entrambi i brani oggetto di giudizio al fine di dimostrare la carenza del requisito dell’originalità nel brano di Carrisi. La sentenza in esame sembra declinare il carattere creativo come novità, letta anche in questo caso come qualcosa di prossimo alla capacità distintiva, e come originalità, intesa come non banalità. Alla luce dei precedenti allegati, la

232

Pret. Roma, 21 dicembre 1994, con nota di M. CRISOSTOMO, in Giur. it., 1995, I, 2, 648. 233

Trib. Milano, 18 dicembre 1997, in AIDA, 1998, 713. 234

melodia di Carrisi non è stata ritenuta meritevole di tutela; i periti di parte dell’attore a seguito della sentenza di primo grado, che rilevava la carenza dei requisiti sostanziali della tutela, avevano prodotto rilievi ulteriori in punto di originalità vertenti su elementi diversi della melodia, sostenendo, come abbiamo avuto modo di anticipare in via teorica, che sebbene fosse da escludere la creatività rispetto all’elemento melodico si potesse individuare l’apporto creativo dell’autore anche negli altri elementi della struttura compositiva (ritmo, armonia

ecc..). Il giudice dell’appello non esclude, a-priori, la possibilità che il surplus creativo

rispetto alle produzioni pregresse possa essere costituito dagli altri elementi strutturali, tuttavia nel giudizio in esame, la domanda iniziale era riferita alla sola

identità delle melodie e quindi, per non rischiare di sconfinare rispetto al petitum, si

afferma che l’accertamento deve incentrarsi sull’elemento specifico che si deduce esser stato plagiato. In sintesi il giudice ha l’obbligo di valutare la possibilità che le scelte ritmiche ed armoniche possano determinare l’originalità del brano ma solo se questi sono stati dedotti in giudizio con la domanda. Anche questa sentenza ribadisce la necessità ricercare gli elementi rappresentativi delle composizioni secondo parametri analitici di carattere quantitativo e riconosce, sotto il profilo qualitativo, che:

“Nel campo della musica leggera è la melodia l’elemento individuante dell’opera sia perché assorbe in sé, più che in altri campi della musica, il nucleo creativo, sia perché costituisce il principale dato di individuazione e di riconoscibilità di una canzone, ciò che con immediatezza viene percepito dai normali ascoltatori”235.

Non solo, come già rilevato nel caso Branduardi, si ritorna a fare riferimento espresso alla percezione dell’ascoltatore normale, ma addirittura è possibile dedurre che la identità delle melodie debba essere presa in considerazione in quanto questa, più che altre similitudini, è in grado di ingenerare un rischio di confusione negli ascoltatori profani; ciò si deduce da quanto dichiarato dai giudici rispetto agli altri “elementi di apparentamento” segnalati dall’attore (Carrisi aveva denunciato anche l’esistenza di punti di contatto sotto il profilo dei testi

235 Ivi 781

delle canzoni) in quanto questi “sono così comuni o vaghi da non ingenerare alcuna

confondibilità236. Rispetto al tema dell’ascoltatore medio e al rischio di

confondibilità è opportuno segnalare come già l’ordinanza della Pretura di Roma avesse chiarito che il plagio deve essere accertato rispetto al “comune sentire del

principale fruitore delle canzoni”, che non è il perito musicale, ma l’uomo medio che

“apprezza, normalmente, in un brano musicale la melodia più che l’armonia”237. Non solo il giudice rileva questa connessione stretta tra melodia e percezione normale dell’ascoltatore, ma sottolinea in modo esplicito quanto solo sotteso dal ragionamento della corte d’appello, rilevando che:

“Nel campo della musica leggera il semplice accostamento di melodie, al di là delle differenze di tono e di ritmo, se può indurre a confusione i potenziali fruitori, deve ritenersi idoneo ad integrare plagio. In sostanza, l’identità di melodia è idonea a rendere assolutamente difficoltoso, se non impossibile, per chi non è tecnico musicale, distinguere e, quindi, individuare, i due brani. Ciò crea un equivoco di fondo e dà luogo ad identiche reazioni emotive negli ascoltatori che non hanno assolutamente elementi per distinguere musicalmente la canzone di Al Bano da quella di Jackson”238.

Nelle parole di questo, come di altri giudici, il richiamo all’ascoltatore medio ed al rischio di confusione sono inequivocabilmente in contrasto con la preposizione teoretica, sostenuta da dottrina e da parte della giurisprudenza, secondo cui l’accertamento del plagio non può essere inteso come giudizio sul rischio di confondibilità delle opere in evidente ossequio della ratio originaria della tutela. Tuttavia, in applicazione della “IV tesi di Trento”239, che prescrive la

verifica della coerenza tra regole operazionali e proposizioni teoriche ad esse relative, appare chiaro che esista una divergenza tra le modalità in cui viene descritto teoricamente il giudizio di plagio, che effettivamente restano conformi alle finalità della tutela, ed il modo in cui concretamente questo giudizio viene posto in essere. Si cercherà di capire, nei paragrafi che seguono, le ragioni alla

236

Ibidem. 237

Pret. Roma, 21 dicembre 1994, cit., 650. 238

Ivi, 651. 239

A. GAMBARO, P.G. MONATERI e R. SACCO, voce “comparazione giuridica”, in Dig. civ., III, 1988, 48.

base di questa frattura anche e soprattutto rilevando i punti comuni tra questo giudizio ed altri, esistenti nel nostro ordinamento, che hanno dichiaratamente l’obiettivo di accertare l’esistenza di un pericolo di confusione rispetto al pubblico e lo fanno utilizzando indici di valutazione molto vicini a quelli esaminati fin qui rispetto al plagio musicale.

2.4. L’ascoltatore medio e gli altri “medi” della