CAPITOLO 3 La filiera vitivinicola di qualità in Basilicata: un
3.2. I principali risultati
3.2.1 Caratteri strutturali delle aziende campione e relativa produzione
Le unità di produzione vitivinicola da noi prese in considerazione appaiono per lo più di media dimensione, la cui forma giuridica prevalente (per il 58%) è quella di ditta individuale; solo il 23% delle aziende campionate presenta una struttura societaria definita (società di capitali), l’11% sono cooperative ed il restante 8% società di persone. In particolare, le aziende produttrici del “Grottino di Roccanova” e del “Terre dell’Alta Val d’Agri” sono esclusivamente ditte individuali.
Grafico 3.1 - Forma giuridica (%) delle aziende campione
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Permane, quindi, la presenza di forme societarie più semplici, anche se una parte non trascurabile di imprese del settore si sta orientando verso forme giuridiche più complesse. Ad ogni modo, si tratta di una caratteristica dell’assetto imprenditoriale che non determina di per sé il successo o l’insuccesso aziendale, il quale dipende invece dalla combinazione di ben altri fattori.
In realtà, la ditta individuale, non richiedendo particolari adempimenti per la sua costituzione, è la forma giuridica che ancora oggi meglio si adatta al tessuto
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socio-economico delle piccole imprese locali, fortemente legate al territorio e alle tradizioni. In particolare, l’attività di produzione del vino è stata considerata da sempre come componente importante del settore agricolo, anche ai fini dell’autoconsumo, per questo gestita con modelli aziendali della piccola impresa a conduzione familiare e con prevalente attenzione al prodotto e al processo produttivo.
Le imprese vitivinicole esaminate, inoltre, presentano una quasi totale assenza di implementazione di sistemi di qualità o ambientali certificati secondo le normative UNI EN ISO 9000 o 14000, EMAS, ecc., diventati elementi di differenziazione utile per la conquista anche di alcune fasce di consumatori, oggi in aumento, orientate sempre più verso prodotti sottoposti a controlli, tracciabilità e qualità38.
La necessità di gestire e valorizzare questo importante comparto produttivo lucano ha garantito una certa adesione delle aziende ai rispettivi Consorzi di Tutela, organismi nati con l’obiettivo di valorizzare le produzioni tipiche, contribuendo a orientare i produttori, migliorando l’organizzazione aziendale e controllando la filiera produttiva a garanzia della qualità dei prodotti.
Più precisamente, i consorzi di tutela e valorizzazione, in quanto costituiti da soggetti direttamente coinvolti nella filiera produttiva, sono gli strumenti idonei a garantire lo sviluppo delle denominazioni d’origine e delle indicazioni geografiche per lo sviluppo della qualità dei prodotti alimentari e dell’economia nazionale.
Essi, infatti, oltre ad inserirsi in un contesto in cui i prodotti tipici si pongono come un importante potenziale per l'economia delle zone rurali e come traino per il settore nei confronti di altri prodotti del sempre più apprezzato Made in Italy, permettono di far fronte alle criticità e ai limiti strutturali e culturali che le imprese e le filiere di produzione e distribuzione mostrano di avere, migliorando le attività di coordinamento del sistema istituzionale nelle attività di comunicazione e valorizzazione.
La Regione Basilicata ha destinato ai Consorzi di Tutela e di Valorizzazione uno specifico finanziamento nell'ambito del PSR 2007/2013 per le loro attività, considerando il loro operato strategico per lo sviluppo del territorio e delle produzioni tipiche. Essi si dividono in due categorie: consorzi di tutela riconosciuti
38 Solo 3 aziende sulle 26 esaminate hanno dichiarato di avere la certificazione dei sistemi di qualità ISO 9000, ed
esclusivamente una ha dichiarato di aderire alla certificazione ambientale. Un’altra azienda ha dichiarato di aderire ad un sistema Global Gap (sistema che stabilisce standard volontari per la certificazione di prodotti agricoli in tutto il mondo, con l’obiettivo di realizzare un unico standard di Buona Pratica Agricola).
dal MIPAAF e strutture non riconosciute. La più evidente differenza riguarda la collaborazione dei primi, pur rimanendo organismi privati, nell’attività di verifica e di vigilanza con l’Ispettorato centrale repressione frodi, per la difesa della qualità delle produzioni per garantire ai consumatori una qualità conforme alla reputazione della denominazione. Le altre strutture, invece, che non ottengono il riconoscimento e che agiscono solo in nome e nei confronti degli associati, sono sottoposte al controllo e al vincolo del MIPAAF per le decisioni relative alla denominazione. In Basilicata il Consorzio Aglianico del Vulture è l’unico ad avere il riconoscimento del MIPAAF, mentre gli altri appartengono ai consorzi non riconosciuti39. In considerazione del loro ruolo insostituibile, quasi tutte le aziende intervistate vi hanno aderito in particolare:
- le cinque aziende produttrici del “Matera” DOC aderiscono al “Consorzio di Tutela Vini Matera DOC”;
- nell’area del Vulture la situazione appare più diversificata: aderiscono al “Consorzio di Tutela dell’Aglianico del Vulture” ed al Consorzio di Valorizzazione “Qui Vulture” il 38% delle aziende intervistate; il 25% aderisce soltanto al Consorzio di Tutela, il 12% esclusivamente al Consorzio di Valorizzazione ed il restante 25% non aderisce a consorzi;
- aderiscono, infine, al rispettivo Consorzio di Tutela le aziende intervistate produttrici del “Terre dell’Alta Val d’Agri” DOC e del “Grottino di Roccanova” DOC.
Il 73% di adesione degli intervistati ai consorzi evidenzia sicuramente una certa crescita culturale degli imprenditori facenti parte del nostro campione, i quali stanno progressivamente acquisendo la consapevolezza che soltanto grazie alla cooperazione tra realtà produttive per lo più di piccole e medie dimensioni è possibile competere sul mercato, attivando una promozione unitaria e non segmentata di un territorio che, per le sue caratteristiche peculiari, rende unici i propri prodotti.
Dato, però, non in linea con quello regionale, dove solo il 24% delle aziende, iscritte ai rispettivi Albi Vigneti, aderisce ai vari Consorzi di Tutela.
39 INEA – Sede Regionale per la Basilicata (a cura di), I Consorzi di Tutela e Valorizzazione in Basilicata, pp. 3, 4,
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Va comunque notata l’evoluzione positiva dell’adesione consortile, cresciuta costantemente negli anni, passando dal 14% del 2005 al 17% del 2006, fino ad attestarsi al 24% a partire dal 2008.
Se scendiamo nel dettaglio e consideriamo esclusivamente le aziende che da diversi anni effettuano le denunce di produzione DOC notiamo come la percentuale di adesione ai relativi Consorzi di Tutela risulti ancora più elevata: negli ultimi cinque anni, infatti, essa ha subito per tali aziende un deciso e costante incremento, passando dal 24% nel 2005 all’88% nel 201040.
Oltre la metà delle aziende considerate (57%) non supera i 15 ettari di superficie agricola investita a vigneto. Dato sicuramente positivo se raffrontato con la superficie media delle aziende agricole lucane riscontrata dal 6° Censimento Generale dell’Agricoltura, pari a 9,9 ettari41.
Tutto sommato una situazione favorevole e non particolarmente frammentata per le aziende del nostro campione, legata in parte al progressivo aumento, verificatosi anche in Basilicata, della superficie dedicata alla coltivazione di uva da vino DOC sottratta, invece, alla produzione di IGT e vini da tavola. Inoltre, non sempre la coltivazione vitata rappresenta l’unica attività svolta: il 37,5% delle aziende campionate affianca difatti alla coltura della vite altre coltivazioni arboree, per lo più olivicole o erbacee. Ciò è vero soprattutto per le realtà aziendali presenti nel territorio del Vulture e del materano: lo è, infatti, per il 37% delle aziende produttrici di “Aglianico del Vulture” DOC che, oltre alle coltivazioni arboree ed erbacee, aggiunge anche in alcuni casi (per il 6% delle aziende) attività agrituristiche. Ancora maggiore appare tale incidenza per il campione di aziende produttrici del “Matera” DOC, dove ben l’80% di esse presenta una certa varietà colturale ed il 40% svolge anche attività agrituristiche.
Entrando ancora più nel dettaglio emerge che non tutta la superficie investita a vigneti è dedicata esclusivamente alla produzione DOC, e ciò accade per buona parte delle aziende esaminate, nelle quali è presente anche la produzione di vino IGT e vino da tavola. L’investimento a DOC rimane comunque elevato considerando che per più della metà delle aziende campionate esso è compreso tra il 70 e il 100% della superficie vitata. A dedicarsi interamente alla produzione DOC è il 25% delle aziende prese in considerazione.
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Nel dettaglio, la percentuale di adesione di tali aziende ai rispettivi Consorzi di Tutela ha raggiunto quota 35% nel 2006, 54% nel 2007, 55% nel 2008, 84% nel 2009.
Tabella 3.1 – Ripartizione % delle aziende per classi di superficie investita a vigneto e a vigneto DOC
SAU investita a vigneto Aziende in %
Vigneto (%) investito a DOC Aziende in % Inferiore ai 5 ha 15,4 Tra il 20% e il 50% 29,0 Tra i 5 e i 10 ha 26,9 Tra il 50% e il 70% 17,0 Tra 11 e 15 ha 15,4 Tra il 70% e il 90% 29,0 Superiore a 15 ha 42,3 Il 100% 25,0
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Un’analisi sulla gamma di produzione evidenzia, a tal proposito, un’offerta abbastanza diversificata: mentre il 25% circa delle aziende esaminate produce solo vino DOC e il 45% offre come produzione solo le due categorie certificate DOC e IGT, il 29% è in grado di proporre una gamma completa composta da vini DOC, IGT e Vini da Tavola.
Delle 26 aziende del campione, inoltre, 23 detengono la filiera completa, dalla fase di produzione dell’uva alla fase di commercializzazione con proprio marchio, le restanti 3, invece, seguono solo la fase di imbottigliamento e commercializzano con un proprio marchio.
Un esame più dettagliato evidenzia che tutte le aziende intervistate nell’area del Vulture producono l’uva (il 44% circa di esse ne acquista anche da terzi), la trasformano, imbottigliano e commercializzano con un proprio marchio detenendo, quindi, la filiera completa; lo stesso vale per le cinque aziende del “Matera” DOC (in questo caso, il 25% di esse acquista uva anche da terzi) e per le aziende che producono il “Grottino di Roccanova” DOC. Per quanto riguarda, invece, il campione di aziende intervistate per il “Terre dell’Alta Val d’Agri” DOC soltanto una possiede la filiera completa dalla produzione alla commercializzazione con proprio marchio, mentre le altre pur essendo iscritte all’Albo Vigneti DOC non rivendicano la produzione, utilizzando probabilmente le proprie uve per produrre del vino IGT o da tavola di elevata qualità, ma seguono presso terzi la fase di imbottigliamento e commercializzano con propria etichetta.
Dall’insieme di tali dati emerge una caratteristica evidente del sistema produttivo vitivinicolo lucano, nonché di quello nazionale, che riguarda la stretta integrazione tra vigneto e cantina: per la quasi totalità delle aziende esaminate,
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infatti, l’uva utilizzata per la produzione del vino deriva da vigneti di proprietà, solo per il 34% del campione l’uva viene acquistata presso terzi, seguendo in linea di massima un approccio di filiera corta. Ciò significa che si tratta di aziende che hanno avviato un discorso di specializzazione e diversificazione della propria produzione.
I dati sulla produzione annua mostrano come solo il 31% delle cantine lucane intervistate effettua una produzione che supera le 100.000 bottiglie, mentre la restante parte vede un 12% di aziende con una produzione annua inferiore alle 10.000 bottiglie, un 42% con una produzione che si aggira tra le 10.000 e le 50.000 bottiglie annue, e un restante 15% che registra una produzione compresa tra le 50.000 e le 100.000 bottiglie.
Il numero medio di etichette per azienda è pari a cinque, ma elevata è la variazione interna poiché vi sono casi aziendali con una o al massimo due etichette e altri che ne contano più di dieci.
Relativamente alla produzione DOC, l’“Aglianico del Vulture” conta in media tre etichette per azienda, il “Matera” ne conta due e sia il “Terre dell’Alta Val d’Agri” che il “Grottino di Roccanova” ne contano una.
Inoltre, dalle risposte alle domande del questionario sembra che l’organizzazione della produzione si sia modernizzata e specializzata, dal momento che quasi tutte le aziende si avvalgono per le varie fasi produttive della competenza di specialisti sia interni che esterni: l’83% delle aziende è supportato dalla consulenza di un enologo, a cui si affianca per il 54% delle aziende anche l’agronomo, meno frequenti sono invece il perito agrario (17%) e l’agrotecnico (12%).
Tale fenomeno ha consentito l’ingresso delle produzioni regionali sui mercati internazionali. Senza la valida collaborazione e/o consulenza di figure professionali e tecnici esperti nel settore, in grado di garantire la qualità e la sicurezza alimentare dei prodotti enologici, non si sarebbe creata quella valorizzazione che ha permesso al vino lucano di uscire dall’anonimato per competere nel sistema di concorrenza globale.
In base alla segmentazione del mercato, che suddivide i vini per prezzo e caratteristiche specifiche42, la produzione DOC lucana – secondo quanto dichiarato
42 La qualità di un vino può essere molto variegata anche all’interno di una stessa classe di pregio per le
caratteristiche specifiche che ogni vino possiede. Essa nasce dall’interazione tra diversi elementi, quali l’ambiente naturale, il vitigno e il fattore umano. La segmentazione qualitativa dei vini sul mercato per range di prezzo e requisiti ricercati dal consumatore, che trova oggi riscontro in tutti i mercati, individua sei tipologie di
dalle aziende campione – rientra in gran parte nella tipologia Ultra Premium (vino riconoscibile per struttura complessa e caratteri specifici, difficile da imitare, tipico e realizzato con uva di pregio) e Super Premium (vitigno ben caratterizzato, marca nota, capacità d’invecchiamento); solo la produzione dell’Aglianico del Vulture comprende anche le tipologie Icon (la più prestigiosa tipologia di vino, con una lunga storia vitivinicola, immagine consolidata nel tempo, complessità di struttura, capacità di invecchiamento, alti riconoscimenti e vino da collezione) e Premium (caratteri individuabili e riconoscibilità del vino, buona struttura, tipicità legata all’uvaggio o alla varietà)43. Queste tipologie, inoltre, sono comprese nella categoria cosiddetta Vini Originali, in cui i caratteri distintivi del vino vengono scelti dal produttore e sono strettamente legati alle caratteristiche del vigneto a definitiva conferma dell’elevato livello qualitativo dei vini DOC lucani. Il 68% della produzione delle aziende esaminate ricade nella tipologia Ultra Premium (in diminuzione rispetto al 2005) e il 27% nella tipologia Super Premium (in crescita rispetto al 2005). Come già detto, solo per l’Aglianico del Vulture il 2% della produzione ricade nella tipologia Icon (più o meno costante dal 2005) e il 5% in quella Premium, produzione avviata nel 2006.
Le diverse tipologie marcano le loro differenze sul mercato anche in base ai diversi range di prezzo, rimasti invariati per le aziende campione dal 2005, i quali sono legati ai differenti canali commerciali e al valore che il mercato attribuisce alle diverse tipologie di DOC, come evidenziano le successive tabelle.
Ovviamente, il range di prezzo a bottiglia si mantiene più basso se la vendita è diretta e avviene in azienda (franco partenza), mentre aumenta considerevolmente se la commercializzazione ricorre ad altri canali.
vino: Icon, Ultra Premium, Super Premium, Premium, Popular Premium e Basic. La categoria “Basic” individua un vino DOC più economico e senza particolari caratteristiche; la “Premium” individua prodotti di pregio e di prezzo superiore e la “Icon” identifica vini di grandissimo pregio ed elevatissimo prezzo.
Tabella 3.2 - Range di prezzo a bottiglia per tipologia e canale commerciale – Aglianico del Vulture DOC
AGLIANICO DEL VULTURE DOC Icon
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Range di prezzo tra 30€ e i 50€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 70€ e i 120€
Ultra Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Per il 62% delle aziende Per il 38% delle aziende Range di prezzo tra i 5€
e i 15€
Range di prezzo tra i 15€ e i 30€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti
Per l’ 87,5% delle aziende
Per il 12,5% delle aziende Range di prezzo tra i
18€ e i 50€
Range di prezzo tra i 50€ e i 120€
Super Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Range di prezzo tra i 2,5€ e i 5€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti
Range di prezzo tra i 10€ e i 18€
Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Range di prezzo tra i 1,7€ e i 2,5€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 5€ e i 8€
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Il 71% della produzione dell’“Aglianico del Vulture” DOC, per le aziende prese in esame, rientra nella tipologia Ultra Premium, il 22% nella tipologia Super Premium, il 5% nella tipologia Premium ed il 2% nella tipologia Icon di maggior pregio. Molto ampia appare l’oscillazione dei prezzi nella tipologia produttiva Ultra Premium: l’acquisto diretto prevede per il 62% delle aziende un prezzo compreso tra i 5 e i 15 euro, mentre per un non trascurabile 38% avviene una lievitazione di tale range, che parte dai 15 euro e raggiunge i 30. Stesso discorso se la vendita si sposta sui canali prevalenti: per la maggior parte delle aziende il prezzo è compreso tra i 18 e i 50 euro, ma due aziende riescono a spuntare prezzi 64
ben superiori, compresi tra i 50 e i 120 euro. Si tratta, infatti, di aziende di punta trainanti per l’intero comparto regionale, le quali sono riuscite a collocarsi favorevolmente sul mercato locale, nazionale e internazionale. Nella tipologia Super Premium i prezzi si uniformano a quelli spuntati anche dalle altre DOC lucane, come dimostrano le tabelle successive.
Tabella 3.3 - Range di prezzo a bottiglia per tipologia e canale commerciale – Matera DOC
MATERA DOC Ultra Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza
dall’azienda
Range di prezzo tra i 5€ e i 15€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 18€ e i 50€
Super Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Range di prezzo tra i 2,5€ e i 5€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 10€ e i 18€
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Il 70% della produzione del “Matera” DOC, per le aziende prese in esame, rientra nella tipologia Ultra Premium e il 30% come Super Premium. Come accennato, le bottiglie commercializzate al consumo del Matera DOC, del Terre dell’Alta Val d’Agri e del Grottino di Roccanova non superano il range di prezzo che va dai 18 ai 50 euro per la tipologia Ultra Premium per una serie di fattori, legati in primis alla minore anzianità dei riconoscimenti rispetto all’Aglianico del Vulture DOC, a un mercato ancora da consolidare e a una politica di valorizzazione ancora in attesa di sviluppi concreti.
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Tabella 3.4 - Range di prezzo a bottiglia per tipologia e canale commerciale – Terre dell’Alta Val D’Agri DOC
TERRE DELL’ALTA VAL D’AGRI DOC Ultra Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza
dall’azienda
Range di prezzo tra i 5€ e i 15€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 18€ e i 50€
Super Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza dall’azienda
Range di prezzo tra i 2,5€ e i 5€ Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 10€ e i 18€
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Per la DOC “Terre dell’Alta Val d’Agri” il 60% della produzione delle aziende prese in esame rientra nella tipologia Ultra Premium e il 40% nella Super Premium.
Tabella 3.5 - Range di prezzo a bottiglia per tipologia e canale commerciale – Grottino di Roccanova DOC
GROTTINO DI ROCCANOVA DOC
Ultra Premium
Commercializzazione diretta in azienda o al distributore franco partenza
dall’azienda
Range di prezzo tra i 5€ e i 15€
Commercializzazione al consumo nei
canali prevalenti Range di prezzo tra i 18€ e i 50€
Fonte: Elaborazione INEA su dati rilevati da indagine diretta
Infine, il 100% della produzione del “Grottino di Roccanova” DOC rientra nella tipologia Ultra Premium, uniformata per range di prezzo a quella delle più recenti DOC lucane.
Un’analisi dei prezzi, oltre a relazionare il prezzo del vino imbottigliato alla particolare tipologia prodotta e al diverso canale commerciale impiegato nella vendita, non può prescindere dal considerare i costi di produzione che incidono fortemente sulla formulazione del prezzo finale. Tali costi, vista l’elevata qualità a cui i produttori puntano, sono legati ai vincoli imposti dai “Disciplinari di Produzione”, ai limiti di resa, ai tempi di affinamento obbligatorio che immobilizzano il capitale, ai costi burocratici e allo svolgersi delle varie fasi produttive.
Dall’indagine emerge che uno dei principali obiettivi delle aziende lucane è quello di riuscire a mantenere un giusto rapporto qualità/prezzo al fine di ampliare le proprie relazioni con il mercato sia interno che estero. Obiettivo, quest’ultimo, perseguito non senza difficoltà.
Tuttavia, è interessante osservare come tutte le aziende prese in esame puntino ad un miglioramento qualitativo e quantitativo della propria produzione DOC e, per ottenere ciò, il 58% di esse ha dichiarato di voler investire nel prossimo futuro nel miglioramento delle strutture e dei fabbricati aziendali, il 54%
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nel miglioramento dei macchinari e il 30% intende intervenire con investimenti dedicati ai terreni e alle vigne. Tali obiettivi risultano prioritari soprattutto per le aziende che producono le DOC più recenti. Infatti, per quanto concerne il “Matera”, vista la giovane età della DOC, i produttori che un tempo erano per lo