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Caratteristiche dei reflui provenienti dal processo di

Nel documento LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE ENOLOGICHE (pagine 32-36)

3 I REFLUI ENOLOGICI

3.2 Caratteristiche dei reflui provenienti dal processo di

Il comparto enologico occupa una posizione preminente nel panorama dell’industria agro-alimentare italiana rappresentando, di fatto, il settore più importante all’interno dell’industria delle bevande. Tale comparto si caratterizza per una sostanziale coincidenza tra produzione e prima trasformazione. I produttori di uva, infatti, si occupano solitamente anche della vinificazione, direttamente o attraverso le cantine sociali (APAT, 2007). La produzione nazionale di vino nel 2011 si è attestata sui 42,7 milioni di hL; inferiore del 9% al dato del 2010 e dell’11% a quello della media 2000-2010, come riportata storicamente da ISTAT (www.istat.it). Se si considera che il processo di vinificazione genera volumi di residui liquidi tali da essere anche superiori a quelli di vino finito prodotto in un anno, la produzione annuale di reflui enologici ammonta, a livello nazionale, ad alcuni milioni di metri cubi. Emerge quindi la necessità di rendere questi scarichi compatibili con l’ambiente, in quanto, se sversati in modo incontrollato, pur essendo costituiti da inquinanti organici non tossici, possono avere un impatto negativo sugli ecosistemi naturali, con una conseguente alterazione dell’equilibrio degli stessi (Sangiorgi e Balsari, 1995).

La produzione di reflui nell’industria enologica ha un forte carattere di stagionalità e deriva, sostanzialmente, dalle operazioni di lavaggio delle attrezzature (pigiatrici, diraspatrici, torchi, ecc.), dei contenitori (vasche di raccolta, tini di fermentazione e di riempimento, ecc.) e dei locali (pavimenti, piazzali, ecc.) che vengono operate durante le fasi di: vendemmia-ammostatura (generalmente tra agosto ed ottobre), travaso (generalmente tra maggio e giugno) ed imbottigliamento (generalmente nei periodi febbraio-aprile e ottobre-dicembre). Una stima effettuata da Sangiorgi e Balsari (1995) ha evidenziato che la produzione totale

annua di reflui è ascrivibile per il 47% alla vendemmia, per il 22% alla fase dei travasi e per il 31% all’imbottigliamento (Figura 3.2).

La determinazione della consistenza dei reflui enologici non risulta agevole poiché le operazioni di cantina implicano l’impiego di quantità molto variabili in relazione alla tecnologia adottata, alle dimensioni degli impianti di produzione, alla tipologia di vino prodotto e, non ultimo, all’abilità del vinificatore. Generalmente, i consumi idrici per unità di uva lavorata risultano inversamente proporzionali alle dimensioni della cantina ed alla capacità lavorativa. La complessità della valutazione dei quantitativi di reflui enologici prodotti viene fornita da diverse fonti bibliografiche che documentano consumi idrici, negli stabilimenti enologici, estremamente variabile, compresi tra 43 e 729 L per ciascun ettolitro di vino prodotto (Gasperi e Vigna, 1995; ANPA-ONR, 2001).

Figura 3.2. Stima dei volumi di acque reflue prodotte in una cantina in funzione delle diverse operazioni di lavorazione (Fonte: Sangiorgi e Balsari, 1995)

Anche le caratteristiche chimico-fisiche dei reflui di cantina, così come quelle quantitative, presentano un elevato grado di variabilità, legata al

livello di risparmio o di spreco dell’acqua utilizzata, nonché al tipo di vino prodotto ed alle modalità di lavorazione adottate. Il pH presenta valori compresi tra 6,5 e 7,0: è tendenzialmente acido nelle acque provenienti dalle attività di lavorazione proprio per i processi di fermentazione mentre, al contrario, risulta significativamente alcalino nelle acque derivanti dal lavaggio di attrezzature e bottiglie. Il

contenuto di SST può raggiungere i 7.300 mg L-1 ed è costituito da

residui di foglie, bucce degli acini, semi e raspi, prodotti residui dei vari stadi di vinificazione, resti di sostanze che intervengono nella lavorazione del vino, soluzioni alcaline e tensioattivi impiegati nei

lavaggi. Generalmente, il rapporto BOD5/COD per gli scarichi

enologici si attesta su valori compresi tra 0,4÷0,7 indicando, pertanto, una buona degradabilità dei composti organici. In studi condotti da

diversi ricercatori sono state documentate valori di BOD5 e COD

compresi, rispettivamente, tra 1.000÷6.000 mg L-1 e tra 500÷30.000 mg

L-1 (Tabella 3.1).

Tabella 3.1. Confronto tra valori di BOD5 e COD riscontrati da diversi autori nei reflui di cantina.

BOD5 COD

BOD5/COD Fonte

(mg/L) (mg/L)

1.000-3.000 1.700-6.000 0,5-0,6 Farolfi, 1995

1.200-6.000 2.000-9.000 0,6-0,7 Fumi et al., 1995b

- 7.000-7.500 - Daffonchio et al., 1995

- 500-30.000 - Fumi et al., 1995a

Studi dettagliati sulla composizione organica (Sheperd et al., 2001) indicano che l’etanolo e gli zuccheri (fruttosio e glucosio) rappresentano più del 90 per cento del carico organico totale. In aggiunta, includono anche bassi quantitativi (circa 0,1-5 % del COD totale) di composti quali polifenoli e lignina, che vengono degradati con difficoltà, in ragione della loro struttura chimica e dell’elevato peso

molecolare. Il contenuto in nutrienti (N, P2O5, K2O) risulta ridotto, con bassi rapporti N/C e P/C. Inoltre, si segnala anche la presenza di molecole complesse (polifenoli, detergenti, disinfettanti), con valori di

polifenoli da 10 a 200 mg L-1 (De Lucas et al., 2006).

Tra il 2007 e il 2009 è stato condotto il progetto CIPE denominato“Gestione sostenibile dei reflui di cantina”, che ha riguardato in particolar modo l’area a vocazione vitivinicola della provincia di Asti e che ha visto coinvolti oltre al Dipartimento DEIAFA della Facoltà di Agraria dell’Università di Torino anche il Dipartimento di Coltivazioni Arboree della medesima Facoltà (APAT, 2007). Uno degli obiettivi del progetto è stato quello di valutare la possibilità di impiego agronomico dei reflui enologici, dopo averli stabilizzati con uno stoccaggio sperimentale condotto in condizioni di anaerobiosi. La soluzione proposta ha riguardato il riutilizzo agronomico del refluo enologico attraverso due modalità: l’irrigazione di soccorso del vigneto e/o la veicolazione dei prodotti fitoiatrici, previo stoccaggio anaerobico, del prodotto stesso. La sperimentazione in campo non ha messo in luce problemi di pericolosità legati alla fertirrigazione, né problemi di fitotossicità o frequenza degli attacchi fungini e peronosporici, legati ai trattamenti fitoiatrici. Va, però, ricordato che con la distribuzione sul terreno di tali reflui (fertirrigazione) vengono apportati anche sali, polifenoli e altre sostanze che potrebbero potenzialmente essere nocive, se distribuite in quantità eccessive. L’utilizzazione dei reflui come fase disperdente dei prodotti fitoiatrici, potrebbe porre un problema concernente l’eventuale reazione delle sostanze in essi contenute con quelle dei prodotti fitoiatrici. Inoltre, è necessario che in tale liquido non siano presenti solidi che possano otturare gli ugelli degli atomizzatori. I risultati ottenuti dalla sperimentazione sono incoraggianti; tuttavia solo da una sperimentazione poliennale effettuata con differenti principi attivi e differenti vitigni potrebbero trarsi conclusioni definitive.

Nel documento LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE ENOLOGICHE (pagine 32-36)

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