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Fanghi attivi

Nel documento LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE ENOLOGICHE (pagine 38-45)

4 SISTEMI DI TRATTAMENTO INTENSIVI

4.2 Fanghi attivi

Il processo di depurazione a fanghi attivi venne messo a punto nel 1914, in Inghilterra, grazie ai brillanti studi condotti da E. Arden e W. T. Lockett. Il primo impianto iniziò regolarmente il suo esercizio nel 1927, a Milwaukee, negli USA. Arden e Lockett, sottoponendo le acque reflue urbane ad aerazione, separarono dall’effluente una specie di fanghiglia, che si era formata durante il trattamento ossidativo per la crescita di microrganismi aerobi; posero la fanghiglia in una vasca, contenente altra acqua reflua, e proseguirono l’aerazione. Ripetendo più volte l’operazione, notarono che l’attività biologica del fango veniva stimolata, determinando una notevole efficacia depurativa (biodegradazione della sostanza organica) in uno spazio ridotto ed in un tempo sempre più breve.

Il segreto del successo di trattamento a fanghi attivi, risiede nel fatto che la flora microbica, utilizzata per risanare le acque reflue contenenti inquinanti carboniosi organici biodegradabili e nutrienti (COD, N e P), anziché rimanere dispersa nell’effluente trattato, tende ad agglomerarsi, per adsorbimento e bioflocculazione, formando ammassi fangosi di natura fioccosa (popolati da microrganismi vivi ed attivi) detti, appunto, fiocchi di fango attivo che, in condizioni di quiete, possono essere estratti per semplice decantazione (fanghi di supero) e, inoltre, essere riutilizzati (fanghi di ricircolo) e mescolati con le nuove acque reflue in arrivo (Sanna, 1982).

Il processo di depurazione biologico a fanghi attivi è un sistema aerobico controllato a biomassa sospesa, la cui finalità è quella di raggiungere due obiettivi strettamente connessi: 1) separare il materiale

disciolto e sospeso nelle acque reflue dalla fase acquosa “normalizzata” in scarico; 2) Formare fiocchi pesanti che possono sedimentare rapidamente.

Quattro punti chiave ne descrivono i principi fondamentali:

- il processo si avvale della capacità delle popolazioni microbiche

naturali di demolire la sostanza organica presente nelle acque reflue, in modo da ricavare materia ed energia per il proprio accrescimento e per la propria riproduzione; le popolazioni che si instaurano nel fango fanno parte di catene alimentari naturali (catene del “detrito”);

- parte del materiale da depurare sarà trasformato in biomassa

attiva, ossia in nuovi organismi viventi;

- in condizioni di buona depurazione, il materiale non trasformato

viene intrappolato, insieme ai microrganismi, in fiocchi di circa 30 µm÷100 µm di diametro, aggregabili in formazioni più grandi (fino ad 1 mm ÷ 2 mm);

- per ottenere un certo grado di efficienza, bisogna fornire cibo ed

ossigeno in quantità adeguata.

Così come per ogni altro sistema biologico, anche nell’ecosistema artificiale “impianto di depurazione”, è possibile individuare una struttura (componenti e fattori) ed un funzionamento (nello spazio e nel tempo), così come di seguito riferito (Tabella 4.1) (Madoni, 1988).

Tabella 4.1. Quadro delle Componenti e dei Fattori di funzionalità dell’ecosistema artificiale “depuratore”.

STRUTTURA

Componenti abiotiche

aria, gas atmosferici, sali, oligoelementi ed acqua

Componenti

biotiche vegetazione ed animali acquatici

Fattori abiotici

chimici (natura delle acque reflue,

ossigeno disciolto), fisici

(condizioni ambientali,

temperatura, luce, turbolenza, dimensioni dell’impianto) ed alimentari (qualità e quantità dei substrati presenti)

Fattori biotici

relazioni intra ed interspecifiche

tra i microrganismi

(competizione, cooperazione,

commensalismo, tasso di crescita,

velocità di rimozione dei

substrati, capacità

d’immagazzinamento del cibo assorbito, capacità di produrre

energia da determinati

metaboliti)

FUNZIONAMENTO Nello spazio catene e reti alimentari

Nel tempo selezione e successione ecologica

Un processo di depurazione biologico a fanghi attivi, con rimozione del carbonio e dei nutrienti (in primo luogo: N e P), si realizza in un sistema costituito da:

- una vasca di denitrificazione;

- una vasca di nitrificazione e biossidazione del carbonio;

- un circuito di ricircolo (fanghi e miscela aerata) e di

allontanamento della biomassa di supero;

La Figura 4.2 mostra lo schema semplificato di un impianto di depurazione a fanghi attivi. Le fasi iniziali del processo (grigliatura, dissabbiatura, disoleazione ed equalizzazione), importanti nella gestione concreta, ma non influenti sul vero e proprio processo biologico, vengono tralasciate per mettere meglio a fuoco i rapporti che intercorrono tra i bioreattori, il sedimentatore secondario (o c.d. finale) e la ricircolazione, sia del fango che della miscela aerata, nell’andamento del processo.

Figura 4.2. Schematizzazione del processo biologico a fanghi attivi avanzato (Fonte: Commissione Europea, 2001)

La biomassa attiva viene continuamente prodotta all’interno dei bioreattori utilizzando l’energia accumulata a seguito della degradazione (anossica ed aerobica) del substrato organico introdotto con l’influente e di parte della stessa biomassa (catabolismo) ed, assimilando parte della sostanza organica e dei nutrienti presenti nel sistema per sintetizzare nuovo materiale cellulare (anabolismo). La biomassa accumulata nei bioreattori combinati (c.d. nitro-denitro) che, insieme alle acque reflue da trattare, costituisce la cosiddetta “miscela aerata”, viene mantenuta in sospensione a scapito di energia meccanica e reintegrata mediante gli specifici dispositivi di ricircolo (fanghi e mixed liquor). La caratteristica importante e principale del processo a fanghi attivi è, quindi, quella di offrire al gestore la possibilità di variare

le condizioni processuali, nei bioreattori attraverso la reimmissione, in essi, del fango prodotto. In questo caso, infatti, si può separare il tempo di ritenzione idraulica della fase acquosa, da quello del fango (detto tempo di residenza cellulare od età del fango (De Fraja Frangipane et al., 1994) modificando, così, il rapporto tra la concentrazione della biomassa attiva e la concentrazione del substrato influente all’impianto (c.d. rapporto “F/M”; Cingolani e Ciccarelli, 1996).

Uno schema simile applicabile principalmente a piccole strutture e che elimina la fase di digestione del fango, è rappresentato dagli impianti ad “ossidazione totale” o aerazione prolungata. In questa soluzione viene eliminata la fase di sedimentazione primaria ed i fanghi vengono reimmessi in circolo dopo la sedimentazione e sottoposti nuovamente ad aerazione. Negli impianti ad “ossidazione totale” i tempi di detenzione del fango sono, quindi, maggiori rispetto ai tempi applicati agli impianti a fanghi attivi convenzionali. Il refluo trattato, tuttavia, a causa della torbidità potrebbe non rispettare i limiti normativi per lo smaltimento per tale ragione può rendersi necessario un ulteriore trattamento di finissaggio (es. filtrazione a sabbia).

I sistemi a fanghi attivi possono essere soggetti ad una serie di fenomeni di malfunzionamento rappresentati, principalmente da:

- Bulking: fenomeno del rigonfiamento dei fiocchi di fango che

provoca una drastica riduzione della velocità di sedimentazione e della compattezza del fiocco stesso. Quest’ultimo diminuisce anche la concentrazione di riciclo e, quindi, aumenta la difficoltà a mantenere l’equilibrio ottimale per i processi biologici. Il “bulking” è causato, principalmente, dalla carenza di ossigeno, dallo squilibrio di nutrienti oppure da alternazioni notevoli del pH, termici ed altro;

- Rising: questo fenomeno consiste nella risalita dei fiocchi durante

sul fondo del sedimentatore, cominciano i processi di denitrificazione dovuti all’eccessiva nitrificazione. Quest’ultima si verifica quando la carica di fango è molto bassa;

- Pin-point: definisce il fenomeno dello sfaldamento dei fiocchi di

fango attivo. A causa di questo sfaldamento si vengono a creare dei solidi sospesi molto fini, che si depositano solo con molta difficoltà. Si può verificare negli impianti con un basso carico di fanghi nei quali sono necessari tempi più lunghi per terminare le ossidazioni;

- Washout: si presenta sottoforma di una nuvola di fango che risale

in alcuni punti del liquido nel chiarificatore. Questo fenomeno avviene per cause diverse, dal sovraccarico d’influente o di solidi, fino al malfunzionamento delle apparecchiature.

Seguono, in elenco, vantaggi e svantaggi di tale tecnica di depurazione:

Vantaggi:

- presentano un’elevata adattabilità per il trattamento di reflui

prodotti in un ampia gamma di insediamenti (ad eccezione di quelli molto piccoli e con elevate variazioni dell’utenza);

- presentano un buon livello di rimozione per la maggior parte degli

elementi inquinanti (SST, COD, BOD5, N);

- producono fanghi in parte stabilizzati;

- permettono di eseguire simultaneamente una defosfatazione del

refluo.

Svantaggi:

- hanno costi di investimento piuttosto elevati;

- hanno necessità di personale qualificato e di sorveglianza regolare;

- mostrano una sensibilità al sovraccarico idraulico;

- la sedimentazione dei fanghi non è sempre facile da gestire;

- comportano una produzione elevata di fanghi che occorre

concentrare.

Reattori SBR

I sistemi SBR (Sequencing Batch Reactor) sono un tipo di reattori a biomassa sospesa che si basa sull’attuazione sequenziale di più fasi di trattamento all’interno di un unico reattore. Questi processi si realizzano ciclicamente attraverso l’alternanza delle diverse fasi che li compongono. Assume quindi grande importanza la durata del ciclo di funzionamento e di ciascuna fase. Ottimizzando infatti la lunghezza delle fasi del ciclo è possibile simulare qualsiasi tipo di processo in continuo.

La principale differenza tra i sistemi a fanghi attivi convenzionali ed i trattamenti SBR è proprio nel fatto che la successione delle fasi è spaziale nel primo caso e temporale nel secondo (Andreottola e Guglielmi, 2000).

In un sistema SBR si possono distinguere le seguenti fasi: 1) riempimento statico; 2) riempimento miscelato; 3) riempimento aerato; 4) reazione miscelato; 5) reazione aerato; 6) sedimentazione; 7) scarico; 8) attesa. Il liquame viene immesso nel reattore durante la fase di riempimento. In generale, la durata di queste fasi dipende dalla portata di massa, dal substrato velocemente biodegradabile e dalla strategia di immissione. I costituenti del liquame non vengono degradati durante la fase di immissione statica. Le reazioni aerobiche prendono inizio durante l’immissione aerata e quelle anossiche e anaerobiche durante

l’immissione miscelata. Le reazioni iniziate durante l'immissione vengono completate durante le fasi di reazione miscelata e aerata. Le fasi di sedimentazione, scarico e pausa completano il ciclo. Alcune fasi sono sempre presenti, come la sedimentazione e l’estrazione, altre fasi di riempimento e di reazione, possono essere presenti anche parzialmente, in alcuni casi una fase può escludere l’altra.

La scelta di un reattore di tipo discontinuo quale l’SBR è motivata dalle sue caratteristiche peculiari che lo rendono in grado di rispondere a quelle esigenze di efficacia, efficienza ed economicità richiamate dalle leggi vigenti. Tale reattore infatti è molto flessibile, compatto e facilmente adattabile alle diverse condizioni di carico rispondendo bene anche a liquami particolarmente diluiti. Inoltre il fango ha ottime caratteristiche di sedimentabilità e difficilmente si presentano problemi di bulking.

Nel documento LA GESTIONE DELLE ACQUE REFLUE ENOLOGICHE (pagine 38-45)

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