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Le caratteristiche di una nuova categoria di enti non commercial

La seconda parte del D.Lgs. n. 460/1997 disciplina una nuova fattispecie del settore no profit: le O.N.L.U.S., ossia le Organizzazioni non lucrative ad Utilità sociale. Sono una nuova entità riconosciuta solo ai fini tributari119 alla quale vengono attribuite

particolari agevolazioni in virtù del loro scopo solidaristico. La loro creazione risponde

118 Su questa tematica si rimanda al primo capitolo.

119 Le ONLUS non sono infatti riconosciute a livello privatistico o civilistico, ma sono una sottospecie

degli enti non commerciali così come vengono identificati nel Tuir (in merito si rinvia al paragrafo 2.2). Ciò lo conferma il rinvio alle disposizioni riguardanti gli enti non commerciali compiuto dall’Art. 26 del D.Lgs. n. 460. La qualifica di ONLUS viene quindi attribuita a soggetti precostituiti giuridicamente, quali associazioni o fondazioni, che presentano particolati requisiti che vedremo in seguito.

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a quella esigenza, già in precedenza esposta, di privilegiare da un punto di vista fiscale le organizzazioni che operano nella società nell’interesse collettivo o a favore di soggetti svantaggiati e, allo stesso tempo, di creare una disciplina unica tributaria per questa varietà di fattispecie accomunati dalla loro finalità. L’obiettivo è quello di

“salvaguardare l’identità della causa solidaristica, preservandola da pericolose commistioni con quella lucrativa o mutualistica”120.

Ciò detto, non era possibile riservare una disciplina agevolativa ad una categoria di enti solo in virtù del loro scopo senza considerare la natura dell’attività effettivamente svolta, andando ad influire negativamente sulla libera concorrenza e promuovendo atteggiamenti opportunistici finalizzati allo svolgimento di attività commerciali attraverso la creazione di ONLUS per beneficiare delle agevolazioni.

Per questo motivo è importante sottolineare che le ONLUS sono una “sottospecie” degli enti non commerciali e, come tali, non possono svolgere, come attività essenziale per il raggiungimento degli scopi statutari, attività commerciale121.

L’art. 3, co. 189, della Legge Delega n. 662/1996 elenca i principi e i criteri direttivi con i quali deve essere predisposta la disciplina delle Onlus. Tale disciplina è contenuta negli art. 10 e ss. Del D.Lgs. n. 460/1997.

A livello soggettivo, il citato art. 10, co.1, elenca i soggetti che possono essere qualificati come ONLUS, ovvero: “associazioni, comitati, fondazioni, società

120 TABET G., Profili soggettivi della fattispecie, in Il Fisco, 1998, p. 2888

121 Sul tema PROTO A.M,, La fiscalità degli enti non societari, Torino, 2003, P.67.

CASTALDI L., Fine solidaristico e corrispettivi: risolto lo snodo interpretativo della disciplina ONLUS, in Enti non profit, 2009

A tal fine, è fondamentale valutare se l’attività è svolta con metodo economico, cioè con ricavi o corrispettivi superiori ai costi. Solo nel caso di metodo non economico, nel quale i costi vengono coperti parzialmente da contributi esterni e non dai soli ricavi, si potrà riconoscere l’attività tipica di una ONLUS.

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cooperative e altri enti di carattere privato con o senza personalità giuridica”. Vengono

invece escluse ex lege dalle ONLUS gli enti pubblici, le società commerciali diverse da quelle cooperative, le fondazioni bancarie, i partiti e i movimenti politici, le organizzazioni sindacali, le associazioni di datori di lavoro e le associazioni di categoria122.

Particolare attenzione deve essere data agli organismi di volontariato, alle organizzazioni non governative e cooperative sociali per i quali è prevista

un’automatica qualificazione come ONLUS e ai quali vengono fatte salve le previsioni di maggior favore delle relative leggi n. 266/1991, n. 49/1987 e n. 381/1991 in rispetto della loro finalità (comma n.8). A dire il vero, il mantenimento di regimi speciali anche

all’interno della categoria delle ONLUS si trova in contrasto con l’obiettivo di unificazione della disciplina tributaria degli enti del terzo settore123.

Infine, meritano una menzione le ONLUS “parziali”, regolate dal comma n. 9, costituite dagli enti ecclesiastici e dalle associazioni di promozione sociale che sono considerate Onlus solo limitatamente all’attività di assistenza sociale e socio-sanitaria.

122 A tal proposito TABET chiarifica la ratio delle singole esclusioni:

- gli enti pubblici sono stati esclusi per “salvaguardare la conclamata autonomia del terzo

settore”;

- le società commerciali potrebbero, secondo l’autore, essere facilmente ricomprese nelle ONLUS poiché “il tramonto dello scopo di lucro viene gradatamente ad estendersi anche a

queste strutture”;

- i partiti, i movimenti politici e le associazioni sindacali o di categoria sono state escluse in quanto

“non sono istituzionalmente preordinate al perseguimento di scopi altruistici”.

Ampiamente discussa l’esclusione delle fondazioni bancarie.

123 Sulla difficoltà di coesistenza del D.Lgs. n. 460/1997 e 266/1991 si sono esposti BUSCAROLI F. e

SACCARO M., Gli aspetti legali-statutari e fiscali delle organizzazioni di volontariato nella nuova

disciplina, in Il Fisco, 1998, p. 1551. Pareri discordi sono nati nella valutazione di quale fosse il regime

di maggior favore e se questo dovesse essere valutato in ogni singola operazione o una tantum per l’intera attività. Si richiamano le discordanze tra le due discipline nell’identificazione di attività non rilevanti ai fini Iva o semplicemente esenti o nella possibilità di esercitare attività commerciale subordinata a quella istituzionale.

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Approfondiamo ora i requisiti oggettivi delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale che ritroviamo sempre nell’art. 10 del D.Lgs. n. 460/1997. In primo luogo lo statuto e l’atto costitutivo devono essere redatti in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata e registrata. Successivamente vengono elencati i settori di attività che le Onlus possono svolgere sulla base di un principio di tassatività loro imposto.124

Le attività così tipicizzate devono essere poste in essere con l’”esclusivo

perseguimento di finalità di solidarietà sociale” (comma n.1 lett. b). È opportuna una

distinzione tra attività a solidarietà necessaria e attività a solidarietà implicita.125 Nelle

prime, indicate al comma 2, la finalità solidaristica si realizza qualora siano rivolte ad una particolare categoria di soggetti destinatari126 quali “persone svantaggiate in

ragione di condizioni fisiche, psichiche, economiche, sociali e familiari”. Nelle seconde,

descritte dal comma 4, invece, la finalità solidaristica, così come la condizione di svantaggio dei destinatari, è intrinseca all’attività stessa, come, a titolo esemplificativo, la ricerca scientifica in campo oncologico127.

124 I settori elencati sono: assistenza sociale e sociosanitaria, assistenza sanitaria, beneficenza,

istruzione, formazione, sport dilettantistico, tutela e valorizzazione delle cose d’interesse artistico e storico, della natura e dell’ambiente, promozione della cultura e dell’arte, tutela dei diritti civili e ricerca scientifica. La legge n. 2/2009 ha introdotto il comma 2-bis dell’art. 10 comprendendo tra le attività di beneficienza anche “erogazioni gratuite in denaro (..) a favore di enti senza scopo di lucro (..) per la realizzazione di progetti di utilità sociale.” Per approfondire il tema CLEMENTI, La “beneficienza

indiretta” delle Onlus, in Corr. Trib, 2009, P. 3045.

125 Si riprende la ripartizione descritta da BAGAROTTO E., Il trattamento fiscale delle Onlus, CIVES,

2004 e da TATULLI, La qualificazione degli enti non profit ed i caratteri distintivi degli enti non

commerciali e delle ONLUS, in Il Fisco, 2006, p. 1651.

126 I soci o partecipanti sono esclusi dalle categorie di destinatari ai sensi del comma 2 Art. 10 D.Lgs.

n. 460/1997, ma possono esservi ricompresi qualora essi si trovino nelle medesime condizioni di svantaggio elencate al comma 2 (comma 3 Art. 10).

127 Si segnala il parere discordante tra prassi amministrativa e Corte di Cassazione sulla sussistenza

della finalità solidaristica nel caso specifico della gestione di una casa di riposo. Per l’Agenzia delle Entrate (Circ. 48/E del 18.11.2004) non è sufficiente il fattore “anziano” per riconoscere la situazione di svantaggio dei destinatari, mentre la Corte (Sentenza n. 24883 del 23.09.2008) conferma la finalità solidaristica dell’attività, aggiungendo che essa non perde questa sua qualifica anche qualora i soggetti destinatari versino un corrispettivo per la prestazione di servizi. Recentemente la Corte si è nuovamente espressa (Sentenza n. 14224/2015) precisando che “la nozione di “persone svantaggiate” (…) va riferita

a categorie di individui in condizioni oggettive di disagio per situazioni psicofisiche particolarmente invalidanti, ovvero per stati di devianza, degrado, grave precarietà economico familiare, emarginazione sociale, (…), ma non può intendersi fino a ricomprendere una finalità di prevenzione dell’insorgere delle situazioni di patologia o di devianza sociale”.

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Ciò detto, è possibile svolgere attività diverse da quelle elencate solo se esse sono a queste “direttamente connesse”. Esse possono essere ricomprese nei settori di attività istituzionali, ma si differenziano per la mancanza della finalità solidaristica in quanto non sussiste la condizione di svantaggio (implicita o esplicita) dei destinatari. Attività direttamente connesse possono essere anche le “attività accessorie per natura a

quelle istituzionali, in quanto integrative ad esse”128. Esistono solamente due limiti

imposti dal predetto comma, oltrepassati i quali l’organizzazione perde la possibilità di beneficiare della disciplina tributaria agevolata: la “non prevalenza”129 delle attività

direttamente connesse rispetto a quelle istituzionali e il limite di 66% imposto ai proventi delle attività connesse rispetto alle spese complessive dell’organizzazione. Infine, come ultimo requisito delle ONLUS, è necessario verificare l’assenza dello scopo di lucro che il legislatore assicura tramite una serie di “vincoli tesi a scongiurare

il rischio che (..) potessero verificarsi distribuzioni “camuffate” di utili”130. Questi vincoli

sono ben identificati alle lettere d), e), f) del primo comma dell’art. 10 già citato e consistono nel:

- divieto di distribuire, anche in modo indiretto131, utili e avanzi di gestione (..) a

meno che non siano destinati ad altre ONLUS che (..) fanno parte della medesima struttura;

128 Le attività direttamente connesse vengono indicate nel comma 5 dell’art. 10 del D.Lgs. n. 460/1997.

A titolo di esempio sono attività accessorie le attività sportive rivolte ad una generalità di individui o la vendita di gadget di modico valore durante talune manifestazioni (attività funzionale). Sul tema TATULLI, ONLUS: attività connesse ed accessorie, in Il Fisco, 2007. Si segnala che la Corte di

Cassazione, nella Sentenza n. 24833 del 23.09.2008, ha attribuito qualifica di attività “connessa” anche

al possesso di partecipazioni in società di capitali qualora si dimostri che gli utili distribuiti vengano utilizzati per lo svolgimento dell’attività istituzionale.

129 Non vi sono precise indicazioni sul concetto di “prevalenza”, si rinvia alle considerazioni fatte riguardo

alle attività svolte dagli enti non commerciali. Si sottolinea che “la verifica della prevalenza va fatta con riferimento a ciascun periodo di imposta e in relazione ad ogni singolo settore (attività statutaria relativa ad uno specifico settore ed attività connesse all’attività istituzionale propria del settore considerato), in PROPERSI A. e ROSSI G., Gli enti non profit, Il Sole 24 Ore S.p.a, Milano, 2000, P. 194.

130 BAGAROTTO E., Il trattamento fiscale delle Onlus, CIVES, 2004 131 Su questo concetto fa chiarezza il sesto comma del medesimo articolo.

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- obbligo di destinare gli utili e gli avanzi di gestione per la realizzazione delle

attività istituzionali e di quelle ad esse direttamente connesse;

- obbligo di destinare il patrimonio dell’organizzazione ad altra ONLUS in caso di scioglimento132.