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Caratteristiche socio-economiche

Nel documento 15° Rapporto Sanità (pagine 76-89)

Il contesto socio-demografico Carrieri C.1

1.2. Caratteristiche socio-economiche

Istruzione

Rispetto all’Europa, l’Italia presenta un livello di

4 Si fa riferimento ai Paesi che nel 1994 sottoscrissero il Trattato di Corfù che entrò in vigore il 1° Gennaio 1995. In particolare, i Paesi che presero parte a questo Trattato furono: Austria, Belgio, Danimarca, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Regno Unito, Spagna e Svezia

5 Paesi dell’Europa che sono entrati a far parte dell’Unione Europea in momenti successivi al 1995: Estonia, Lettonia, Lituania, Polo-nia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria

istruzione molto più basso. In particolare, occupiamo l’ultima posizione per quota di persone in possesso del titolo universitario e la quota più alta di “Neet” (giovani che non studiano e non lavorano).

Per quel che concerne la quota di popolazione in possesso del titolo universitario, l’Italia si discosta dalla media dei Paesi EU-Ante 19954 di 14,5 pun-ti percentuali e di 10,1 da quella dei Paesi EU-Post 19955. (Figura 1.9.).

Tuttavia, il livello di istruzione della popolazione è in continuo aumento: tra il 2008 e il 2018, aumenta la quota di popolazione che ha concluso il ciclo di studi universitari (+5,0 punti percentuali nell’ultimo decennio). La situazione rimane critica nel Sud, con una quota di popolazione che è in possesso del tito-lo universitario inferiore alla media nazionale (15,7% Sud vs 19,3% Italia) e, di conseguenza, quella in possesso della licenza media più alta rispetto alla media nazionale (45,8% al Sud vs 38,3% dato Italia).

Figura 1.9. Popolazione 25-64 anni per titolo di studio (*) in Europa. Anno 2018

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0 Valori %

Livello 0-2 Livello 3-4 Livello 5-8 Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

(*) livello 0-2: meno del primo ciclo di istruzione primaria, scuola primaria e secondaria inferiore; livello 3-4: Secondo ciclo di istruzione secondaria; livello 5-8: Istruzione superiore (laurea di primo e secondo livello)

Il livello di scolarizzazione del Sud è, comunque, in miglioramento rispetto al 2008: il conseguimento di una istruzione superiore (laurea di primo e secondo livello), passa dal 12,6% del 2008 al 15,7% del 2018 (+3,1 punti percentuali) e, conseguentemente, la quota di popolazione che ha almeno concluso solo il primo ciclo di studi (licenza media) passa dal 53,7% del 2008 al 45,8% del 2018 (-7,9 punti percentuali).

A livello regionale il Lazio è la Regione con la più alta quota di popolazione in possesso di un titolo universitario (25,6%), valore in aumento nell’ultimo decennio di +6,1 punti percentuali; la Sicilia, invece, ne ha la quota più bassa (14,0% nel 2018), anche se risulta in miglioramento rispetto al 2008 di +2,1 punti percentuali (11,9%) (Figura 1.10.).

Figura 1.10. Popolazione 25-64 anni per titolo di studio (*). Anno 2018

Livello 0-2 Livello 3-4 Livello 5-8 0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 100,0 Valori % Italia Piemonte

Valle d'AostaLombardiaP.A. di BolzanoP.A. di Trento

Veneto Friuli Venezia Giulia

Liguria Emilia Romagna

Toscana Umbria Marche LazioAbruzzo MoliseCampania PugliaBasilicata Calabria SiciliaSardegna

(*) livello 0-2: meno del primo ciclo di istruzione primaria, scuola primaria e secondaria inferiore; livello 3-4: Secondo ciclo di istruzione secondaria; livello 5-8: Istruzione superiore (laurea di primo e secondo livello)

Fonte: elaborazione su dati Eurostat - © C.R.E.A. Sanità

Figura 1.11. Giovani 18-24 anni che abbandonano prematuramente gli studi in Europa. Anno 2018

Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0,0 2,0 4,0 6,0 8,0 10,0 12,0 14,0 16,0 18,0 20,0 Valori %

Rispetto ai Paesi dell’EU-Ante 1995 l’Italia registra una percentuale di giovani tra i 18 e 24 anni che ab-bandona prematuramente gli studi più alta (rispetti-vamente 11,2% vs 14,5%); lo stesso si verifica rispet-to ai Paesi EU-Post 1995, con uno scarrispet-to di 8,0 punti percentuali in più per l’Italia (Figura 1.11.).

La quota, però, è in riduzione (Figura 1.12.): nel 2018 -5,1 punti percentuali rispetto al 2008 (16,8%). Anche se la situazione migliora in tutte le aree del Paese, il miglioramento più significativo si osserva nelle Regioni settentrionali dove, in media, i giovani che abbandonano gli studi si sono ridotti del -3,8%, contro il -1,9% per quelli presenti nelle aree meridio-nali, accentuando così il differenziale tra il Nord ed il Sud del Paese.

Dal confronto regionale emerge come la P.A. di Trento registri la percentuale più bassa di giovani che abbandonano prematuramente gli studi (6,7%) e anche in riduzione rispetto al 2008 di -5,8 punti percentuali; decisamente elevata la percentuale di giovani che abbandonano prematuramente gli studi in Sardegna (23,0% nel 2018) ed in peggioramento rispetto al 2008 di +0,5 punti percentuali (22,5%).

Dal confronto internazionale emerge che l’Italia

presenta il tasso di “Neet” più alto in Europa (19,2%), quasi il doppio rispetto alla media europea (10,9%) (Figura 1.13.). Anche rispetto ai Paesi sia dell’EU-An-te 1995 che dell’EU-Post 1995 risulta maggiore, ri-spettivamente di +8,6 e +10,7 punti percentuali.

Figura 1.12. Giovani 18-24 anni che abbandonano prematura-mente gli studi (valori %). Anno 2018

Fonte: elaborazione su dati Eurostat - © C.R.E.A. Sanità

Figura 1.13. Giovani che non lavorano e non studiano (Neet) in Europa. Anno 2018

Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 Valori %

Figura 1.14. Giovani che non lavorano e non studiano (valori %) (Neet)

Fonte: elaborazione su dati Eurostat - © C.R.E.A. Sanità

Anche il tasso di “Neet” in Italia è in riduzione ri-spetto al 2008 di 2,6 punti percentuali (16,6%). Dal confronto tra ripartizioni geografiche si conferma che nelle Regioni del Nord la quota di “Neet” è inferiore di -12,5 punti percentuali rispetto al Sud (13,8% Nord vs 26,3% Sud) e la situazione è peggiorata rispetto

al 2008 nel Mezzogiorno (+2,6 punti percentuali) (Fi-gura 1.14.).

A livello regionale la P.A. di Bolzano ha la quo-ta di giovani che non lavorano e non studiano infe-riore (9,9% nel 2018), anche se in aumento rispetto al 2008 di 1,4 punti percentuali (8,5%); viceversa la quota di “Neet” presenti in Sicilia (31,5%), è massi-ma: oltre 21,6 punti percentuali rispetto alla P.A. di Bolzano.

Occupazione

L’Italia presenta un livello di occupazione più basso rispetto alla media europea, sia totale, che per la fascia di età 55-64 anni. Inoltre, occupa il terzo posto per tasso di disoccupazione generale e per quello giovanile.

Nel 2018 il tasso di occupazione della popolazio-ne attiva in Europa si attesta al 73,2%, con l’Italia, al 63,0% (-10,2 punti percentuali), al penultimo posto in Europa, migliori solo della Grecia, che con il 59,5% occupa l’ultima posizione (Figura 1.15.); il gap è rile-vante sia rispetto ai Paesi dell’EU-Ante 1995 (73,3%), sia verso quelli dell’EU-Post 1995 (74,2%), rispettiva-mente -10,3 e -11,2 punti percentuali.

Figura 1.15. Tasso di occupazione della popolazione in età 20-64 anni in Europa. Anno 2018

Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0,0 10,0 20,0 30,0 40,0 50,0 60,0 70,0 80,0 90,0 Valori %

Tabella 1.8. Tasso di occupazione della popolazione in età 20-64 anni per genere

2008 2018

Uomini (%) Donne (%) Totale (%) Uomini (%) Donne (%) Totale (%)

Italia 75,3 50,6 62,9 72,9 53,1 63,0 Piemonte 77,7 60,6 69,1 78,3 63,1 70,7 Valle d’Aosta 80,6 63,6 72,2 77,1 68,8 72,9 Lombardia 81,2 60,7 71,0 81,4 63,8 72,6 P. A. di Bolzano 84,1 66,1 75,2 84,9 73,0 79,0 P. A. di Trento 80,4 61,6 71,1 80,6 66,6 73,6 Veneto 81,8 59,1 70,5 80,5 62,6 71,5

Friuli Venezia Giulia 79,0 58,9 69,0 78,3 63,6 71,0

Liguria 77,4 57,9 67,5 75,7 59,1 67,3 Emilia Romagna 82,6 65,8 74,2 82,1 66,9 74,4 Toscana 79,3 59,6 69,3 78,2 64,6 71,3 Umbria 78,7 60,3 69,4 77,0 58,7 67,7 Marche 78,5 59,7 69,1 78,4 60,5 69,4 Lazio 77,1 52,6 64,6 74,0 56,8 65,3 Abruzzo 76,6 49,8 63,1 75,7 48,9 62,2 Molise 72,0 44,8 58,4 69,5 45,0 57,4 Campania 63,7 29,7 46,4 59,1 31,9 45,3 Puglia 69,2 32,6 50,6 63,7 35,6 49,4 Basilicata 70,1 38,2 54,1 66,8 39,7 53,3 Calabria 63,2 33,7 48,3 57,8 33,5 45,6 Sicilia 65,4 31,9 48,3 57,0 31,5 44,1 Sardegna 68,9 43,3 56,1 64,3 47,9 56,1 Fonte: Istat

Figura 1.16. Tasso di occupazione della popolazione in età 20-64 anni (valori %). Anno 2018

Fonte: elaborazione su dati Istat - © C.R.E.A. Sanità

Il tasso di occupazione della popolazione attiva (tra i 20 e i 64 anni) è in aumento rispetto al 2008; ed anche quello della popolazione tra i 55 e i 64 anni.

Nella fascia di età 20-64 anni si registra anche un chiaro squilibrio di genere (Tabella 1.8.): sono occupati il 53,1% delle donne (valore comunque in aumento rispetto al 2008 di +2,6 punti percentuali), contro il 72,9% degli uomini (anche se in riduzione di -2,4 punti percentuali). Il tasso di occupazione più basso si registra in Sicilia (44,1%): 57,0% per gli uo-mini e 31,5% per le donne.

Emerge il gap occupazionale tra Nord e Sud: tut-te le Regioni del Sud, ad eccezione dell’Abruzzo, re-gistrano un tasso di occupazione inferiore al 60,0%, quelle del Nord un valore superiore al 70,0% (Figura 1.16.).

Tabella 1.9. Tasso di occupazione 55-64 anni Regione 2008 (%) 2018 (%) Italia 34,3 53,7 Piemonte 30,7 55,3 Valle d’Aosta 35,0 58,4 Lombardia 31,9 56,8 P. A. di Bolzano 39,8 64,8 P. A. di Trento 32,3 57,8 Veneto 32,1 55,6

Friuli Venezia Giulia 29,3 57,4

Liguria 35,4 58,0 Emilia Romagna 38,7 61,2 Toscana 36,9 61,0 Umbria 37,4 56,3 Marche 35,3 57,7 Lazio 40,6 58,8 Abruzzo 35,8 55,7 Molise 35,9 55,6 Campania 34,2 44,6 Puglia 31,4 44,5 Basilicata 39,2 53,9 Calabria 36,6 44,5 Sicilia 33,7 41,9 Sardegna 30,2 51,4 Fonte: Istat

Ricordiamo che l’obiettivo fissato dall’Unione Eu-ropea per il 2020 è pari a una popolazione occupata tra i 20 e 64 anni pari al 75,0%.

Anche per gli occupati appartenenti alla fascia di età 55-64 anni l’Italia registra un tasso di occupazio-ne minore rispetto ai Paesi dell’EU-Ante 1995 (53,7% Italia vs 60,1% EU-Ante 1995), discostandosene di 6,4 punti percentuali; di contro risulta in linea rispetto all’occupazione dei Paesi dell’EU-Post 1995 (53,7% Italia vs 54,0% EU-Post 1995).

Il valore risulta in crescita di 19,4 punti percentua-li rispetto al 2008 (34,3%) (Tabella 1.9.). La Regio-ne che registra il tasso di occupazioRegio-ne (per questa fascia d’età) più alto è la P.A. di Bolzano (64,8%), discostandosi dal valore medio nazionale di +11,1

punti percentuali e in aumento rispetto al 2008 di 25,0 punti percentuali (39,8%). La Sicilia si conferma la Regione con il dato peggiore, registrando un tasso pari al 41,9%, anche se in aumento rispetto al 2008 di 8,2 punti percentuali.

Il tasso di inattività (dove gli inattivi comprendono le persone che non fanno parte delle forze di lavoro, ovvero quelle non classificate come occupate o di-soccupate.) tra i 15 e 64 anni si attesta nel 2018 al 34,4%: (43,8% per le femmine e 24,9% per i maschi) (Figura 1.17.). Il tasso di inattività risulta essersi ridot-to rispetridot-to al 2008 di 2,7 punti percentuali (37,1%). La propensione della popolazione a offrirsi sul mer-cato del lavoro al Nord è più alta rispetto al Sud, con un gap di oltre 8,0 punti percentuali.

Dal confronto regionale emerge che il minor tasso di inattività si registra nella P.A. di Bolzano, che si di-scosta dal dato nazionale di oltre 9 punti percentuali (24,3%); il valore più elevato si registra in Sicilia, ri-sultando pari a quasi il 50% della popolazione sicula. Rispetto al 2008 si registra comunque una riduzio-ne dell’indicatore in tutte le Regioni, ed anche per genere; fanno eccezione la Sicilia e la Valle d’Aosta che registrano, rispettivamente, un incremento di 1,9 punti percentuali e 0,6 punti percentuali per gli uo-mini.

Figura 1.17. Tasso di inattività 15-64 anni, valori %. Anno 2018

Figura 1.18. Tasso di disoccupazione in Europa. Anno 2018

Austria Belgio

DanimarcaFinlandia FranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 Valori %

Fonte: elaborazione su dati Eurostat - © C.R.E.A. Sanità

Infine, l’Italia rispetto ai Paesi europei ha la ter-za peggiore situazione in termini di disoccupazione, migliore solo di Spagna e Grecia (Figura 1.18.). In particolare, l’Italia registra un tasso pari all’10,6%, superiore ai Paesi dell’EU-Ante 1995 di 2,9 punti per-centuali e di 6,5 punti perper-centuali rispetto ai Paesi dell’EU-Post 1995.

Anche il tasso di disoccupazione è però aumen-tato nell’ultimo decennio (+3,9 punti percentuali, 6,7%). (Figura 1.19.).

Il differenziale tra il Nord e il Sud del Paese è mol-to rilevante: nel Nord la disoccupazione si attesta al 6,6%, nel Sud al 18,4%, un valore quasi triplo. In particolare, tutte le Regioni del Sud, ad eccezione di Abruzzo e Molise, hanno un livello di disoccupazio-ne superiore al 13,0%; quelle del Nord, invece, sono tutte con valori inferiori al 9,0%.

A livello regionale il tasso di disoccupazione oscil-la tra il valore deloscil-la P.A. di Bolzano (2,9%) e il valore della Calabria (21,6%). La Calabria, nel decennio, ha registrato l’aumento maggiore del tasso di disoccu-pazione nel Meridione (+9,6 punti percentuali).

Come per la disoccupazione in generale, anche per quella giovanile l’Italia registra il terzo peggior risultato in Europa, migliore solo di Spagna e Grecia (Figura 1.20.): rispetto ai Paesi EU-Ante 1995 l’Italia

si discosta di 13,5 punti percentuali (rispettivamente 18,7% e 32,2%), divario ancora più marcato rispetto ai Paesi dell’EU-Post 1995 (13,5%), dai quali si di-scosta di 21,3 punti percentuali.

Figura 1.19. Tasso di disoccupazione (valori %). Anno 2018

Figura 1.20. Tasso di disoccupazione giovanile in Europa. Anno 2018

Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0,0 5,0 10,0 15,0 20,0 25,0 30,0 35,0 40,0 45,0 Valori %

Fonte: elaborazione su dati Eurostat - © C.R.E.A. Sanità

Tabella 1.10. Tasso di disoccupazione giovanile (15-24 anni) per genere

Regione 2008 2018

Uomini (%) Donne (%) Totale (%) Uomini (%) Donne (%) Totale (%)

Italia 18,8 24,7 21,2 30,4 34,8 32,2 Piemonte 12,0 19,5 15,0 27,6 33,6 30,0 Valle d’Aosta 12,7 12,7 12,7 19,2 24,8 21,7 Lombardia 10,9 14,3 12,3 20,9 20,8 20,8 P.A. di Bolzano 4,0 8,3 5,8 9,9 8,5 9,2 P.A. di Trento 6,9 10,8 8,4 14,4 16,5 15,3 Veneto 7,7 14,0 10,4 16,8 26,5 21,0

Friuli Venezia Giulia 10,5 17,8 13,2 20,2 27,2 23,7

Liguria 19,0 25,1 21,8 32,0 41,7 36,3 Emilia Romagna 10,3 11,9 11,0 15,0 21,9 17,8 Toscana 13,1 16,7 14,6 21,2 25,2 22,9 Umbria 11,6 18,3 14,4 27,8 36,9 31,1 Marche 10,9 14,8 12,5 18,7 28,5 22,1 Lazio 22,7 30,6 26,1 35,3 33,5 34,5 Abruzzo 15,0 29,1 20,5 27,7 32,6 29,7 Molise 23,5 37,3 28,8 35,6 50,0 40,3 Campania 31,5 33,7 32,4 48,9 60,4 53,6 Puglia 27,3 38,7 31,6 44,7 42,0 43,6 Basilicata 27,8 48,3 34,8 40,3 35,6 38,7 Calabria 32,3 37,8 34,4 50,3 56,4 52,7 Sicilia 34,8 46,3 39,1 49,5 60,4 53,6 Sardegna 29,9 46,8 36,8 35,8 35,6 35,7 Fonte: Istat

Figura 1.21. Tasso di disoccupazione giovanile (valori %). Anno 2018

Fonte: elaborazione su dati Istat - © C.R.E.A. Sanità

Anche in questo caso si registra un aumento di 11,0 punti percentuali rispetto al 2008 (Tabella 1.10.). Il tasso di disoccupazione giovanile minimo è quello della P.A. di Bolzano, che è decisamente inferiore rispetto a quello di tutte le altre Regioni ita-liane (9,2% ovvero -22,9 punti percentuali rispetto al

dato nazionale), mentre la Sicilia (53,6% nel 2018) ha il tasso più elevato. Dal confronto per genere emer-ge che sono maggiormente disoccupate le donne rispetto agli uomini (rispettivamente 34,8% vs 30,4% dato medio italiano).

Al Sud il differenziale appare accentuato (Figura 1.21.): 22,1% nel Nord vs 48,4% al Sud.

Produzione e reddito

Per quanto riguarda il PIL (Prodotto Interno Lordo) pro-capite, l’Italia si colloca sotto la media europea (€ 30.000 EU vs € 28.500 dell’Italia): in particolare, si discosta dai Paesi dell’EU-Ante 1995 di € 6.000 cir-ca ma è superiore di circir-ca € 15.000 rispetto a quelli dell’EU-Post 1995, posizionandosi nella dodicesima posizione sui 28 Paesi dell’Unione Europea (Figura 1.22.).

Il PIL pro-capite, nel 2017, è risultato pari a € 28.494, in crescita rispetto al 2007 del +4,1% (+0,4% medio annuo) (Figura 1.23.). Le Regioni del Nord registrano un PIL pro-capite maggiore rispetto a quelle del Sud: tutte le Regioni del Nord hanno un PIL pro-capite superiore a € 30.000, quelle del Sud inferiore a € 20.000. Il valore massimo si registra nel-la P.A. di Bolzano (€ 42.332), quello minimo in Canel-la- Cala-bria (€ 17.051), con uno scarto del 59,7%.

Figura 1.22. PIL pro-capite in Europa. Anno 2017

Austria Belgio

DanimarcaFinlandiaFranciaGermania Grecia Irlanda Italia

Lussemburgo Olanda

PortogalloSpagna SveziaRegno Unito

Repubblica Ceca

EstoniaUngheria Lettonia PoloniaSlovacchiaSlovenia Lituania

0 10.000 20.000 30.000 40.000 50.000 60.000 70.000 80.000 90.000 100.000 Valori in

Figura 1.23. PIL pro-capite. Anno 2018

Fonte: elaborazione su dati Istat - © C.R.E.A. Sanità

Figura 1.24. Reddito disponibile pro capite. Anno 2017

Fonte: elaborazione su dati Istat - © C.R.E.A. Sanità

Tabella 1.11. PIL

Regione 2007 ( mln.) 2017 ( mln.) Var. % 2017/2007 vma % 2017/2007

Italia 1.609.551 1.724.955 +7,2 +0,7 Piemonte 129.044 133.027 +3,1 +0,3 Valle d’Aosta 4.433 4.458 +0,6 +0,1 Lombardia 333.526 383.175 +14,9 +1,4 P. A. di Bolzano 17.729 22.266 +25,6 +2,3 P. A. di Trento 17.281 19.480 +12,7 +1,2 Veneto 147.309 162.505 +10,3 +1,0

Friuli Venezia Giulia 36.023 37.681 +4,6 +0,5

Liguria 48.127 49.762 +3,4 +0,3 Emilia Romagna 141.147 157.216 +11,4 +1,1 Toscana 105.213 114.076 +8,4 +0,8 Umbria 22.529 21.572 -4,2 -0,4 Marche 41.138 40.824 -0,8 -0,1 Lazio 184.731 193.797 +4,9 +0,5 Abruzzo 30.114 32.180 +6,9 +0,7 Molise 6.884 6.021 -12,5 -1,3 Campania 105.030 106.353 +1,3 +0,1 Puglia 70.750 72.986 +3,2 +0,3 Basilicata 11.432 11.838 +3,6 +0,3 Calabria 33.219 33.435 +0,6 +0,1 Sicilia 89.932 87.606 -2,6 -0,3 Sardegna 33.157 33.511 +2,0 +0,2

Nell’ultimo decennio (2007-2017, ultimo dato di-sponibile), in Italia si è registrato un aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL), sia in assoluto che per residente.

La crescita è stata del +7,2% (+0,7% medio annuo), passando da €1.609.551 mln. del 2007 a € 1.724.955 mln. del 2017 (Tabella 1.11.).

In termini nominali, il PIL è cresciuto in tutte le Regioni, ma in modo particolare in quelle del Nord (+1,8% medio annuo), contro una crescita più conte-nuta nel Centro e nel Sud del Paese (rispettivamente +1,1% e +0,8%).

In termini reali, invece, il PIL è diminuito in tutte le Regioni, ad eccezione della P.A. di Bolzano, che registra un aumento pari a +0,9% medio annuo. Il Sud registra una riduzione del -1,2% medio annuo, il Centro e il Nord pari rispettivamente al -0,9% me-dio annuo e -0,4% meme-dio annuo.

Il reddito medio disponibile delle famiglie, nel 2017 (ultimo anno disponibile), a livello naziona-le è pari a € 18.505,0 (€ 1.542,0 mensili) (Figura 1.24.), in crescita del +1,9% (+0,4% medio annuo) rispetto al 2007. Tutte le Regioni del Nord hanno un reddito disponibile superiore a € 20.000, quelle del Sud inferiore a € 14.000, con una differenza di € 6.000. Si passa da un reddito medio disponibi-le deldisponibi-le famiglie di € 24.968,0 (€ 2.081,0 mensili) della P.A. di Bolzano (valore massimo) ad uno di € 12.656,0 (€ 1.055,0 mensili) della Calabria (valore minimo), con uno scarto del 49,3%.

In termini di distribuzione del reddito, osserviamo che il rapporto fra il reddito totale percepito dal 20% più ricco della popolazione, e quello dal 20% più povero, nel 2016 (ultimo dato disponibile) è pari in Italia a 5,9 (Tabella 1.12.). Dall’analisi per ripartizioni geografiche emerge che nel Nord la disuguaglianza del reddito è più bassa (4,9), mentre è massima nel Mezzogiorno (6,7).

A livello regionale la disuguaglianza maggiore si registra in Campania (7,3), la più bassa nella P.A. di

6 L’incidenza della povertà assoluta è calcolata sulla base di una soglia corrispondente alla spesa mensile minima necessaria per acquisire un paniere di beni e servizi che, nel contesto italiano e per una famiglia con determinate caratteristiche, è considerato essenziale a uno standard di vita minimamente accettabile. Sono classificate come assolutamente povere le famiglie con una spesa mensile pari o inferiore al valore della soglia (che si differenzia per dimensione e composizione per età della famiglia, per ripartizione geografica e per tipo di comune di residenza)

Bolzano (3,7).

Anche il livello di povertà è in costante crescita. Nel 2018 si stima che oltre 1.800.000 famiglie (7,0% delle famiglie residenti) siano in condizione di povertà assoluta6, per un totale di 5.000.000 individui (8,4% dell’intera popolazione). Sempre nello stesso anno si stima siano 3.050.000 le famiglie in condizio-ne di povertà relativa (con un’incidenza pari al 11,8% delle famiglie residenti), per un totale di 8.987.000 individui (15,0% della popolazione).

Tabella 1.12. Diseguaglianza del reddito disponibile. Anno 2016* Regione 2016 Italia 5,9 Piemonte 4,7 Valle d’Aosta 4,7 Lombardia 5,4 P. A. di Bolzano 3,7 P. A. di Trento 4,8 Veneto 4,2

Friuli Venezia Giulia 4,0

Liguria 5,2 Emilia Romagna 4,6 Toscana 4,7 Umbria 4,1 Marche 4,7 Lazio 6,4 Abruzzo 5,0 Molise 4,6 Campania 7,3 Puglia 5,4 Basilicata 5,2 Calabria 6,9 Sicilia 7,2 Sardegna 6,5

* L’indicatore è riferito all’anno di conseguimento del reddito (t) e non all’anno d’in-dagine (t+1)

Tabella 1.13. Incidenza di povertà relativa individuale (% di persone che vivono in famiglie in povertà relativa sui residenti)

Regione 2014 2018 Italia 12,9 15,0 Piemonte 7,7 9,3 Valle d’Aosta 7,7 5,6 Lombardia 5,8 8,6 P.A. di Bolzano * 2,7 P.A. di Trento 8,9 9,6 Veneto 6,4 10,2

Friuli Venezia Giulia 11,1 10,4

Liguria 10,0 9,9 Emilia Romagna 6,7 6,8 Toscana 6,7 8,3 Umbria 11,3 16,3 Marche 13,0 13,5 Lazio 7,8 10,2 Abruzzo 14,1 12,0 Molise 18,4 18,0 Campania 20,0 29,5 Puglia 22,2 22,8 Basilicata 30,0 19,0 Calabria 35,6 34,6 Sicilia 29,0 26,0 Sardegna 15,9 25,0

* Il dato non raggiunge la metà della cifra minima considerata Fonte: Istat

Dal confronto per ripartizioni geografiche emerge che il Sud presenta un livello di povertà relativa (to-tale) pari a più del triplo rispetto al Nord Italia, anche se in miglioramento rispetto al 2017 (-2,6 punti per-centuali).

In particolare, nel 2018, l’incidenza di povertà in-dividuale relativa risulta in aumento rispetto al 2014 di +2,1 punti percentuali (12,9% nel 2014, primo anno per cui si dispone del dato regionale). Per con-fronto, nel periodo preso in esame, il Sud presenta una incidenza in crescita di +3,4 punti percentuali (22,6% nel 2014 vs 26,0% nel 2018) e nettamente più alta rispetto alle altre ripartizioni geografiche e al dato nazionale (Tabella 1.13.).

1.3. Conclusioni

L’Italia è caratterizzata da una popolazione sog-getta ad un processo di invecchiamento che ha in-teressato tutte le Regioni italiane: in dieci anni l’età media è aumentata di 1,8 anni raggiungendo i 45,2 anni.

L’invecchiamento discende sia dalla bassa nata-lità che dalla diminuzione della mortanata-lità.

Nello specifico, nell’ultimo decennio, i bambini nella fascia di età 0-4 anni si sono ridotti del -1,4% medio annuo, e il calo delle nascite ha provocato una riduzione della numerosità delle coorti giovani.

L’Italia, nel 2018, ha registrato un tasso di natalità pari a 7,3 ogni 1.000 abitanti, in riduzione rispetto al decennio precedente (nascevano quasi 10 bambini ogni 1.000 abitanti): dato confermato in tutte le Re-gioni italiane.

Nello stesso periodo, la popolazione residente anziana (over 75) è invece aumentata del +2,1% medio annuo.

Si attende un ulteriore aumento della popolazione anziana (over 75) del +58,7% (+1,0% medio annuo) a livello nazionale.

L’indice di dipendenza strutturale è superiore a 50, testimoniando l’evidente situazione di squilibrio generazionale.

Nei prossimi cinquant’anni la popolazione italiana diminuirà dello 0,2% medio annuo, e tale riduzione si verificherà per tutte le Regioni italiane ad eccezione di P.A. di Bolzano, P.A. di Trento, Lombardia e Lazio che registreranno un aumento della popolazione tra il 2018 ed il 2066.

Passando all’istruzione, in Italia il livello di gap verso gli altri Paesi EU è preoccupante: l’Italia occu-pa l’ultima posizione in Eurooccu-pa per quota di perso-ne in possesso del titolo universitario e la più “alta” quota di giovani che non lavorano e non studiano (“Neet”).

Sebbene, a livello nazionale, il livello di istruzione sia in crescita, rimane un netto gap fra Settentrione e Meridione.

Anche da un punto di vista occupazionale l’Italia ha performance peggiori della media europea, sia per la popolazione attiva occupata, che per quella

appartenente alla fascia di età 55-64 anni. Ne segue che il tasso di disoccupazione (in generale e anche quello giovanile) è inferiore solo a quello di Grecia e Spagna. Si è registrato, comunque, un migliora-mento del tasso di occupazione e disoccupazione a livello nazionale.

Per quanto riguarda le risorse, l’Italia si colloca sotto la media europea per PIL pro-capite: in parti-colare, si discosta dai Paesi dell’EU-Ante 1995 di € 6.000 circa, sebbene rimanga superiore di circa € 15.000 rispetto all’importo medio dei Paesi dell’EU-Post 1995. In generale occupa la dodicesima posi-zione sui 28 Paesi dell’Unione europea. Il PIL

Nel documento 15° Rapporto Sanità (pagine 76-89)