Diversi parametri influenzano il comportamento di memoria di forma, che è quantificabile mediante analisi cicliche e prove termo meccaniche. I protocolli possono differire in procedura di programmazione
(lavorazione a freddo T<Ttrans o riscaldamento fino a T>Ttrans), controllo di alcuni parametri (sforzo, deformazione), modalità di applicazione del carico (trazione, compressione, flessione), parametri di prova (temperatura, deformazione massima, velocità di riscaldamento) e numero di cicli di prova.
- Analisi dinamico meccanica (DMA): rampa di temperatura per verificare la temperatura di transizione, dove si osserva una drastica variazione dello storage modulus (E’) in uno stretto intervallo di T e un picco in tan si ha la regione di transizione vetrosa.
- Ciclo di programmazione: per valutare la memoria di forma si effettua un ciclo completo di
programmazione ad una forma temporanea di un provino in SMP e poi il recupero della forma permanente.
Step: 1) il materiale viene riscaldato a T = TH e deformato a una deformazione massima m
2) il campione viene raffreddato a TL mentre m viene mantenuta costante (per mantenere forma temporanea)
3) viene rilasciato lo sforzo permettendo un recovery libero fino a u (recupero elastico possibile: infatti la linea sul grafico non è perfettamente verticale)
4) il materiale viene riscaldato fino a TH a velocità costante, questa fase viene condotta a sforzo zero fino a
p (non si torna a 0 --> deformazione residua)
È necessario riuscire a replicare il ciclo di deformazione, si può utilizzare l’analizzatore dinamico meccanico per fare prove in rampa di T
2 parametri per descrivere le proprietà di memoria di forma alla massima deformazione (m):
- Strain recovery rate: quantifica la capacità del materiale di memorizzare la sua forma permanente, è una misura di come una deformazione applicata in fase di programmazione viene recuperata, può essere monitorato a diversi instanti di temperatura (in funzione di T)
- Strain fixity rate: descrive la capacità dei segmenti di switch di fissare la deformazione meccanica applicata (forma temporanea) durante il processo di programmazione, descrive esattamente come il campione può essere fissato in una forma deformata dopo una deformazione fino a m
- Temperatura di recovery Tf: temperatura corrispondente a metà della deformazione recuperata
- Numero di cicli: effettuati con DMA, si può notare un effetto di pre-condizionamento, ma dopo il secondo ciclo vi è un assestamento sullo stesso livello, il pre-condizionamento è necessario per tutti i dispositivi che vengono sottoposti molte volte a deformazione-recupero (es. utensili per disabili, no stent)
Esempi:
- Aneurisma --> di solito si usano un filo metallico all’interno dell’aneurisma per evitare rottura o una clip per isolarlo, sono stati testati due differenti schiume in poli-etere-uretano. È stata effettuata prima una serie di cicli di carico e scarico a diverse temperature da cui ci si aspetta di osservare una componente viscosa ad alte temperature e un comportamento elastico a basse T. Poi sono stati svolti test di recovery con due diverse procedure: in entrambi i casi il polimero è stato scaldato e deformato, ciò che cambia è la modalità di recupero della deformazione, che in una procedura avviene scaldando il materiale, mentre nell’altra mantenendo una temperatura costante nel tempo. Essendo strutture porose potrebbero modificare la forma inziale durante il processo. I provini sono stati infine sottoposti a un shape recovery test sia con rampa di temperatura che a 37°C, sotto alla Tg il recupero è molto basso e non raggiunge il 100% anche in molto tempo.
- Riempitivi per osso --> l’idea è quella di ottenere fillers in SMP per riparare difetti ossei attraverso tecniche mini-invasive. Il materiale deve essere biocompatibile, avere proprietà meccaniche buone e promuovere l’interazione con il tessuto osseo circostante. Gli scaffold sono stati ottenuti attraverso micro-estrusione con agenti porogeni o cristalli di sale, che poi sono stati rimossi per particulate leaching in acqua.
Altri scaffold sono stati creati attraverso solvent casting con sfere di gelatina, poi rimosse con particulate leaching. Sono state effettuate analisi al SEM per valutare la porosità, analisi con DMA al fine di identificare eventuali modifiche nella Tg o in E’ e shape memory recovery test a trazione e compressione con lo scopo di studiare come la porosità influenzi il recupero della forma (migliore perché pori si riempiono di aria) - Sterilizzazione --> al plasma e all’ozono, immagini al SEM mostrano come il processo con ozono provochi la rottura di alcune parti (maggiore vuoto e cracks) della struttura a causa dell’impiego di vuoto. È stata svolta un’analisi ATR-FTIR per studiare la degradazione indotta dalla sterilizzazione: l’ozono provoca la riorganizzazione di segmenti hard e soft. Infine, l’analisi con DMA mostra come i poliuretani si ossidano per effetto dell’ozono, cambiando le loro proprietà meccaniche. Svolgendo nuovamente un ciclo di shape recovery (recupero con T crescente) è possibile notare che l’ozono provoca un cambiamento nel comportamento del materiale.
LEZIONE 5 – 20/03/20 POLIURETANI E SIBS
Copolimeri a blocchi (2 o + blocchi polimerici), che uniscono proprietà molto diverse, determinate dalla scelta dei monomeri, all’interno di una singola catena polimerica ci possono segmenti hard e soft, idrofilici e idrofobici, conduttivi e isolanti.
Esempi: SB , ABS e ASA --> a base di stirene
PTS --> poliuretani termoplastici a segmenti, conformazione lineare o ramificata PE/PP
I poliuretani vengono sintetizzati a stadi, ovvero a differenza della sintetizzazione a catena non si ritrova il monomero nel nome., a partire da 3 reagenti di partenza:
- Di-isocianato: insieme all’estensore di catena forma i segmenti hard, presenta due gruppi funzionali che possono reagire con i gruppi del macrodiolo e dell’estensore di catena, se ci fossero più gruppi funzionali si otterrebbe reticolazione (materiale termoindurente). Può essere aromatico o alifatico, se è aromatico dona maggiore resistenza meccanica perché i gruppi funzionali sono rigidi e stabili, al contrario se è alifatico crea strutture con minori caratteristiche meccaniche. Solitamente si preferisce usare un isocianato alifatico perché hanno tempi di degradazione inferiori (meno stabili)
- Estensore di catena: molecola a basso peso molecolare, che dona resistenza meccanica, spesso si usa il butandiolo perché è biocompatibile e dà luogo a maggiore flessibilità
- Macrodiolo: responsabile dei segmenti soft, dona flessibilità al materiale. può essere un poliestere-diolo, un polietere-diolo o un policarbonato-diolo.
Poli-estere-uretani: presentano eccellente tenacità, resistenza meccanica e flessibilità, ma sono stati eliminati dagli impieghi a lungo termine perché risentono di fenomeni degradativi come idrolisi e non sono molto stabili nel corpo, ma scegliendo opportunamente i reagenti si possono creare poliuretani biodegradabili
Poli-etere-uretani: vengono usati per applicazioni di meno di un mese perché, pur essendo stabili all’idrolisi, sono soggetti a degradazione ossidativa. In particolare, subiscono metal ion oxidation (MIO), surface cracking ed environmental stress cracking (ESC).
Surface cracking = fessurazioni superficiali che possono portare alla rottura MIO = ioni metallici interagiscono con la struttura portando a degradazione
ESC = generazione di screpolature (crazing) e fessurazioni (cracks) profonde in risposta a particolari ambienti aggressivi e in presenza di stress residui nel materiale. L’ambiente aggressivo è costituito da elementi della risposta infiammatoria all’impianto del materiale estraneo, che richiamano cellule fagocitiche che aderiscono alla superficie del biomateriale, attivandosi e liberando enzimi litici, ioni e radicali (es. acqua ossigenata). Uno stress residuo potrebbe essere dovuto a un processo di lavorazione che sfrutta un nastro perché il nastro tira il filo fuoriuscente dalla matrice dell’estrusore e induce un certo sforzo meccanico, che permane all’interno (materiale non allo stato di equilibrio). Gli stress residui possono essere eliminati attraverso trattamenti termici post-lavorazione volti a far rilassare il materiale.
La formazione di cricche coinvolge tutta la massa, non solo la superficie. A volte l’ESC è causato dalla sola presenza dei gruppi etere, anch’essi rimovibili.
Poli-carbonato-uretani: sono più stabili all’ossidazione perché il legame carbonato è più resistente, ma potrebbero essere suscettibili alla degradazione enzimatica (colesterolo-esterasi), si ipotizza inoltre he il meccanismo di degradazione idrolitico sia limitato alla superficie del dispositivo
Proprietà:
- Proprietà meccaniche dipendenti da domini e separazione di fase:
un alto contenuto di segmenti hard aumenta modulo e resistenza, ma l’allungamento a rottura diminuisce. Al contrario incrementare il contenuto di segmenti soft porta all’aumento di parte amorfa, quindi quando viene applicata una sollecitazione la deformazione è maggiore perché la sollecitazione agisce sui legami intermolecolari dei segmenti soft, di conseguenza il modulo elastico diminuirà perché si riesce a deformare molto il materiale con poco sforzo.
- Comportamento elastomerico: non vi è snervamento perché all’aumentare dello sforzo non avviene deformazione plastica, il materiale è in grado di recuperare quasi immediatamente la deformazione quando la forza applicata viene rimossa. I segmenti hard agiscono per far recuperare la forma come i punti di reticolazione dei polimeri a memoria di forma. i poliuretani vanno incontro a elevate deformazioni (800-1200%). Da un grafico sforzo-deformazione è possibile ricavare il modulo elastico, i moduli secanti e lo sforzo e deformazione a rottura. I moduli secanti sono i moduli calcolati in punti precisi come
sforzo/deformazione, ricordando che lo strain è adimensionale quindi deve essere considerata la % diviso 100 (es. se ho 200% divido diviso 2)
- Ottima resistenza a fatica in flessione - Buona bio ed emocompatibilità
- Inerzia chimica a molte sostanze organiche e inorganiche: caratteristiche del dispositivo non cambiano nel tempo in cui è inserito nel corpo
- Bassa adesione batterica Applicazioni:
- Cateteri e connettori
- Tubi per emodialisi e ossigenatori - Membrane
- Rivestimenti
- Valvole cardiache e graft vascolari (= bypass rispetto aneurisma, sono di metallo rivestiti in poliuretano, guaina serve per isolare aneurisma e far passare sangue senza che ci siano turbolenze)
- Materiali per sutura - Adesivi per ossa - Ecc…
Sintesi:
- A due stadi: per primi vengono uniti il macrodiolo e il di-isocianato (+ solvente), che inizieranno a formare le catene polimeriche, successivamente verrà aggiunto l’estensore di catena che aumenterà il peso molecolare delle catene. Attraverso questa tecnica di sintesi è possibile alternare i segmenti hard e soft in maniera più controllata e a
programmare l’alternanza dei segmenti. Al termine della sintesi è necessario eseguire dei processi di purificazione al fine di eliminare
l’isocianato che non ha reagito e che potrebbe provocare un’intensa risposta infiammatoria (basso peso molecolare, esce dalla struttura). Si esegue quindi isolamento per precipitazione, ovvero si fa gocciolare il poliuretano nell’acqua per formare granuli di materiale e lavare via il solvente e le tracce di reagenti. Le gocce verranno poi fatte essiccare per essere lavorate.
- A uno stadio (o in massa): i tre reagenti vengono uniti in contemporanea e mischiati attraverso un agitatore fino a quando la miscela non raggiunge una certa viscosità (catene sono state formate) e viene versata in uno stampo per far completare la polimerizzazione (post-curing). Questa tecnica non permette di controllare l’alternanza dei segmenti, quindi si otterranno blocchi disposti in maniera random sulla catena.
Produzione industriale:
- Processo in soluzione: i reagenti vengono aggiunti in stadi in un reattore con camicia di raffreddamento, da esso uscirà il fluido finale che verrà filtrato e stoccato in fusti. Dal reattore è possibile anche prelevare dei campioni per titolazioni, controlli di viscosità e verifiche di stechiometria
- Processo discontinuo in massa: dal reattore (sintesi materiale) il polimero “liquido” viene posto in stampi al fine di terminare il processo di polimerizzazione, per favorire il processo spesso gli stampi vengono posti in forni. I panetti di materiale che si ottengono vengono posti in un mulino (grosso contenitore), che rompe i panetti grazie alle sfere di ceramica (materiale duro e inerte) presenti in esso. Si ottengono frammenti irregolari di poliuretano che vengono estrusi in filamenti, lasciati raffreddare e infine frantumati in un pellettizzatore in modo regolare
- Processo continuo in massa: due pompe dosatrici accoppiate versano i reagenti in un reattore continuo, che estrude il polimero liquido-viscoso e lo trasporta su un nastro trasportatore fino al pellettizzatore. Il trasporto continuo è possibile perché il polimero presenta un punto di viscosità maggiore rispetto al processo discontinuo