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LEZIONE 1 09/03/20 MATERIALI POLIMERICI

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Academic year: 2022

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LEZIONE 1 – 09/03/20

MATERIALI POLIMERICI

Polimeri divisi a seconda della caratterizzazione:

- a catena = polimeri vinili - a stadi = perdita di acqua o gas durante la realizzazione

Kevlar: ha alte caratteristiche meccaniche, viene considerato un polimero tecnico

Siliconi: il PDMS viene usato in ambito biomedicale per diversi dispositivi come cateteri, protesi mammarie ecc…

Come sono organizzate le catene macromolecolari?

Configurazione: - lineare - reticolata - ramificata

- casi particolari (dendrimeri = struttura ad albero)

Lineari e ramificati sono termoplastici, mentre i ramificati sono termoindurenti, ovvero si degradano ma non ci permettono di recuperare il materiale e creare nuove forme (al contrario dei termoplastici) Le ramificazioni impediscono lo scorrimento di una catena sull’altra, quindi le caratteristiche di deformabilità cambiano. Nella struttura reticolata i nodi impediscono la deformazione, hanno caratteristiche meccaniche superiori

 omopolimeri = 1 solo tipo di monomero

 copolimeri = 2 o più tipo di monomeri --> alternato, a blocchi, casuale, ad innesto, ad innesto reticolato Attraverso l’uso di diversi monomeri è possibile dare caratteristiche intermedie, incremento caratteristiche meccaniche o fisiche. Copolimeri a blocchi: ho zone costituite da un monomero e zone dall’altro, posso sfruttare segregazione dei due monomeri per ottenere caratteristiche particolari, vengono usati negli smart polymers

Cristallinità materiali polimerici

La cristallinità dipende dalla storia termica e meccanica del campione. Lavorazioni meccaniche, quali laminazione, stiramento ed estrusione, tendono a orientare le catene parallelamente le une alle altre, favorendo così la formazione di cristallinità, soprattutto nel caso di lunghe catene lineari. Il tempo con cui faccio cristallizzare il materiale influisce sulla cristallinità, se elevato le catene potrebbero avere il tempo di allinearsi. La cristallinità non è mai completa, in un polimero sono presenti contemporaneamente sia regioni cristalline che regioni amorfe perché, anche se la struttura cristallina è ben organizzata nello spazio tridimensionale, sono presenti difetti che non permettono di avere il 100% di fase cristallina. Al contrario è possibile ottenere un polimero con 100% fase amorfa.

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Transizioni termiche

 Parte amorfa:

- Transizione vetrosa (Tg) = caratteristica delle zone amorfe, passaggio dallo stato solido vetroso allo stato solido gommoso, il materiale rimane sempre allo stato solido (isofasica), le catene

macromolecolari sono bloccate sotto la Tg, mentre sopra possono muoversi.

- Rammollimento (T>>Tg) = passaggio dallo stato solido amorfo (gomma) allo stato liquido viscoso (cambia fase)

 Parte cristallina:

- Fusione (Tm) = passaggio dallo stato solido ordinato cristallino allo stato fuso (liquido viscoso)

Viscoelasticità

Materiali viscoelastici = materiali che sotto l’azioni di una forza mostrano un comportamento intermedio tra quello dei solidi elastici e quello dei fluidi, la loro risposta allo sforzo è in parte di tipo elastico ed in parte di tipo viscoso.

Proprietà meccaniche: liquidi viscosi + solidi elastici Proprietà dipendono da: - temperatura

- tempo

- velocità di deformazione

CASO A: polimero amorfo

Al di sotto della Tg i polimeri amorfi presentano un modulo elastico elevato perché le catene non possono muoversi e la sollecitazione agisce direttamente sui legami covalenti.

La Tg non è un valore fisso ma un intervallo perché il materiale non passa istantaneamente da stato vetroso a stato gommoso, ma il processo di movimento delle catene occorre nel tempo. Alla fine

dell’intervallo tutte le catene possono muoversi.

CASO B: materiale semicristallino

La curva dipende dalla percentuale di componente cristallina

Altamente cristallino = più del 99% di fase cristallina --> il modulo è inizialmente elevato perché le catene sono compattate, lo sforzo agisce sui legami forti. È possibile notare un abbassamento del modulo a causa del 2-3% di fase amorfa, ma è irrilevante. Maggiore è la componente amorfa, maggiore è lo sbalzo del modulo in corrispondenza della Tg e potrebbe verificarsi un altro abbassamento in corrispondenza della temperatura di rammollimento. Poi il materiale perde le caratteristiche e fonde a Tm.

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CASO C: polimero altamente reticolato

Il materiale non subisce variazioni in base alla temperatura, quindi mi aspetto un modulo costante al variare della T fino a quando raggiunge il limite di stabilità.

CASO D: polimero debolmente reticolato

Il modulo aumenta perché al crescere della temperatura le catene interagiscono e formano nuovi nodi.

- Punto di snervamento (yield) = restringimento della sezione resistente, poi lo sforzo

diminuisce e il tratto è lineare.

- Drawing = la restrizione prosegue su tutto il tratto utile del campione perché le catene possono muoversi e si dispongono lungo l’asse di applicazione del carico. In questa fase lavoro sui legami deboli. Il primo tratto lineare indica che tutta l’energia fornita al campione viene usata per omogeneizzarlo.

Poi aumenta molto lo sforzo, ma non la deformazione perché agisco sui legami forti (covalenti), ho bisogno di molta energia.

Le diverse curve possono dipendere dalla T o dall’applicazione del carico.

Fragile: può essere sotto la Tg Molto tenace: ho superato la Tg

Elastomerico: materiale molto sopra la Tg e vicino alla Tm, basse proprietà meccaniche.

In queste curve non c’è snervamento, quindi non è presente deformazione plastica permanente --> il provino recupera la forma quando il carico viene rimosso.

Aumentando la velocità di applicazione non dò tempo alle macromolecole di allinearsi nella direzione del carico --> fragile, agisco su legami covalenti

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Tenacità = capacità di assorbire energia prima della rottura

Resilienza = capacità di assorbire energia in campo elastico

Dipendono dalla temperatura a cui le studio, sotto la Tg il materiale sarà resiliente perché si rompe in campo elastico. Sono valutate calcolando l’area sottesa alla curva

Parte dell’energia viene dissipata nel provino dai meccanismi di attrito interno --> differenza tra energia fornita ed energia restituita

Comportamento elastico --> materiale recupera istantaneamente la forma

Comportamento plastico --> il materiale non è in grado di recuperare la forma inziale

Comportamento viscoelastico --> deformazione residua che può essere recuperata con il tempo oppure essere permanente quando scarico il materiale, parte dell’energia fornita viene dissipata dai fenomeni di attrito interno, che rallentano il recupero della forma.

Dall’area d’isteresi posso definire un materiale più o meno viscoso.

La forma nella realtà non verrà mai recuperata completamente, i materiali termoplastici hanno una deformazione residua, solo gli elastomeri non ce l’hanno.

PER MATERIALI VISCOELASTICI Creep e recovery

- Creep: il materiale viene sottoposto a uno sforzo costante e viene valutata la

deformazione nel tempo. Il primo tratto della deformazione è legato al

comportamento elastico, il secondo tratto dipende dalla componente viscosa. Più è elastico, più il secondo tratto sarà orizzontale.

- Recovery: tolgo lo sforzo applicato e valuto il recupero della deformazione. La componente viscosa rallenta la velocità di recupero della forma.

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Stress relaxation

Viene applicata una deformazione costante e valuto lo sforzo nel tempo.

Lo sforzo cresce istantaneamente, poi potrebbe diminuire perché si ha un fenomeno di

rilassamento delle catene macromolecolari grazie al quale le catene si adattano allo sforzo e

mantengono un equilibrio con energia inferiore a quella inziale. A seconda del materiale è possibile osservare comportamenti diversi: se il materiale è più elastico, lo sforzo sarà pressoché costante.

Se al tempo t1 si toglie la deformazione imposta, è possibile notare come il provino recuperi la forma.

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LEZIONE 1 – 09/03/20

METODI DI CARATTERIZZAZIONE

 Analisi morfologiche:

Microscopio

- Ottico: luce riflessa e trasmessa a seconda della provenienza della luce, rispettivamente dall’alto e dal basso. In caso di luce trasmessa ho bisogno di un materiale trasparente.

- Ottico stereo: due microscopi monoculari separati, ciascuno con il proprio set di lenti --> 3D, ci permette di vedere dettagli sui dispositivi mantenendo la tridimensionalità

- Elettronico a scansione (SEM): viene usato per esaminare le caratteristiche fisiche con dimensioni tra i micron e i nanometri, utilizza un fascio elettronico (non fisso, passato in sequenza riga per riga), il campione deve essere conduttivo. Rispetto ai microscopi precedenti riesco ad ottenere dettagli maggiori, ma il fascio elettronico scalda il materiale polimerico, che non è un conduttore elettrico, quindi deve essere reso conduttivo (rivestito con oro). Lo strato superficiale aggiunto non cambia la morfologia e non toglie informazioni a ciò che osservo.

Tutti segnali presenti nel SEM, ma quelli impiegati sono: elettroni secondari, elettroni backscattered e raggi X.

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Elettroni secondari: il fascio elettronico colpisce il campione e alcuni elettronici interagiscono con gli elettronici presenti nell’atomo, repulsione tra gli elettroni del fascio e quelli del campione --> alcuni elettroni del campione possono essere scalzati dall’atomo

Sono emessi da spessori superficiali del campione (10nm), sono utilizzati per lo studio della morfologia superficiale

Backscattered electrons (retrodiffusi): il fascio elettronico colpisce il campione --> alcuni elettroni interagiscono con il nucleo dell’atomo, l’elettrone (carico negativamente) viene attratto dal nucleo positivo e, se non viene catturato dalla forza del nucleo, gira attorno al nucleo ed esce dal campione. Ogni elemento ha differente dimensione del nucleo -->

maggiore dimensione del nucleo dell’atomo = maggiore numero di BSE, che possono essere utilizzati per ottenere un’immagine che mostra differenti toni di grigi indicativi di differenti elementi presenti. Le diverse tonalità di colore non forniscono informazioni sul tipo di elemento, ma sono relazionate solo al peso atomico. Per avere informazioni su quali sono gli elementi sul materiale devo usare i raggi X.

Sonda a raggi-X ed EDS (energy dispersive): detector di raggi X che permette di eseguire analisi elementari puntuali o su aree del campione (EDS = spettrometro a dispersione di energia)

Picchi indicano i diversi materiali.

PRO: - rapida, ad alta risoluzione di immagini

- rapida identificazione degli elementi presenti --> microanalisi elementare e caratterizzazione di particelle

- modalità di basso vuoto permette l’imaging di campioni isolanti e idratati CONS: - restrizioni nella dimensione che possono richiedere il taglio del campione

 Caratterizzazione chimico-fisica:

Indagini sulla struttura del materiale

- Proprietà termiche: Differential Scanning Calorimetry (DSC) = calorimetria differenziale a scansione, misura il calore assorbito o liberato durante il riscaldamento o il raffreddamento di un provino di materiale polimerico rispetto ad un campione di riferimento (= crogiolo vuoto)

Cosa si può misurare ? - analisi qualitative: fingerprint di minerali, polimeri

- purezza di campioni: punto/i di fusione (Tm) --> sul grafico T- calore assorbito vedo picco verso il basso

- capacità termica

- temperatura di transizione vetrosa (Tg) --> abbassamento della curva sul grafico - temperatura di cristallizzazione

- Analisi dei pesi molecolari: analisi cromatografica = il campione da analizzare, generalmente in soluzione con opportuno solvente (cambia a seconda del polimero), viene fatto passare attraverso un riempimento (fase stazionaria) con diversa affinità con i componenti della miscela da analizzare. La soluzione da

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analizzare viene trasportata attraverso la colonna mediante il flusso continuo di un opportuno solvente (eluente o fase mobile). Dalla colonna usciranno prima le catene più grandi, che non riescono ad attraversare ogni poro e devono seguire una sola via. Lo studio del peso molecolare mi dà informazioni sulla lunghezza delle catene, che influenzano le caratteristiche del materiale. Ponendo in grafico la concentrazione di ciascun componente in funzione del tempo si ottiene un cromatogramma, ma esso rappresenta i tempi di uscita e non i pesi, devo quindi fare una curva di taratura. Introducendo polimeri monodispersi, ovvero polimeri che presentano catene tutte della stessa lunghezza, di cui conosco il peso molecolare, è possibile osservare il tempo di fuoriuscita e stabilire il peso delle catene in corrispondenza di un certo tempo. Si può infine calcolare il peso medio (numerale o ponderale) del materiale, si utilizza una media perché le catene non sono tutte uguali.

NB: I polimeri termoindurenti non si possono sciogliere, ma non ha senso fare quest’analisi perché è un’unica maglia.

Indagini sulla struttura superficiale del materiale/struttura realizzata:

- Analisi spettroscopiche: fascio colpisce materiale, studio parte riflessa per conoscere composizione chimica del materiale

Probe = elettroni, ioni, fotoni (raggiX, visibile, UV, IR)

Analysis = elettroni, ioni, fotoni, neutroni, ioni ed elettroni backscattered

--> tecniche di analisi di superficie subsuperficie definite dalla sonda utilizzata e dal fenomeno studiato

Radiazione IR

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La regione di maggiore interesse per lo studio della struttura chimica dei materiali è quella compresa tra 4000 e 200 cm-1 perché rappresenta le bande relative al moto vibrazionale delle molecole.

Numero d’onda = 1/, proporzionale all’energia si misura in cm-1 1/ < 1500 cm-1 --> bande caratteristiche (zona di fingerprint) 1/ > 1500 cm-1 --> zona dei gruppi funzionali

Grafico: x = numero d’onda, y = % trasmittanza o assorbanza, picchi identificano un moto di vibrazione dei legami e servono per avere informazioni sulla struttura e sulla degradazione (dopo espianto)

Analisi non distruttiva: - Analisi qualitativa = identificazione della struttura di un campione - Analisi quantitativa = intensità di assorbimento --> concentrazione di un componente, quantifico l’area sottesa ai picchi, variazione collegabile a

degradazione

Spettroscopia di vibrazione: quando una molecola organica viene investita da una radiazione infrarossa la cui frequenza (espressa in termini di numero d’onda) sia compresa fra 10.000 e 100 cm-1 , l’energia ceduta dalla radiazione stessa viene convertita in energia vibrazionale.

L’interpretazione degli spettri vibrazionali si basa su un modello semplificato in cui gli atomi (= particelle dotate di massa e proprietà elettriche) sono legati tra loro da forze di tipo elastico (oscillatore armonico). La frequenza dipende dalle masse delle sfere e dalla rigidezza della molla

--> sfere piccole sono più facili da muovere, più piccole sono le masse, maggiore è la frequenza alla quale oscillano.

--> più rigida è la molla, maggiore sarà la frequenza alla quale si ha l’oscillazione

In una molecola organica: atomi uniti da un legame singolo vibrano a frequenze più basse rispetto a quelli uniti da legami doppi o tripli

Le molecole che presentano un momento dipolare elettrico hanno una polarizzazione permanente derivante da interazioni interne

Una molecola assorbe la radiazione infrarossa quando vibra in modo da far variare il momento dipolare elettrico

Come trarre informazione da uno spettro IR ?

Per i diversi gruppi funzionali si osservano frequenze di vibrazione (frequenze di gruppo) che cadono nelle stesse regioni spettrali in modo quasi indipendente dal resto della molecola.

FTIR

ATR-FTIR: un raggio colpisce il provino in più punti grazie alla presenza di un vetrino che lo riflette, poi viene raccolto da un detector

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LEZIONE 2 - 10/03/20

ANALISI MECCANICHE SU MATERIALI VISCOELASTICI

I due modelli più semplici per descrivere il comportamento di un materiale sottoposto a una forza sono:

- Modello di Hooke per i solidi elastici - Modello di Newton per i fluidi viscosi

Modello di Hooke

Un solido perfettamente elastico, se sottoposto ad una forza costante, subisce una deformazione

istantanea proporzionale alla forza stessa. La costante della molla può essere il modulo elastico E o di taglio G.

σ = Eε σ = G

Modello di Newton

Modellizza un liquido viscoso, in cui la resistenza (= viscosità) che deriva dall’attrito tra le parti di un fluido è proporzionale alla velocità con cui le diverse parti del liquido vengono separate tra loro.

σ = dε/dt σ = ’

Nella maggior parte dei materiali si riscontra un comportamento intermedio tra un fluido perfettamente viscoso e un solido perfettamente elastico. La viscosità e il modulo non sono costanti nel tempo e non sono indipendenti dai valori di shear rate o deformazione applicati.

 Modello di Maxwell: modellizza un materiale viscoelastico i cui parametri variano a seconda del tempo, della temperatura, della velocità di applicazione del carico.

Se applichiamo uno sforzo o una deformazione, nel caso di un materiale elastico la risposta è in fase, in un liquido viscoso è presente uno sfasamento di 90°. I materiali viscoelastici hanno uno sfasamento compreso tra 0 e 90, l’angolo delta ci permette di capire quanto il materiale abbia più un comportamento governato dalla componente elastica o da quella viscosa.

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- Come studiare il comportamento dei polimeri?

 Analisi dinamico-meccaniche (DMA)

Attraverso analisi dinamico-meccaniche è possibile ottenere informazioni quantitative sul modulo E*, che è un modulo complesso formato da una componente in fase puramente elastica (E’, storage modulus, modulo conservativo), che rappresenta l’energia immagazzinata, e una componente dissipativa sfasata di delta (E’’, loss modulus, modulo dissipativo), che indica l’energia dissipata per attriti interni (calore).

tan = E’’/E’

Tipi di afferaggio:

- Tension mode: una clamp fissa mantiene un’estremità del polimero in posizione, mentre la clamp mobile esercita una sollecitazione in trazione, viene usata solitamente per film sottili e fibre.

- Compression mode: la clamp mobile esercita una forza in compressione di massimo 18N, essendo la cella di carico molto bassa questo tipo di afferraggio può essere usato per materiali con basso o medio modulo.

- Shear sandwich mode: la clamp mobile è posizionata in mezzo a due provini di polimero su cui verrà esercitato uno sforzo di taglio. La difficoltà in questo caso è ottenere due provini identici in modo che lo sforzo non sia influenzato dalle diverse caratteristiche. Le parti in materiale metallico possono influire sul comportamento del materiale polimerico al variare della temperatura. Utile per solidi soft come gel, adesivi ed elastomeri (sopra Tg se no è rigido), che hanno grande deformabilità. Meglio usare il reometro a causa degli artefatti generati da questo tipo di afferraggio.

- Dual cantilever mode: il campione viene bloccato da due clamp fisse poste alle estremità, mentre una clamp mobile esercita una flessione nella zona centrale. Viene usato per elastomeri e termoplastici (sopra Tg).

- Single cantilever mode: il campione viene mantenuto in posizione da una clamp fissa in una sola estremità, mentre l’altra viene sottoposta a flessione da una clamp mobile. La parte mobile non può deflettere il campione all’infinito, quindi non è possibile utilizzare questo tipo di afferraggio per gli elastomeri, che presentano alte deformazioni e raggiungerebbero subito il fondo scala. Viene usagto per termoplastici sotto la Tg.

- 3 point bend mode: simile al dual cantilever, ma il campione non viene vincolato alle estremità perché viene usato su materiali con modulo medio-alto (molto rigidi), se vincolassimo il materiale otterremmo subito il limite di carico.

Prove:

- Rampa di temperatura: viene applicata una rampa di temperatura a frequenza e ampiezza costanti nel tempo, a ogni time point vengono misurati E’ ed E’ (di conseguenza si ottiene anche tan). La velocità di applicazione della temperatura solitamente è tra 2-5°C al minuto, ma può diventare anche di 10°C/min se il range di temperatura da studiare è molto ampio e si vogliono ottimizzare i tempi. Il range di temperatura invece varia a seconda del materiale, se non è stata effettuata una DSC e quindi non si conoscono Tg e Tm allora viene usato il più ampio range possibile: da -150°C a 250°C. Al contrario, se sono note le temperature di transizione si pone come limite inferiore 20°C meno della Tg e come limite superiore 20°C in più della Tm(mi interessa meno perché le caratteristiche meccaniche sono già state perse). In questo modo è possibile sia valutare un andamento completo dei moduli, senza escludere la regione vetrosa e quella

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terminale, sia verificare che le Tg e Tm trovate in precedenza siano corrette. Il punto di flesso della regione di transizione, che corrisponde alla Tg, viene scelto a metà perché in questo modo si è certi che almeno metà delle catene si siano mosse. (scelta convenzionale).

Dalla prova si ottiene un grafico dei moduli in funzione della temperatura: il modulo conservativo inizialmente è elevato e stabile, poi scende, rimane quasi costante e scende ancora, mentre il modulo dissipativo aumenta e ha picco quando inizia la zona di transizione vetrosa per poi scendere.

Nella regione vetrosa il modulo dissipativo risulta costante perché il materiale presenta tutte le catene non in movimento, poi le macromolecole iniziano a scorrere a causa dell’aumento di temperatura, quindi dissipano energia, il picco poi cala perché la maggior parte delle catene si è già mossa e quindi l’energia dissipata è minore, infine nella regione terminale è maggiore di E’ perché prevale la componente viscosa.

Esempio PCL: dal grafico dei moduli è possibile ricavare i valori di Tg e Tm. La regione di transizione vetrosa, compresa tra -60 e -30°C, è riconoscibile grazie alla presenza del picco del modulo E’’ e del flesso del modulo E’. La regione terminale inizia quando il modulo dissipativo cresce, mentre il modulo dissipativo tende a zero (Tm>50°C). il modulo dissipativo presenta anche dei picchi minori prima della Tg, che rappresentano transizioni secondarie dovute a piccoli movimenti delle catene.

Esempio sensibilità strumento: ha senso fare un test con rampa di temperatura su un idrogelo (materiale reticolato che assorbe acqua senza dissolversi, es lenti a contatto morbida)? Il picco grande di E’’ non dipende solo dalla parte viscosa, ma anche dall’evaporazione dell’acqua poiché la Tg è intorno ai 120- 140°C. Se tolgo l’influenza dell’acqua il picco si sposta, quindi è meglio eseguire un trattamento termico prima della prova per vedere il reale comportamento del materiale (scaldo per togliere umidità).

Esempio blend: nel blend unisco due materiali, ma rimangono distinguibili. Nel modulo conservativo vedo che il polimero determina una variazione del modulo elastico a -50 e a 100°C, che corrispondono alle Tg dei diversi materiali, quindi è possibile studiare l’influenza di ogni componente sulle proprietà meccaniche.

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- Rampa di frequenza: la risposta del materiale alla rampa di frequenza (velocità di deformazione) è monitorata ad un’ampiezza ed una temperatura costante. Al crescere della frequenza i moduli possono crescere entrambi (materiale più rigido, maggiori caratteristiche meccaniche) o solo uno (materiale più elastico o più viscoso), quindi c’è influenza della frequenza sul comportamento meccanico.

- Creep/recovery:

Creep = la sollecitazione viene applicata istantaneamente all’istante t = t1 e mantenuta costante per un periodo di tempo specifico

Recovery = lo sforzo è portato a zero all’istante t = t2

Viene monitorata la deformazione in funzione del tempo

- Stress relaxation/recovery:

Stress- relaxation = la deformazione è applicata istantaneamente e mantenuta costante nel tempo, viene monitorato lo sforzo in funzione del tempo. Lo sforzo rimane costante se il materiale è completamente elastico, se invece il polimero è viscoelastico decresce nel tempo partendo da un certo valore e può arrivare a zero (completamente viscoso). Se il materiale ha un comportamento completamente viscoso lo sforzo è nullo per t>0.

Recovery = all’istante t = t2 la deformazione viene rimossa, lo sforzo torna immediatamente a 0 mentre la deformazione diminuisce in accordo con la percentuale di componente elastica e viscosa.

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 Analisi reologiche

La reologia è la scienza che studia la deformazione e il flusso della materia sotto condizioni di prova controllare. Viene studiata la relazione tra lo sforzo di taglio applicato e la deformazione ottenuta.

Il reometro applica uno sforzo di taglio e determina la risposta del campione in termini di shear rate (velocità di rotazione) o strain (ampiezza dell’oscillazione). È in grado di misurare i parametri viscoelastici e la viscosità di un materiale sotto diverse condizioni.

Equazioni costitutive:

I parametri presi in considerazione sono:

- Coppia: applicata sulla parte mobile del motore, lo sforzo è proporzionale alla coppia a meno di una costante che dipende dalla geometria del sistema:  = K x M

- Spostamento angolare: a cui è sottoposto il campione, la deformazione è proporzionale all’angolo a meno di una costante che dipende dalla geometria/dimensioni del provino:  = K x  (% = *100) - Velocità angolare: variazione dell’angolo nel tempo, lo shear rate è proporzionale alla velocità

angolare a meno di una costante che dipende dalla geometria del campione: 𝛾̇ = K x 

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Geometrie possibili:

- Piatto-cono: il campion viene sollecitato maggiormente dov’è presente la punta del cono, si può usare per liquidi senza particelle disperse o emulsioni con particolati, che devono avere dimensioni nell’ordine dei nanometri, se fossero più grandi lo sforzo verrebbe applicato direttamente alle particelle.

K = 1/ con  = angolo della geometria K = 3/2R^3

Vantaggi: - Shear rate omogeneo su tutto il raggio - Necessità di poco campione (1ml)

- Permette di misurare sistemi con bassa velocità e solidi soft Svantaggi: - Non adatto a sistemi ad alta viscosità

- Non adatto per sospensioni con particolato di grandi dimensioni

- Piatto-piatto/piatti paralleli: geometria da preferirsi nei casi in cui il piatto-cono non sia utilizzabile, lo shear si distribuisce in modo omogeneo su tutta la geometria, mostrando meno l’influenza delle particelle.

K = R/H K = 2/R^3

Vantaggi: - Possibilità di selezionare il gap di 300m – 3mm - Preparazione del campione semplice

- Viscosità misurabile a partire da 10mPas (misura viscosità basse e alte) - Analisi di sospensioni con grande particolato

Svantaggi: - Ad alti shear rate possono manifestarsi turbolenze - Cilindri concentrici: per materiali con viscosità molto bassa o media - Torsione rettangolare: per solidi da molto soft a molto rigidi

Il reometro permette di caratterizzare la risposta di un materiale in condizioni di:

- Flusso (rotazione continua): determinazione della viscosità e della sua dipendenza da fattori quali lo shear rate e la temperatura

- Sollecitazione oscillatoria: determinazione dei parametri visco-elastici (moduli conservativo e dissipativo), la loro dipendenza da temperatura, frequenza, ampiezza di oscillazione…

- Transitorio: caratterizzazione della risposta di un campione sottoposto a sforzo costante (creep) e a deformazione costante (stress relaxation)

TEST DI FLUSSO

Viscosità= resistenza interna di un fluido allo scorrimento

Nel modello di Newton la viscosità rappresenta la costante di proporzionalità tra lo shear rate e lo stress, ma la viscosità non è davvero costante, dipende da diversi fattori:

- se l’unica dipendenza è dalla temperatura --> fluido newtoniano

- se dipende da fattori come tempo e shear rate --> fluido non newtoniano Unità di misura: Pas, cP (1mPas = 1cP)

- Shear rate costante: mantengo lo sforzo costante per un periodo di tempo impostato e vedo come cambia la viscosità a seconda dello shear rate e del tempo, mi interessa vedere se durante l’estrusione il materiale cambia caratteristiche

- Rampa continua: il campione viene sottoposto ad una rampa di shear rate o stress crescente o decrescente nel tempo e viene misurata la pseudoplasticità o lo shear thickening del campione, ovvero quanto la viscosità del materiale è in funzione con altri parametri come lo shear rate. Oppure Incremento linearmente lo shear rate per vedere se esiste valore limite di scorrimento

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- Rampa di temperatura: il campione viene sottoposto ad un profilo definito di temperatura (tipicamente una rampa), mentre lo shear rate è mantenuto costante, per verificare dipendenza della viscosità dalla temperatura (presenza T di transizione). Es. metilcellulosa e gelatina, NIPAAm

TEST OSCILLATORIO

Il campione viene sottoposto ad uno sforzo o ad una deformazione che varia nel tempo (sinusoide), la risposta del campione viene monitorata e analizzata in termini di ampiezza e di sfasamento rispetto alla forzante. Lo strumento restituisce i parametri viscoelastici che descrivono il comportamento del materiale, è possibile variare i parametri di test (temperatura, frequenza, ampiezza, tempo) in modo da misurare la dipendenza delle proprietà viscoelastiche.

Modulo Complesso G* : comportamento generale del materiale

Modulo conservativo G’: legato al comportamento elastico, capacità del materiale di accumulare l’energia della forzante sotto forza di deformazioni elastiche (reversibili)

Modulo dissipativo G’’: capacità del materiale di dissipare l’energia della forzante attraverso il calore e deformazioni permanenti (scorrimento)

Tangente dell’angolo di sfasamento: Tan = G’’/G’

Viscosità complessa *: scomponibile in una componente conservativa e una dissipativa * = G*/ [  in rad/s]

I test vengono eseguiti a basse ampiezze di oscillazione o strain percentuali, per piccole oscillazioni la risposta del campione può essere considerata lineare, ossia data una forzante sinusoidale, la risposta del campione è sinusoidale.

Zona Viscoelastica Lineare (LVR): range di strain nel quale la risposta del campione è lineare, ossia in cui i valori dei moduli G’ e G’’ sono costanti al variare della ampiezza di oscillazione. Ogni test oscillatorio deve essere eseguito entro la LVR, permette di correlare le caratteristiche strutturali del campione a livello molecolare con la performance del prodotto.

- Strain/stress sweep: il campione viene sollecitato con una forzante di ampiezza via via crescente, mantenendo temperatura e frequenza costanti, allo scopo di misurare la zona viscoelastica lineare. Il limite di LVR è identificabile nel punto in cui il modulo G’

decresce.

- Time sweep: il campione viene sollecitato con temperatura, una forzante di ampiezza e frequenza costanti per misurare la stabilità di un materiale, studiare la reticolazione e l’evaporazione dei solventi. A

differenza della DMA, con cui non è possibile eseguire test nel tempo, la reologia permette di studiare il

comportamento del polimero nel tempo e calcolare il gel point, ovvero il punto in cui si ha l’ inversione tra G’ e G’’, se diminuisce la componente viscosa il materiale sta reticolando e cresce la componente elastica.

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- Rampa di temperatura: il campione è sottoposto ad una rampa crescente/decrescente continua o a scalini di temperatura mentre frequenza e ampiezza di oscillazione vengono mantenuti costanti, viene misurata la dinamico-meccanica su solidi in torsione (determinazione della Tg e delle transizioni di ordine superiore), viene studiata la reticolazione indotta dal calore e la dipendenza delle proprietà visco-elastiche dalla temperatura. Se il materiale subisce reticolazione all’aumentare della temperatura, come nel caso della gelatina, vedrò un aumento di G’’ e un abbassamento di G’.

Es. ABS = copolimero formato da acrilonitrile, butadiene e stirene. Il butadiene aumenta la deformabilità del materiale e l’acrilonitrile dona tenacità, mentre lo stirene di per sé è fragile. È possibile riconoscere una Tg per butadiene e stirene, mentre la percentuale di acrilonitrile non è significativa. Viene utilizzato un afferraggio con geometria a torsione in quanto il materiale ha una certa coesione, è abbastanza rigido.

- Frequency sweep: il campione viene sottoposto ad una sollecitazione di ampiezze e temperatura costanti, ma di frequenza variabile. Scopo del test è la misura della dipendenza delle proprietà viscoelastiche dalla frequenza e l’analisi della struttura di gel.

TEST IN TRANSITORIO

Si prevede lo studio del comportamento di un campione quando viene sottoposto a stress/strain costanti.

Si monitora come il campione si adatta a queste condizioni - Creep-recovery

- Stress relaxation/recovery ESEMPI:

1- Sostituzione del menisco: protesi in poliuretano poroso a cui viene applicata una forza in modo ciclico per vedere quanto è stabile l’anello e se subisce deformazione permanente. Nella protesi in Dacron è possibile notare una deformazione residua al primo ciclo, che rimane costante nei successivi. Nell’anello in Gorotex si vede invece che la deformazione plastica aumenta al crescere dei cicli, anche se l’area di isteresi è inferiore a quella del Dacron. I due materiali hanno un differente contributo viscoso quando sollecitati. Il Gorotex non è rivestito da carbonio turbostratico perché a differenza del Dacron è emocompatibile e non causa trombi.

2- Caratterizzazione idrogelo: viene eseguita una prova ciclica con rampa di frequenza a 37°C e

mantenendo il campione costantemente idratato in soluzione salina per mimare l’ambiente corporeo. Lo storage modulus rimane costante al crescere della frequenza, quindi non c’è influenza sul contributo elastico e l’andamento è molto simile nei vari cicli. Tan() diminuisce all’aumentare della frequenza perché la componente viscosa cala. Dal grafico di sforzo-deformazione è possibile notare come la deformazione residua rimanga costante dopo il primo ciclo.

3- Creep e recovery: a livello qualitativo è determinabile il contributo viscoso ed elastico del materiale.

Stress relaxation : la componente viscosa risulta elevata poiché lo sforzo diminuisce in poco tempo e la deformazione non viene totalmente recuperata.

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LEZIONE 3 – 16/03/20 SMART POLYMERS

Classe di materiali nata per risolvere dei problemi: si volevano materiali con proprietà controllabili, riproducibili e prevedibili e che rispondessero a variazioni dell’ambiente circostante o in alcune condizioni di applicazione sempre allo stesso modo.

I materiali tradizionali hanno risposte limitate, mentre gli smart materials sono in grado di rispondere in modo appropriato con un’azione prevedibile a uno stimolo esterno, variando una loro caratteristica come forma, dimensione, proprietà elettriche, magnetiche e ottiche (colore)

Possiedono buona memoria, ovvero sono in grado di ricordarsi una forma o sono in grado di ricordare una certa proprietà del polimero

Anche nel corpo umano ci sono delle strutture smart, ad esempio l’osso che si ritrae se non viene stimolato o il muscolo.

 Smart Materials = materiali che rispondono con una variazione significativa (apprezzabile, visibile) di una proprietà sotto l’applicazione di una ‘driving force’ esterna

Input/stimolo: variazione di T, campo magnetico, campo elettrico, luce, deformazione o reazioni chimiche (variazione pH)

Output/risposta: variazione in lunghezza, viscosità, conducibilità elettrica, luce o colore

Alcuni materiali polimerici sono in grado di diventare conduttori elettrici, in certi casi l’energia fornita viene utilizzata per cambiare una proprietà del materiale, che ad esempio emette luce, in altri i materiali

funzionano in maniera biunivoca (come i piezoelettrici in cui ho una deformazione che si traduce in potenziale e viceversa).

Esempi: - leghe a memoria di forma (nichel-titanio) - materiali piezoelettrici

- materiali polimerici intelligenti (idrogeli per lenti a contatto)

Questi materiali possono essere divisi in due classi:

- Tipo 1: piezoelettrici e conduttivi, da una fonte di energia viene generata sempre energia ma in un’altra forma

- Tipo2: cromogenici = differenza di colore, elettro-magnetoreologici = cambiano viscosità se viene applicato campo elettrico o magnetico, memoria di forma = cambiamento in una proprietà

--> la differenza principale è che in un caso viene prodotta energia, mentre nell’altro cambiano una o più proprietà

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Piezoelettrici

Possono essere reversibili perché è possibile applicare una differenza di potenziale e ottenere una

deformazione e viceversa. Vengono utilizzati in forma di fogli di materiale ceramico, facilmente incorporati o montati su una struttura.

Possono funzionare come:

- Attuatori: subiscono una deformazione quando viene applicato un campo elettrico

- Sensori: producono una tensione (segnale elettrico) quando vengono deformati (forza meccanica) Usi potenziali:

- Attuatori che controllano componenti in strumenti di macchine di precisione

- Migliorare parti robotiche che si muovono più velocemente e con maggiore precisione

- Piccoli circuiti microelettronici in macchine che vanno dai computer alle stampanti fotolitografiche - Fibre di monitoraggio per applicazioni biomedicali, ponti ed edifici

Generalmente i materiali piezoelettrici tradizionali sono materiali ceramici, essi sono molto rigidi (fragili), ad alta densità (pesanti) e difficili da lavorare perché l’unico modo di modificarli è la sinterizzazione, quindi alte T. Si vogliono quindi sfruttare polimeri piezoelettrici che sono facili da lavorare, hanno bassa densità e solitamente non sono fragili (a meno che non siano fortemente reticolati).

Esempi:

- Trasformazione di deformazioni meccaniche e variazioni di temperatura in impulsi elettrici, possono operare come attuatori (striscia deformabile) e sensori (collana che misura la pressione, sollecitata dalla deformazione dà in output un segnale), le deformazioni sono molto piccole ma lo stesso utili in alcuni ambiti

- Pittura piezoelettrica: sensore dinamico che può essere facilmente applicato per misurare le vibrazioni, applicate a strutture portanti permettono di tenere sotto controllo quando aumentano troppe le vibrazioni e mandano un segnale alla centralina

Luminescenti

Non usati in ambito biomedicale Conduttivi

Nei polimeri e nei ceramici tutti gli elettroni sono occupati a formare legami chimici, nei metalli invece è presente il legame metallico che permette agli elettroni di spostarsi in una nube elettronica. I polimeri di per sé non sono conduttori, ma possono diventarlo: rimuovendo un elettrone dalla catena principale (in più catene), un altro elettrone si sposta sulla catena per ricreare il legame, il buco si sposta quindi lungo il backbone e gli elettroni si muovono, aumentando la conducibilità elettrica (tecnica del doping).

Polimeri potenzialmente conduttori: polianiline, polipirroli, poliotifeni

A seconda dell’elemento utilizzato come drogante, quando sollecitati dalla variazione di potenziale variano differenti proprietà fisiche: conducibilità, proprietà ottiche, caratteristiche meccaniche o dimensioni.

Vengono utilizzati come elementi sensibili in grado di rilevare variazioni dell’ambiente circostante e come attuatori meccanici

Esempi:

- Sostituzione di muscoli: vengono creati muscoli artificiali, che non rigenerano il muscolo, ma lo

sostituiscono con materiali sintetici differenti da quelli presenti in vivo al fine di recuperarne la funzione.

Questi materiali vengono sintetizzati ad hoc per avere una certa conducibilità, quindi le catene possono essere variate per ottenere maggiori deformazioni. Quando il materiale sente una variazione di potenziale si deforma, una volta che il voltaggio viene rimosso o invertito il polimero si contrae e riassume la sua forma originale.

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- Problemi al battito dell’occhio: diverse malattie possono causare problemi al battito delle palpebre, spesso viene messo un peso nella palpebra che per gravità scende, molto più raramente viene trapiantato il muscolo. Questi approcci presentano diversi effetti collaterali, quindi si stanno studiando cinture in

polimero che possono essere collegate alla palpebra Cromogenici

Si differenziano in 3 categorie:

- Termocromici: presentano pigmenti termocromici, ovvero che cambiano colore quando esposti al calore e tornano al loro colore originale quando la temperatura scende nuovamente. La maggior parte dei materiali termocromici usa la tecnologia a cristalli liquidi: a temperature specifiche i cristalli liquidi si orientano per produrre un apparente cambiamento di colore. Il materiale del cristallo liquido è micro-incapsulato in sfere microscopiche di circa 10 micron di diametro e immerso nel polimero.

Esempi: vernici, tessuti, pellicole

- Fotocromici: rispondono a illuminazione ultravioletta producendo un cambiamento di colore. I materiali (es. policarbonato) vengono caricati con varie quantità di pigmento fotocromatico e subiscono una reazione fotochimica reversibile in cui una banda di assorbimento nella parte visibile dello spettro elettromagnetico cambia significativamente in lunghezza d’onda. Quando il materiale viene sollecitato si ha il passaggio di un elettrone da una banda energetica a un’altra di livello superiore, il passaggio però non è stabile quindi quando l’elettrone torna in equilibrio si ha la variazione di lunghezza d’onda che porta alla variazione fotocromica.

Esempi: lenti degli occhiali, plastica, vetro, filo per cucire, tessuto ecc…

- Elettrocromici: sono materiali che cambiano le loro proprietà ottiche in risposta a un campo elettrico e ritornano al loro stato originale quando il campo è assente. La transizione può essere interrotta in qualsiasi momento e lo stesso materiale può assumere colori differenti a seconda della tensione applicata. In realtà non si agisce sulle catene macromolecolari del polimero, ma sugli ioni (litio, argento, idrogeno) dispersi in esso. L’ossidazione elettrochimica di molti composti aromatici, quali pirroli, tiofene, anilina, furano, carbazolo e azulene, porta alla formazione di polipirrolo, poliofene o polianilina drogati con controanioni. I polimeri drogati con ioni possono aderire alle superfici dell’elettrodo, sono altamente conduttori e le loro forme neutre sono isolanti. Gli stati ossidati (dopati) o ridotti di questi polimeri presentano colori diversi. I polimeri elettroattivi conduttori invece sono tutti potenzialmente elettrochimici, ma la variazione di colore è apprezzabile solo se vengono usati come film sottili (grandi spessori utilizzati per conduzione, non per colore).

Esempio: finestre smart --> film elettrocromici vengono applicati ai vetri per modulare la trasmissione della luce attraverso il vetro, quando c’è il sole le finestre sono scure mentre si illuminano nei giorni nuvolosi.

Combinando le celle solari con un film elettrocromico si possono creare finestre autoalimentate Fluidi Elettro e Magnetoreologici

Sono fluidi attivi che rispondono ad un campo elettrico o magnetico con un cambiamento di viscosità e che possono adattarsi a rispondere quasi immediatamente. In entrambi i fluidi sono presenti nanoparticelle che reagiscono al campo, organizzandosi per aumentare la viscosità del fluido

- Fluidi magnetoreologici: presentano delle particelle di ferro annegate in un liquido viscoso (olio minerale, olio siliconico) che si dispongono per aumentare la viscosità quando viene applicato un campo magnetico - Fluidi elettroreologici: si hanno particelle non conduttive (materiali inorganici, polimeri) disperse in un fluido elettricamente isolante che si allineano tra anodo e catodo quando viene applicato un campo elettrico per effetto della polarizzazione indotta e aumentano la viscosità

Esempi: ammortizzatori (su artoprotesi per permettere o meno un certo movimento), valvole, frizioni, freni

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Shape memory

Memoria di forma = capacità di un materiale di essere deformato in una forma temporanea e di recuperare la sua forma originale (permanente) se opportunamente stimolato (= driving force, stimolo esterno).

In ambito biomedicale i materiali a memoria di forma più utilizzati sono i metalli a memoria di forma: le leghe metalliche (SMA, solitamente di nichel-titanio) mostrano due strutture cristalline o fasi in cui cambia il reticolo cristallino, ovvero l’organizzazione degli atomi all’interno delle celle elementari.

I materiali polimerici a memoria di forma presentano un cambiamento radicale poiché si agisce sulle temperature di transizione (Tg e Tm), non essendoci una struttura cristallina, passando da un polimero rigido ad uno molto deformabile. La modifica può essere ripetuta sena degradazione del materiale, la proprietà di recupero derivano dall’energia meccanica immagazzinata durante la riconfigurazione e il raffreddamento del materiale. Questi materiali non vengono ancora utilizzati molto in ambito biomedicale poiché si è iniziato a svilupparli e brevettarli solo negli anni 90, inoltre ad oggi una sola azienda li

commercializza anche se la ricerca è aumentata.

Il comportamento a memoria di forma non è intrinseco del materiale, ma può essere osservato in diversi materiali che possono differenziarsi significativamente nella composizione chimica, questo perché è il risultato di una combinazione tra struttura polimerica e morfologia insieme a un’appropriata tecnologia di processo e di programmazione.

Forme macroscopiche:

- Permanente: ottenuta mediante i metodi di trasformazione tradizionali per i materiali polimerici (es.

estrusione)

- Temporanea: ottenuta mediante un processo di deformazione detto programmazione per risolvere un determinato processo

Stimoli applicabili per attivare la memoria di forma:

- Radiazione luminosa: presenza di gruppi o molecole che creano/distruggono legami per opportune lunghezze d’onda. La rete polimerica (permanent crosslinks) viene graftata con cromofori formando reticolazioni fotoreversibili (filled diamonds). Nella fase di programmazione il materiale viene sollecitato con una radiazione luminosa a una certa lunghezza d’onda, le molecole fotocromiche formano quindi delle reticolazioni che permettono di dare una forma temporanea stabile. Applicando una radiazione a lunghezza d’onda inferiore, si rompono i legami reversibili e la forma permanente viene recuperata. Quest’ultima viene mantenuta grazie alle reticolazioni della rete polimerica, che sono quella parte di materiale che si ricorda la forma permanente e non deve essere intaccata dalle reticolazioni successive. Per ottenere la

forma temporanea viene imposto anche uno stimolo meccanico, quando esso viene rimosso si ha un recupero elastico della forma perché il polimero è viscoelastico. Il cambiamento di forma avviene senza una variazione di temperatura, quindi si potrebbero utilizzare questi materiali per quelle applicazioni in cui è più semplice introdurre una sorgente luminosa anziché indurre un riscaldamento locale, ma alcune lunghezze d’onda utilizzate non sono compatibili con i tessuti biologici, che potrebbero andare incontro a necrosi.

Ogni volta che si vuole eseguire il ciclo si deve riapplicare la deformazione per ottenere la forma temporanea.

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- Correnti elettriche: riscaldamento indiretto tramite effetto Joule, scaldo il materiale e avviene transizione- - Campi magnetici alternati: riscaldamento indiretto tramite correnti parassite che agiscono su un

materiale composito termoplastico (matrice di silicio e poliuretano) caricato con nanoparticelle di ossido di ferro

- Variazioni di pH o di concentrazione di ioni: attivare variazioni dimensionali tramite assorbimento/desorbimento, normalmente sono idrogeli

- Riscaldamento diretto: esposizione a temperature superiori alla temperatura di transizione. Attraverso tecniche classiche di lavorazione dei polimeri è possibile imporre una forma originale, poi tramite un ciclo di programmazione si deforma l’oggetto con una forma temporanea. Durante il ciclo di programmazione il materiale viene riscaldato a una

temperatura superiore rispetto a quella utilizzata per donare la forma permanente in modo tale che sia facile da lavorare (deformo con forza inferiore), poi viene raffreddato a una temperatura inferiore alla temperatura di transizione (Tg o Tm), in questo modo la forma temporanea viene mantenuta fino a quando l’oggetto non viene riscaldato nuovamente a

temperature superiori rispetto alla temperatura di transizione. L’innesco del meccanismo di memoria di forma dipende della temperatura di transizione, che varia a seconda del materiale ma anche della configurazione: per copolimeri multiblocco e polimeri reticolati covalentemente la temperatura di transizione corrisponde alla Tm, mentre per le reti polimeriche (e in alcuni casi anche per copolimeri a blocchi) è pari alla Tg. Nel caso si abbiano copolimeri, ovvero blocchi di polimeri diversi, è possibile

utilizzare le diverse Tm per lavorare il materiale: si può agire sulla Tm di fusione maggiore per dare la forma permanente, poi si può sfruttare la Tm minore per ottenere la forma temporanea, il recupero della forma è dato dalla parte di copolimero che non viene sollecitata dalla temperatura e si ricorda la forma originale.

Nei polimeri reticolati viene sfruttata la temperatura di fusione delle catene tra i nodi di reticolazione per ottenere la forma temporanea, mentre saranno proprio i nodi a ricordare la forma.

Rispetto alle leghe metalliche a memoria di forma, i polimeri sono meno densi, più deformabili, presentano un modulo elastico inferiore (sia sopra che sotto Ttrans), necessitano di temperature di lavorazione alte (200°C) ma minori dei metalli (1000°C) e di uno sforzo di deformazione inferiore, ma la loro velocità di recupero è lenta (anche minuti).

Esempio: meccanismo di recupero della forma viene sfruttata per avere nodo

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LEZIONE 4 – 17/03/20

POLIURETANI A MEMORIA DI FORMA

Tra i polimeri a memoria di forma più studiati ci sono i poliuretani poiché sono composti da tre reagenti (poliolo, diisocianato, estensore di catena), che possono essere modificati (rapporto stechiometrico) per ottenere materiali estremamente diversi e una temperatura di transizione attorno a quella di interesse (30- 37°C). I poliuretani sono polimeri termoplastici a segmenti, ovvero sono composti da domini hard e soft su cui si può agire per ottenere la memoria di forma. Sotto la Tg i segmenti sono rigidi, non è permesso il movimento delle catene macromolecolari, viene quindi mantenuta la forma temporanea. Alzando la temperatura sopra la Tg, i segmenti amorfi iniziano a scorrere gli uni sugli altri, aumenta quindi la

deformabilità ed è possibile recuperare la forma originale. I segmenti soft sono in fase amorfa/disordinati, quindi risulta più semplice agire su essi per deformare la struttura, mentre i segmenti hard sono rigidi e ricordano la forma. L’intervallo di transizone vetrosa per i materiali a memoria di forma è molto ridotto rispetto a quello di un materiale polimerico semicristallino (+-5°C) perché il recupero della forma deve avvenire il più velocemente possibile, quindi il materiale viene sintetizzato per avere intervallo stretto.

La rigidezza diminuisce drasticamente nella regione di transizione, questa caratteristica viene solitamente usata in medicina per progettare cateteri con lo scopo di evitare l’instabilità di Eulero quando vengono inseriti e, una volta raggiunta la temperatura del corpo umano, non danneggiano i tessuti circostanti.

Il modulo elastico cambia drasticamente da temperatura al di sotto (stato rigido) a temperatura al di sopra (stato soft, deformabile) della temperatura di transizione vetrosa (Tg). La Tg di un materiale può essere progettata ad una determinata temperatura compresa tra -40°C e 90°C: infatti è possibile variare la sintesi del materiale in termini di percentuale e pesi molecolari e cambiare la T di transizione.

Nei tessuti a memoria di forma la porosità varia a seconda della temperatura: al di sotto della temperatura di transizione il materiale non permette l’uscita delle molecole di vapore perché le macromolecole amorfe sono rigide e la struttura è bloccata, al contrario al di sopra della Ttrans le molecole sono in grado di oltrepassare la barriera perché le catene si muovono allargando la maglia e permettendo il passaggio di vapore. Questa variazione non è macroscopica: infatti né la rigidezza né la forma permettono di variare la permeabilità.

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Esempi:

- Gorotex --> materiale impermeabile perché ha struttura compatta, a basse T trattiene il vapore quindi crea un ambiente più caldo all’interno (giacche da sci), mentre ad alte T è permeabile al vapore che esce, abbassando la T interna.

- Nose guard per occhiali --> miglior adattamento al naso con la T per aumentare il comfort

- Accessori per disabili --> sagomare il manico per adattarlo al difetto dell’utente, può essere modificato se l’oggetto deve essere utilizzato da altri utenti con difetti diversi

- Cannula siringa--> ago metallico produce lesioni sulla parete del vaso, quello in polimero viene inserito sfruttando la rigidezza (a T ambiente di 25°C), poi si deforma (diventa flessibile) a T = 37°C per avere un’interazione e un comfort migliore

- Stents --> prototipo di uno stent che tende ad assumere una struttura cilindrica con il calore, migliora la biocompatibilità perché la rigidezza è più simile a quella del vaso, inoltre è possibile migliorare il rilascio di farmaci e la flessibilità nel posizionamento e nella struttura

- Suture degradabili --> suture chirurgiche intelligenti che si presentano lasse (forma temporanea ottenuta con uno sforzo controllato) a bassa temperatura e si stringono aumentando la T perché la forma

permanente è quella del filo in tensione, problema è trovare la corretta forza nel nodo della sutura - Filler per aneurismi --> schiuma in SMP inserita tramite chirurgia minimamente invasiva in forma compatta nella bolla dell’aneurisma, la forma originale viene recuperata come conseguenza della

temperatura corporea (10s) e riempie la bolla, vengono usate strutture porose perché è possibile variare maggiormente la geometria, inoltre si può sfruttare lo spazio vuoto dei pori per deformare maggiormente il materiale (togliendo aria)

- Trattamento per infarto ischemico --> dispositivo costituito da un microattuatore meccanico in SMP che viene portato in situ attraverso un catetere distale all’occlusione trombotica. Il polimero viene fatto passare attraverso l’occlusione, poi la fibra ottica lo scalda così da fargli cambiare forma affinchè possa essere ritratto insieme all’occlusione. In questo caso la Tg deve essere maggiore di 37°C per attivare il polimero solo una volta in posizione e manualmente.

I polimeri devono essere sterilizzati prima di essere inseriti nel corpo, quindi devo tener conto del tipo di sterilizzazione perché il metodo non deve far avvenire il processo di recupero della forma permanente e non deve influenzare il comportamento di recupero della forma. Alcuni metodi posso comportare una modifica chimica (degradazione, rottura catene …), devo scegliere quello che non influenza la Tg.

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IDROGELI SMART

Anche gli idrogeli possono cambiare la geometria se sottoposti ad alcuni stimoli come temperatura, pH, reazioni chimiche o enzimatiche e campi magnetici, che portano a una variazione di swelling e al rilascio di farmaci. Gli idrogeli presentano reti reticolate attraverso reticolazione di tipo fisico come la gelatina o di tipo chimico come il poli-idrossi-metil-acrilato.

- Rilascio di farmaci: all’interno del gel sono presenti un farmaco e particelle magnetiche. In assenza di campo magnetico non vi è alcun cambiamento, ma se viene applicato un campo magnetico pulsato l’idrogelo si rigonfia e rilascia il farmaco. Quando il campo viene interrotto il rilascio termina e vi è il recupero della forma. questo metodo è sfruttabile per rilasciare quantità minori di farmaco in maniera controllata e in un sito specifico (es. tumore).

Un altro metodo per rilasciare farmaci si basa sulle variazioni di pH dovute alle reazioni chimiche che avvengono nel distretto corporeo di interesse. Ad esempio, se vi è la necessità di monitorare il livello di glucosio nel sangue si può progettare un idrogelo che mantenga i pori chiusi quando il livello di glucosio è nella norma e che invece rilasci insulina quando il pH si abbassa a causa della reazione tra glucosio e glucosio-ossidasi. L’apertura dei pori è dovuta allo sgonfiamento dell’idrogelo al ridursi del pH, deformazione che viene recuperata non appena l’equilibrio è ristabilito.

- Transizione idrofilico/idrofobico: il polimero temperature-responsive mostra una dipendenza delle proprietà chimiche di superficie dalla variazione di temperatura. Ad basse temperature il polimero interagisce con l’acqua (idrofilico), mentre ad alte T si ritrae su se stesso perché prevalgono le interazioni interne. Un esempio è il pNIPAAm utilizzato nella cell sheet engineering, che a temperature inferiori a 32°C (sua LCST) è legato all’acqua e alle cellule, mentre per T>LCST si distende e rilascia il substrato.

Molti gel hanno cariche (positive o negative) all’interno della struttura, se viene applicato un campo elettrico i diversi ioni subiscono forze in direzioni opposte: i macroioni rimangono ancorati alla struttura, mentre i micro-ioni possono migrare lungo il campo elettrico e assorbire molecole d’acqua durante il percorso. Questo meccanismo può essere sfruttato per cambiare la geometria, contraendo il gel.

L’efficienza della contrazione è inversamente proporzionale alla densità della carica presente nel gel e aumenta con il grado di swelling, la percentuale di contrazione dipende solo dalla quantità di carica trasportata (quindi dalla corrente)

CARATTERIZZAZIONE SMP

Diversi parametri influenzano il comportamento di memoria di forma, che è quantificabile mediante analisi cicliche e prove termo meccaniche. I protocolli possono differire in procedura di programmazione

(lavorazione a freddo T<Ttrans o riscaldamento fino a T>Ttrans), controllo di alcuni parametri (sforzo, deformazione), modalità di applicazione del carico (trazione, compressione, flessione), parametri di prova (temperatura, deformazione massima, velocità di riscaldamento) e numero di cicli di prova.

- Analisi dinamico meccanica (DMA): rampa di temperatura per verificare la temperatura di transizione, dove si osserva una drastica variazione dello storage modulus (E’) in uno stretto intervallo di T e un picco in tan si ha la regione di transizione vetrosa.

- Ciclo di programmazione: per valutare la memoria di forma si effettua un ciclo completo di

programmazione ad una forma temporanea di un provino in SMP e poi il recupero della forma permanente.

Step: 1) il materiale viene riscaldato a T = TH e deformato a una deformazione massima m

2) il campione viene raffreddato a TL mentre m viene mantenuta costante (per mantenere forma temporanea)

3) viene rilasciato lo sforzo permettendo un recovery libero fino a u (recupero elastico possibile: infatti la linea sul grafico non è perfettamente verticale)

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4) il materiale viene riscaldato fino a TH a velocità costante, questa fase viene condotta a sforzo zero fino a

p (non si torna a 0 --> deformazione residua)

È necessario riuscire a replicare il ciclo di deformazione, si può utilizzare l’analizzatore dinamico meccanico per fare prove in rampa di T

2 parametri per descrivere le proprietà di memoria di forma alla massima deformazione (m):

- Strain recovery rate: quantifica la capacità del materiale di memorizzare la sua forma permanente, è una misura di come una deformazione applicata in fase di programmazione viene recuperata, può essere monitorato a diversi instanti di temperatura (in funzione di T)

- Strain fixity rate: descrive la capacità dei segmenti di switch di fissare la deformazione meccanica applicata (forma temporanea) durante il processo di programmazione, descrive esattamente come il campione può essere fissato in una forma deformata dopo una deformazione fino a m

- Temperatura di recovery Tf: temperatura corrispondente a metà della deformazione recuperata

- Numero di cicli: effettuati con DMA, si può notare un effetto di pre-condizionamento, ma dopo il secondo ciclo vi è un assestamento sullo stesso livello, il pre-condizionamento è necessario per tutti i dispositivi che vengono sottoposti molte volte a deformazione-recupero (es. utensili per disabili, no stent)

Esempi:

- Aneurisma --> di solito si usano un filo metallico all’interno dell’aneurisma per evitare rottura o una clip per isolarlo, sono stati testati due differenti schiume in poli-etere-uretano. È stata effettuata prima una serie di cicli di carico e scarico a diverse temperature da cui ci si aspetta di osservare una componente viscosa ad alte temperature e un comportamento elastico a basse T. Poi sono stati svolti test di recovery con due diverse procedure: in entrambi i casi il polimero è stato scaldato e deformato, ciò che cambia è la modalità di recupero della deformazione, che in una procedura avviene scaldando il materiale, mentre nell’altra mantenendo una temperatura costante nel tempo. Essendo strutture porose potrebbero modificare la forma inziale durante il processo. I provini sono stati infine sottoposti a un shape recovery test sia con rampa di temperatura che a 37°C, sotto alla Tg il recupero è molto basso e non raggiunge il 100% anche in molto tempo.

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- Riempitivi per osso --> l’idea è quella di ottenere fillers in SMP per riparare difetti ossei attraverso tecniche mini-invasive. Il materiale deve essere biocompatibile, avere proprietà meccaniche buone e promuovere l’interazione con il tessuto osseo circostante. Gli scaffold sono stati ottenuti attraverso micro- estrusione con agenti porogeni o cristalli di sale, che poi sono stati rimossi per particulate leaching in acqua.

Altri scaffold sono stati creati attraverso solvent casting con sfere di gelatina, poi rimosse con particulate leaching. Sono state effettuate analisi al SEM per valutare la porosità, analisi con DMA al fine di identificare eventuali modifiche nella Tg o in E’ e shape memory recovery test a trazione e compressione con lo scopo di studiare come la porosità influenzi il recupero della forma (migliore perché pori si riempiono di aria) - Sterilizzazione --> al plasma e all’ozono, immagini al SEM mostrano come il processo con ozono provochi la rottura di alcune parti (maggiore vuoto e cracks) della struttura a causa dell’impiego di vuoto. È stata svolta un’analisi ATR-FTIR per studiare la degradazione indotta dalla sterilizzazione: l’ozono provoca la riorganizzazione di segmenti hard e soft. Infine, l’analisi con DMA mostra come i poliuretani si ossidano per effetto dell’ozono, cambiando le loro proprietà meccaniche. Svolgendo nuovamente un ciclo di shape recovery (recupero con T crescente) è possibile notare che l’ozono provoca un cambiamento nel comportamento del materiale.

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LEZIONE 5 – 20/03/20 POLIURETANI E SIBS

Copolimeri a blocchi (2 o + blocchi polimerici), che uniscono proprietà molto diverse, determinate dalla scelta dei monomeri, all’interno di una singola catena polimerica ci possono segmenti hard e soft, idrofilici e idrofobici, conduttivi e isolanti.

Esempi: SB , ABS e ASA --> a base di stirene

PTS --> poliuretani termoplastici a segmenti, conformazione lineare o ramificata PE/PP

I poliuretani vengono sintetizzati a stadi, ovvero a differenza della sintetizzazione a catena non si ritrova il monomero nel nome., a partire da 3 reagenti di partenza:

- Di-isocianato: insieme all’estensore di catena forma i segmenti hard, presenta due gruppi funzionali che possono reagire con i gruppi del macrodiolo e dell’estensore di catena, se ci fossero più gruppi funzionali si otterrebbe reticolazione (materiale termoindurente). Può essere aromatico o alifatico, se è aromatico dona maggiore resistenza meccanica perché i gruppi funzionali sono rigidi e stabili, al contrario se è alifatico crea strutture con minori caratteristiche meccaniche. Solitamente si preferisce usare un isocianato alifatico perché hanno tempi di degradazione inferiori (meno stabili)

- Estensore di catena: molecola a basso peso molecolare, che dona resistenza meccanica, spesso si usa il butandiolo perché è biocompatibile e dà luogo a maggiore flessibilità

- Macrodiolo: responsabile dei segmenti soft, dona flessibilità al materiale. può essere un poliestere-diolo, un polietere-diolo o un policarbonato-diolo.

 Poli-estere-uretani: presentano eccellente tenacità, resistenza meccanica e flessibilità, ma sono stati eliminati dagli impieghi a lungo termine perché risentono di fenomeni degradativi come idrolisi e non sono molto stabili nel corpo, ma scegliendo opportunamente i reagenti si possono creare poliuretani biodegradabili

 Poli-etere-uretani: vengono usati per applicazioni di meno di un mese perché, pur essendo stabili all’idrolisi, sono soggetti a degradazione ossidativa. In particolare, subiscono metal ion oxidation (MIO), surface cracking ed environmental stress cracking (ESC).

Surface cracking = fessurazioni superficiali che possono portare alla rottura MIO = ioni metallici interagiscono con la struttura portando a degradazione

ESC = generazione di screpolature (crazing) e fessurazioni (cracks) profonde in risposta a particolari ambienti aggressivi e in presenza di stress residui nel materiale. L’ambiente aggressivo è costituito da elementi della risposta infiammatoria all’impianto del materiale estraneo, che richiamano cellule fagocitiche che aderiscono alla superficie del biomateriale, attivandosi e liberando enzimi litici, ioni e radicali (es. acqua ossigenata). Uno stress residuo potrebbe essere dovuto a un processo di lavorazione che sfrutta un nastro perché il nastro tira il filo fuoriuscente dalla matrice dell’estrusore e induce un certo sforzo meccanico, che permane all’interno (materiale non allo stato di equilibrio). Gli stress residui possono essere eliminati attraverso trattamenti termici post-lavorazione volti a far rilassare il materiale.

La formazione di cricche coinvolge tutta la massa, non solo la superficie. A volte l’ESC è causato dalla sola presenza dei gruppi etere, anch’essi rimovibili.

 Poli-carbonato-uretani: sono più stabili all’ossidazione perché il legame carbonato è più resistente, ma potrebbero essere suscettibili alla degradazione enzimatica (colesterolo-esterasi), si ipotizza inoltre he il meccanismo di degradazione idrolitico sia limitato alla superficie del dispositivo

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Proprietà:

- Proprietà meccaniche dipendenti da domini e separazione di fase:

un alto contenuto di segmenti hard aumenta modulo e resistenza, ma l’allungamento a rottura diminuisce. Al contrario incrementare il contenuto di segmenti soft porta all’aumento di parte amorfa, quindi quando viene applicata una sollecitazione la deformazione è maggiore perché la sollecitazione agisce sui legami intermolecolari dei segmenti soft, di conseguenza il modulo elastico diminuirà perché si riesce a deformare molto il materiale con poco sforzo.

- Comportamento elastomerico: non vi è snervamento perché all’aumentare dello sforzo non avviene deformazione plastica, il materiale è in grado di recuperare quasi immediatamente la deformazione quando la forza applicata viene rimossa. I segmenti hard agiscono per far recuperare la forma come i punti di reticolazione dei polimeri a memoria di forma. i poliuretani vanno incontro a elevate deformazioni (800- 1200%). Da un grafico sforzo-deformazione è possibile ricavare il modulo elastico, i moduli secanti e lo sforzo e deformazione a rottura. I moduli secanti sono i moduli calcolati in punti precisi come

sforzo/deformazione, ricordando che lo strain è adimensionale quindi deve essere considerata la % diviso 100 (es. se ho 200% divido diviso 2)

- Ottima resistenza a fatica in flessione - Buona bio ed emocompatibilità

- Inerzia chimica a molte sostanze organiche e inorganiche: caratteristiche del dispositivo non cambiano nel tempo in cui è inserito nel corpo

- Bassa adesione batterica Applicazioni:

- Cateteri e connettori

- Tubi per emodialisi e ossigenatori - Membrane

- Rivestimenti

- Valvole cardiache e graft vascolari (= bypass rispetto aneurisma, sono di metallo rivestiti in poliuretano, guaina serve per isolare aneurisma e far passare sangue senza che ci siano turbolenze)

- Materiali per sutura - Adesivi per ossa - Ecc…

Sintesi:

- A due stadi: per primi vengono uniti il macrodiolo e il di-isocianato (+ solvente), che inizieranno a formare le catene polimeriche, successivamente verrà aggiunto l’estensore di catena che aumenterà il peso molecolare delle catene. Attraverso questa tecnica di sintesi è possibile alternare i segmenti hard e soft in maniera più controllata e a

programmare l’alternanza dei segmenti. Al termine della sintesi è necessario eseguire dei processi di purificazione al fine di eliminare

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