Copolimeri poliuretano-silicone: si è pensato di unire le proprietà di poliuretani e siliconi per creare un materiale biostabile, processabile come un termoplastico, solubile, più idrofobico, resistente ad abrasione, più tenace, più stabile termicamente, più resistente a lacerazione e trombo-resistente (stabilità silicone + proprietà meccaniche poliuretani).
I Pur-Sil presentano un macrodiolo di tipo siliconico, sintetizzato con una delle tecniche precedenti a partire da un macrodiolo tipico dei poliuretani e silicone: si formano gruppi silicone-uretano tra –NCO (uretano) e Si‐C (silicone, stabile all’idrolisi).
Rispetto all’aumento del silicone in catena, la curva della stabilità aumenta perché il silicone è inerte chimicamente e biologicamente quindi rende il materiale più biostabile e degradabile in tempi lunghi, la resistenza meccanica invece diminuisce perché il silicone ha caratteristiche meccaniche inferiori rispetto al poliuretano (si va ad agire su segmenti soft). Con l’aumentare del silicone in catena diminuiscono anche sforzo e deformazione a rottura (oltre che il modulo)
La necessità di avere polimeri per dispositivi medici per impianti a lungo termine per applicazioni sottoposte a carico ha portato allo sviluppo di nuovi materiali elastomerici: SIBS
I SIBS (poli-stirene-isobutilene-stirene) sono copolimeri tri-blocchi elastomerici termoplastici con proprietà chimico-fisiche e meccaniche simili sia a quelle delle gomme siliconiche che a quelle dei poliuretani, sono stabili all’ossidazione, all’idrolisi e sono altamente emo e biocompatibili.
PIB: poliisobutilene, gomma inerte utilizzata in molte applicazioni industriali, ottenibile facilmente ed economicamente per polimerizzazione dell’isobutilene, non utilizzabile in applicazioni in cui la
conservazione della forma è essenziale perché non è reticolata. Presenta proprietà elastomeriche in quanto gomma e basse caratteristiche meccaniche (deformabile) poiché non vulcanizzabile, ovvero reticolabile ad alta temperatura. Si unisce in catena con lo stirene, che dà resistenza meccanica.
SIBS
Ipotesi: un polimero ideale per applicazione in impianti dovrebbe contenere solo carboni secondari e quaternari nel backbone poiché stabili all’ossidazione, all’idrolisi e alla degradazione enzimatica, e carboni primari stabili come gruppi pendenti.
Se l’ipotesi è verificata il materiale resiste maggiormente agli sforzi, si avrà minore degradazione e quindi un minor rilascio di frammenti che vanno nei tessuti circostanti, richiamando la risposta infiammatoria per isolarli (minor infiammazione).
Il SIBS è un PIB reticolato fisicamente, termoformabile e formabile da soluzione, viene sintetizzato a partire dai suoi monomeri tramite: ionizzazione --> iniziazione (iniziatore di reazione usato per legare le catene insieme) --> propagazione --> formazione della struttura a blocchi
Proprietà:
- Peso molecolare: controllato dalle condizioni di reazione, principalmente dal rapporto
monomero/iniziatore, dipende dal numero di catene unite per dare maggiore o minore lunghezza - Rigidezza: può variare in relazione alla quantità di stirene impiegata nella reazione di sintesi poiché il polistirene trovandosi sotto la Tg risulta rigido, proprietà elastomeriche variano a seconda della rigidezza - Stabilità ossidativa: può essere dimostrata immergendo un campione di materiale in acido nitrico al 65%
posto in ebollizione per 30 minuti, altri elastomeri utilizzati per applicazioni biomedicali (come poliuretani o gomme siliconiche) vengono degradati o risultano infragiliti dopo il test, ma i SIBS non sembrano subire cambiamenti
- Solubilità in solventi non polari: implica la possibilità di ottenere film con superfici molto omogenee mediante processi di solvent-casting e spray-coating e soluzioni per rivestimenti (immersione + evaporazione solvente)
Problemi:
- Suscettibilità allo stress-cracking in presenza di solventi organici - Suscettibilità al creep
- Mancanza di siti per ponti idrogeno non essendo polari: comporta minore resistenza meccanica a trazione rispetto ai poliuretani
- Bassa permeabilità di gas: difficili da sterilizzare con ossido di etilene - Non sterilizzabile con raggi g
- Costi di sintesi e purificazione relativamente alti
LEZIONE 6 – 23/03/20 Applicazioni:
Vengono utilizzati per impieghi avanzati, in sostituzione ai poliuretani termoplastici a segmenti o alle comuni gomme siliconiche per ottima resistenza a fatica in flessione, buona bio ed emocompatibilità, stabilità strutturale e chimica in ambiente fisiologico
- Drenaggio di glaucoma: impianto per drenaggio di glaucoma, solitamente vengono impiantati tubi in PDMS nella cornea, ma essi comportano maggiore risposta infiammatoria e incapsulamento rispetto ai SIBS, che portano alla formazione di una minima capsula fibrotica in prossimità del drenaggio, assenza di miofibroblasti nel tessuto circostante, in quanto la risposta infiammatoria non è onerosa, e non provocano l’occlusione del lume del tubo. Il silicone veniva utilizzato anche perché era più flessibile ed inerte rispetto ad altri materiali (soft rispetto tessuti circostanti), ma a causa della sua chimica è difficile ottenere diametri ridotti. Con i SIBS invece è possibile avere tubi di dimensioni millimetriche, quasi nanometriche (<10mm).
- Distacco della retina: i SIBS in oftalmologia vengono anche usati come scleral buckle per riattacco della retina. La fascia posta intorno all’occhio aumenta la pressione e fa si che il distacco vada contro alla sclera, nel tempo essa tende a essere incapsulata, se la capsula fibrotica raggiunge elevate dimensioni il
movimento degli occhi potrebbe risentirne. Usando i SIBS è possibile ottenere una fascia rimovibile, in quanto la capsula formatasi è più sottile
- Stent graft: la maglia ottenuta partire da fili di metallo intrecciati viene fatta ruotare su un mandrino mentre viene spruzzata con SIBS disciolto in tetraidrofurano. Lo stent serve a riaprire i vasi occlusi da una placca arteriosclerotica o in caso di aneurisma, solitamente la guaina esterna è in Gorotex perché permette il passaggio del sangue solo nel vaso, senza che il sangue confluisca anche nella sacca neurismatica. Grazie al rivestimento in SIBS lo stent metallico ottiene maggiore emo- e bio-compatibilità, inoltre non subisce fenomeni di biodegradazione (no variazione peso molecolare) o alterazioni della struttura nel tempo in quanto il materiale è stabile. La stabilità dei SIBS comporta anche una minore presenza di
polimorfonucleati, ovvero le prime cellule che intervengono nella risposta infiammatoria, e crescita di tessuto nelle porosità
- Drug eluting stents: hanno l’obiettivo di limitare il fenomeno di restenosi, ovvero la riocclusione
dell’arteria causata dal tessuto neoformato. I SIBS sono stati sfruttati per il rilascio controllato di Paclitaxel, ovvero un farmaco in grado di combattere il fenomeno di restenosi. Il farmaco viene rilasciato nei primi mesi e hanno il compito di bloccare il ciclo cellulare per non promuovere la formazione di tessuto.
- Valvole cardiache: sono state progettate valvole biomorfe (= replicano valvola naturale) tricuspidi interamente in materiale polimerico. Per migliorare il comportamento a fatica sono state aggiunte fibre in PET ai foglietti in SIBS, che se non rinforzati vanno incontro a creep come la maggior parte dei
termoplastici. In vivo non sono stati osservati né fenomeni d’infragilimento né calcificazione né degradazione: i poliuretani sono spesso soggetti a calcificazione, i depositi di calcio-fosfati tendono a irrigidire il materiale con il rischio che i lembi non riescano ad aprirsi o chiudersi adeguatamente. Inoltre i
poliuretani vanno incontro a ESC o attacco enzimatico, che portano a degradazione e alla perdita di caratteristiche meccaniche
ESEMPIO SIBS
Sono stati studiati diversi copolimeri SIBS con diverse percentuali di stirene e diverso peso molecolare - Analisi all’infrarosso: ciascun picco corrisponde al moto vibrazionale di un legame specifico. I SIBS sono copolimeri triblocco, quindi si cercano picchi caratteristici di stirene e isobutilene, il rapporto tra i due picchi (in altezza) mostra quale polimero è presente in maggiore quantità (altezza dà indicazione sulla quantità di ciascuno). Confrontando i risultati dei diversi SIBS si vede che il contenuto di stirene dichiarato dal produttore corrisponde ai risultati IR
- Prove a trazione: per ottenere i campioni sono stati utilizzati due solventi, si vuole quindi verificare se il solvente influenza l’arrangiamento del materiale. Sciogliendo il polimero si rompono i legami deboli, durante la fase di solvent casting le catene ricostituiranno i legami tra le macromolecole, ma
l’arrangiamento può avvenire in modo diverso a seconda del solvente utilizzato a causa della sua volatilità:
se il solvente è volatile non dà il tempo alle catene di scorrere ed organizzarsi bene, al contrario un solvente non è volatile il modulo elastico risulterà maggiore. i materiali con una percentuale maggiore di stirene avranno un maggiore modulo elastico, un maggiore peso molecolare e minore deformazione a rottura in quanto lo stirene dona rigidezza.
- Creep-recovery: nella parte di creep vedo la risposta del materiale quando viene applicata una certa forza, il materiale con tanto stirene presenta una preponderanza di risposta elastica.
La deformazione elastica (primo tratto curva) risulta più o meno accentuata a seconda della quantità di stirene e dal solvente usato (> stirene <deformabilità). Al fine di mantenere la forza nel tempo il materiale deve avere una percentuale di stirene altra per far si che si deformi poco e i blocchi di stirene trattengano la deformazione. Se la percentuale di isobutilene è maggiore rispetto a quella di stirene il materiale si deforma di più. Se il peso molecolare è basso, le catene sono corte, quindi si allineano meglio in direzione della forza applicata, producendo maggiore deformabilità. Lo stesso vale per la deformazione viscoelastica (seconda parte creep): un maggiore contenuto di stirene porta a un minor contributo viscoso, mentre un basso peso molecolare produce un maggior contributo viscoso. La deformazione raggiunta alla fine della prova di creep conferma che stirene e PM influiscono sulla deformabilità. Quando tolgo lo sforzo (recupero elastico), il materiale recupera la deformazione quasi istantaneamente se la quantità di stirene è maggiore.
Se le catene sono corte ci vuole più tempo per farle tornare tutte alla deformazione inziale. Sia per
recupero elastico che per recupero viscoso se la percentuale di stirene aumenta il recupero diminuisce per maggiore rigidezza, mentre se il peso molecolare diminuisce il recupero aumenta per maggiore
deformabilità
--> la struttura chimica influenza le proprietà meccaniche dei materiali
--> programmare la caratterizzazione in modo da valutare tutte le caratteristiche di interesse
--> materiali con caratteristiche meccaniche diverse possono trovare utilizzo per differenti applicazioni
LEZIONE 6 – 23/03/20
MATERIALI POLIMERICI SINTETICI BIODEGRADABILI
Un materiale biodegradabile deve essere completamente scisso attraverso meccanismi associati a organismi biologici e ai prodotti da essi secreti in elementi primari e innocui, velocemente, in tempi relativamente rapidi e con residui di decomposizione non tossici.
Quando il materiale degrada importante è che i prodotti di degradazione non siano tossici, che richiamerebbero una grande risposta infiammatoria.
Vengono usati perché non richiedono un secondo intervento per la rimozione del dispositivo (in caso di dispositivi temporanei, es. placche per osteosintesi), evitano il problema dello stress shielding (perché il carico viene trasferito progressivamente ai tessuti, es. osso non si ritira a causa della scarsa sollecitazione) e durante la degradazione possono essere rilasciati farmaci o molecole bioattive, precedentemente inglobati.
Requisiti:
- Non deve evocare una eccessiva risposta infiammatoria o effetti tossici a seguito dell’impianto nel corpo umano
- I prodotti di degradazione non devono essere tossici e devono poter essere metabolizzati ed espulsi dal corpo umano
- Il tempo di degradazione dovrebbe bilanciarsi con il processo di guarigione/rigenerazione del/dei tessuto/i - Deve avere adeguate proprietà meccaniche per l’applicazione scelta e la variazione delle proprietà
meccaniche durante la degradazione dovrebbe essere compatibile con il processo di guarigione - Deve essere facilmente lavorabile
- Deve essere sterilizzabile (con una accettabile variazione del peso molecolare)
- Dovrebbe avere un’accettabile/appropriata shelf life, ovvero il materiale deve mantenere le caratteristiche anche se non viene usato subito
è richiesta una progettazione estremamente accurata Progettazione:
- Individuare i reagenti di partenza opportuni
- Individuare i rapporti dei reagenti adeguati e ottimizzare il metodo di sintesi - Individuare il processo di lavorazione e verificarne l’influenza sulle proprietà - Prevedere accuratamente la degradazione in vivo
4 fasi degradazione: assorbimento di acqua --> riduzione del peso molecolare --> perdita di proprietà meccaniche --> perdita di massa
Erosione = perdita di massa
Dissoluzione = perdita di massa per solubilizzazione, le catene non si rompono come nella degradazione ma perdono i propri legami deboli e il materiale si dissolve nel sito/ambiente
Degradazione = processo di rottura delle catene, modifica della struttura chimica, nel caso di polimeri naturali come le proteine vi è la modifica di conformazione, denaturazione. La degradazione nel corpo può essere enzimatica, per idrolisi o una combinazione di fattori. In genere i polimeri di sintesi vanno incontro a idrolisi, mentre i polimeri di origine naturale si degradano attraverso un meccanismo enzimatico. Alcuni materiali non possono essere degradati da enzimi perché il corpo umano non presenta gli enzimi adatti.
L’idrolisi può essere di massa o di superficie, nel primo caso il volume rimane costante e ciò che si riduce è la massa, mentre nel secondo caso il dispositivo si degrada strato per strato quindi il volume si riduce nel tempo. L’idrolisi di superficie è più vantaggiosa se si deve rilasciare un farmaco perché verrà rilasciato nel tempo, se fosse di massa tutto il farmaco verrebbe rilasciato contemporaneamente.