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CARTEGGIO DI PIETRO E DI ALESSANDRO VERRI. «

La lettera con la quale si apre il carteggio, che qui si annuncia, fu scritta da Alessandro Verri a suo fratello Pietro il 2 ottobre 1766.

Ma a mettere in luce, sia pure in forma sommaria, i caratteri di tale carteggio, che in questa sede particolarmente interessano, sembra opportuno rammentare brevemente alcune notizie concernenti la vita

(I) I volumi a oui si riferisce la presente rassegna sono i seguenti:

Voi. I, parte I, ottobre 1766 • luglio 1767, a cura di Emanuele Greppi ed Alessandro Ginlini, con prefazione di E. Greppi, 1923, pag. Lm-433. - Voi. I, parte II, loglio 1767-agosto 1768, a cura di E. Greppi ed A. Giulini, 1923, pag. 451. — Voi. H, 1767-agosto 1768-luglio 1769, a cura di Francesco Novati ed Emanuele Greppi, 1910, pag. rx-399. — Voi. HI, agosto 1769-settembre 1770, a cura di Francesco Novati ed Emanuele Greppi, 1911, pag. 495. — Voi. IV, ottobre 1770-dieembre 1771, a cura di Francesco Novati, Emanuele Greppi ed Alessandro Giulini, 1919, pag. vi-380. — Voi. V, gennaio-dicèmbre 1772, a cura di Emanuele Greppi ed Alessandro Giulini, 1926, pag. 246.

L'edizione, pei tipi delia Casa Editrice L. F. Cogliati in Milano, è riuscita assai decorosa per carta e stampa, ed è adorna con tavole di ritratti e f ic-simili. I curatori dei volamil'hanno

arricchita di sobrie note sulle persone e sui fatti ricordati nel carteggio e di utili indici dei nomi delle persone e dei luoghi.

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dei due fratelli, e sopra tutto quella di Pietro, negli anni ohe precedet-tero detta data.

Importanza grandissima nel determinare taluni eventi della vita di questi due figli ebbe l'opposizione tenace, che la loro mentalità anti- tradizionale trovò nelle concezioni dol padre, il conte Gabriele Verri. Manifestatasi già sin dall'adolescenza di Pietro, ch'era nato nel 1728, ebbe allora per effetto l'invio del giovinetto in collegio. Ma i contrasti si rinnovarono e si protrassero più violenti negli anni che seguirono il ritorno a Milano e finirono per influire potentemente su un atto elio doveva riuscire decisivo nei confronti di taluni orientamenti futuri dolla vita mentale e pratica di Pietro. Poiché, essendo il conte Gabriele venuto una volta in sospetto cho il figlio fosse incorso nello sdegno del Gover-natore, Pietro, per proteggersi contro le probabili conseguenze dell'ira paterna, si rivolse direttamente al Governatore medesimo e riuscì a ottenere da lui tanta considerazione, che n'ebbe sin'anche la concessione d'un brevetto di capitano e potè cosi far parte dell'esercito austriaco, che allora (1759) combatteva in Boemia contro Federico II.

L'esperienza militare non fu, per sè, cosa di gran peso nella vita di Pietro, che, dopo soli sei mesi, se ne dichiarò insoddisfatto e rassegnò le dimissioni, ma fu indirettamente di enorme importanza nel determi-nare il suo avviamento su strade non più, in seguito, da lui abbandonate. Il caso volle che, nel corpo operante in Boemia, militasse allora, al servizio dell'Austria, quella singolare figura di uomo d'azione e di pen-siero, che fu Henry Lloyd, col quale Pietro entrò in amichevoli relazioni. Il Lloyd, che, com'è noto, coltivava, accanto agli studi militari, ricerche su cose economiche e che doveva poi scrivere, nel 1771, un libro ( A »

Essay on the theory of money, London, J. Almon) intorno a queste, nelle conversazioni, che ebbe col giovane milanese, gli comunicò un vivo interesse per tali soggetti, si che, quando il Verri, rassegnate lo dimis-sioni, ebbe modo, prima di far ritorno a Milano, di trattenersi parecchi mesi a Vienna (1760), impiegò buona parte del proprio tempo nello studio di questioni economiche, nè, ritornato a Milano, nell'attesa e nella speranza di ottenere un impiego dal governo, abbandonò cotesto ricerche, ma anzi le ampliò e approfondi, cosi da poter condurre a termine, verso la fine del '61, la prima redazione delle indagini intomo allo sviluppo e al declino del commercio dello stato di Milano. Presentata al Firmian, la memoria non sorti l'effetto desiderato, chè l'impiego non venne. Ma il Verri non si lasciò scoraggiare e, ricomposto, dopo qualche tempo, lo scritto, lo inviò direttamente a Vienna, per farlo pervenire nelle mani del Kaunitz. Questa volta il risultato fu felice: insieme con le lodi, gli giunse, al principio del 1764, la nomina a consigliere in ima giunta, di nuova creazione, incaricata di rivedere il vigente contratto con le ferme e di apportarvi le opportune modificazioni. Campo d'azione dei più favorevoli all'esplicazione e all'ulteriore sviluppo delle attitudini di Pietro, sebbene l'assolutezza delle vedute novatrici di lui — che,

più che il ritocco di questa o di quella clausola del contratto vigente, avrebbe desiderata l'abolizione dello stesso Bistema dell'appalto delle gabelle, e concepiva, anzi, questa, come una delle tante riforme radicali da compiere nell'amministrazione dello stato milanese — sebbene, dico, l'assolutezza delle vedute novatrici di lui lo portasse a porsi più d'una volta in vivace contrasto con i colleghi della giunta e con lo stesso governo. Comunque, il nuovo sistema di amministrazione delle gabelle, isti-tuito nel 1765, consistette in una ferma mista, che vide compartecipi agli utili e ai rischi per due terzi i fermieri e per un terzo lo stato e fu affidata a tre amministratori, due nominati dai fermieri e uno dal governo. Il prescelto per quest'ultima carica, che recava, con la responsabilità e l'autorità e gli onori — e basti ricordare, per questi, la parte presa nei ricevimenti in occasione della visita dell'imperatore Giuseppe II allo stato di Milano —, fu appunto il Verri. Il quale venne cosi a trovarsi in una situazione, che, mentre gli assicurava la tranquillità di ima felice sistemazione personale, lo poneva nella curiosa alternativa proveniente dall'essere egli, per un verso, con evidente abdicazione di taluni suoi principi, il rappresentante del governo in un sistema basato fondamen-talmente sul deprecato appalto delle gabelle, e dall'avere, per l'altro, in virtù della carica e nell'esplicazione della stessa, una libertà di movi-menti atta a consentirgli iniziative e indirizzi d'azione collimanti con le suo personali vedute di novatore. Di qui contrasti vari, coi fermieri, sopra tutto, e col governo. Ma la sua competenza e la sua autorità erano ormai riconosciute e gli valevano il conferimento di altri incarichi, nell'esercizio dei quali meglio gli era dato di tradurre in pratica le sue concezioni. Principale fra questi — a tacere dell'aggregazione al Consiglio supremo di economia, dove le frequenti divergenze d'opinione col presi-dente, ch'era il Carli, lo ponevano in condizione d'inferiorità so inascol-tato, in grave dissidio con costui se il parere trovava l'adesione del governo di Vienna — principale, dico, la direzione delle opere di riscatto e di amministrazione delle regalie, largamente cedute a privati nei precedenti secoli di dominio spagnuolo: carica, ch'egli tenne da solo e, quindi, con grande libertà di movimenti.

Quanto all'ufficio principale, la durata avrebbe dovuto essere di nove anni. Nel fatto, si addivenne a un'anticipata abolizione delia forma, che fu sostituita, al principio del 1771, con una nuova amministrazione, dove il Verri ebbe a colleghi, in luogo dei fermieri, quattro funzionari governativi. Ma il mutamento non ebbe la virtù di condurre una maggiore armonia fra gli amministratori, chè se i contrasti erano stati aspri e frequenti coi fermieri della precedente amministrazione, più aspri e più frequenti divennero pur nei pochi mesi in cui il nuovo sistema fu in vigore. Pochi mesi, perchè si preparava un completo rimpasto del governo, e la previsione di esso valse, anzi, col desiderio di gareggiare, ad acuire quei contrasti e a creare, durante la primavera e l'estate di quell'anno, una vivacissima lotta fra i vari aspiranti alle cariche supreme.

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Il Verri ne usci, com'era prevedibile, trionfatore, sebbene non quanto i suoi vagheggiamenti di riformatore gli facevano auspicare, giacché, se la carica, a cui fu chiamato, fu quella di dirigente supremo dell'ammi-nistrazione delle gabelle, il titolo corrispondente, essendo semplicemente quello di amministratore anziano, lo rimise, in certo modo, in ima situazione controllata e non assolutamente libera nelle iniziative. Comunque, il riconoscimento della sua superiorità risultava, per tal via, definitivamente consacrato, e il conferimento di quella carica segnava per il Verri l'inizio di un importante curriculum di uffici e di onori.

Giungo, con queste notizie — alle quali qualcuna potrebbe essere aggiunta, e, anzi, aggiungerò tosto, almeno in forma implicita e som-maria, circa l'attività di Pietro scrittore —, all'epoca, in cui termina la parte del carteggio, che mi è stato dato di scorrere sin qui. A chiarire l'origine e il carattere di esso, conviene ora rifarci un poco indietro, rammentando sommariamente qualche notizia sulla vita di Alessandro.

Quando Pietro, dopo la campagna di Boemia e il soggiorno viennese, fece ritorno a Milano, Alessandro — che aveva tredici anni meno di lui, essendo nato nel 1741 — era appena un giovane ventenne e rappre-sentava, in certa guisa, per Pietro una conoscenza nuova. Ma l'ingegno vivo del fratello minoro, aperto, oltre che ai prediletti studi letterari e storici, alla comprensione dei più importanti problemi e alla considera-zione delle più vigorose e novatrici correnti di pensiero del mondo contemporaneo, attirò tosto la simpatia di Pietro, e fra i due si stabilì una profonda e confidente amicizia, cementata da una diuturna comu-nione di discussioni e di studi. Erano quelli gli anni in cui Pietro ancora attendeva di veder sistemata la sua posizione pratica e, nell'indugio, impiegava la maggior parte del suo tempo nello studio personale e nell'iniziativa animatrice delle collaborazioni: il fratello lo coadiuvava, spesso superandolo nel fervore e nella fecondità di scrittore. Sono gli anni, troppo noti, perchè sia il caso di rammentare particolari, in cui nacque e visse l'Accademia dei Pugni, in cui nacque e visse — con Pietro direttore e con Alessandro operosissimo fra gli operosi collabo-ratori —, letto e discusso in Italia e fuori d'Italia, il periodico II caffè.

Fuori d'Italia, ho detto: chè la fama del circolo milanese aveva ormai valicate le Alpi, e i suoi uomini e le loro idee riscotevano la considera-zione e spesso l'ammiraconsidera-zione degli esponenti più autorevoli dei gruppi filosofici e letterari francesi, dominatori del contemporaneo pensiero europeo. Si che reiterate furono le insistenze che questi fecero, sopra tutto presso Cesare Beccaria, per ricevere ima visita di qualcuno dei collaboratori del Caffè a Parigi.

Pietro Verri entrava allora nell'amministrazione statale: cessata la pubblicazione del periodico all'inizio dell'estate, fu Alessandro, che, al principio d'ottobre del 1766, non senza previa lunga lotta con la famiglia, accompagnò Cesare Beccaria a Parigi. Quest'ultimo doveva poi presto fare anticipato ritorno e tramutare in dissapore l'antica amicizia coi

fratelli Verri. Alessandro, invece, proseguito, dopo il soggiorno parigino, per Londra, dovrà recarsi, al ritorno, direttamente a Roma e qui, innamoratosi della marchesa Margherita Boccapadule Gentili, rimanere tutta la vita.

La separazione dei due fratelli — chè Pietro non abbandonerà più Milano — determina la sostituzione delle antiche conversazioni con un fitto carteggio, che, salva la disgraziata interruzione degli anni 1785-1792, dovuta ai dissapori nati por la successione all'eredità paterna, dura, senza sospensioni, dalla partenza di Alessandro per Parigi sino alla morte di Pietro, avvenuta nel 1797.

Questo carteggio ci ò stato conservato: in copia soltanto per le lettere di Pietro, in originale e, in parte, anche in copia per quelle di Alessandro: ma, comunque, intero. Delle prime, sino all'agosto 1768, fu, nel 1834, fatta ima trascrizione, spesso lacunosa, da Pietro Custodi: usufruita da Carlo Casati nei suoi volumi di Lettere e scritti inediti di Pietro e

Alessandro Verri, costituiva, prima della pubblicazione, che qui si annuncia, l'unica parte edita del carteggio.

Nel 1910 la Società storica lombarda, grazie a gentile concessione degli eredi dei Verri, poteva iniziare, in bella veste tipografica, la pubbli-cazione integrale del monumentale carteggio, di cui affidò la cura a Francesco Novati e a Emanuele Greppi. La pubblicazione, edita per i tipi del Cogliati di Milano (Carteggio di Pietro e di Alessandro Verri

dal 1766 al 1797), cominciava però col secondo volume (1910: ix-399 pag., in-8°), comprendente le lettere scambiatesi dai due fratelli dall'agosto 1768 al luglio 1769, poiché, sebbene in forma lacunosa e scorretta, l'epistolario del periodo precedente era già stato, come s'è detto, edito dal Casati, e pareva più opportimo, rimandandone la più perfetta presentazione, dare per intanto la preferenza all'inedito. L'anno seguente (1911) si mise fuori, sempre a cura del Novati e del Greppi, un altro volume (terzo: 495 pag.), comprendente le lettere del periodo agosto 1769 -settembre 1770. Poi si ebbe una sospensione, durata sin dopo la guerra e interrotta, nel 1919, da un volume (quarto: vi-380 pag.), contenente le lettere dello scorcio del 1770 e di tutto il 1771 e, in appendice, ventun lettere di Pietro a suo padre del periodo 5 maggio - 29 agosto 1771, curato, questo, in parte, per la sopravvenuta morte del Novati, anche da Alessandro Giulini, che pure nei successivi volumi seguitò a tenere il posto del Novati. Nel '23 si colmò la lacuna lasciata agl'inizi, pubbli-cando integralmente in due tomi (LM-433 e 451 pag.), formanti il volume primo, le lettere del periodo ottobre 1766 - agosto 1768, alle quali fu aggiunta un'appendice contenente lettere di Alessandro a suo padre, della madre ad Alessandro, di Alessandro allo zio monsignor Antonio, di Pietro a Beccaria e di Beccaria a Pietro, di Pietro a Paolo Frisi e di Frisi a Pietro, e di Alessandro a Gian Rinaldo Carli. Nel 1926 seguì il quinto volume (246 pag.), con le lettere del 1772. Nel '28 e nel '30 uscirono, rispettivamente, un sesto e uu settimo volume, che non ho

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ancora potuto consultare. £ da augurare che la pubblicazione possa proseguire con ritmo serrato, in modo da porro fra breve per intero a disposizione degli studiosi la preziosa miniera di notizie, che & costituita da questo carteggio.

Del quale il presente annuncio vorrebbe segnalare l'esistenza ai ricercatori di cose economiche, che ancora troppo poco dimostrano di conoscerla. Fra gli studiosi delle più diverse forme di vita del settecento, i volumi sin qui pubblicati sono entrati, sin dalla loro prima apparizione, nel novero delle opere d'indispensabile consultazione. Quanto l'intera raccolta delle lettere possa essere utile allo storico dei fatti e delle dottrine economiche, non è dato, per ora, se non presagire. Quel che è certo è che la presso che generale trascuratezza, di cui la massa di documenti, sin qui resa di agevole consultazione dalla benemerita iniziativa, sembra esser stata l'oggetto da parte dei ricercatori di cose economiche, e talora, anzi, di specifiche cose settecentesche o vernane, appare del tutto ingiustificata.

A documentare cotesta ingiustificatezza sarebbe d'uopo riprodurre i singoli passi del carteggio, che posseggono qualche interesse per gli accennati ricercatori. Ma ciò equivarrebbe a sostituirsi malamente, con un interminabile arido e, spesso, incomprensibile elenco, a quegli studiosi, di oggi o di domani, competenti nel campo specifico, ai quali questo annuncio vuole rivolgersi particolarmente come un invito. Volutamente ho rammentato di sopra, traendone il ricordo dalle pagine di questo carteggio, i momenti più salienti della vita di Pietro Verri, interessanti l'economista, sino alla data terminale della parte da me consultata. Basta qui aggiungere che, come quelli di ogni altro ordine, così i principali eventi interessanti l'economista vi sono riandati e ricostrutti e illuminati, quando anteriori all'inizio della corrispondenza, narrati e analizzati e commentati giorno per giorno, quando contempo-ranei alla stesura di questa. Si che la consultazione dell'epistolario risulta indispensabile tanto per chi voglia investigare la figura dell'am-ministratore e del riformatore, e cioè — chè a tale indagine questa si allarga — la storia dell'amministrazione finanziaria dello stato di Milano in quegli anni, quanto per chi abbia interesse alla figura dello studioso. Il primo troverà in questi volumi riandate a tratti le origini degl'in-teressi e della specificazione degl'indegl'in-teressi di Pietro per la cosa pubblica, e troverà ricordati e illuminati momenti ed episodi del periodo di prepa-razione e di attesa e di quello di fervore e di lotta ardenti, che prepara l'iBtituzione della ferma mista. Troverà, sopra tutto, descritti nella loro vicenda e discussi nella loro fonte, spesso con grande minuzia di parti-colari, i contrasti e le lotte d'ogni giorno del periodo, salvo che per gli inizi, contemporaneo al carteggio, durante il quale funzionò la ferma mista. Troverà esposte le agitate vicende della nuova breve amministrazione che seguì allo scioglimento di quella, e vivacemente narrate e commentate le manovre febbrili, che precedettero e prepararono il rimpasto del

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Governo. Troverà chiaramente delineata la situazione pratica e psico-logica, di soddisfazione e d'insoddisfazione insieme, in cui Pietro si viene a trovare in virtù del nuovo alto ufficio, a cui è chiamato. E troverà, finalmente, accennati gl'inizi della continua ascesa alle cariche e agli onori, che ormai gli è riserbata. Troverà, inoltre, sparse, a quotidiano commento di tutti questi eventi, diagnosi sulla situazione economica dello stato di Milano e di altri paesi, italiani c stranieri, e giudizi, sempre degni di considerazione o di discussione, sugli uomini della contempo-ranca politica, da Giuseppe II a Gian Rinaldo Carli: diagnosi e giudizi non solo formulati da Pietro o da Alessandro, ma spesso uditi o letti, in conversazioni o in scritti, di cui oggi manca o è scialbo il ricordo, dall'uno o dall'altro e riferiti al fratello.

Similmente lo studioso degli scritti del Verri — che, essendo per tanta parte collegati alla sua attività di amministratore, sono pur essi un documento essenziale per il ricostruttore di quella — troverà ancora rammentate ricerche anteriori all'inizio del carteggio, corno il Dialogo

sul disordine delle monete nello stato di Milano, che è del 1762, o gli

Elementi di commercio, che son del 1765, e ne vedrà talora singoli punti riesaminati e corrotti dall'autore o commentati e criticati da Alessandro, o, nel riferimento, da altri. Assisterà talvolta al lavoro preparatorio e alla stesura, spesso minutamente discussa, magari in particolari pura-mente formali, col fratello, di scritti destinati a pubblicazione postuma o, quanto meno, assai lontana, come le Memorie sull'economia pubblica

dello stato di Milano o le Riflessioni sulle leggi vincolanti principalmente

nel commercio dei grani, ovvero di scritti iniziati circa il tempo in cui questa parte di carteggio finisce, come le Idee sull'indole del piacere. Ma troverà, sopra tutto, notizie e discussioni preziose intorno alla formazione delle idee, alla stesura del testo, al lavoro di lima su di esso, alla prepa-razione editoriale e all'apparizione, avvenuta, com'è noto, nel 1771, dell'opera maggiore, le Meditazioni sull'economia politica. E conoscerà poco note approvazioni od obiezioni formulate da lettori illustri e meno illustri, e l'impressione che facevano sull'autore e sul fratello, e il conto che ne fu tenuto per correggere ovvero per chiarire o sottolineare, nelle revisioni predisposte per le ristampe e le traduzioni tosto avviatesi, i passi maggiormente controversi. Troverà, oltre a tutto ciò, una miniera di discussioni e di giudizi intorno a opinioni di studiosi contemporanei, italiani e stranieri, e vivi ritratti di essi, e sorprenderà, a traverso una ampia disanima o ima semplice allusione, insospettate genealogie di idee. E basti accennare, per dire tutto l'interesso di una ricerca di questo genere, ai chiarimenti apportati qua e là intorno alla analogia di opi-nioni fra le Meditazioni e il contemporaneo libro del Lloyd e agli antichi rapporti personali, donde quella, probabilmente, scaturiva.

È, insomma, da augurare che qualche studioso, dotto insieme di storia dei fatti e di storia delle dottrine, voglia riprendere tra mano le memorie dell'epoca o gli scritti del Verri e, sulla base di simile

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razione, voglia trasformare in viva narrazione il ricco schedario di notizie, che la consultazione di questa corrispondenza permette di mettere insieme. In essa troverà, oltre tutto, una lettura varia e piacevole e resa agevole, come non lo è, per solito, la lettura degli epistolari, grazie alle preziose note erudite, che il Novati e il Giulini vi hanno a p p o s t e . MARIO D E BERNARDI.

1.

Storia economica e finanziaria.

Marcel Marion: Histoire financière de la France depuis 1715. Tome VI, 1870-1914. La troisième République jusqu'à la guerre. (Paris, Rousseau et C., 14, rue Soufflot, 1931, un voi. di pag. x-435. S. i. p.).

Questo sesto volume fa parte della mirabile e poderosa opera del Marion sulla storia finanziaria della Francia dal 1915 ai nostri giorni; e in esso è illu-strato il trentottennio cho precede la guerra mondiale, dal 1876 al 1914.