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L’azienda

La UISP86 (Unione Italiana Sport Per tutti) è un’associazione sportiva fondata a Roma nel primo dopoguerra per promuovere lo sport (in un primo momento tra la classe popolare) a livello nazionale. Sostenuta inizialmente da partiti politici come PCI e PSI, negli anni settanta si rese indipendente politicamente, facendosi riconoscere dal CONI (Comitato Olimpico Nazionale) come un ente ufficiale di promozione sportiva. Con circa 140 comitati regionali e territoriali, e più di un milione e trecentomila soci, UISP sostiene lo sport come attività di unione senza discriminazioni di genere, età, nazionalità o per qualsiasi altro motivo, con una visione generale di non competitività nel rispetto dell’uomo e dell’ambiente. Valori, questi, che UISP cerca di trasmettere ai propri dirigenti e dipendenti. E chi meglio di un’associazione di questo tipo è in grado di promuovere attività di learning by doing en plein air, all’aria aperta? La vision aziendale è quindi direttamente connessa alla tematica della interazione uomo-ambiente in contesti naturali, dove è possibile allenare oltre al corpo, anche la mente, secondo uno stile “mens sana in corpore sano”.

L’obiettivo

L’obiettivo di questa formazione, finanziata pubblicamente grazie alla legge 7 del Dicembre 2000, n. 383, che “riconosce il valore sociale dell’associazionismo liberamente costituito e delle sue molteplici attività come espressione di partecipazione, solidarietà e pluralismo; ne promuove lo sviluppo in tutte le sue articolazioni territoriali, nella salvaguardia della sua autonomia; favorisce il suo apporto originale al conseguimento di finalità di carattere sociale, civile, culturale e di ricerca etica e spirituale”87, promuove un percorso formativo rivolto agli attuali dirigenti ed ai nuovi quadri presenti nell’organizzazione, per lo sviluppo della leadership e delle competenze di team building e problem solving. Avvalendosi di pratiche di formazione esperienziale, che in questo contesto, vengono utilizzate da UISP da oltre un decennio, si distingue sul territorio italiano come una delle poche organizzazioni che impiega con

86 Per approfondimento consultare il sito web: www.uisp.it/nazionale/ 87 Per approfondimento consultare il sito web: www.camera.it/parlam/leggi/

particolare attenzione le proprie risorse in attività di questo tipo88.

Con la sperimentazione di alcuni sport di terra e di acqua in sei località naturali dislocate su tutto il territorio italiano, UISP ha così voluto formare su scala nazionale tutti i futuri dirigenti territoriali, e quindi futuri leader, per rafforzare e trasmettere ulteriormente tutti i valori che caratterizzano l’associazione, per riconoscere i diversi stili di leadership e conduzione, sviluppare e rafforzare le dinamiche di gestione dello stress e di problem solving e per migliorare le capacità comunicative e relazionali. Essendo inoltre un’associazione per la promozione dello sport è chiaro che il legame con le attività all’aria aperta, ecosostenibili e in relazione allo sviluppo spirituale ed emotivo dell’individuo, sono evidenti.

Il mondo dello sport, entrato a far parte negli ultimi decenni nella quotidianità della maggior parte delle famiglie italiane, e l’aumento conseguente degli associati UISP, ha incrementato la necessità di inserire un numero maggiore di nuovi dirigenti e gruppi di specialisti che costituiscono la cosiddetta tecnostruttura dell’associazione, e che dovrebbero rappresentare una leadership meno strutturata e più orientata al benessere psicofisico, alla solidarietà e allo sviluppo sociale. Un profilo di questo tipo va quindi selezionato e formato secondo precisi insegnamenti: da qui la scelta oculata di un percorso di formazione esperienziale outdoor.

L’intervento formativo

I LUOGHI

Sicilia - Parco del Nebrodi;

Toscana - Parco Nazionale Tosco- Emiliano; Liguria - Parco del Beigua;

Calabria/Basilicata - Parco del Pollino; Friuli - Parco delle Dolomiti Friulane; Umbria - Parco del Lago Trasimeno.

88

Per approfondimento consultare il sito web: www.formazione- esperienziale.it/catalog/images/caso_uisp.pdf

LE ATTIVITÀ FIG. IV. III

Attività di canoing sul lago

(Fonte: pixabay.com)

Kayak: essendo uno sport di tipo individuale, è stato utilizzato come metafora per la

gestione delle responsabilità dei dirigenti che si trovano spesso a prendere decisioni importanti, per sè e per gli altri, in totale autonomia. Originariamente utilizzata dalla popolazione Inuit del Circolo Polare Artico per la caccia delle foche, si distingue dalla canoa normale per l’utilizzo di una doppia pala, anziché singola.

Lo scopo di questo sport è quello di viaggiare verso una meta aggiustando la propria rotta in modo costante, procedendo tuttavia sicuri e spediti senza soffermarsi mai a perdere tempo. Ogni esperienza in kayak è quindi diversa dalle altre perché i fattori ambientali come il tempo e le condizioni dell’acqua, e quelli tecnici, come la conformazione della canoa, possono cambiare.

Ogni organizzazione e ogni comitato sono quindi diversi gli uni dagli altri e hanno bisogno di uno stile di conduzione differente. Il segreto è sapersi misurare, sapersi aggiustare e sapersi adattare in base alle esigenze che l’organizzazione richiede, perché come leader e come manager ci sono sempre delle occasioni in cui si è soli a dimostrare la propria autorevolezza.

FIG. IV. IV

Attività di rafting su fiume

(Fonte: pixabay.com)

Rafting: se il Kayak è uno sport individuale, il rafting rappresenta invece il perfetto equilibrio di sport da praticare in gruppo, attraverso l’utilizzo di un gommone per la discesa fluviale, dove l’equipaggio è impegnato a mantenersi in equilibrio attraverso l’utilizzo delle pagaie.

La metafora organizzativa non sta solo nel dimostrare che il lavoro di gruppo è importante e necessario al raggiungimento di un obiettivo comune (in questo caso quello di non rovesciarsi tra le rapide di un fiume), ma è anche quello di affidarsi in modo incondizionato alla direzione di un leader di contenuto (il capo gommone) che coordina il gruppo per evitare gli ostacoli e per dirigerlo verso la giusta direzione. La sua presenza è quindi imprescindibile, ma non è l’unica.

Questo sport ci fa capire come, per i membri di un gruppo, avere una figura a cui affidarsi incondizionatamente è importante, ma lo è altrettanto imparare a sorreggersi l’un l’altro, sotto una dirigenza comune, per arrivare alla meta. Non solo, i processi decisionali nelle organizzazioni sono spesso lenti e certe dinamiche comunicative rappresentano dei pesi, così in uno sport di questo tipo il coordinamento è

fondamentale, perché una zavorra sul lato sbagliato potrebbe portare al capovolgimento del gommone.

Risultati ottenuti

Il lato formativo di queste esperienze vissute nelle sei località naturali italiane, è da ricercare nel processo di autoanalisi emotiva emerso alla fine di ogni percorso, che ha permesso di portare in superficie quelle capacità che molti individui pensavano di non avere. Il contesto non istituzionale ha favorito il confronto soprattutto tra i dirigenti di vari distretti territoriali: essere leader non vuol dire solo saper dirigere il proprio gruppo di lavoro verso un obiettivo, ma è anche sapersi misurare con i propri pari, cogliere suggerimenti e critiche, per poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Queste esperienze formative attuate da UISP attraverso lo sport si sono concretizzate positivamente proprio perché la dirigenza attuale e quella del futuro, soprattutto in un’associazione sportiva, deve essere in grado di misurarsi continuamente con delle nuove sfide, mettendosi in gioco e sfruttando la propria posizione di leadership per indirizzare gli altri ad esprimere sempre le proprie potenzialità. Questa visione è chiaramente in linea con la mission aziendale, che vede nello sport una chiara metafora con le sfide della vita, credendo fortemente in un percorso di formazione della dirigenza che possa spingersi verso una autoanalisi dei processi decisionali e di gruppo.

Conclusioni

Con il presente lavoro è stato analizzato il processo di formazione della leadership che si realizza all’interno di un’organizzazione. Dalle ricerche condotte all’interno di questa tesi risulta quindi molto chiaramente come nelle imprese che cercano di adattarsi al mutamento dell’economia del terzo millennio, sia necessario puntare oltre ai sistemi di produzione innovativi, alla valorizzazione e allo sviluppo delle proprie risorse umane. Come abbiamo osservato nel secondo capitolo la figura del leader non è sempre così scontata e non corrisponde necessariamente a quella del capo. È sicuramente importante che un dirigente d’azienda ricopra un ruolo che porti con sé una serie di caratteristiche legate ad una tipologia di autorità formale, che lo denota come una figura da rispettare e da seguire. La leadership tuttavia non si trova solo ed esclusivamente ai livelli più alti di una gerarchia funzionale: più la struttura organizzativa si appiattisce, più si rende necessario lo sviluppo di capacità di controllo ed influenza sui gruppi di lavoro, che costituiscono il cuore delle funzioni aziendali, da quella produttiva a quella amministrativa. Capacità, queste, di tipo trasversale, sia cognitive che emotive, sia tecniche che professionali.

Essere leader è quindi il riassunto di tutto ciò che fa di una persona un modello da seguire: che sia il proprio capo reparto, il dirigente d’azienda vecchio stampo, il manager o un nostro collega che si rivela come leader emotivo a cui chiedere sempre consiglio, questo ruolo è imprescindibile dal sistema organizzativo.

Come abbiamo visto dall’analisi condotta nel quarto capitolo, spetta quindi a strumenti come la formazione assicurare che questi tratti personali possano emergere in un gruppo, là dove si presenta una seria difficoltà a riconoscere o a rafforzare una figura manageriale. In particolar modo, attraverso il presente lavoro abbiamo analizzato le pratiche di formazione esperienziale, concentrandoci su quelle che prevedono un percorso di outdoor education, attraverso l’utilizzo dello sport e delle avventure in luoghi segnati dalla natura, che hanno lasciato spazio alla cura delle relazioni

interpersonali e al lavoro di squadra.

Dall’analisi dei quattro casi aziendali che hanno preso in esempio pratiche di formazione categorizzate come alternative rispetto a quelle che siamo abituati a conoscere, ritengo personalmente che quest’ultime siano da considerare utili soprattutto quando si rivelano legate allo sport di squadra. I tratti della leadership e quelli di cooperazione tra i membri di un gruppo emergono proprio in situazioni non convenzionali di questo tipo, dove gli individui vengono messi in condizione di scegliere come agire e chi ascoltare. Tuttavia ritengo che sia ugualmente importante non sottovalutare il lungo lavoro di progettazione che precede l’attuazione del percorso, che per ovvi motivi, deve essere elaborato da trainer esperti e capaci di adattarsi ogni esigenza organizzativa. Infatti le impressioni personali che sono emerse dalla valutazione a fine dei percorsi formativi sono risultate totalmente positive, sia da parte dei discenti, sia da parte dei vari human resource manager che si sono preoccupati di investire una parte del budget destinato alla formazione, in una tipologia di percorso che in Italia rimane tuttavia ancora poco sperimentata. L’idea è che non sia ancora considerata come una pratica “normale”, ma che sia utilizzata come alternativa nei momenti in cui ci si rende conto che il contesto aziendale deve essere superato in qualche modo. Lo scopo è infatti quello di abbandonare il luogo di lavoro dove socialmente siamo portati ad agire secondo precise regole, che di fatto ci limitano, per entrare in uno a noi completamente estraneo. Ritengo quindi che, come abbiamo visto per il caso Polistudio di Rovigo, portare le pratiche di formazione basate sull’esperienza oggettiva attraverso il gioco del rugby (sport, in questo caso, con una forte caratteristica motivazionale) possa stimolare adeguatamente le relazioni interpersonali nei gruppi di lavoro laddove vi siano delle carenze di team working. L’analogia è quindi evidente: anche una sola giornata di sport di gruppo è in grado di spingere persone che prima avevano delle difficoltà ad esprimersi, ad emergere grazie a contesti del tutto estranei alla loro professione. È quindi possibile affermare che le nuove metodologie formative si rivelano funzionali allo sviluppo e all’accrescimento dei ruoli organizzativi, con un particolare riferimento alla coltivazione di quelle caratteristiche che sono parte di una leadership sicuramente vincente.

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