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La presidenzializzazione di due democrazie parlamentar

I CASI SCELT

La comparazione richiede sempre la definizione (a) dell'ambito spaziale e (b) dell'arco 12 Nel metodo sperimentale "si usano due gruppi equivalenti, uno dei quali (il gruppo sperimentale) è esposto a stimoli mentre l'altro (il gruppo di controllo) no. I due gruppi sono poi comparati, ed ogni differenza può essere attribuita agli stimoli." (Lijphart 1971: 683).

13 Il metodo statistico "implica la manipolazione concettuale (matematica) di dati osservati empiricamente-che non possono essere manipolati situazionalmente come nel disegno sperimentale-allo scopo di scoprire relazioni controllate tra variabili. Esso tratta il problema del controllo per mezzo di correlazioni parziali." (Lijphart 1971: 684)

14 La posizione dei due studiosi è condivisa da Morlino (2005), che comunque sottolinea che nella pratica questa distinzione è stemperata, poiché gli studiosi di politica comparata fanno spesso uso di tecniche statistiche nelle loro ricerche.

temporale di riferimento (Morlino 2005).

In merito al primo aspetto, è chiaro che nel definire i casi da comparare si pone fin da subito una sorta di dilemma poiché "un alto numero di casi porterà a un'analisi molto ricca e ad una ricerca con risultati rilevanti e suggestivi, ma comporterà anche l'aggravarsi del problema delle terze variabili" (Morlino 2005: 55). Data l'ampiezza del fenomeno della presidenzializzazione che tocca aspetti assai diversi tra loro (rapporti tra poteri dello Stato, organizzazione dei partiti, campagne elettorali ...) e dato il fatto che gli indicatori che lo rilevano possono variare da paese a paese, in questa tesi si è scelto di circoscrivere il lavoro ad un numero limitato di casi, due nello specifico. Morlino sottolinea come la scelta di un certo numero di casi implica la scelta di una certa strategia di comparazione. In particolare, nel caso della comparazione binaria, Morlino individua due possibili strategie (la distinzione tra le quali è stata elaborata da Adam Przeworski e Henry Teune): la strategia dei sistemi maggiormente simili (most similar systems) e la strategia dei sistemi maggiormente differenti (most different systems). Delle due è la seconda che consente di raggiungere spiegazioni più forti "in quanto la grande differenza esistente tra i due casi su tutte le dimensioni principali comporta un'inferenza implicita: la spiegazione dovrebbe essere valida anche per tutti gli altri casi che su quelle stesse dimensioni sono su posizioni intermedie o sono vicini all'uno o all'altro dei due casi esaminati"(Morlino 2005: 56).

In questa tesi si è scelto di guardare alla presidenzializzazione delle democrazie parlamentari adottando la seconda strategia. I paesi scelti sono una democrazia parlamentare maggioritaria ed una democrazia parlamentare consensuale: il Regno Unito e l'Italia.

Il Regno Unito è considerato un caso emblematico di democrazia maggioritaria, tanto che il modello maggioritario è detto anche modello Westminster (dal nome del palazzo del Parlamento britannico). Nel suo celebre studio sulle democrazie contemporanee Lijphart (2001: 27-39) utilizza il caso inglese per esemplificare le caratteristiche delle democrazie maggioritarie. Sul piano della dimensione partiti-esecutivi, la storia della democrazia inglese è caratterizzata prevalentemente da governi monopartitici, predominio dell'esecutivo sul legislativo, sostanziale bipartitismo, maggioritario uninominale ed un sistema competitivo ed avversariale nella rappresentanza degli interessi. Sul piano della dimensione federale-unitaria, la Gran Bretagna è uno Stato unitario, con un Parlamento bicamerale ma con una camera decisamente più importante dell'altra (la Camera dei Lord può solo ritardare l'approvazione delle leggi), privo di una Carta Costituzionale ed una Corte Costituzionale e con una Banca Centrale che è stata a lungo sotto il controllo dell'esecutivo. Negli anni di governo laburista

sono stati però introdotti degli elementi di maggior consensualismo. Fin dal 1994 il New Labour di Tony Blair si propone un ampio programma di riforme costituzionali15 molte delle

quali sono implementate già durante la prima legislatura di governo. Tra le riforme realizzate durante i governi laburisti si possono ricordare (Alt 2009):

la c.d. devolution, ovvero la devoluzione di poteri dal Parlamento di Westminster verso il Parlamento della Scozia, l'Assemblea Nazionale del Galles e l'Assemblea dell'Irlanda del Nord; contemporaneamente in Inghilterra sono stabilite le Regional Development Agencies (una per otto delle nove regioni inglesi), mentre a Londra è istituita la Greater London Authority, con un sindaco ed un'assemblea eletti dal popolo;

• la riforma della Camera dei Lord che riduce i membri ereditari a 92 su più di 700, a seguito della quale la Camera alta è ora composta prevalentemente da Pari nominati a vita;

• l'introduzione nell'ordinamento britannico della Convenzione Europea dei Diritti Umani e la creazione di una Corte Suprema che è ora la corte finale d'appello nel Regno Unito.

Flinders (2005) valuta l'impatto delle riforme realizzate dai governi di Tony Blair sul modello di democrazia del Regno Unito, in relazione alle dieci variabili. I risultati finali della sua analisi sono esposti nella tab. 3.116. Come si evince dalla tabella, secondo lo studio di Flinders,

15 La lista di riforme avanzate nel manifesto generale del Labour del 1997 comprende: l'istituzione del Parlamento della Scozia e dell'Assemblea Nazionale del Galles, il supporto al processo di pace e di devolution in Irlanda del Nord, maggiore democrazia nei governi locali, una strategic authority per Londra, camere regionali in Inghilterra, la riforma della Camera dei Lord, la modernizzazione della Camera dei Comuni, controlli sul finanziamento di partito, un referendum sul sistema di voto per la Camera dei Comuni, una legge sulla libertà di informazione, l'incorporamento della Convenzione europea sui diritti umani nell'ordinamento britannico (Alt 2009: 220).

16 Per ogni variabile la tabella confrontata i valori calcolati per i periodi 1945-1996 e 1971-1996 da Lijphart (2001: 334-6) con quelli calcolati da Flinders (2005: 69) per il periodo 1997-2005. Alla V1 il numero effettivo di partiti è calcolato secondo l'indice di Laakso e Taagepera. Per V2 è calcolata la percentuale di governi monopartitici a coalizione minima vincente. Per V3 è calcolato l'indice di predominio dell'esecutivo che è la media delle diverse misure della durata dei governi. Per V4 è calcolato l'indice di non proporzionalità di Gallagher. Per V5 è riportato l'indice di pluralismo dei gruppo d'interesse (scala da 1 a 5). Per V6 è riportato l'indice di federalismo (che va da 1, stati unitari ed accentrati, a 5, stati federali e decentrati). Per V7 è riportato l'indice di bicameralismo (da 1, unicameralismo, a 4, bicameralismo forte). Per V8 è riportato l'indice di rigidità costituzionale (da 1, modifiche costituzionali con maggioranza ordinaria, a 4, modifiche costituzionali con maggioranza qualificata superiore a 2/3). Per V9 l'indice di controllo giurisdizionale di costituzionalità (da 1, nessun controllo, a 4, controllo giurisdizionale forte). Per V10 l'indice di indipendenza della Banca Centrale (media di diversi indici). Per attribuire un valore a ciascuna dimensione (D1 e D2) sono state ponderate le diverse variabili che le compongono; più alto è il valore più una democrazia è maggioritaria

mentre sulla dimensione esecutivi-partiti il carattere maggioritario della democrazia inglese si è (di poco) accentuato, nella dimensione federale-unitaria c'è stato un significativo spostamento verso un maggior consensualismo. I cambiamenti più significativi si hanno nella ripartizione del potere tra il centro e la periferia e nell'indipendenza della Banca Centrale.

Tab. 3.1. Le riforme del New Labour in Gran Bretagna e le dieci variabili di Lijphart

Variabili 1945-1996 1971-1996 1997-2005 Conclusione (1997-2005)

V1. Sistema di partito 2,11 2,2 2,13 Nessun cambio

V2. Governo 96,7 93,3 100 Nessun cambio/più

maggioritario V.3 Relazione esecutivo-

legislativo

5,52 5,52 5,52 Nessun cambio/Cambi

cosmetici

V4. Sistema elettorale 10,33 14,66 17,06 Nessun cambio/più

maggioritario

V5. Gruppi d'interesse 3,38 3,5 3,4 Nessun cambio

V6. Dimensione federale- unitaria 1,0 1,0 2,5 Cambio significativo V7. Unicameralismo o bicameralismo 2,5 2,5 1,75 Cambio cosmetico/più maggioritario

V8.Modifiche costituzionali 1,0 1,0 1 Nessun cambio

V9. Supremazia legislativo 1,0 1,0 1,5 Cosmetico/cambio

moderato

V10. Banca Centrale 0,31 0,28 0,59 Cambio significativo

D1. Esecutivi-Partiti 1,21 1,39 1,47 Nessun cambio/più

maggioritario

D2. Federale-Unitaria 1,12 1,19 0,31 Cambio significativo

Fonte: Flinders (2005: 69).

Sulla prima variabile incide il processo di devolution che per Flinders fa passare il Regno Unito da Stato unitario ed accentrato ad uno Stato unitario decentrato, quasi semi-federale17.

L'aumento significativo d'indipendenza della Banca Centrale è da ricondurre alla decisione del primo governo Blair di riconoscere alla Banca d'Inghilterra il pieno potere di fissazione del tasso d'interesse. Un (piccolo) passo verso un maggior consensualismo si ha, per Flinders, anche con l'introduzione nell'ordinamento del Regno Unito della Convenzione Europea e su quella dimensione. Per maggiori dettagli sulle modalità di costruzione degli indici si veda Lijphart (2001). 17 Per Lijphart (2001: 209) indice 1.0 corrisponde a Stato unitario accentrato, 2.0 a Stato unitario decentrato, 3.0

l'istituzione della Corte Suprema che indeboliscono moderatamente la supremazia del legislativo18. In controtendenza rispetto alle altre variabili della dimensione federale-unitaria,

la struttura parlamentare, a seguito della riforma della Camera dei Lord, aumenta per Flinders il carattere maggioritario19.

È comunque da rilevare che, nella dimensione esecutivi-partiti, non solo non si hanno cambiamenti nelle cinque variabili ma semmai aumenta il carattere maggioritario della dimensione. Per Flinders ciò è in un certo modo il sintomo della contraddizione del progetto del New Labour, ispirato nei principi ad un modello di democrazia consensuale ma che nei fatti beneficia ampiamente dei vantaggi della democrazia maggioritaria per poter imporre le sue riforme al paese. Nel complesso Flinders osserva che il Regno Unito si è allontanato dall'essere un modello estremo di democrazia maggioritaria, ma non certo fino al punto di diventare una democrazia consensuale.

La democrazia italiana è invece considerata più vicina al modello di democrazia consensuale. Per favorire un confronto con il Regno Unito, la tab. 3.2 riporta i valori attribuiti da Lijphart (2001) alle dieci variabili per i periodi 1945-1996 e 1971-1996. L'analisi di Lijphart copre principalmente il periodo della storia italiana che prende il nome di Prima Repubblica e solo in piccola parte il periodo successivo. La democrazia italiana fino al 1992 si pone tra le democrazia consensuali relativamente a numerose variabili quali multipartitismo, governi di coalizione, predominio del Parlamento, sistema elettorale proporzionale, bicameralismo perfetto, rigidità della Costituzione, presenza di una Corte Costituzionale. Devia dal modello consensuale in relazione alla dispersione del potere sul territorio, dato il decentramento limitato (anche per i ritardi nell'istituzione delle regioni) e per l'assetto pluralistico dei gruppi d'interesse, sebbene sia da sottolineare lo stretto intreccio tra gruppi d'interesse e partiti politici che fa del Parlamento il vero luogo di concertazione (Morlino 2007). I cambiamenti avvenuti

18 L'indice di controllo giurisdizionale di costituzionalità rimane comunque molto basso. Se Lijphart (2001) attribuiva nei periodi 1945-1996 e 1971-1996 un valore di 1.0, corrispondente a nessun controllo. Flinders (2005) porta tale valore a 1,5 per il periodo 1996-2005, quindi comunque al di sotto di 2,0 che per Lijphart corrisponde a controllo debole (vedi Lijphart 2001: 247).

19 Lijphart (2001), per il periodo 1945-1996 e 1971-1996, assegna all'indice di bicameralismo valore 2,5 collocandolo a metà strada tra bicameralismo medio (3,0) e bicameralismo debole (2,0). Per Flinders (2005), la riforma della Camera dei Lord, riducendo i membri ereditari (per lo più conservatori) ha ulteriormente indebolito il bicameralismo inglese che si colloca ora per lo studioso tra bicameralismo debole e Parlamento con una camera e mezzo (1,5). Va però aggiunto i criteri che Lijhphart utilizza per stimare la forza dei sistemi bicamerali (la simmetria e l'omogeneità) sono controversi. Russell (2010) osserva che tali criteri non colgono l'importanza dei nuovi equilibri politici nella Camera dei Lord dove nessun partito ha la maggioranza e in cui si sono rafforzati i liberldemocratici e gli indipendenti, più inclini a far sentire la propria voce nei confronti dell'esecutivo. I dati di Russell dimostrano sia una maggiore assertività della Camera dei Lord dopo la riforma che una maggiore propensione del governo a trattare con i Lord.

agli inizi degli anni novanta hanno però spinto i politologi a chiedersi se l'introduzione del maggioritario e l'affermarsi di una competizione di tipo bipolare abbiano aperto la strada al passaggio ad un modello maggioritario di democrazia. A questa domanda risponde Morlino (2007). L'analisi di Morlino si concentra solo su quelle variabili nelle quali vi è un cambiamento non marginale rispetto a prima del 1992: il rapporto tra governo e legislativo,

Tab. 3.2 Le dieci variabili e l'Italia (1945-1996, 1971-1996)

Variabili 1945-1996 1971-1996 V1. Sistema di partito 4,91 (4,16) 5,22 (4,60) V2. Governo 10,9 (16,0) 9,2 (13,1) V.3 Relazione esecutivo- legislativo 1,14 1,10 V4. Sistema elettorale 3,25 (3,49) 3,82 (4,00) V5. Gruppi d'interesse 3,12 3,00 V6. Dimensione federale- unitaria 1,3 1,5 V7. Unicameralismo o bicameralismo 3,0 3,0 V8.Modifiche costituzionali 2,0 2,0 V9. Supremazia legislativo 2,8 3,0 V10. Banca Centrale 0,26 0,26

Legenda: il numero dei partiti è calcolato da Lijphart assegnando alle alleanze di partiti affini ed ai partiti frazionati 1,5. I numeri tra parentesi considerano il numero di partiti tenendo invece conto dell'autodefinizione che i partiti danno di se stessi.

Fonte: Lijphart (2000: 334-7), tabella dell'autore.

il sistema dei partiti, la legge elettorale, la relazione tra gruppi d'interesse e politica, la dispersione del potere20. In almeno due delle cinque variabili considerate il carattere

consensuale è aumentato: nel sistema dei partiti per il deciso aumento della frammentazione21

20 Morlino (2007) in verità riconosce che sono avvenuti cambiamenti effettivi anche nel comportamento della Banca Centrale ed in quello della Corte Costituzionale, anche se poi non li approfondisce poiché ritenuti meno importanti per valutare il passaggio o meno ad un nuovo modello di democrazia. Va però detto che il rapporto tra Banca d'Italia e governo è cambiato in modo significativo. Ciò è avvenuto sia per l'approvazione di nuove regole sulla governance della Banca d'Italia (il mandato di governatore è stato ridotto nella durata) ma soprattutto con l'adesione all'euro: la politica monetaria dell'Italia è oggi stabilita dalla Banca Centrale Europea, molto indipendente dal governo di Roma. Pertanto in questa dimensione si può dire che si è andati verso un maggior consensualismo.

e nella divisione del potere per l'approvazione di provvedimenti che hanno aumentato l'autonomia delle regioni e degli enti locali (quali la riforma del Titolo V della Costituzione). In materia di sistemi elettorali, la stagione del maggioritario, iniziata con il referendum elettorale del 1993 (che comunque dà luogo ad un sistema misto), si è conclusa nel 2006 con l'approvazione di una legge elettorale proporzionale con premio di maggioranza. I rapporti tra esecutivo e legislativo sono stati altalenanti a seconda della consistenza della maggioranza parlamentare di turno. Per quanto riguarda il rapporto tra politica e gruppi d'interesse il neo- corporativismo degli anni novanta rappresenta un'esperienza limitata nelle storia nazionale italiana. La tab. 3.3 riassume il tutto.

Alla fine, considerato anche che nelle variabili non menzionate la democrazia italiana ha tenuto un carattere consensuale prima e dopo il 1992, si può concludere, con Morlino, che l'Italia rimane una democrazia consensuale sebbene diversa da quella precedente al 1992 soprattutto per due aspetti: l'affermarsi del bipolarismo e della democrazia dell'alternanza, il primo, la maggiore dispersione del potere per il maggiore decentramento e per il processo d'integrazione europea, il secondo.

Tab. 3.3 Tendenze nelle dimensioni principali di mutamento (1992-2006).

1. Sistema elettorale Da un sistema misto ad uno relativamente più proporzionale nei suoi esiti complessivi (specie Senato)

2. Sistema partitico Crescita della frammentazione con bipolarismo

3. Rapporti governo/Parlamento Predominio Parlamento, equilibrio, predominio esecutivo, equilibrio

4. Rapporti interessi/politica Dal neo-corporativismo a un pluralismo attenuato

5. Divisione del potere Maggiore dispersione del potere ai diversi livelli istituzionali

Fonte: Morlino (2007: 47).

Per quel che riguarda l'arco temporale della comparazione ci focalizzeremo soprattutto sugli anni dal 1993 al 2007. In quel periodo emergono nei due paesi due importanti leader politici

sostenere a qualche commentatore che l'Italia potesse addirittura muoversi verso il bipartitismo. Nel momento in cui viene scritta questa tesi sono in pochi a pensarla ancora così.

nazionali: Tony Blair e Silvio Berlusconi. Una data significativa per entrambi è il 1994. In quell'anno Blair diventa leader del Partito Laburista (partito che era all'opposizione dal 1979), mentre Berlusconi vince per la prima volta le elezioni e diventa presidente del Consiglio dei ministri, carica che ricopre però solo per pochi mesi. Mentre per Blair l'esperienza di leader dell'opposizione dura solo tre anni (passati i quali approderà a Downing Street dove rimarrà per ben undici anni), Berlusconi deve attendere fino al 2001 per rimettere piede a Palazzo Chigi. La fine del periodo considerato in questa tesi segna per entrambi una battuta d'arresto per le loro ambizioni politiche. Nel 2006 Berlusconi viene nuovamente sconfitto dal centrosinistra di Prodi. Nel 2007 Blair deve lasciare il posto al collega di partito Gordon Brown. Entrambi comunque continuano a calcare i palcoscenici della politica. L'ex premier inglese ricopre attualmente un incarico prestigioso a livello internazionale, quello di inviato per la pace del Quartetto per il Medio Oriente (ONU, UE, USA e Russia). Berlusconi nel 2008 ha nuovamente vinto le elezioni ed è tornato a Palazzo Chigi.

Il capitolo 4 ed il capitolo 5 della presente tesi tratteranno rispettivamente la presidenzializzazione della politica nel Regno Unito e in Italia. Per entrambi i paesi verrà ricalcato lo schema teorico seguito nel volume di Poguntke e Webb, guardando alle tre facce della presidenzializzazione: la faccia dell'esecutivo, la faccia del partito e la faccia elettorale. Il capitolo 6 proverà a trarre delle conclusioni comparate, con riguardo in particolare al fatto che i risultati del lavoro siano coerenti o meno allo schema teorico proposto della presidenzializzazione della politica.

4. IL REGNO UNITO

Mughan (2000) osserva come la presidenzializzazione è un termine che entra nel lessico politico inglese già in occasione delle elezioni del 1964. Lo studioso riconduce l'affermarsi del termine a due fenomeni: il crescente ruolo delle televisioni nelle campagne elettorali ed il maggior ruolo del primo ministro all'interno del governo. Sebbene facciano la loro prima apparizione nelle campagne elettorali inglesi già nel 1951, è dalle elezioni del 1959 che le televisioni assumono un ruolo più rilevante, sia perché la proporzione di Britannici adulti che hanno accesso alla televisione è per la prima volta al di sopra della maggioranza assoluta22, sia

perché si tratta della prima campagna elettorale interamente coperta dalla televisione. Oltre che dal nuovo ruolo dei media, l'affermarsi del termine si collega all'emergere, in alcuni osservatori, della convinzione che sia in atto un cambiamento nella tradizionale forma di governo inglese, nel senso di una riduzione del ruolo del Cabinet a vantaggio della figura del primo ministro. Tra i sostenitori di questa tesi vi è il politico laburista Richard Crossman (1963), che nell'introduzione ad una riedizione del classico libro di Bagehot The English Constitution, sostiene che la crescita dello Stato nel secondo dopoguerra si è accompagnato all'affermarsi di un ruolo sempre maggiore del primo ministro, la cui posizione arriva esplicitamente ad essere paragonata a quella del presidente americano.

Le voci sulla presidenzializzazione diventano più forti dalla fine degli anni settanta in poi, soprattuto per l'affermazione di leadership politiche notevoli quali quella di Margaret Thatcher prima e di Tony Blair in seguito. In particolare, nell'esperienza di leadership del secondo, Michael Foley (2000, 2008) vede la vera e propria affermazione della "presidenza britannica" (british presidency). Foley utilizza l'analogia con gli Stati Uniti per interpretare i cambiamenti nella politica britannica. Sono tre, in particolare, gli aspetti in cui Foley (2008) vede più forte l'analogia con la presidenza americana, ovvero, la crescente proiezione della leadership nell'ambito pubblico (intesa come processo di disintermediazione), la personalizzazione della politica (in particolare dell'identità del governo) ed il carattere ambivalente della posizione del leader che, se da un lato acquisisce maggiori risorse di legittimità, dall'altro è esposto a maggiori opposizioni.

22 La proporzione di britannici adulti che hanno accesso alla televisione passa dal 8,1% del 1951, al 39,8% del 1955 al 74,4% del 1959 (Mughan 2000: 25).

L'analogia con gli Stati Uniti trova però un forte limite nelle differenze istituzionali tra i due paesi. Heffernan (2005) evidenzia almeno cinque differenze chiave tra il primo ministro del Regno Unito ed il presidente degli Stati Uniti. 1) Il presidente guida uno Stato federale in cui le competenze tra governo federale e governi statali sono ripartiti da una Costituzione rigida e garantiti da una Corte Suprema indipendente; il primo ministro opera invece in uno Stato unitario in cui la devoluzione di poteri verso i Parlamenti nazionali di Scozia e Galles è avvenuta tramite la legge e potrebbe essere revocata tramite essa. 2) Il presidente è eletto dal popolo, può essere rieletto una sola volta, non può essere rimosso dal suo ufficio prima dello scadere del mandato; nel Regno Unito il primo ministro è indicato solo indirettamente dal popolo tramite il voto al partito di cui è il leader, inoltre non ha limiti di mandato e può essere sempre rimosso dalla maggioranza parlamentare di cui è espressione. 3) Negli Stati Uniti il presidente ed il Congresso sono due poteri separati ed autonomi l'uno dall'altro; il primo ministro è espressione della maggioranza parlamentare della Camera dei Comuni ed è responsabile verso di essa. 4) Il presidente non è leader del proprio partito e non dipende dal suo appoggio; il primo ministro è il capo del proprio partito, che lo sostiene, ma al tempo stesso ne condiziona l'operato. 5) Il presidente è il solo titolare del potere esecutivo; il primo ministro fa parte di un organo collegiale.

In questo capitolo tratteremo la presidenzializzazione della politica nel Regno Unito di Tony Blair sulla base del framework esposto nel capitolo due. Rispetto al lavoro di Foley, Poguntke e Webb non prendono a riferimento l'esperienza presidenziale degli Stati Uniti, ma costruiscono uno schema teorico astratto applicabile a tutte le democrazie.

Nelle pagine che seguono ci muoveremo lungo il percorso tracciato dal saggio di Heffernan e

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