Dopo aver riportato, nelle pagine precedenti, lo schema teorico proposto da Poguntke e Webb e i risultati della ricerca comparata che ne è derivata, in chiusura del capitolo vediamo alcune questioni lasciate aperte dalla stessa ricerca ed alcune delle critiche che sono state avanzate in merito.
In un recente articolo, Paolo Mancini ha rilevato come vi sia una certa ambiguità nell'uso che la letteratura politologica (compreso il volume di Poguntke e Webb) fa dei termini leader, presidente e persona, nel senso che non è chiaro se leaderizzazione, presidenzializzazione e personalizzazione indichino tre fenomeni differenti, tre differenti parti dello stesso fenomeno o
invece tre differenti modi di indicare lo stesso fenomeno. Mancini opta per la prima risposta:
"Soprattutto, sembra importante sottolineare che leaderizzazione, presidenzializzazione e personalizzazione sono usualmente correlate a differenti momenti nel tempo e a differenti esigenze funzionali. Il leader sembra essere una tipica figura di una struttura organizzativa che è basata su una rete di relazioni interpersonali che possono essere organizzate e semplificate.
Il presidente è una figura, o meglio un ruolo, che è imposto dai bisogni presenti di semplificare i processi decisionali. La persona, a sua volta, è pure legata ai bisogni dell'oggi e alla relazione tra un pubblico e l'attore di un sistema politico che è mediata dai mezzi di comunicazione di massa. Molto spesso, tuttavia, personalizzazione e presidenzializzazione possono sovrapporsi in quanto la personalizzazione può rappresentare la parte pubblica (essenzialmente quella elettorale o di rappresentanza) di un processo di concentrazione del potere in una singola figura" (Mancini 2011: 60-1).
L'articolo di Mancini sottolinea infine come una più puntuale distinzione dei tre fenomeni sia importante per poter meglio comprendere i cambiamenti in corso.
Alcuni autori hanno avanzato poi delle critiche alla definizione di presidenzializzazione proposta da Poguntke e Webb.
Per Blondel e Thiébault (2010) il limite maggiore del volume curato da Poguntke e Webb è quello di partire da una interpretazione dei regimi presidenziali che non corrisponde alla realtà, soprattutto nel tratteggiare i rapporti tra il presidente e gli altri membri dell'esecutivo. I due politologi francesi sottolineano in particolare l'esperienza storica degli Stati Uniti, dove, a partire dalla presidenza Nixon, i responsabili dei Dipartimenti sono, da un lato, sempre più autonomi rispetto al presidente, mentre dall'altro, sempre più dipendenti dal Congresso nell'implementazione delle proprie politiche.
Bäck et al. (2009) hanno invece criticato il fatto di definire la presidenzializzazione in termini di autonomia e potere, osservando che, in fondo, un primo ministro di una democrazia parlamentare può avere più poteri di un presidente di una democrazia presidenziale e che comunque un presidente deve pur sempre dividere il suo potere con il Parlamento. Questi studiosi hanno allora avanzato una proposta di presidenzializzazione diversa, basata sulle caratteristiche chiave che distinguono i regimi presidenziali da quelli parlamentari9 .
La critica più sistematica è forse però quella che è stata avanzata nel già citato studio di Karvonen, il quale, rileggendo gli studi degli esperti nazionali, ha sostenuto che questi non sono riusciti a dimostrare l'esistenza di un chiara tendenza dei paesi democratici verso la presidenzializzazione. Karvonen, che sceglie di focalizzare la sua attenzione solo sulle democrazie parlamentari, critica gli studi dei singoli autori nazionali, per lo più considerati poco sistematici e basati su risorse di seconda mano. Viene criticata la mancanza di forti prove empiriche a sostegno della tesi dei curatori, anche se lo stesso Karvonen ammette che in scienza politica non tutto può essere misurato. L'autore giunge ad affermare che "mentre non c'è ragione di dubitare della conoscenza degli esperti, si può presumere che essi abbiano simpatizzato con il tema generale del volume" (Karvonen 2010: 34). Lo studioso finlandese rianalizza i lavori dei diversi esperti nazionali contenuti nel volume curato da Poguntke e Webb e li mette a confronto con i dati raccolti dal politologo irlandese O'Malley (2007a), che ha interrogato esperti di politica di 22 democrazie parlamentari per misurare il potere dei capi di governo nelle diverse nazioni10. I risultati dei confronti tra i due studi sono riportati nella
tab. 2.3.
La conclusione di Karvonen è che "una buona parte di esperti sembra credere che ci sia stata una crescita nel tempo dell'influenza del primo ministro nello scenario istituzionale della democrazia parlamentare. Evidenze empiriche sistematiche suggeriscono che ciò è effettivamente avvenuto in numerosi paesi, ma sarebbe esagerato parlare di una pervasivo e lineare sviluppo nell'universo delle democrazie parlamentari" (Karvonen 2010: 34-5).
Le precedenti critiche sottolineano come siano necessari ulteriori approfondimenti, sia sul piano teorico che su quello empirico, del fenomeno della presidenzializzazione.
Sul piano teorico si può convenire con Mancini sulla necessità di una maggiore chiarezza terminologica. Un aspetto particolarmente delicato è il rapporto tra presidenzializzazione e personalizzazione. Se da un lato è vero che i due fenomeni in parte si accompagnano è però opportuno tenere distinti i due termini che, come sottolinea Mancini, si identificano con processi diversi. Ci si potrebbe del resto anche chiedere se i due processi vadano sempre nella
dell'esecutivo vis-à-vis con i partiti parlamentari, b) un processo elettorale sempre più incentrato sulla leadership e c) una decrescente collegialità/collettività all'interno dell'esecutivo" (Bäck et al. 2009: 229). 10 I risultati di O'Malley sono scaricabili a questo link http://www.ucd.ie/issda/data/fundedprojectdata/ . Bisogna
però rilevare che lo scopo dello studio del politologo irlandese è quello di misurare l'influenza dei primi ministri sulle politiche dei propri paesi, cosa diversa dalla presidenzializzazione della politica. A proposito della presidenzializzazione O'Malley osserva che Poguntke e Webb "correttamente interpretano il presidenzialismo nelle democrazie parlamentari mettendolo in relazione con lo stile dei primi ministri piuttosto che con l'impatto del primo ministro sulla politica."(O'Malley 2007a: 8).
Tab. 2.3. Lo sviluppo del potere dei primi ministri in dodici democrazie parlamentari per secondo Karvonen
Paese Rianalisi di Poguntke eWebb O'Malley
Regno Unito + (+) Germania + (+) Italia + + Spagna 0 - Belgio + + Olanda + - Danimarca + + Svezia + + Canada 0 - Finlandia + + Portogallo + 0 Israele 0 (-)
Legenda: + indica che è aumentata l'influenza del primo ministro, 0 che non è cambiata, - che è diminuita. La parentesi indica che il cambiamento non è particolarmente pronunciato.
Fonte: Karvonen (2010: 34)
stessa direzione. Se la personalizzazione dell'azione esecutiva e la personalizzazione delle campagne elettorali favoriscono la presidenzializzazione dell'esecutivo e del processo elettorale, più problematico appare il rapporto con la presidenzializzazione del partito. Se la personalizzazione della leadership di partito può favorire la presidenzializzazione, la personalizzazione delle competizioni dei singoli candidati per il Parlamento può invece essere un ostacolo perché può indebolire la posizione del vertice del partito, come suggerisce l'esperienza americana.
Altro aspetto problematico è quello del rapporto tra presidenzializzazione e potere: le critiche esaminate in questo capitolo vertono molto su questo aspetto. Sia Blondel e Thiébault che Bäck et al. sottolianeano come un presidente non sia nel concreto necessariamente più potente di un primo ministro. Una possibile contro critica a questa obiezione può essere però nel fatto che, anche se è vero che in "concreto" le condizioni del sistema politico possono essere tali che un determinato premier può essere più potente di un determinato presidente, è anche vero che, ragionando in "astratto" (come fanno Poguntke e Webb), il presidente di una repubblica
presidenziale dispone istituzionalmente di più risorse di potere rispetto ad un premier di una democrazia parlamentare11.
Sul piano empirico, la difficoltà di misurare l'aumento di potere e di autonomia rimette molto alla valutazione soggettiva dei singoli autori che, come abbiamo visto, è stata sottoposta a critica da Karvonen. Appaiono necessari, dunque, sia maggiori approfondimenti empirici che maggiori sforzi per individuare, con maggiore precisione, gli indicatori del fenomeno.
In questa tesi non ci si propone comunque di dare una risposta ai problemi lasciati aperti dallo schema teorico avanzato da Poguntke e Webb ma, più umilmente, utilizzeremo quel framework per vedere come opera la presidenzializzazione della politica in due importanti democrazie occidentali: il Regno Unito e l'Italia.