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La presidenzializzazione di due democrazie parlamentar

LA FACCIA DELL'ESECUTIVO

Storicamente, l'istituzione centrale del governo inglese è il Cabinet che rappresenta "il cuore stesso della forma di governo britannica classica" (Massari 2005: 100), così come si è affermata dall'Ottocento. In tal senso, Walter Bagehot nel XIX secolo aveva scritto che:

unione, la quasi completa fusione, dei poteri esecutivo e legislativo. Senza dubbio, la bontà della nostra Costituzione consiste [...]nella loro singolare vicinanza. Il legame connettivo è il Cabinet. Con questo nuovo termine noi intendiamo un comitato del corpo legislativo scelto per il corpo esecutivo."23

La fusione dei due poteri consente di mettere in rapporto diretto il governo e l'elettorato: votando un partito l'elettore indica la maggioranza parlamentare e di conseguenza il governo da lui preferito. Come osserva Massari, Cabinet government e party government sono l'uno il presupposto dell'altro.

Ma nel tempo gli sviluppi della forma di governo inglese vedono un progressivo indebolimento del Cabinet, in quanto organo decisionale collegiale, a vantaggio del primo ministro. Nello scrivere l'introduzione ad una nuova edizione del classico di Bagehot, Crossman osserva che "l'epoca post-bellica ha visto la trasformazione finale del Governo di Gabinetto nel Governo del Primo Ministro" (Crossman 1963: 51). La tesi dell'evoluzione della forma di governo inglese verso il governo del primo ministro è sostenuta fortemente da Mackintosh nel suo ampio studio sulla storia del Gabinetto inglese:

"La posizione e il potere del Primo Ministro è stato il punto focale del Gabinetto moderno. Questo non è stato dovuto alla personalità di un particolare Premier o al trionfo di un desiderio personale di arrogarsi il potere. La spiegazione si trova in diversi aspetti del sistema politico Britannico. Il Primo Ministro ha un posto dominante agli occhi del pubblico ed ha aumentato il suo controllo delle nomine e delle promozioni dentro il Governo. I politici moderni sono preoccupati per la carica e ne è emerso un elemento di gerarchia e di dipendenza dal favore del Primo Ministro. In aggiunta un organo delle dimensioni del Gabinetto, incaricato di compiti, semplicemente non riuscirà a operare senza che sia subordinato al presidente che può guidare, riassumere e chiudere la discussione. L'intera forza della lealtà e dell'organizzazione del partito naturalmente tende a supportare l'individuo che è più strettamente identificato con il successo del partito, e questo sentimento è al massimo mentre il partito è al potere e il suo leader è il Primo Ministro. Nessuno di quei argomenti è inteso a suggerire che il Premier sia il signore del Gabinetto e vi sono 23 Bagehot W. , The English Constitution, con una Introduzione di R.H.S. Crossman, Glasgow, Fontana/Collins,

prove che moderne politiche di ministri sostenute dal Premier sono, all'occasione, state modificate o rigettate. Ma ciò vuol dire che la sua posizione è davvero speciale con poteri differenti nel tipo da quelli degli altri ministri senior. Un Premier presto impartisce il proprio stile al suo governo e se non riesce a tenere insieme i propri ministri, ad affrontare i problemi contemporanei, o a garantire l'azione, poi non c'è nessuno che può, per così dire, guidare il bus dal sedile posteriore" (Mackintosh 1977: 428).

La tesi di Mackintosh sono all'origine di un lungo dibattito che ha visto esprimersi posizioni diverse con riguardo all'effettivo potere del premier all'interno dell'esecutivo. Rhodes e Dunleavy, dopo aver esaminato la letteratura in materia, individuano sei diversi modelli (esposti di seguito) derivanti da questo dibattito, di cui due assegnano un ruolo di preminenza al premier, uno al Gabinetto, mentre tre cercano di superare questa dicotomia (Dunleavy e Rhodes 1990; Rhodes 1995).

1. Prime ministerial government: sostiene il carattere monocratico del governo inglese enfatizzando il ruolo del premier come decisore principale. Ci sono tre modi possibili di argomentare questa posizione: per la capacità del premier di decidere le politiche nelle aree di suo interesse; per la sua capacità di decidere i temi chiave che determinano le politiche del governo; per il fatto che il primo ministro definisce l'ethos e l'atmosfera in cui opera l'esecutivo. Il risultato di ciò è che i ministri sono limitati nella loro capacità di agire.

2. Prime ministerial cliques: secondo questa interpretazione il potere nell'esecutivo è da individuarsi in una cricca nascosta al suo interno, ovvero nel novero dei consiglieri del premier. Sono varianti di questa posizione quelle che sostengono l'esistenza di un inner Cabinet o di una eminenza grigia all'interno dell'esecutivo. 3. Cabinet government: i sostenitori del governo di Gabinetto sottolineno come il

Cabinet rimanga il luogo in cui vengono decise le questioni complesse. Inoltre nel Gabinetto i ministri dissenzienti dalla linea del primo ministro possono cercare di far prevalere la propria posizione o, in alternativa, può essere il primo ministro a ricorrere al Gabinetto per costringere un ministro a seguire le sue indicazioni.

4. Ministerial government: questa tesi sottolinea come l'influenza del primo ministro trovi un ostacolo nel dominio dei singoli ministri all'interno dei propri dipartimenti.

Ciò avviene per ragioni legali e politiche. Legalmente è il ministro che è responsabile per l'azione del ministero e, in generale, quando i ministri esercitano le loro funzioni e fanno le nomine di loro competenza, interferenze da parte dei colleghi o del primo ministro o del Gabinetto sono illegittime. Anche politicamente è molto difficile che un ministro possa interferire nelle competenze altrui e pure l'interferenza del premier incontra dei limiti.

5. The Segmented Decision Model: questo modello assume che il primo ministro, i ministri ed il Gabinetto operino in aree diverse. In particolare il premier ha un forte controllo sulla difesa, sugli esteri e sulle decisioni economiche più importanti, mentre nelle altre aree dominano i singoli ministri e il Gabinetto come organo collegiale. Ciò spiegherebbe perché il rafforzamento del primo ministro si sia accompagnato ad una sua minore influenza su molte aree della politica interna. Questo approccio si distingue dal modello del governo del primo ministro poiché ritiene che il potere del premier nelle aree sopra indicate non sia il risultato di un suo controllo diretto, ma bensì derivi dal fatto di fare le nomine più importanti (creando così dei rapporti di dipendenza) e dalla sua capacità di arbitrare certe decisioni più complesse. Inoltre si sottolinea come l'internazionalizzazione e l'europeizzazione della politica britannica erodano il predominio del premier, del segretario di Stato e del Foreign Office nella politica estera, sia perché aumentano le costrizioni internazionali, sia perché anche gli altri ministeri e dipartimenti sono sempre più coinvolti in sede internazionale.

6. The Bureaucratic Coordination Model: secondo questo modello il premier, il Gabinetto ed i dipartimenti ministeriali hanno un ruolo minimo nel funzionamento della macchina del governo poiché, in realtà, molte scelte politicamente rilevanti sono definite dall'apparato burocratico. Di questo modello esiste sia una versione di sinistra che una di destra. Da sinistra si è in passato accusato il civil service di boicottare le politiche dei governi progressisti. La destra ha spesso visto nei burocrati un ostacolo alle politiche di tagli alla spesa pubblica sostenute dai governi Thatcher.

Dunleavy e Rhodes, in alternativa ai modelli esistenti, giudicati conservatori nei metodi e deboli nei risultati, propongono un nuovo modello, il core executive model. Definito l'esecutivo come "i centri d'autorità politica che prendono decisioni politiche", il core

executive si riferisce "a tutte quelle organizzazioni e procedure che coordinano le politiche governative centrali, e agiscono come arbitri finali dei conflitti tra le diverse parti della macchina di governo" (Rhodes 1995: 12). Gli autori sottolineano la "neutralità" dell'espressione core executive che "non pregiudica gli schemi di relazione che la ricerca empirica stabilirà" e che "non identifica un ideale normativo" a cui conformare i risultati della ricerca (Dunleavy e Rhodes 1990: 4).

La tendenza degli studi sull'esecutivo inglese a superare la tradizionale dicotomia tra governo del premier e governo del Gabinetto, per muoversi verso una visione che riconosce una più articolata divisione del potere tra i diversi attori nelle diverse aree dell'esecutivo, non può comunque portare a negare che vi siano nel core executive attori più potenti di altri poiché "è impossibile suggerire che il potere è ovunque. Il potere, sempre da qualche parte, si trova in certi posti più che in altri" (Heffernan e Webb 2005: 32). La sua collocazione dipende sia dalla posizione degli attori all'interno del core executive (nel centro o in periferia), che dalle loro proprietà e dalla natura dei legami (Heffernan 2003). Superata dunque una visione centralizzata del governo inglese, studi recenti (Heffernan 2003; Heffernan e Webb 2005) hanno messo in guardia dal cadere in una visione troppo decentralizzata e pluralistica.

"L'esecutivo è segmentato, ma non frammentato. Esso non è interamente pluralistico, perché le risorse di potere non sono ugualmente distribuite fra tutti gli attori" (Heffernan 2003: 348).

Per capire l'allocazione del potere nel core executive è certamente importante comprendere la posizione del primo ministro. Nelle pagine che seguono vedremo quali sono le risorse di potere del premier inglese e in che modo Blair abbia saputo sfruttarle o ampliarle. Guarderemo poi ai rapporti tra il primo ministro e gli altri esponenti di governo per vedere quali sono stati gli spazi di autonomia dell'ex premier inglese nei suoi dieci anni passati a Downing Street.

Le risorse di potere

Ogni primo ministro inglese gode di una serie di risorse istituzionali di potere che gli derivano dalla posizione che ricopre. È possibile individuare le seguenti risorse di potere istituzionali del primo ministro inglese (Heffernan 2003; Heffernan e Webb 2005).

• L'essere il capo legale del governo e poter pertanto far uso delle prerogative della Corona; ciò comporta "il diritto di guidare il governo; nominare e far dimettere i ministri; allocare e riallocare i portafogli; regolare gli affari di governo; creare commissioni del Gabinetto e nominare ministri particolari per loro; rimodellare il governo centrale; supervisionare generalmente la macchina di governo; creare Pari; conferire onorificienze; sciogliere il Parlamento e convocare le elezioni generali" (Heffernan e Webb 2005: 33).

Poter organizzare Downing Street e il Cabinet Office per creare quello che è "di fatto" un dipartimento del primo ministro.

• La possibilità di usare la propria posizione per sfruttare l'attenzione dei media per stabilire l'agenda politica.

Il fatto di poter guidare il Cabinet ed il suo sistema di commissioni in modo da poter diminuire il carattere collegiale dell'azione di governo.

Per quanto riguarda il primo punto, l'uso dei poteri derivanti dalle prerogative della Corona24 è

teoricamente senza ostacoli, ma in pratica sottoposto a dei limiti (Heffernan 2003; Heffernan e Webb 2005). Si consideri per prima cosa il potere del premier di selezionare i membri del governo. Berlinski et al. (2009) distinguono i membri del governo inglese tra full cabinet ministers (che guidano i dipartimenti più grandi ed importanti), ministers of cabinet rank (per lo più ministers of state, di rango inferiore rispetto ai primi), junior ministers (i sottosegretari), parliamentary private secretaries (sono considerati gli occhi e gli orecchi dei ministri in Parlamento e, sebbene siano formalmente nominati dal premier, in realtà sono scelti dai ministri stessi; è una posizione non pagata, ricevono solo lo stipendio di parlamentare, la loro collocazione nel governo è controversa, vedi Jude e Gay 2009). A queste categorie, Berlinski et al. aggiungono quella dei whips, il cui compito è controllare la disciplina del gruppo parlamentare e che sono considerati come se avessero lo status di ministri. Solo gli Chief Whips però sono parte del governo e spesso anche del Cabinet; i whips sono nominati dal leader del partito, sentito lo Chief Whips. Il primo ministro è responsabile per la nomina di tutti i soggetti precedentemente menzionati. Non vi sono formalmente molti limiti legali al potere di nomina del premier. Esistono delle leggi che limitano il numero di ministri da 24 "La Corona è un'entità legale con enorme potere occupata da un monarca con nessun potere, ma questo potere

nominare, ma sono leggi che sono comunque aggirabili25. Anche la convenzione, teoricamente

non vincolante ma consolidata, che impone al premier di scegliere i ministri dal Parlamento (ed in particolare tra gli eletti della Camera dei Comuni26), è aggirabile: il primo ministro può

infatti indicare come Pari il soggetto che vuole come ministro (Dowding e Dumont 2009). A proposito di ciò, un recente studio di Yong ed Hazell rileva come, negli ultimi governi laburisti, ci sia stata una maggiore tendenza rispetto al passato a nominare ministri degli outsiders, individuando come tali dei soggetti che "sono stati portati nei Lord in modo da essere fatti ministri" e che "hanno portato con loro competenza ed esperienza" di cui il Parlamento era manchevole (Yong ed Hazell 2011: 30). Yong ed Hazell sottolineano comunque come il profilo degli outsiders sia alquanto variegato e comprenda sia personaggi con profili assimilabili all'immagine del tecnocrate, che soggetti aventi comunque esperienze politiche alle spalle.

Le costrizioni più importanti al potere di nomina del premier sono però quelle di natura politica: poiché la posizione del primo ministro dipende pur sempre dal consenso di questi dentro il partito, egli dovrà usare le sue prerogative "per ripagare gli amici politici, soddisfare potenziali alleati e ricompensare talenti eccezionali" (Heffernan 2003: 358). Certamente un primo ministro vorrebbe avere un Gabinetto fatto esclusivamente di ministri amici, ma in verità non può fare a meno di coinvolgere nell'esecutivo anche colleghi di partito sgraditi, ma che non possono essere lasciati fuori dato il loro peso politico. È noto, ad esempio, che i governi Blair conoscono una forte tensione sotterranea (fino ad un certo punto) tra il premier ed il collega-rivale Gordon Brown, ma su questo si tornerà più avanti. Una volta nominato il governo il premier può comunque rimettere in discussione la squadra tramite reshuffles (in Italia si direbbe "rimpasti"). Durante i governi Blair vi è stato un discreto livello di ricambio nelle compagini ministeriali anche se non in misura eccezionale rispetto agli altri governi inglesi del secondo dopoguerra (Berlinski et al. 2009).

Per quanto riguarda invece la possibilità di licenziare i ministri, essa è una eventualità assai sgradita ai premier inglesi per i rischi politici che essa comporta, mentre sono più frequenti le 25 The House of Commons Disqualification Act del 1975 limita a 95 i ministri che possono sedere e votare nella Camera dei Comuni; The Ministerial and Other Salaries Act delle stesso anno, limita a 109 i ministri che possono ricevere un salario, ma il testo prevede delle eccezioni e se ci sono dei Pari che accettano di fare i ministri senza salario, il governo può nominare più payroll ministers nella Camera dei Comuni (Yong ed Hazell 2011: 23-4).

26 Prima del XX secolo era frequente che venissero attribuiti ministeri di peso a dei Pari ma dopo nomine del genere diventano rare; poiché però i ministri possono parlare e votare solo nella Camera d'appartenenza nel governo inglese vi sono di solito almeno uno o due Pari nel Gabinetto. Fa parte del Cabinet il Leader of the

House che presiede la Camera dei Lord. Prima del 2005 tale funzione era esercitata dal Lord Cancelliere

dimissioni volontarie dei ministri per vari motivi, che possono riguardare ragioni personali (a volte però avvocate come scusa per nascondere dimissioni volute dal premier), veri e propri scandali pubblici o privati, dissensi sulla linea politica del premier che, se resi pubblici, non possono che imporre le dimissioni del ministro ribelle dato che la dottrina della responsabilità collettiva del Cabinet impone che i ministri rispondano della linea del governo oltre che di quella del proprio dicastero (Massari 2005). Berlinski et al. (2009) rilevano come, nel corso del tempo, ci sia stato un aumento delle dimissioni e delle richieste di dimissioni riguardo ai membri del governo; questo sarebbe da attribuire, soprattutto, ad una maggiore pressione dei media. Ma qualunque siano le ragioni per cui un ministro arriva a lasciare un incarico, si tratta in genere, di un episodio da non sottovalutare. "Le dimissioni di un ministro di peso del Cabinet sono un'arma a doppio taglio: possono troncare una carriera politica, ma possono anche indebolire ineluttabilmente il premier" (Massari 2005: 112).

Tra i poteri del premier, che rientrano nelle prerogative della Corona, vi è anche il potere di sciogliere la Camera dei Comuni. Su questo, vale la pena aprire una breve parentesi. Il potere di scioglimento del Parlamento da parte del premier inglese è spesso menzionato in Italia nel dibattito sulle riforme costituzionali. Alcuni sostengono, infatti, l'opportunità di attribuire anche al presidente del Consiglio italiano il potere di sciogliere le Camere, intendendo così questa prerogativa come una possibile "arma" per difendersi dalle intemperanze e dalle turbolenze della maggioranza parlamentare. Massari (2005) osserva però che il potere in questione è male interpretato: il potere di sciogliere la Camera dei Comuni si traduce infatti soltanto nel fatto che il premier fissa la data delle elezioni. Non potrebbe mai avvenire, infatti, che un premier sciogliesse la Camera senza il consenso del proprio partito e non è del resto affatto inusuale che il premier possa essere sostituito, nel corso della legislatura, da un altro esponente politico. È quello che è successo allo stesso Tony Blair, dimessosi nel 2007 per lasciare il posto a Gordon Brown.

Molto importante per comprendere il potere del primo ministro inglese è conoscere quella che sempre più è diventata la sua "base di potere" (Heffernan e Webb 2005): il Whitehall Center. Comprendente Downing Street (dove è la residenza del primo ministro) ed il Cabinet Office, esso costituisce un vero e proprio dipartimento del premier. Heffernan e Webb sottolineano come Blair abbia decisamente sfruttato questa risorsa di potere, avvocando a sé il controllo della macchina governativa. Fin dal suo insediamento, Blair compie dei profondi cambiamenti organizzativi, in particolare ricorrendo a delle figure poco diffuse nella pubblica amministrazione britannica: i consiglieri speciali. Il numero di consiglieri speciali, sotto i

governi Blair, è decisamente superiore a quello dei governi precedenti, come mostra la tab. 4.1. Nella sua recente autobiografia così Blair giustifica il forte ricorso ai consiglieri speciali:

"... dal mio punto di vista, le doti necessarie oggi a uno Stato di un governo nel mondo moderno per funzionare in maniera efficiente sono diverse da quelle che erano richieste un secolo fa. Non puoi fare politica in maniera convenzionale, ma devi saper produrre risulatati ed essere un buon project manager. Da questo punto di vista non c'è molta differenza tra settore pubblico e settore privato, e questo genere di competenze è necessario tanto ai funzionari pubblici quanto ai politici. (...)

Per di più, il ritmo della politica e l'invasività dei media (...) implicano che decisioni, posizioni e strategie vengano attuate e comunicate a una velocità impressionante. Ciò non significa che le decisioni vengano prese con leggerezza, ma piuttosto che forse la vecchia struttura e le procedure in vigore, secondo cui ogni proposta dei funzionari pubblici viene inoltrata al Consiglio dei ministri, che a sua volta si riunisce per decidere al cospetto del premier che funge da supervisore, non si adatta alle richieste del mondo che cambia in fretta e neppure a quelle di scenari politici così instabili come quelli odierni. In questo senso il contributo dei consiglieri speciali non è una violazione, ma il ragionevole tentativo di allargare la portata degli aiuti esterni e far sì che il governo sia più dinamico ed efficiente. Come scoprii fin da subito, il problema con i funzionari pubblici non fu la loro opposizione, bensì la loro inerzia" (Blair 2010: 22-3).

I consiglieri speciali hanno un ruolo di notevole rilievo nei governi Blair, sia per l'influenza che esercitano sul premier, che per il loro ruolo nell'elaborazione delle politiche del governo. Alcuni di loro diventano più famosi di molti dei ministri del Cabinet e sono persino considerati più potenti (Wring 2005). I due consiglieri speciali preminenti sono Jonathan Powell, capo dello staff dal 1997 al 2007, e Alistair Campbell, capo ufficio stampa dal 1994 al 2001 e poi direttore della Comunicazione e della Strategia fino al 2003. Ad entrambi è conferito potere sui funzionari del civil service. La crescita dei consiglieri speciali aumenta la centralizzazione dell'esecutivo, che è fin dal principio uno degli obiettivi della nuova maggioranza laburista. A detta di Jonathan Powell i funzionari pubblici dovevano adeguarsi al

Tab. 4.1. I consiglieri speciali dal 1994/95 al 2008/09. ANNO TOTALE CONSIGLIERI SPECIALI CONSIGLIERI SPECIALI DEL PREMIER CONSIGLIERI SPECIALI DEI DIPARTIMENTI 1994/95 34 6 28 1995/96 38 8 30 1996/97 38 8 30 1997/98 70 18 52 1998/99 74 25 49 1999/00 78 26 52 2000/01 79 25 54 2001/02 81 26 55 2002/03 70 27 43 2003/04 72 26 46 2004/05 84 28 56 2005/06 82 25 57 2006/07 68 20 48 2007/08 73 23 50 2008/09 74 25 49 Fonte: Gay (2010: 13)

passaggio da un sistema feudale ad uno più Napoleonico (citato in Fawcett e Rhodes 2007:

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