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CAPITOLO I. ORIGINI E NATURA DELL’ISTITUTO

3. L A NATURA DELL ’ ISTITUTO DEL DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA

3.5 Il caso Courage

La vicenda tra spunto da alcune questioni pregiudiziali sollevate nell’ambito della controversia sorta tra la Courage Ltd. e il Sig. Crehan, titolare di un pub, in merito a forniture di birra rimaste insolute da parte di quest’ultimo.

Nel 1990 la Courage, una fabbrica di birra con una quota del 19% del mercato del Regno Unito, costituiva con la Grand Metropolitan, operante nel settore alberghiero e della ristorazione, una joint venture corporation – la Inntrepreneur Estates Ltd. (di seguito, per brevità, “IEL”) –, in cui vennero conferiti tutti i rispettivi pub concessi in locazione. In virtù di un accordo concluso tra la IEL e la Courage tutti i conduttori di pub di proprietà della prima avrebbero dovuto acquistare la birra esclusivamente dalla seconda al prezzo specificato nel listino prezzi applicabile ai pub locati dalla IEL, che contemplava prezzi più elevati rispetto a quelli praticati da Courage ai gestori indipendenti. Nel contratto standard di locazione sottoposto ai conduttori, l’unico aspetto suscettibile di trattativa era il livello

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Corte Giust., 20 settembre 2001, causa 453/99, Courage Ltd. c. Crehan, in Foro It., 2002, IV, c. 76, con note di A. Palmieri – R. Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: “chi è causa del suol

mal…si lagni e chieda i danni, E. Scoditti, Danno da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo: il punto di vista del giudice italiano, e G. Rossi, “Take Courage”! La Corte di Giustizia apre nuove frontiere per la risarcibilità del danno da illeciti antitrust; in Corr. Giur., 2002, pag. 456, con nota di

G. Colangelo, Intese obtorto collo e risarcibilità del danno: le improbabili acrobazie dell’antitrust

comunitario; nonché in Danno e resp., 20001, pag. 1151, con nota di S. Bastianon, Intesa illecita e risarcimento del danno a favore della parte debole.

del canone; l’obbligo di acquisto esclusivo a prezzi predeterminati e le altre clausole, invece, non erano negoziabili.

Nel 1991 il Sig. Crehan stipulava con la IEL due contratti di locazione ventennali portanti l’obbligo di acquisto della birra Courage. Due anni dopo, in seguito all’azione giudiziaria proposta nei suoi confronti dalla Courage per il mancato pagamento di forniture di birra, il Sig. Crehan da un lato contestava la fondatezza di detta azione sostenendo che l’obbligo d’acquisto era in contrasto con l’art. 81 Trattato CE, e dall’altro proponeva una domanda riconvenzionale di risarcimento danni sulla base del presupposto che la differenza tra i prezzi risultanti dal listino IEL e quelli più bassi praticati ai gestori indipendenti aveva la conseguenza di ridurre la redditività dell’attività degli esercenti soggetti ad una tale clausola e di costringerli a porre fine alla loro attività.

Sulla base di tali considerazioni la Court of Appeal decideva di sospendere il giudizio e sottoporre alla Corte di Giustizia le seguenti questioni pregiudiziali:

“1) Se l’art. 81 CE…debba essere interpretato nel senso che una delle parti di un

contratto illecito di locazione di un bar, contenente una clausola di esclusiva, può far valere tale norma per ottenere una tutela giurisdizionale (‘rilief’) nei confronti della controparte.

2) In caso di soluzione in senso affermativo della questione sub 1), se la parte che chiede una tutela giurisdizionale (‘rilief’) sia legittimata ad ottenere un risarcimento dei pretesi danni subiti a seguito del suo assoggettamento alla clausola contrattuale vietata ai sensi dell’art. 81.

3) Se una norma dell’ordinamento nazionale, ai sensi della quale i giudici non debbono consentire ad un soggetto di far valere propri atti illeciti e/o fondarsi su di essi come presupposto per ottenere un risarcimento danni, debba essere considerata compatibile con il diritto comunitario.

4) Se la soluzione della questione sub 3) sia nel senso che in talune circostanze una siffatta norma possa essere incompatibile con il diritto comunitario, quali siano le circostanze che il giudice nazionale dovrebbe prendere in considerazione”127.

La Corte pronunciandosi sulle questioni sottopostele dalla Court of Appeal dichiara: i) una parte di un contratto idoneo a restringere o falsare il gioco della concorrenza ai sensi dell’art. 81 Trattato CE può dedurre la violazione di tale norma al fine di ottenere una tutela giurisdizionale nei confronti della controparte; ii) l’art. 81 Trattato CE osta ad una norma di diritto nazionale che vieti a chi è parte di un contratto che può restringere o falsare il gioco della concorrenza, ai sensi di tale articolo, di chiedere il risarcimento di un danno causato dall’esecuzione del detto contratto per il solo motivo che il richiedente è parte di quest’ultimo; iii) il diritto comunitario non osta ad una norma nazionale che neghi a chi è parte di un contratto che può restringere o falsare il gioco della concorrenza il diritto di fondarsi sui propri atti illeciti per ottenere un risarcimento danni, qualora sia accertato che tale parte ha una responsabilità significativa nella distorsione della concorrenza.

Appare evidente l’effetto che una tale pronuncia potrebbe avere in quegli ordinamenti che non solo negano il risarcimento del danno a chi è risultato essere parte di un accordo illecito, ma sanzionano tale accordo con la nullità di pieno diritto128.

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Par. 16.

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Si veda S. Bastianon, Intesa illecita e risarcimento del danno a favore della parte debole, cit., pag. 1155 e s. che parla di “leading case che spazza via, con pochi tratti di penna, ogni dubbio circa la possibilità di

ravvisare nelle stesse norme comunitarie sulla concorrenza il presupposto per la concessione, in ambito nazionale, di un rimedio giurisdizionale a contenuto risarcitorio”. Rilevano, inoltre, A. Palmieri – R.

Pardolesi, Intesa illecita e risarcimento a favore di una parte: “chi è causa del suol mal…si lagni e chieda i

danni, cit., c. 79: “Il passaggio clou della sentenza Courage, presumibilmente destinato a lasciare il segno sul tessuto più intimo del contratto, è quello in cui viene implacabilmente neutralizzata la portata universale della regola espressa dal brocardo nemo auditur propriam turpitudinem allegans. Dunque, nessuna aprioristica preclusione per chi si è «sporcato le mani», danod vita ad un accordo vietato, e, poi, vista la mala parata (leggi, scarsa convenienza dei patti siglati), faccia valere l’illiceità di tale accordo nel tentativo di rifarsi delle perdite correlate allo svolgimento del rapporto”. Ed in merito alla in pari delicto doctrine,

osserva G. Rossi, “Take Courage”! La Corte di Giustizia apre nuove frontiere per la risarcibilità del danno

da illeciti antitrust, cit., c. 90: “Secondo un principio pacifico del common law inglese…il contratto «oggettivamente» illecito per statutory illegalità, quale è l’accordo che viola l’art. 81 del trattato, oltre a non essere enforceable, non può fondare alcuna pretesa restitutoria, né, a fortori, risarcitoria, in tutti i casi in cui il contraente che domanda la ripetizione di quanto prestato, o il risarcimento dei danni, versi in pari delicto

A prescindere, tuttavia, dall’approfondire tale aspetto129, ci sembra rilevante soffermarci sul passaggio della sentenza che lega l’esperibilità del rimedio risarcitorio alla valutazione di alcuni elementi quali il contesto economico giuridico nel quale le parti si trovano nonché il potere di negoziazione e il rispettivo comportamento delle parti contrattuali130. Secondo la Corte di Giustizia, in particolare (par. 33), è compito del giudice “verificare se la parte che sostiene di aver subito un danno in seguito alla conclusione di

un contratto che può restringere o falsare il gioco della concorrenza si trovasse in una posizione d’inferiorità grave nei confronti della controparte, tale da compromettere seriamente e persino da annullare, la sua libertà di negoziare le clausole del detto contratto nonché la sua capacità di evitare il danno o limitarne l’entità, in particolare esperendo tempestivamente tutti i rimedi giuridici a sua disposizione”.

Il riferimento al potere di negoziazione e, ancor più, alla posizione di inferiorità grave nei confronti della controparte, che si rinvengono in tutte quelle situazioni in cui l’accordo è concluso solo formalmente con l’incontro delle volontà delle due parti, mentre, in realtà, è l’espressione di una imposizione unilaterale, come per le fattispecie di intesa sopra richiamate, non può non farci pensare che alla fattispecie dell’abuso di dipendenza economica, in relazione alla quale, come noto, è previsto espressamente a tutela della parte debole il rimedio del risarcimento del danno131.

(un principio analogo è espresso dal brocardo nemo auditur propriam turpitudinem allegans). Sempre secondo il common law inglese, la corresponsabilità nell’illecito, salvo eccezioni piuttosto rigide riconducibili ad ipotesi di patologie nella formazione della volontà della innocent party, deriva dalla mera qualità di parte del contratto illecito”.

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Sottolinea G. Colangelo, L’abuso di dipendenza economica…, cit. pag. 146: “Non è dato sapere se quello

che appare un evidente overshooting sia frutto di un fervore garantista o di una sindrome di Stoccolma: fatto sta che, tendenzialmente, le parti di un accordo illecito sono responsabili e non vittime della restrizione anticoncorrenziale e che, come insegna l’antico brocardo, nemo auditur propriam turpitudinem allegans. Sulla secolare tradizione che preclude la tutela giudiziaria ai soggetti con unclean hands e che solitamente è conosciuta sotto le insegna di in pari delicto doctrine, si abbatte fragorosamente il passaggio del par. 28: «non si può escludere a priori che un’azione del genere [risarcitoria] venga intentata da una parte di un contratto che sia giudicato contrario alle regole della concorrenza»”.

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Par. 32.

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Concordano sulla connessione tra caso Courage e abuso di dipendenza economica: G. Colangelo, op. ult.

cit., pag. 148; E. Scoditti, Danno da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo: il punto di vista del giudice italiano, cit., c. 87; nonché, ci sembra solo indirettamente, A. Palmieri – R. Pardolesi, op. ult. cit., c. 83.

Con questa sentenza ci sembra che il giudice comunitario, confermando quanto da noi ritenuto, individui una terza via tra intesa restrittiva ed abuso di posizione dominante, evidenziando con chiarezza l’inadeguatezza dell’atteggiamento che, di fronte ad una fattispecie concreta che si ritiene anticoncorrenziale, quando non è in grado di individuare una posizione egemone sul mercato, costruisce artificiosamente un’intesa132.

La Corte, invero, si rende conto di non trovarsi di fronte ad un accordo (negoziato) in quanto il prezzo della birra risultante dal listino IEL costituisce una imposizione unilaterale, parimenti, non avendo Courage una posizione dominante, al fine di non lasciare impunito il comportamento di tale società, che comunque giudica riprovevole, costruisce un criterio di differenziazione della responsabilità delle parti di un’intesa in ragione della rispettiva capacità di determinare il contenuto della stessa. Tramite tale ragionamento, dunque, il Sig. Crehan viene considerato sì parte dell’accordo, ma estraneo ai suoi aspetti illeciti133.

3.6 L’opportunità della scelta legislativa di prevedere espressamente la fattispecie