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Il dibattito dottrinario e ricostruzione dell’istituto quale norma antitrust

CAPITOLO I. ORIGINI E NATURA DELL’ISTITUTO

3. L A NATURA DELL ’ ISTITUTO DEL DIVIETO DI ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA

3.1 Il dibattito dottrinario e ricostruzione dell’istituto quale norma antitrust

Tanto sinteticamente esposto in merito alle “travagliate” origini della disposizione in commento, non si può fare a meno di concordare con quanti affermano che l’abuso di dipendenza economica, nella sua attuale formulazione, sia un istituto di particolare complessità, la cui interpretazione ed applicazione non possono non avere rilevanti riflessi, anche di natura sistematica, in materia di diritto dei contratti, ed in grado, tra l’altro, di evidenziare i nessi esistenti tra la prospettiva del contratto e la prospettiva del mercato62.

Come noto, il dibattito sorto in dottrina a seguito dell’emanazione dell’abuso di dipendenza economica verteva principalmente sulla corretta classificazione dell’istituto, se, cioè, si trattasse di una norma di diritto civile ovvero di una norma di diritto della concorrenza.

La classificazione nell’una o nell’altra branca del diritto portava, ed ancora porta, poi, i rispettivi fautori ad approfondire gli aspetti dell’istituto che ritenevano maggiormente vicini a fattispecie astratte a loro note. Così i fautori della “interpretazione civilistica”, cioè coloro che ritengono l’abuso di dipendenza economica completamente estraneo alla disciplina antitrust, hanno maggiormente approfondito i rapporti tra tale istituto e la

normativa consumeristica63, di converso i fautori dell’“interpretazione concorrenziale”,

62

R. Natoli, op. cit., pag. 2 e 3: “L’abuso di dipendenza economica di presenta dunque oggi come un istituto

di particolare complessità, gravido di notevoli ricadute sistematiche sul versante del diritto dei contratti ed in grado di mettere in luce i nessi tra la prospettiva del contratto e quella del mercato”.

63

Si veda F. Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e

sistematici, Napoli, 2002, pag. 297 e s., il quale afferma: “L’analogia con la protezione accordata al consumatore contro le clausole abusive predisposte dal professionista è di immediata evidenza, ponendosi in entrambi i casi limiti penetranti all’autonomia privata della parte contrattuale forte a protezione di quella debole, che la disciplina in materia di clausole abusive individua istituzionalmente nel consumatore…Se le norme…appaiono orientate a perseguire le medesime finalità attraverso meccanismi tecnici dello stesso tipo, l’utilizzazione delle regole e dei principi espressi in materia di disciplina dei contratti del consumatore per chiarire la portata del divieto di abuso di dipendenza economica non risulta semplicemente opportuna, ma imposta dall’esigenza di rispetto del fondamentale canone ermeneutica che postula la coerente unitarietà dell’ordinamento”. In senso conforme A. Mazziotti Di Celso, Commento all’art. 9, cit.; G. Nicolini, Subfornitura e attività produttive. Commento alla l. 18 giugno 1998, n. 192, Milano, 1999, pag. 124 e ss.;

cioè coloro che ritengono essere l’abuso di dipendenza economica una disposizione esclusivamente di natura antitrust, si sono soffermati sul confronto con l’istituto dell’abuso di posizione dominante64.

Soffermandoci brevemente in merito ad alcun delle posizioni espresse dalla dottrina sulla natura dell’abuso di dipendenza economica, segnaliamo che, secondo una prima impostazione, tale istituto dovrebbe posizionarsi nello spazio della cosiddetta concorrenzialità libera, in quanto opera all’interno dei limiti della negazione lecita della concorrenza65, ed in tale ottica, pertanto, del tutto irrilevante ai fini antitrust. In virtù di tale ricostruzione la disciplina della dipendenza economica dovrebbe intendersi quale espressione dello stato sociale, ed il valore tutelato dall’intervento del legislatore sarebbe rappresentato dall’esigenza di protezione dei fattori esistenziali minimi del soggetto economico, lecitamente privato – in quanto non v’è violazione della normativa antitrust – dal sistema economico della forza competitiva necessaria per sopravvivere autonomamente nel mercato66.

64

Si vedano L. Delli Priscoli, L’abuso di dipendenza economica nella nuova legge sulla subfornitura:

rapporti con la disciplina delle clausole abusive e con la legge antitrust, in Giur. comm., 1998, pag. 839 e s.;

C. Osti, L’abuso di dipendenza economica, in Merc. conc. reg., 1999, pag. 45 e s.; nonché V. Pinto, op. cit., il quale sintetizza a pag. 395 e s.: “In definitiva, la chiave ermeneutica per attribuire un significato all’oscura

previsione normativa risiede nel passaggio logico da un’indagine fondata sul concetto di squilibrio tra prestazioni (sia esso eccessivo o significativo), ad una centrata sul potere dell’impresa di determinare, nei rapporti con altre imprese, tale squilibrio. Il che, dal punto di vista sistematico, corrisponde all’abbandono – limitatamente alla definizione del concetto di dipendenza economica – di una prospettiva interpretativa «civilistica», a favore di una lettura che privilegi le innegabili connessioni all’istituto in esame con il diritto antitrust e, in particolare, con la nozione di posizione dominante”.

65

S.M. Spolidoro, op. cit., pag. 196, chiarisce: “…entro il limite dell’antigiuridicità, quello oltre il quale si

innesca il meccanismo di protezione offerto dal divieto, opera un principio di libertà che può spingersi sino alla negazione della libertà dell’altro soggetto economico, che può giungere sino al sacrificio della sua scelta esistenziale, all’eliminazione dal mercato”.

66

In tal senso A. Barba, L’abuso di posizione dominante: profili generali, in V. Cuffaro (a cura di), La

subfornitura nelle attività produttive, Napoli, 1998, il quale in merito alla protezione dei minimi fattori

esistenziali del soggetto economico afferma a pag. 313: “Che un tale atteggiamento normativo abbia un

costo economico che il mercato è chiamato ad assimilare, costituisce un dato ineluttabile; e tuttavia non meno ineluttabile di quello rappresentato dal costo sociale di una scelta esclusivamente orientata alla massimizzazione del risultato solo economicamente utile. Commensurare il costo sociale a quello economico è operazione culturale che incide sulla gerarchia assiologia voluta dal legislatore e che intanto potrebbe condurre a qualche risultato argomentativo utile, in quanto si accetti l’idea che tra libertà e utilità non esista una relazione antitetica”. Si pone in quest’ottica anche M.R. Maugeri, Abuso di dipendenza economica, cit.,

pag. 141 e ss., la quale, partendo dall’analisi casistica della giurisprudenza tedesca e francese, rileva: “…l’art.

9 non è posto (quanto meno non esclusivamente) a protezione della concorrenza. Ciò si può dedurre…in primo luogo dalla circostanza che espressamente il legislatore distingue l’ipotesi in cui l’abuso abbia

A tale impostazione è stato correttamente obiettato che sostenere l’estraneità della fattispecie del divieto di abuso di dipendenza economica alla disciplina della concorrenza

costituirebbe una presa di posizione viziata dall’assunto, esclusivamente ideologico67,

secondo il quale il diritto antitrust dovrebbe occuparsi esclusivamente del potere di mercato in senso classico, ossia, in termini volutamente semplicistici, di una curva di domanda aggregata discendente, e, dunque, di una posizione di tendenziale monopolio, e non di una curva di domanda discendente relativamente ad un unico produttore.

Se si aderisse ad una tale impostazione, limitando, in concreto, l’intervento antitrust a quelle situazioni in cui un’impresa abbia un potere assoluto sul mercato rilevante, si dovrebbe giungere alla conclusione che, seppure tutte le imprese hanno un potere di mercato e possono, in qualche misura, aumentare il prezzo del proprio prodotto, nei limiti in cui un tale aumento “individuale” di prezzo non possa produrre effetti sul mercato, conducendo, cioè, ad un aumento generalizzato dei prezzi – cosa che per definizione può fare solo un monopolista –, la situazione descritta rimarrebbe del tutto estranea al diritto antitrust68. In estrema sintesi tale ricostruzione postula l’esistenza di due ben distinti campi: la disciplina della concorrenza si occuperebbe dell’efficienza allocativa, mentre il diritto civile sarebbe destinato a perseguire la giustizia distributiva69.

rilevanza per la tutela della concorrenza da quella in cui non ne abbia” ed aggiunge: “Ciò che il legislatore intende proteggere…è il tessuto produttivo italiano…non si potrà negare che la spinta che ha portato alla redazione della legge in generale sia di tipo dirigistico. Il legislatore attraverso tutta la disciplina sulla subfornitura intende proteggere l’economia nazionale, in cui c’è forte presenza di piccole e medie imprese, che potrebbero essere travolte in presenza di congiunture negative dalle imprese forti”.

67

In tale senso C. Osti, L’abuso di dipendenza economica, cit., pag. 38.

68

Così C. Osti, L’abuso di dipendenza economica, cit., pag. 38 – 39, nello spiegare tale ricostruzione che non ritiene fondata, precisa: “Il potere di mercato individuale dell’impresa le deriva da quel tanto di

differenziazione del prodotto, quel tanto di imperfezione informativa, che sono di norma sempre presenti. Senza contare che questo – minimo – potere di mercato «non strutturale» è limitato in ampiezza – vale solo per quel prodotto, nel tempo – se deriva da differenziazione, in particolare, non sarà difficile ai concorrenti replicare i suoi elementi di successo, e, infine, in intensità…la differenziazione è elemento tipico dell’innovazione, onde scoraggiarla avrebbe effetti disincentivanti estremamente pericolosi, sia in quanto l’innovazione sarebbe penalizzata per sé, sia perché sarebbe impedito alle imprese di conseguire, come accessorio della differenziazione, un minimo di profitti monopolistici che consentano loro di ripagare gli investimenti nella ricerca e sviluppo”.

69

Ci sembra seguire tale impostazione F. De Gennaro, Note critiche tra i divieti di abuso di dipendenza

economica e di abuso di posizione dominante, in Archivio Ceradi, il quale afferma a pag. 17: “…il legislatore italiano ha adottato una clausola generale di abuso del potere contrattuale che non ha riguardo al mercato e non presuppone un’alterazione del meccanismo concorrenziale. Può avere come unico fondamento i principi

Non si può, tuttavia, non concordare con quanti rilevano l’estrema rigidità di una tale visione70, la quale ci sembra porsi in contrasto sia con la pluralità dei fini che possono essere, e sono stati storicamente, perseguiti tramite il diritto della concorrenza71, sia, in termini prettamente economici, con la perdita di benessere collettivo che potrebbe derivare dall’abuso di una posizione dominante relativa72.

Riteniamo, infatti, che l’abuso di dipendenza economica tenda anch’esso a stravolgere le condizioni che rendono possibile una concorrenza effettiva, in quanto non può escludersi che l’approfittamento dello squilibrio sia frutto dell’incapacità del mercato di mettere a disposizione alternative che consentano all’impresa debole di sottrarsi alla prevaricazione della controparte, determinando una perdita in termini di benessere generale simile a quella che deriva dall’abuso di posizioni monopolistiche73.

Che l’abuso di dipendenza economica, poi, discenda da una incapacità del mercato, o, meglio, di una particolare strutturazione del mercato che rende naturali, quasi necessitate, le situazioni di dipendenza economica suscettibili di tramutarsi in situazioni di abuso, ci sembra sia confermato dal confronto con altre esperienze in cui si riscontrano

di lealtà tra imprenditori (la c.d. business ethics) ed in particolare la salvaguardia dell’indipendenza delle imprese e della permanenza sul mercato: ipotesi da tenere ben distinte dalla disciplina antimonopolistica, onde evitare la creazione di una forma di “tutela ibrida” che sintetizzi assiologie incompatibili tra loro”.

70

Si veda G. Vettori, Contratto e concorrenza, cit., pag. 776 - 779 e la dottrina ivi richiamata.

71

Sulla fallacità di una tale premessa si veda ad esempio R. Van der Bergh, Introduzione, in A. Frignani, R. Pardolesi, A: Patroni Griffi, L.C. Ubertazzi (a cura di), Diritto antitrust italiano, Bologna, 1993, pag. 4: “…non si deve dimenticare che gli obiettivi della legislazione antitrust possono aver riguardo più a

considerazioni di carattere distributivo cha a ragioni di efficienza. Alcune leggi antitrust mostrano una chiara propensione a smussare gli artigli delle grandi imprese e a sostenere, invece, le imprese più piccole; e questo obiettivo della «dispersione del potere» è perseguito anche a costo di notevoli inefficienze”. Si veda,

altresì, N. Irti, L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 2004, pag. 136: “Non c’è un unico naturale

regime di concorrenza, ma tanti regimi di concorrenza quanti gli statuti normativi, che, di tempo in tempo e di luogo in luogo, ne stabiliscono la disciplina”.

72

In tal senso letteralmente G. Colangelo, op. cit., pag. 68 – 69.

73

Si vedano R. Caso – R. Pardolesi, op. cit., pag. 733. In tale ottica anche G. Mangione, Abuso di dipendenza

economica, servizi pubblici e sanzioni: le modifiche introdotte dall’art. 11 della legge 5 marzo 2001, n. 57,

in Concorrenza e Mercato, 2001, pag. 225; G. Colangelo, op. cit., pag. 69; C. Osti, op. cit., pag. 38 e ss.; nonché F. Prosperi, Il contratto di subfornitura e l’abuso di dipendenza economica. Profili ricostruttivi e

sistematici, cit.,, pag. 277 e s., che, dopo aver evidenziato le differenze strutturali tra abuso di posizione

dominante e abuso di dipendenza economica, afferma: “L’evidenziata differenza non toglie che in tali

circostanze l’abuso di dipendenza economica possa minacciare, allo stesso modo dell’abuso di posizione dominante, l’efficienza del mercato, in particolare quando assuma modalità tali da costituire un serio ostacolo all’ingresso di nuove imprese nel particolare settore commerciale interessato dal comportamento abusivo”.

forme di aggregazione tra subfornitori così da riequilibrare la differenza di potere con i committenti74.

3.2 La compatibilità tra divieto di abuso di dipendenza economica e divieto di